N ' ITNDjCF » ■■dei libri del mese■■ Cela tra l'alveare e il deserto di Norbert von Prellwitz Camilo José Cela, La famiglia di Pa- scual Duarte, Einaudi, Torino 1989, ed. orig. 1942-1960, trad. dallo spa- gnolo di Salvatore Battaglia, pp. 172, Lit 24.000. Camilo José Cela, L'alveare, Einau- di, Torino 1990, ed. orig. 1951, trad. dallo spagnolo di Sergio Ponza- nelli, pp. 240, Lit 28.000. Camilo José Cela, Cristo versus Ari- zona, Frassinelli, Milano 1990, ed. orig. 1987, trad. dallo spagnolo di Tilde Riva, pp. 252, Lit 24.500. Con una varietà di toni che inclu- de l'ingenuità, il distacco, l'ironia, jl pluriomicida Pascual Duarte raccon- ta la maturazione dell'odio che lo ha portato a distruggere gli esseri giudi- cati colpevoli della sua ossessione. Quando la memoria del narratore evoca quei momenti, la veemenza rende il discorso aspro e spietato, in conflitto con il modo contrito di altri passi. Pascual Duarte soffre di malin- conia, sin dall'infanzia trascorsa fra la miseria e la brutalità di genitori privi di senso morale. Solitario che vede la vita come un sopportare gli altri, egli non è alieno agli affetti più teneri, che la morte, come una peren- ne insidia, gli sottrae. Uccidendo, Pascual Duarte finisce per assogget- tarsi a quest'antagonista, anche se rievoca l'atroce matricidio come una liberazione conclusiva. Questo primo romanzo di Cela, per linguaggio e contenuti, viene vi- sto abitualmente come un modello di neorealismo a forti tinte, divergente dalla narrativa moralistica promossa dal regime franchista negli anni qua- ranta. Ma l'autore, finto trascrittore di un manoscritto trovato, nella cor- nice del racconto prende le distanze dalla confessione dell'omicida, e la- scia sospettare che il suo porgersi co- me vittima della sofferenza e del fato nasconda un tornaconto. Il memoria- le del condannato a morte è indiriz- zato infatti a un amico della sua ulti- ma vittima, "Don Jesus Gonzàles de la Riva, Conte di Torremejfa, che mentre l'autore di questo scritto l'as- sassinava, lo chiamava Pascualillo e gli sorrideva": le parole della dedica sono l'unico accenno al caso che ha determinato la condanna. Questo enigma e i dubbi del tra- scrittore inducono a verificare il co- me del discorso, lo sforzo del narra- tore di convincere il destinatario del- le motivazioni che giustificano la sua indole e della sincerità del suo penti- mento: emergono allora incongruen- ze e ironie proprie della tradizione picaresca alla quale il romanzo di Ce- la s'ispira, quell'ambiguità di fondo nella voce della finzione che impre- gna di sé il realismo dei fatti rappre- sentati. L'alveare confermò Cela come il primo romanziere di respiro europeo ad emergere nell'asfittica cultura let- teraria della Spagna franchista. L'au- tore definì in sintesi questo roman- zo, sminuendone l'elaborata struttu- ra, "un mucchio di pagine per le qua- li scorre, disordinatamente, la vita di una disordinata citta": l'osservazio- ne sfaccettata in celle narrative auto- nome di un microcosmo durante tre giorni di dicembre del '42 (o del '43) a Madrid, illustra il comportamento collettivo di una società disarticola- ta, mediocre, meschina, sottomessa all'insolenza umiliante del potere e del denaro, senza futuro. L'alveare è stato letto come un'al- legoria della grigia realtà imposta dal regime, o come un romanzo-verità, documento della società spagnola de- gli anni quaranta. Ma più che il qua- dro realista di costume importa l'in- dole che emerge dai dialoghi nei caf- fè, nei bordelli, nelle case, la satira implicita di quella retorica quotidia- na che nelle sue manifestazioni e nel- le sue reticenze racchiude tutta la violenza dell'ideologia totalitaria e l'ipocrisia della morale ufficiale. Il narratore è un testimone che Cela ama caratterizzare come un fo- tografo, ma il suo sguardo non è quel- lo di un obiettivo, come l'autore vor- rebbe far credere. I suoi commenti amarognoli o mordaci, uniti a un re- pertorio di artifici ironici e all'uso sa- piente dell'aggettivazione (qualità in cui la scrittura celiana eccelle), ne im- to personaggi, promuove la confusio- ne delle vicende e la smemoratezza del lettore. Anche se la somma di frammenti si apre all'abbozzo di pic- cole storie, esse sono intrascendenti, nessuna approda a una conclusione. Tutto resta sospeso nell'incertezza di una vita circoscritta dal presente sto- rico della narrazione. Nell'alveare il flusso dell'abitudi- ne trascina anime morte "senza fede, senza speranze, e anche senza carità, come compiendo un penoso dove- re", indifferenti alla morte reale; in uno dei caffè che fanno parte dei loro riti quotidiani, "molte lastre di mar- mo dei tavoli erano state un tempo lapidi mortuarie". Un errore fuorviarne per l'inter- LUIGI TASSONI MATTIA PRETI E IL SENSO DEL DISEGNO L. 40.000 DISTRIBUZIONE: GRUPPO EDITORIALE GIUNTI (FIRENZE) !f] Moretti&Vitali editori LA VOCE DELLA LUNA Federico Fellini a cura di Lietta Tornabuoni Nell'affascinante intreccio di immagini e testi, l'ultimo straordinario racconto di Fellini: uno specchio esemplare dell'Italia di oggi, tra postmodernità urbana e tradizione contadina. pagine 160, 214 illustrazioni Lire 85.000 ROBERTO ROSSELLINI Fernaldo di Giammatteo