N. 4 pag. 4 Il Libro del Mese Complicità e opportunismi di Anna Maria Gentili AnthonySampson, Neroeoro. Su- dafrica: Diamanti Rivoluzione Apartheid, Rizzoli, Milano 1987, ed. orig. 1986, trad. dall'inglese di Bruno Oddera, pp. 388, Lit. 28.000. Il problema sudafricano ci viene sempre presentato come un caso unico e complesso, tanto da renderne l'anali- si difficile e comunque insoddisfacen- te. Anthony Sampson ci presenta quel- li che sono per lui i principali protago- nisti di quel dramma; coloro che, dete- nendo il potere economico, possiedo- no alcune chiavi della soluzione. Il vo- lume percorre le tappe storiche del complicato intreccio di alleanze fra ca- pitale e potere politico, messo in crisi dal diffondersi di una vasta protesta a metà degli anni '70 e di nuovo a partire dal 1984, protesta che prefigura rivol- gimenti che si temono rivoluzionari e che il governo non sa affrontare con un progetto politico credibile, ma solo con l'uso della repressione. La situa- zione oggi, al di là di tutte le complicità che pure ancora prevalgono nel rap- porto fra potere economico e potere politico, è di grave sconcerto: gli uomi- ni d'affari, anche quelli dei settori più legati al governo, ne deplorano la man- canza di coraggio o di volontà riformi- sta. Alcuni sono ormai convinti che il problema non sia più quello di libera- lizzare il sistema di apartheid, bensì di smantellarlo, ma temono che il proces- so possa sfuggire al loro controllo tanto più che il governo sembra arroccarsi su posizioni sempre più arretrate con con- seguenze interne e internazionali assai negative per i loro interessi. La mag- gioranza tuttavia del grande capitale e in particolare quello di matrice afrika- ner, cresciuto sotto la protezione dei governi del National Party, pur mo- strando qualche preoccupazione con- tinua a appoggiare una linea che si osti- na a considerare "riformista", ma che nella realtà è diventata, in particolare a partire dalla rivolta diffusasi in tutto il paese nel 1984 e che ancora continua, un classico caso di strategia contro-in- surrezionale: di coercizione da un lato e tentativo di cooptazione dall'altro di chi — dirigenza dei bantustan, borghe- sia o piccola borghesia nera — ha o po- trebbe avere interesse a collaborare per salvaguardare una versione moder- nizzata del sistema di supremazia bian- ca. Sampson ha dunque scelto di rap- presentare la storia recente del dram- ma sudafricano ponendo al centro i pa- droni dell'economia: dai banchieri in- ternazionali sempre disposti a dare cre- dito alla volontà riformistica del gover- no di P. W. Botha anche quando questi poi adotta misure sempre più repressi- ve e censorie; ai magnati afrikaner sem- pre più divisi fra anima boera e interes- se; ai signori dell'Anglo-American, le cui tendenze liberaleggianti e dunque il finanziamento del partito d'opposi- zione bianco di Helen Suzman e di fon- dazioni benefiche come la Urban Foundation (che prefigura un maggio- re impegno per il benessere degli afri- cani ma non una loro piena eguaglian- za politica) si mantengono sempre in equilibrio con la necessità di non alie- narsi il potere boero. Un panorama, quello del potere economico in Suda- frica, variegato non solo nella sua com- posizione e nei suoi intrecci d'interes- se, ma assai contraddittorio, soprattut- to negli ultimi anni, nei suoi comporta- Qualche lettura sul Sudafrica Il sistema sudafricano si caratterizza per la concomitanza di uno sviluppo economico accele- rato e di una oppressione razziale che non solo non è diminuita, ma anzi si è andata intensificando, proprio su iniziativa dello stato. Merle Lipton, Ca- pitalism and Apartheid (Gower Tempie Smith, Londra 1983), in un volume assai documentato e più volte citato da Sampson, sostiene che vi sono sempre state contraddizioni fra capitale e politica di segregazione e che comunque è proprio il potere economico ad essere all'avanguardia, soprattutto dalla fine degli anni '60, a favore di una riforma del sistema di apartheid. Gli storici marxisti, di con- tro, sostengono che l'oppressione razziale non è cer- to una tendenza di origine puramente culturale o ideologica, ma è il pilastro portante del sistema eco- nomico quale si è andato sviluppando nella specifi- ca situazione sudafricana. Fra i tanti lavori sull'argomento le più interes- santi sono due ricerche storiche di Norman Levy, The foundations of the South African Cheap La- bour System (Routledge and Kegan, London 1982) e di Dan O'Meara fVolkskapitalisme: Class, Capital and Ideology in the Development of