NUMERO 3 PAGINA 5 Ritratto Francia: un uomo libero I primi romanzi di Sciascia, che lo imposero molto presto in Italia come una personalità singolare e originale, risalgono alla fine degli anni cinquanta. Già nel 1961 Flam- marion proponeva ai lettori france- si Il giorno della civetta, primo esempio di un genere di cui Sciascia si sarebbe poi servito spesso: il ro- manzo poliziesco, in cui l'indagine non è solo un semplice esercizio di deduzione logica, ma serve anche di pretesto per una dimostrazione di carattere sociale o politico. (In questo romanzo un capitano dei ca- rabinieri incaricato di trovare gli autori di un omicidio, in Sicilia, porta un po' alla volta alla luce una rete di interessi e di complicità cer- tamente occulte, ma abbastanza potenti da impedire che la verità venga a galla e da ottenere il trasfe- rimento del poliziotto). Senza frasi inutili, Sciascia metteva il dito sul ruolo della mafia nella società sici- liana, in un momento in cui, in Ita- lia, le autorità civili e religiose di- chiaravano in ogni occasione che questa società segreta non era altro che un'invenzione dei giornalisti. Si è visto, in seguito, come stavano realmente le cose, anche se, peral- tro, non è mai stato possibile estir- pare la "piovra". Questa prima traduzione non eb- be un gran successo, e fu necessario aspettare alcuni anni prima che Maurice Nadeau si impegnasse, a sua volta, a far conoscere un'opera che non aveva fatto che confermare la posizione raggiunta da Sciascia. Uscirono, uno dopo l'altro, nella celebre collana dalla copertina gial- la delle "Lettres nouvelles", diver- si volumi importanti, tra cui, in particolare, Le parrocchie di Re- galpetra e Gli zìi di Sicilia, che, co- me si è spesso osservato, costitui- scono la matrice dell'opera di Scia- scia (sia per la Sicilia che ne costi- tuisce il contesto prediletto, sia per l'angolazione, a mezza strada tra l'analisi sociologica e l'interpreta- zione politica, su uno sfondo ro- manzesco). Senza abbandonare i suoi inte- ressi politici, Sciascia si è anche av- venturato, con successo, sul terre- no del romanzo storico, con testi come Morte di un inquisitore e // consiglio d'Egitto, un capolavoro. Ne emergeva, in modo sempre più evidente, il suo profondo interesse di Mario Fusco per i problemi del diritto, sia quello delle persone, sia quello su cui si basa il funzionamento delle società civili, affrontati con un rigore e una costanza che talvolta potevano anche far temere un'evoluzione verso la saggistica (tanto più che spesso egli si basava su fatti di cro- naca o su dossier di vicende giudi- ziarie che era bravissimo a scoprire in fondo agli archivi, e che rico- struiva per metterne in luce i mec- canismi perversi). Alla base di que- sta incessante riflessione, che spes- so ha indotto Sciascia a far seguire i suoi racconti o le sue novelle da una serie di saggi, che ne costituiscono sia il prolungamento che il prologo (come nel caso di La corda pazza, o di Cruciverba) c'era, naturalmen- te, un bagaglio di letture che risali- va all'adolescenza di questo mae- stro di scuola che si era formato praticamente da solo, sotto il regi- me fascista che aveva in odio, in una cittadina del centro della Sici- lia, leggendo alla rinfusa Diderot, 1 Miserabili, Paul Louis Courier o Stevenson. Ma, di fatto, nutrì sem- pre la stessa ammirazione e, certa- mente, la stessa riconoscenza nei confronti degli enciclopedisti fran- cesi del XVIII secolo, che gli aveva- no dimostrato come la letteratura potesse essere anche usata come ar- ma contro l'ingiustizia, l'oppres- sione e contro gli interessi o i poteri particolari che, in seno alla società, si oppongono al libero gioco di uno stato fondato sulla ragione e sui va- lori civili. Ed è certo questa la ra- gione per cui, dal momento in cui i suoi libri incominciarono ad essere letti in Francia, prese l'abitudine di soggiornarvi a lungo, soprattutto a Parigi, dove sapeva di ritrovare un piccolo gruppo di amici e di ammi- ratori: il suo editore, i suoi tradut- tori e un fotografo e giornalista si- ciliano, Ferdinando Scianna, con cui realizzò diversi libri memorabi- li, dalle Feste religiose in Sicilia a quelle Ore di Spagna, pubblicate l'anno scorso e ancora inedite in Francia. Risultato di questi ripetuti sog- giorni (che gli fornirono l'occasio- ne di incontrare numerosi scrittori e giornalisti e di concedere numero- sissime interviste, cui si prestava volentieri pur rifiutando ostinata- mente di parlare in francese) è la posizione di primo piano occupata da Sciascia tra gli scrittori italiani conosciuti ed apprezzati in Fran- cia, accanto a Moravia, a Calvino o a Pasolini. Infatti quasi tutti i suoi libri vi sono stati tradotti, spesso quasi subito dopo la loro pubblica- zione in Italia; vi ha anche ottenuto numerosi premi letterari e nel 1979 gli è stato dedicato il numero spe- ciale di una rivista. Occorre anche dire che gli adattamenti cinemato- grafici di un certo numero di suoi romanzi, in particolare Todo modo e Cadaveri eccellenti, hanno