N. 4 pag. 12 teplici significati. La lettura deve dia- logare col testo, amando, come vole- va Nietzsche, il suo linguaggio, cer- cando di "rispondere a ciò che le pa- role nella pagina dicono, piuttosto che a ciò che noi vorremmo dicesse- ro" (L'etica della lettura, in "In for- ma di parole", anno VI, numero quarto, ottobre-dicembre 1985, p. 133; in questo numero della rivista sono tradotti, a cura di Gianni Sca- lia, Paolo Valesio, Giovanna Franci e Vita Fortunati, hrani di Hillis Mil- ler, Bloom, De Man e Hartman). In questo modo, però, ci si trova spesso in contraddizione con l'interpreta- zione canonica di un testo ed una scelta è inevitabile: o difendere una lettura aperta alla molteplicità o tor- nare alla lettura "ovvia e univoca" dei critici tradizionali. Ed è centrale nell'ultimo Hillis Miller proprio questa "etica della lettura", questo duplice dovere che il critico/profes- sore ha nei confronti del testo da una parte e dei suoi lettori/allievi dall'al- tra. Nella critica di Hillis Miller non mancano comunque contraddizioni o aspetti che minano la radicalità del suo percorso teorico: Paolo Valesio (Fine della decostruzione in "Alfabe- ta" n. 77, p. 35), sottolinea fra l'altro come il decostruzionismo letterario (diverso da quello filosofico di Der- rida) pur ammiccando "ad un pensie- ro radicalmente dissolutorio", usi poi gli strumenti teorici della tradi- zione accademica americana (quali la lettura ravvicinata o la non referen- zialità del testo), diventando così il modo critico "favorito dagli accade- mici che vogliono ammiccare ad un pensiero della distruzione, ma al tempo stesso non spingersi troppo in là"; e secondo Peter Carravetta (Malinconia bianca: l'intermundium di Yale in Postmoderno e letteratura, Bompiani, Milano 1984) Hillis Mil- ler, oltre a riconfermare implicita- mente l'importanza dell'autore ed a "ricanonizzare i grandi scrittori" (i romanzieri vittoriani studiati da Hil- lis Miller sia negli anni '60 che in pieno periodo decostruzionista), non fa seguire alle sue premesse teo- riche, indubbiamente avanzate, una pratica di scrittura che rompa con la tradizione metafisica. E anche vero, comunque, che Hillis Miller ha sem- pre cercato di evitare polemiche astratte e di fornire degli esempi di lettura precisi ed attenti al testo. Se dunque da un lato si perde in coeren- za teorica, dall'altro certamente si guadagna in chiarezza ed in com- prensibilità, e questo non è poco. Restano poi ancora aperte due questioni su cui Valesio si è interro- gato in diverse occasioni: la critica è traducibile, ovvero è possibile tra- sportare una scuola critica da una lingua all'altra, da un contesto cultu- rale ad un altro? Ed ancora, è possi- bile essere decostruzionisti all'inter- no di una struttura, quella universi- taria, le cui premesse sono opposte a quelle del decostruzionismo? Hillis Miller si sforza di dare una risposta affermativa alla seconda domanda, alla prima potrà (o dovrà, se accetta il concetto di etica della lettura) ri- spondere il lettore italiano di Hillis Miller. Ciascuno alla propria maniera di Mario Corona David Leavitt, La lingua perdu- ta delle gru, Mondadori, Milano 1987, ed. orig. 1986, trad. dall'a- mericano di Delfina Vezzoli, pp. 295, Lit. 22.000. È con un lieve fastidio che ci si accinge a recensire un buon libro nel momento in cui il suo autore è ogget- to, qui in Italia, di un'attenzione giornalistico-modaiola spropositata, che rischia di avvilire la reale statura dello scrittore, di stravolgerne la fi- sionomia, e di esporlo, tra sei mesi, quando l'incostante brezza monda- na si volga a gonfiare altre vele, a ripudi altrettanto eccessivi, secondo le parabole ben note del divismo contemporaneo "usa-e-getta". Augu- riamo