Afrikaner Nationalism 1934-1948, Cambrid- ge, Cambridge University Press 1983). Levy tratta il periodo di creazione dell'Unione sudafricana e lo sviluppo della legislazione che crea la disponibilità di forza lavoro a buon mercato essenziale all'indu- stria mineraria, distruggendo quasi ogni base di so- pravvivenza autonoma delle popolazioni africane. O'Meara va alle radici di quel processo che fu insie- me ideologico, politico e economico, di creazione e consolidamemto del nazionalismo afrikaner e che portò il National Party al potere nel 1948. Il nazionalismo boero non è tuttavia compren- sibile se non se ne conoscono le fondamenta religio- se e culturali e il modo in cui queste sono state tra- dotte e rappresentate nella vicenda politica della resistenza, della sconfitta nella guerra anglo-boera e poi dell'affermazione di una identità non solo se- parata, ma che pretende di essere eletta a guidare i destini del paese: Dumbar T. Moodie, The Rise of Afrikanerdom (University of California Press, Los Angeles 1980) ripercorre la vicenda della for- mazione della coscienza etnica afrikaner. Heribert Adam e Hermann Giliomee (Ethnic Power Mo- bilized. Can South Africa Change?, Yale Univer- sity Press, New Haven, Londra 1979) sostengono che la radice del problema sudafricano sta nel pote- re e nel privilegio economico che ha mobilitato i boeri sia contro i neri sia contro il capitalismo in- ternazionale. Brevi ritratti del re zulù Salomon KaDi- nuzulu, del leader nazionalista nero John Duhe e del sindacalista George Champion, tracciati con estrema finezza da Shula Marks (The Ambigui- ties of Dependence in South Africa, Class, natio- nalism and the State in Twentieth Century Na- tal, Ravan Press, Johannesburg 1986) analizzano per mezzo delle biografie la natura ambigua e mu- tevole della dominazione e i suoi effetti sulle perso- ne e sulla società. Infine alcuni volumi recenti sull'evoluzione del sistema di apartheid e la militarizzazione del potere in Sud Africa: Robin Cohen, Endgame in South Africa?, JamesCurrey, Londra 1986; Pierre Haski, L'Afrique bianche: histoire et enjeux de l'apartheid, Le Seuil, Parigi 1987; Kenneth Grun- dy, The Militarization of South African Politics, I.B. Tauris, Londra 1986; Gavin Cawthra, Brutal Force: the Apartheid War Machine, Idaf, Lon- dra 1986. (a.m.g.) menti politici. Sampson non è certo d'accordo con la storiografia marxista che considera 10 stato segregazionista fino al 1948 co- me una politica adeguata alle condizio- ni dell'industrializzazione capitalistica in Sudafrica e l'adozione del sistema di apartheid come il passaggio dal domi- nio del capitale multinazionale all'e- mergere, per mezzo della protezione statale, di un capitale locale, nazionale. E tuttavia, pur affermando che il pote- re economico dal 1948 conta assai po- co nelle decisioni politiche, tutta la sua analisi, centrata più sugli individui che sulle forze economiche, arriva a con- clusioni non molto lontane da quelle dei marxisti. Le connivenze fra potere economico e apartheid sono troppo profonde per poter essere negate e di fatto cominciano a essere messe in crisi a metà degli anni '70, solo quando gli scioperi, poi la rivolta di Soweto e la reazione dell'opinione pubblica ame- ricana sostenuta dalla presidenza Car- ter, iniziano a far intravedere quanto potesse essere pericoloso continuare a investire esclusivamente sxAYapar- theid. P.W. Botha andò al potere nel 1978 sostenuto quindi anche da tutti gli am- bienti economici che lo consideravano 11 de Gaulle della situazione. Ma la sua strategia di riforme si rivelò ben presto nient'altto che una serie di tattiche temporeggiatrici, prive di nerbo, inca- paci di forza propositiva, mentre la po- liticizzazione dei ghetti cresceva e si di- mostrava nella formazione di centinaia di organizzazioni di base determinate, nel limitato spazio d'azione loro con- cesso, a ottenere il massimo. Ma quel che preoccupa soprattutto il mondo degli affari è l'isolamento regionale e internazionale del Sudafrica. L'isolamento internazionale, che si fa sempre più minaccioso, in prospetti- va finirebbe per aggravare gli effetti dell'isolamento regionale di Pretoria, tanto potente quanto aborrita e subita a causa della supremazia economica e militare. L'economia sudafricana ri- schia dunque l'asfissia a causa dell'in- capacità di riforma del suo sistema po- litico e sociale. Ma l'isolamento più pe- sante e irrisolvibile è pur sempre quello determinato dalla separatezzafra mon- do dei bianchi e del privilegio e mondo dei neri che non