Pag- Il Libro del Mese La transizione al caos di Alberto Conte Heinz-Otto Peitgen, Peter H. Richter, La bellezza dei frattali, Bollati Boringhieri, Torino 1987, ed. orig. 1986, trad. dall'in- glese di Umberto Sampieri, pp. 195, Lit. 65.000. La grafica computerizzata ha or- mai raggiunto vertici di perfezione che sarebbero stati impensabili anco- ra pochi anni orsono. Fra le moltissi- me immagini elaborate, in questo modo e che sono ormai diventate patrimonio comune della nostra esperienza visiva, le rappresentazio- ni di frattali prodotte da Peitgen e Richter nel laboratorio di fisica del- l'università di Brema e contenute in questo bellissimo volume occupano un posto preminente per il fascino un po' inquietante che ne sprigiona e per l'enorme varietà di forme che descrivono. Esaminandole con at- tenzione è facile cogliere le due ca- ratteristiche fondamentali degli og- getti frattali: l'autosimilitudine e la dimensione frazionaria. La prima è la proprietà di cui godono i frattali, che consiste nel poter essere decom- posti in parti sempre più piccole, cia- scuna delle quali è la riproduzione miniaturizzata dell'oggetto di par- tenza. La seconda è la proprietà che genera le infinite frastagliature di cui sono dotati i frattali e che li fanno apparire così diversi dagli oggetti geometrici euclidei che ci sono fami- liari. E questa la geometria con la quale dovremo abituarci a convivere nel duemila, profondamente diversa dal- l'ordine euclideo che per secoli ha dominato l'immagine del mondo co- struita dalla scienza, e tuttavia capa- ce di dominare scenari apparente- mente caotici grazie alla costruzione di modelli matematici sempre più profondi e raffinati. Dietro a queste figure apparentemente bizzarre c'è comunque una lunga storia, il cui inizio può essere fatto risalire ai pri- mi del novecento, quando Poincaré tentò di descrivere matematicamen- te la vera orbita della terra. È noto infatti che l'orbita ellittica predetta dalla prima legge di Keplero non è che una grossolana approssi- mazione, in quanto tiene conto sol- tanto dell'attrazione gravitazionale esercitata dal sole e non di quelle esercitate dagli altri pianeti, uno al- meno dei quali, Giove, ha massa suf- ficientemente grande da non poter essere trascurata. Nel tentativo di ri- solvere le equazioni differenziali che descrivono l'influenza reciproca dei tre corpi, Poincaré si trovò di fronte a un fenomeno inaspettato: non era infatti possibile trovare delle solu- zioni che descrivessero il moto dei tre corpi in modo ordinatamente geometrico, ma soltanto soluzioni divergenti che davano alcune indica- zioni sulla periodicità delle orbite. In altre parole, se si immagina di in- serire un piano fisso perpendicolar- mente all'orbita della terra, questa non lo taglierà a distanza di un anno sempre nello stesso punto, ma i vari punti di intersezione costituiranno una figura apparentemente caotica e non riconducibile ad alcuna delle mentiamo nella nostra vita, pieno di imprevisti e di colpi di scena, e che ci consente soltanto di elencare quali- tativamente gli scenari possibili, ma non di predire con sicurezza quale di essi si verificherà. Si tratta di una delle conseguenze della proprietà fondamentale dei sistemi dinamici complessi, e cioè che piccolissime Il computer come microscopio Benoit B. Mandelbrot, Gli oggetti frattali, Einaudi, Torino 1987, ed. orig. 1984, ediz. italiana a cura di Roberto Pignoni, prefaz. all'ediz. italiana di Luca Peliti e Angelo Vul- piani, pp. 208, Lit. 18.000. Il concetto di dimensione è uno dei più im- portanti di tutta la matematica. Esso si è venu- to formando lentamente nel corso della sua sto- ria, tanto è vero che si può parlare di una vera e propria teoria della dimensione, organizzata intorno a una definizione precisa del concetto, soltanto nella seconda metà dell'Ottocento quando la scoperta delle geometrie non-euclidee e la costruzione di spazi di dimensione (intera) n qualsiasi spinsero i matematici ad affrontare il problema. Arrivare a una definizione soddi- sfacente non fu però facile e la via per giungervi risultò costellata di fenomeni apparentemente in contrasto con la nostra intuizione, la cui spiegazione richiese spesso ricerche approfondite e complesse. Uno dei più noti "mostri matema- tici" che furono costruiti nel corso di queste indagini è la famosa "curva di Peano" che, pur essendo l'immagine continua di un segmento, riempie però tutto un quadrato. Qual è la sua dimensione? Uno, come ci porterebbe a rispon- dere la nostra intuizione, o due, come invece ci suggerisce il ragionamento matematico che sta alla base della sua costruzione? Altrettanto fa- mosa è la curva di von Koch, costruita per trovare un esempio di funzione continua che non fosse derivabile in nessun punto. Apparen- temente liscia, essa è in realtà tutta uno spigolo appuntito e la sua costruzione suscitò un tale sconcerto fra i matematici da apparire a Hermi- te una "piaga lamentevole" dalla quale ritrarre