dunque a Leavitt di poter di- mostrare, meglio della Dorabella mozartiana, che il suo animo "come scoglio immoto resta, contro i venti e la tempesta", anche se questi son venti che portano successo e prospe- La finestra su Ortega di Lore Terracini josé Ortega y Gasset, Meditazioni del Chi- sciotte, introd. di Otello Lottini, trad. dallo spagnolo di Bruno Arpaia, Guida, Napoli 1986, pp. 355, Lit. 30.000. Chi è poligrafo non si sottrae al destino di venire studiato e pubblicato a fettine. Appunto entro un'opera immensa come quella di Ortega, che si dirama in tante direzioni (dalla filosofia alla sociologia, dalla storia alla politica, dall'e- stetica alla linguistica), è inevitabile per chi la legge ritagliarsi dei percorsi. È quanto avviene in questo volume. Il titolo è in parte limitativo, perché sembra circoscriverlo all'ambito ispani- stico e alla riflessione su un solo testo; in realtà sono qui riunite — per la prima volta in tradu- zione italiana — centinaia di pagine di riflessio- ne estetica e di critica artistica e letteraria. Si tratta della più importante e organica raccolta di scritti estetici e letterari di Ortega che sia mai apparsa in Italia; intorno al centenario della nascita, essa si affianca al recente volume At- tualità di Ortega (Atti del Convegno Luiss di Roma, a cura di Luciano Pellicani, Le Mon- nier, Firenze 1984, con contributi di grande rilievo, tra cui quello di Renato Treves, che è stato un precursore degli studi italiani su Orte- ga). Viene così testimoniata l'attenzione della cultura italiana verso uno dei pensatori spagno- li più geniali e moderni; e, anche, uno dei più difficili da afferrare in tutte le sue sfumature e dei più affascinanti sul piano della scrittura. Il volume di Guida raccoglie due lunghi sag- gi, Meditazioni del Chisciotte, del 1914, e Idea del teatro, del 1946, e otto scritti più brevi, del periodo tra il 1910 e il '20. Le date estreme parlano; le Meditazioni sono il primo libro di Ortega che, poco più che trentenne, entrava nel- la "terraferma " della sua riflessione filosofica; la conferenza sul teatro, letta a Madrid e a Lisbo- na, raccoglie sul "gioco teatrale nel teatro della vita " le riflessioni di uno studioso sessantenne, reduce da un lungo esilio e da complesse espe- rienze personali e culturali. Il curatore parla di un viaggio, avventuroso e problematico, al se- guito di uno dei più grandi pensatori di questo secolo. D'accordo; Lottini è un buon pilota ed é uno tra i migliori conoscitori di Ortega oggi. Alla sua metafora del viaggio, io aggiungerei quella della finestra; tanto per la misura breve di molti interventi di Ortega (l'articolo, il sag- gio, non il libro e la cattedra, per raggiungere un vasto pubblico), quanto per l'atteggiamento di spettatore, di colui che guarda, che gli è tipico. Aprendo a mia volta nell'Indice una fine- stra su Ortega, preferisco non tentare neppure una sintesi del suo pensiero, ma guardare, da vetri schermati, verso alcune direzioni, un po' di sbieco. Sullo sfondo, alcune grosse questioni. Spagnolo o universale? Oggetto di fraintendi- menti e ostruzionismi in Spagna anche prima del franchismo, "pensatore non sfruttato" nel suo paese, in una "calamitosa" incomprensione; poi recuperato, come monumento, ma anche come documento; conosciutissimo molto presto in Germania e in Francia, importantissimo e fecondissimo sempre in America Latina. Mo- derno in molte cose, dalla giustificazione teori- ca dell'arte astratta, alla concezione dell'arte, non come imitazione della natura né come espressione dei sentimenti, ma come rottura con la realtà, in una "irrealizzazione" che produce oggetti estetici autonomi e trasparenti solo a se stessi. Presemiotico, nella concezione del mondo come