La straordinaria avventura umana dell'inventore del neorealismo italiano ricostruita attraverso le immagini - fotografie familiari, foto di scena, documenti, scritti, lettere, diari - e un denso saggio biografico-critico. pagine 192, 412 illustrazioni Lire 95.000 ìli 111 umilili La Nuova Italia j?uH 1 1 A POESIA LATINA NELL'ETÀ DI AUGUSTO LE CARTE ROSA Ermanno Detti La storia di come sognavamo per comprendere come sogniamo: romanzi a puntate, racconti sentimentali, cartoline e carte da lettere degli innamorati, fotoromanzi, cineromanzi, fumetti, una sorta di fiabe per adulti, riproposte attraverso una documentazione originalissima. pagine 168, 400 illustrazioni, Lire 85.000 LA POESIA LATINA NELL'ETÀ DI AUGUSTO Arturo Carbonetto Un'antologia, con testo latino a fronte, che raccoglie la poesia della grande stagione augustea da Virgilio a Orazio, da Properzio a Ovidio, a Tibullo, a Manilio, a Fedro. pagine 812, Lire 75.000 plicano il giudizio morale. Inoltre, nella sua onniscienza, il narratore non solo spia nelle alcove — meta di un erotismo svilito — ma anche nella testa dei personaggi, smentendo la pretesa di limitarsi a mostrare la fac- ciata dei fatti e delle parole. La gente dell'alveare è incapace di coscienza; rare scintille di riflessione si spengono in luoghi comuni. Il pro- blema etico di questa città consiste nell'assenza di ogni problematica, perché il surrogato del pensiero è il cicaleccio stereotipo, che imbottisce i cuori e le menti e sprigiona nella sua piattezza tutto il suo effetto grotte- sco. Il montaggio delle scene (ben 213), nelle quali sfilano circa trecen- pretazione del libro si trova nella tra- duzione di uno dei prologhi. Nella nota alla quarta edizione, Cela scri- ve: "Es grave confundir la anestesia con la esperanza; también lo es tornar el noble ràbano de la paclencia por las ruines hojas — lacias, ajadas, tré- mulas — de la renunciación"; il testo italiano dice: "E grave confondere l'anestesia con la speranza: lo è anche prendere le minuscole lucciole — fra- gili, incerte, tremule — per le nobili lanterne della rinuncia". Cela con- trappone invece la nobile virtù stoica della pazienza all'ignobile colpa col- lettiva dell'alveare, la rassegnazione. Tra L'alveare e Cristo versus Arizo- na c'è un intervallo di trentasette an- ni, nei quali l'abbondanza della pre- gio in cui domina il turpiloquio, espressione di questo universo agli antipodi del mondo ordinario. Altrettanto anomalo rispetto alle norme del racconto, 0 discorso del narratore sconvolge le connessioni logiche con uno sfrenato processo as- sociativo, e produce un amalgama che sembra privo di orientamento. Ma non si tratta della rappresenta- zione di un flusso di coscienza caoti- co; il cronista di questa storia, inter- rotta soltanto da virgole, assicura che il suo è un esercizio consapevole di scrittura. Nella narrazione fatta di abbozzi di trama dispersi e di nomi a profusione, Cela porta al limite la tecnica impiegata ne L'alveare, e vi abbina uno schema basato sulla per- mutazione di brani con minime va- rianti. In questo romanzo eccessivo Cela ripropone la sua concezione an- tiromantica della scrittura come pro- dotto della pazienza combinatoria. Certo, lo scrittore pretende un letto- re disposto a seguirlo nel suo gioco protratto, alleviato da un'inventiva pirotecnica e da una comicità spesso scurrile e a tratti orrida. Nel sincretismo religioso che re- gna in questo Arizona grottesco, Cri- sto-Dio è una primigenia forza onni- potente che sa fare i miracoli, forse il massimo dei miracoli, quello di evita- re la morte ai mortali. Il nome di Tombstone, "lapide", designa il centro dell'azione come località dalla morte facile. La vigoria omicida vi gareggia con la frenesia sessuale dei personaggi, in un corpo a corpo nel quale eros e thanatos, protagonisti abituali nella mitologia elementare di Cela, finiscono spesso per collimare. Frantumazione e replica non solo disgregano l'ordine del Romanzo Ben Fatto, ma contrappongono alla progressione lineare del tempo lo schema circolare di un tempo sospeso e ripetitivo. Ogni ripetizione del rac- conto serve per differire il momento della fine, che arriva quando il narra- tore esaurisce le sue litanie e usa il primo punto. duzione di Cela si è spesso risolta a scapito del rigore; ma questa esube- ranza è anche segno dell'inesausta volontà di sperimentare tecniche e stili diversi. L'ultima creatura uscita dalla sua officina sperimentale corri- sponde alla sua visione della lettera- tura come "macchina fabulatoria". L'Arizona di Cela è un altrove imma- ginario e sconfinato, scenario di una storia dalla cronologia sconcertante; in questa regione leggendaria senza leggi, passioni primordiali trovano uno sfogo libero da costrizioni. Un narratore picaresco in apparenza di- stratto compone laboriosamente una saga tragicomica ricca di personaggi strabilianti, di comportamenti ano- mali e di fatti atroci, con un linguag- L'ARGONAUTA a w Laura Mancinelli AMADÉ p.p. 82 L. 14.000 Honoré de Balzac UN DEMONE p.p. 78 L. 14.000 COLLANA DI LETTERATURA Diretta (la U. Pannunzio e M. Rosolini Distribuzione: Consorzio Distrib. Associati (BO) Piazzale dei Bonificatori, 3 LATINA - Tel. 0773/4B3996