lo sguardo "con disgusto e orrore". Oggi esistono molte definizioni possibili del concetto di dimensione di un sottoinsieme di uno spazio metrico. La nozione più sofisticata è quella di dimensione di Hausdorff. Per com- prendere di che cosa si tratti, consideriamo un sottoinsieme X del normale piano euclideo e indichiamo con n(r) il numero dei cerchi di diametro r che sono necessari per ricoprire tutto X Diminuendo r il numero n/r) dovrà necessa- riamente aumentare e se, al tendere di r verso lo 0, cresce alla stessa velocità di 1/r°, si dirà che D è la dimensione di Hausdorff di X. Questo concetto di dimensione corrisponde bene alla nostra intuizione e dà le risposte ovvie nei casi ovvi. La sorpresa viene però quando lo si applica agli insiemi patologici cui abbiamo fatto cenno in precedenza. La risposta è infatti 2 per la curva di Peano (e fin qui niente di particolarmente strano), ma addirittura log 4/ log 3 per la curva di von Koch, la quale risulta così avere come dimensione non un numero intero, bensì una frazione. Gli insiemi che hanno dimensione di Hausdorfffrazionaria sono stati chiamati frat- tali dall'autore di questo volume, il matematico francese naturalizzato americano Benoit Man- delbrot che ne iniziò lo studio nel 1975. L'esi- stenza di questi oggetti matematici era stata però già messa in luce in precedenza. Anche se è vero che per esistere un oggetto ha bisogno di un nome, l'atto di nascita elei frattali, sia pure senza nome, può comunque essere fatto risalire al 1920, quando i matematici francesi G. Julia e P. Fatou ne studiarono la classe più importan- te, che trae origine dalla teoria dei sistemi dina- mici complessi. Perché dunque ci sono voluti oltre cinquantanni per riconoscerne l'impor- tanza e iniziarne lo studio indipendente? Entra qui in gioco il secondo ingrediente fondamentale del lavoro di Mandelbrot: il com- OIKOS Per un'ecologia delle idee Collana diretta da Mauro Ceruti ERVIN LASZLO L'IPOTESI DEL CAMPO Fisica e metafisica dell'evoluzione ALFONSO M. IACONO L'EVENTO E L'OSSERVATORE Ricerche sulla storicità della conoscenza PIERLUIGI LUBRINA EDITORE BERGAMO forme geometriche standard. Soltan- to molto più tardi ci si accorse che i punti si organizzano come se fossero attratti da uno strano oggetto geo- metrico (chiamato appunto attratto- re strano) e che questo è un frattale. E in effetti i frattali compaiono in tutti i fenomeni di transizione al caos, e non c'è dubbio che il loro studio approfondito potrà contri- buire alla comprensione di fenomeni che sfidano i paradigmi della scienza classica. Ma già oggi questi paradig- mi devono essere messi in discussio- ne e riformulati su basi completa- mente nuove se vogliamo compren- dere fenomeni che sono finora sfug- giti ai modelli classici. L'esempio più significativo è quel- lo della nozione di tempo. Il tempo della scienza classica, che fluisce ine- sorabile e imperturbabile e che è tale che la conoscenza dello stato dell'u- niverso in un determinato istante de- ve consentire di ricostruire tutto il passato e di predire tutto il futuro, è stato ormai sostituito da un tempo molto più simile a quello che speri- {afCm JcffarH urkffgtty s deÉmmncp 7 (éricncic £ Ip-iC-S--97-7~i 2 13— 6-4 j 14-17-0 4 lo-tó-7 \o-S~ 1 —1 x*)io '- 13-n-o 3—4 -o • o—oS Xt—O-O X—x-o O—T-2, e—o-f a—8—o o—t—o uarmu}8$<>ff i fi x ((flirt ^—wmmmm^mmmm m ■ I — variazioni nei dati iniziali possono produrre effetti imponenti sul moto successivo. Ed è anche l'ostacolo principale alla comprensione e alla spiegazione di molti fenomeni, sia teorici che pratici. Ne costituisce un esempio il problema della stabilità o meno del sistema solare. Un altro è quello della fusione nucleare con- trollata, che non è stata ancora otte- nuta proprio perché non possedia- mo una comprensione adeguata del moto caotico di una particella carica all'interno dello specchio magneti- co. Un altro ancora è quello della visione dei robots, che devono poter apprendere a distinguere gli oggetti districandosi fra le infinite frastaglia- ture delle superfici di separazione. E lo studio della crescita delle uova de- gli insetti ci ha insegnato che la mor- fogenesi non può essere capita sol- tanto a partire dalla conoscenza del genoma e della struttura molecolare. La fenomenologia ha le sue leggi che cambiano a ogni nuovo stadio di or- ganizzazione e che richiedono la co- struzione di modelli matematici molto più sofisticati di quelli che ab- biamo oggi a disposizione. Di tutto ciò, e ai molto altro anco- ra, tratta il volume di Peitgen e Ri- chter, che oltre a generare al compu- ter le 101 meravigliose immagini frattali a colori che lo arricchiscono, hanno scritto due capitoli, Le fron- tiere del caos e Magnetismo e frontiere complesse, nei quali i concetti fonda- mentali della teoria dei sistemi dina- mici complessi vengono spiegati con un linguaggio accessibile anche ai non specialisti e mediante numerosi esempi tratti dalle più svariate disci- pline. Centinaia