N. 3 pag. 4 | Il Libro del Mese "esplodono dal letto nude e bellissime" (e che usano, naturalmente, addormentarsi "vestite di Chanel numero 5, come un'attrice famosa"), indagini che cominciano da "notizie sicure apprese da Don Ciccio il barbiere" e così via. Ma vale ancora la pena di essere letto, a causa dei due personaggi principali: il capitano Bellodi, un expartigiano settentrionale arrivato in Sicilia pieno di buone intenzioni, con spirito garibaldino e nazionalpopolare, e che indaga sull'omicidio di un piccolo appaltatore; e Don Mariano Arena, il capobastone locale i cui discorsi potrebbero costituire materia per un trattatello di filosofia mafiosa. Il confronto tra i due antagonisti è il clou dell'opera, ed ha un carattere altamente simbolico: da una parte lo Stato e le sue leggi, anzi la sua legge fondamentale, la Costituzione della repubblica più volte richiamata nel testo e nei pensieri di Bellodi; dall'altra la Sicilia "di sempre", una sub-na-zione nei cui confronti la mafia gioca la parte di "Stato" e di costituzione non scritta, ma concreta e onnipresente. celebre divisione dell'umanità in cinque categorie (uomini, mezzi-uomi-ni, ominicchi, pigliainculo e quaqua-raquà) l'ultima delle quali, 'i quaqua-raquà, "dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre". Queste pagine del romanzo sono giustamente famose, perché documento di eccezionale chiarezza circa l'universo morale della mafia. Ma in che cosa consiste questo universo? Il suo nucleo centrale è lo stesso di quello presente nella mentalità dei grandi criminali. E stato illustrato da Nietzsche e da Dostoevskij in Delitto e castigo : gli esseri umani non sono uguali. I più forti hanno il diritto di dominare sui più deboli. Questi possono essere usati, seviziati e persino uccisi dai membri delle categorie elette in quanto appartenenti a strati anche moralmente inferiori. Il mondo dei dominatori — che può essere fatto sia di alleati che di competitori o di avversari — è governato da relazioni personali di fiducia, ammirazione e rispetto sconosciute agli inferiori, ai 'quaquaraquà'. E la riproposizione dell'antico codice barbarico, e dell'onore inteso nel suo senso primordiale, come diritto e valore dei più forti, come ricompensa e motivazione ultima della rapina, della devastazione e della strage. E la quintessenza del sentire e del pensare della mafia tradizionale. Dovremo sempre essere grati a Leonardo Sciascia per avere dipinto questo personaggio da "stato di natura", con la sua terribile etica pre-cristia-na. Ma non possiamo essergli grati per ciò che fa rispondere al capitano Bellodi subito dopo che il mafioso, nel corso dello stesso colloquio, lo ammette nell'Olimpo degli uomini d'onore con l'affermazione che "Lei , anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo..." Che cosa fa infatti Bellodi, il rappresentante di una concezione etica e giuridica alternativa e superiore a quella del perverso selvaggio che ha di fronte? Invece di confrontare i suoi valori con quelli che gli vengono proposti, ricordando, magari anche solo di sfuggita, il corredo di sopraffazioni e di infamie sui deboli che le incarnazioni storiche del 'diritto' dei mafiosi hanno comportato in Sicilia, accetta la proposta di Don Mariano e risponde "con una certa emozione": "Anche lei". E prosegue giustificando il disagio Antonio Juvarra Il canto e le sue tecniche Un nuovo trattato per la voce Antonio Juvarra Il canto e le sue tecniche ER 2856 L. 16.400 pp.92 RICORDI