un immenso campo di cose che inviano rità, del resto meritatissimi. Purtrop- po l'elenco degli scrittori americani dagli esordi folgoranti e dal precoce declino è ben noto, e fin troppo nu- trito: Capote, Tennessee Williams, Mailer, Baldwin, Albee, per non par- lare degli enigmatici blocchi creativi di un Salinger, di un Ellison, di un Henry Roth. Poiché, si sa, crescere, e magari invecchiare bene, in Ameri- ca, per qualche misteriosa ragione, è più difficile che altrove. Ma perché evocare spettri jettatori volendo parlare di un narratore ven ticinquenne in pieno sviluppo? Di- ciamo invece che, dopo il sorpren- dente e ormai celebre volume di rac- conti (Family Dancing, 1984), Lea- vitt, a venticinque anni, supera di slancio la doppia prova del secondo libro e del passaggio dalla forma del racconto a quella, di più ampio re- spiro ed impegno, del romanzo. Le vicende narrate riguardano due mo- desti intellettuali di mezz'età, Rose e Owen Benjamin: lei rivede i dattilo- scritti per un editore, lui sovrinten- de all'ammissione degli studenti in una scuola privata di un certo presti- gio. I coniugi Benjamin saranno pre- sto sfrattati dal loro appartamento sulla Seconda Avenue, in una zona anonima e un po' délabré della mid- town di Manhattan. In quelle stanze hanno vissuto per ventun anni, ap- parentemente riparati dai convulsi rivolgimenti socio-economici in atto nella metropoli. Il processo specula- tivo di gentrification e di ristruttura- zione edilizia, così tipico di questi anni, e vólto a fare di Manhattan un'isola di yuppies, li ha infine rag- giunti e colpiti. A questo sconvolgimento esterno si somma una crisi morale messa in moto dal figlio venticinquenne Phi- lip, nel momento in cui rivela ai ge- nitori di essere gay. Anche Owen, il padre, lo è, e per decenni ha vissuto furtivamente la propria omosessuali- tà in un cinemino porno, ogni do- menica pomeriggio. L'onesta rivela- zione del figlio rende insostenibile il silenzio del padre, e ne stimola anzi una tardiva educazione sentimenta- le, di cui, paradossalmente, è il figlio a fornire il modello. In mezzo sta Rose, la moglie, la madre, oggetto di un duplice "tradimento" che ne scar- dina l'esistenza metodica, rassegna- ta, un po' spenta, eppure non inno- cente (Rose ha avuto un lungo affai- re clandestino con un collega d'uffi- cio, sposato, e una malaugurata av- ventura con il marito di un'amica). A questo punto, dal nido protetto Laura Toscano I passi segnati Una Genova allarmante e misteriosa... Un giornalista che indaga... Un nodo mortale di cronaca nera, intrigo politico, affarismo, sequestri BR... Una scrittura tutta immagine e azione. Leon Battista Alberti Momo o del principe Stupri, linciaggi, buffonerie, avventure picaresche in un capolavoro della letteratura europea. ^^^^ Edizione critica e traduzione di Rino Consolo O Introduzione di Antonio di Grado Presentazione di Nanni Galestrini cu o Edizioni Costa & Nolan Genova Distribuzione Messaggerie Libri Collana "Il cigno nero" direna da Riccardo Reim NIKOLAJ V. GOGOL' UNA TERRIBILE VENDETTA Il racconto più terrificante, mistico e inaccessibile Collana " Universale" a cura di PETER SINGER IN DIFESA DEGLI ANIMALI Gli animali soffrono? Si devono chiudere gli zoo? Le risposte e le proposte dei più conosciuti loro difensori JEAN-JACQUES BARLOY GLI ANIMALI MISTERIOSI INVENZIONE O REALTÀ? La speranza dì poter finalmente sapere se esiste lo yeti! Collana "Il Bagaito" diretta da Mario Pennacchio FRANCESCO CAMPANELLA ERIKSSON LO SVEDESE DI GHIACCIO Tutto quanto vorreste sapere su "l'enfant prodige" LMWMJU Giovanni Macchia GLI ANNI DELL'ATTESA Pagine 240, lire 18.000 Maestri della saggistica italiana del Novecento raccontati e interpretati da uno di loro. Adelphi