si accontentano più delle briciole, ma vogliono riconosciu- ta un'identità politica fondata sulla li- bera determinazione degli individui. » Nessuno può essere imparziale di Pietro Veronese Avviso il lettore che, nel parlare del libro di Anthony Sampson Nero & Oro, mi riferisco all'edizione pubblicata da Hodder & Stoughton. Purtroppo non ho ricevuto quella italiana in tempo per la stesura di questo articolo; perciò non sono in grado di giudicare né la tra- duzione né l'edizione disponibile nelle nostre librerie. Detto questo, Nero & Oro è un saggio di giornalismo d'alto livello, un libro dai molti pregi; averlo reso disponibile al lettore italiano è opera benemerita. Cercherò di indica- re alcuni di questi pregi; ma poiché so- no svariati, conviene forse cominciare dall'altro capo, e cioè dall'unico limite che mi sento di imputare al libro. Chiunque abbia cercato, nei catalo- ghi delle case editrici italiane, titoli che gli consentissero di approfondire la conoscenza della situazione sudafri- cana al di là di quanto offre la cronaca dei giornali, sa già che Nero & Oro è un fiore nel deserto. Sarà forse perché, come suol dirsi, il Sudafrica "non ven- de" (o perché così pensano gli editori); fatto sta che il lettore, prima di questo libro, era affatto abbandonato a se stesso. Tutto ciò che aveva a disposi- zione erano alcune opere di narrativa di ambiente sudafricano, a cominciare dai romanzi e dai racconti di Nadine Gordimer, e opere a carattere speciali- stico o documentario, magari prege- voli, magari preziose, ma rivolte ai so- liti addetti ai lavori, non tali da attirare la curiosità e tener desta l'attenzione del lettore generico. Faceva eccezione L'Alleanza di James Michener, edito da Bompiani: opera di fiction, appar- tenente al genere delle grandi saghe che tanto incontra il favore del pubbli- co, straordinariamente ben documen- tata, molto leggibile, appassionante, insomma degna di fare da facile, godi- bile introduzione a più impegnative letture sudafricane. Unico neo, L'Al- leanza è da gran tempo esaurito. La so- la opzione rimasta era tuffarsi a ritroso nel tempo, con una grande opera di storiografia: La guerra anglo-boera di Thomas Pakenham (Rizzoli). Finiva che uno prendeva il problema un po' troppo alla lontana. Nero & Oro colma dunque una lacu- na, anzi meglio sarebbe definirla una voragine, offrendo in più il vantaggio di essere stato pubblicato appena l'an- no scorso, e perciò aggiornato ai più recenti sviluppi della situazione. Ma proprio perché trova un lettore digiu- no ed affamato,11 libro corre il rischio di risultare indigesto. Di cogliere im- preparati con un massiccio bombarda- mento d'informazioni. Di fare l'effet- to di una magistrale lezione universi- taria sulla mente di un povero lettore tenuto fino a ieri, non per colpa sua, nel più totale analfabetismo di cose su- dafricane. Il libro spiega ruolo e atteg- giamento del grande business interna- zionale nei confronti dell'apartheid e in certe pagine l'affastellarsi di riferi- menti, nomi di protagonisti, aziende, banche è tale da minacciare un mal di testa. Nella mia personale "piccola bi- blioteca ideale" sul Sudafrica, avrei preferito veder tradotti prima libri forse meno densi, senz'altro meno at- tuali, ma probabilmente più utili alla formazione d'una graduale consape- volezza della situazione. Più prope- deutici. Due libri in particolare, an- ch'essi made in England: The White Tribe of Africa (1981), del giornalista David Harrison, un profilo storico della nazione afrikaner, puntuale e im- pietoso, particolarmente illuminante nell'abitare a capire come e perché la "tribù bianca" è giunta a impadronirsi del potere e a non mollarlo più; e The Randlords di Geoffrey Wheatcroft (Weidenfeld and Nicolson, 1985), sto- ria dei magnati dei diamanti e dell'oro sudafricano, dai Rhodes, Barnato, Beit fino alla dinastia Oppenheimer. Sono personaggi che ritroviamo evo- cati in Nero & Oro; ma in questo libro più che in quello di Sampson emerge con brutale chiarezza la base materiale della grande finanza sudafricana, l'al- tra grande posta in gioco nel paese del- l'apartheid accanto a quella del potere politico. Tuttavia, questi scrupoli sono forse eccessivi. Può darsi che la densità d'in- formazioni offerte da Nero & Oro sia prossima al limite di saturazione; ma per l'appunto si tratta di un libro in- formatissimo, vera miniera di notizie e conoscenze, e compensa questa sua densità con una scrittura piana, non priva di brillantezza. Se pericolo c'è, esso è relativo alla miseria del panora- 8>