contri- buito in larga misura a renderlo po- polare presso il pubblico francese (che, non è il caso di stupirsi, ha ac- colto con grande favore gli ultimi romanzi di Sciascia: è il caso di II cavaliere e la morte, pubblicato po- che settimane prima della sua mor- te e che è, senza alcun dubbio, uno dei più bei libri del genere polizie- sco cui era affezionato, ma con una dimensione metafisica più manife- sta e una risonanza autobiografica che rende certi passaggi densi di commozione). Ha forse contribui- to al successo di questo libro, quasi un testamento, il contraccolpo del- l'emozione provocata dalla morte prematura di Sciascia, ma sarebbe più giusto rinoscere che le qualità dello scrittore vi appaiono con un'evidenza e, forse, una libertà di espressione che sembravano esso, in precedenza, frenate da una preoc- cupazione di verità e di giustizia. È ben evidente che, iniziando a pubblicare alla fine del periodo neorealista, Sciascia, più preoccu- pato dei valori etici che della vir- tuosità della forma, non aveva nes- suna affinità con gli scrittori della neoavanguardia e che, assumendo ostinatamente la Sicilia quale terre- no privilegiato di osservazione e di meditazione, ha fatto della sua iso- la, che amava in modo viscerale e che allo stesso tempo spesso esecra- va, una metafora delle società in cui viviamo. Senza dubbio i lettori francesi di Sciascia, che sono nu- merosi come dimostrano le nume- rose riedizioni dei suoi libri in edi- zione economica, non sono sempre in grado di percepire tutte le impli- cazioni degli scontri politici da cui prendono le mosse i romanzi di questo temibile polemista, che non si preoccupava affatto del confor- mismo e che, a questo titolo, è stato talvolta duramente attaccato. Non vi è dubbio, in compenso, che ab- biano colto il senso profondo delle interpretazioni fornite da quest'uo- mo libero che, verso e contro tutti, e malgrado un crescente pessimi- smo, continuava a credere alla giu- stizia e a difendere l'ideale di una società fondata sul diritto. (trad. dal francese di Daniela Formento) Mario Fusco è nato nel 1930. Pro- fessore di letteratura italiana con- temporanea all'università di Parigi III, ha tradotto in francese l'ultimo libro di Sciascia, Una storia sempli- ce. Favole della dittatura, Roma, Bardi, 1950; Le parrocchie di Regalpetra, Bari, Laterza, 1956; Gli zii di Sicilia, Torino, Einaudi, 1958; Il giorno della civetta, Torino, Einaudi, 1961; Il Consiglio d'Egitto, Torino, Einaudi, 1963; Morte dell'Inquisitore, Bari, Laterza, 1964; A ciascuno il suo, To- rino, Einaudi, 1966; //contesto, Tori- no, Einaudi, 1971; Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, Palermo, Esse, 1971 (poi Sellerio 1979); limare colore dei vino, Torino, Einaudi, 1973; Todo modo, Torino, Einaudi, 1974; La scomparsa di Majorana, To- rino, Einaudi, 1975; / pugnalatori, Torino, Einaudi, 1976; Candido, To- rino, Einaudi, 1977; L'affaire Moro, Palermo, Sellerio, 1978; Dalla parte degli infedeli, Palermo, Sellerio, 1979; Il teatro delia memoria, Tori- no, Einaudi, 1981; La sentenza me- morabile, Palermo, Sellerio, 1982; Occhio di capra, Torino, Einaudi, 1984; Cronache!te, Palermo, Selle- Bibliografia rio, 1985; Per un ritratto dello scrit- tore da giovane, Palermo, Sellerio, 1985; La strega e il capitano, Mila- no, Bompiani, 1986; 1912 A 1, Mila- no, Adelphi, 1986; Porte aperte, Mi- lano, Adelphi, 1987; // cavaliere e la morte, Milano, Adelphi, 1988; Una storia semplice, Milano, Adelphi, 1989. Poesia La Sicilia il suo cuore, Roma, Bar- di, 1952. Saggistica Pirandello e il pirandellismo, Cal- tanissetta, Sciascia, 1953; Pirandello e la Sicilia, Caltanissetta-Roma, Scia- scia, 1961; La corda pazza, Torino, Einaudi, 1970; Nero su nero, Torino, Einaudi, 1979; La Sicilia come meta- fora, intervista di M. Padovani, Mila- no, Mondadori, 1979; Conversazione in una stanza chiusa, intervista di D. Lajolo, Milano, Sperling & Kupfer, 1981; La palma va a Nord, Roma, Ed. Quaderni radicali, 1981; Cruci- verba, Torino, Einaudi, 1983; Ore di Spagna, Marina di Patti, Pungitopo, 1988; Alfabeto pirandelliano, Mila- no, Adelphi, 1989; Fatti diversi di sto- ria letteraria e civile, Palermo, Selle- rio, 1989; A futura memoria, Milano, Bompiani, 1989. Teatro L'Onorevole, Torino, Einaudi, 1965; Recitazione della controversia Hparitana, Torino, Einaudi, 1969. Le opere di Sciascia sono state rac- colte a cura di C. Ambroise, con qual- che omissione autorizzata dall'auto- re, in due volumi (1956-1971; 1971- 1983) a cui sarà aggiunto un terzo conclusivo, in preparazione, sempre per la casa editrice Bompiani. Filmografia 1 film tratti dai libri di Sciascia, senza contare quelli che più o meno direttamente si ispirano alle sue pagi- ne sono: A ciascuno il suo (1967) e Todo modo (1976) per la regia di Elio Petri; Il giorno delta civetta (1968) di Damiano Damiani; Cadaveri eccel- lenti (1976, da li contesto) di France- sco Rosi; Porte aperte (1989) di Gianni Amelio. M.O. Biografia Leonardo Sciascia nasce l'8 gennaio 1921 a Racalmuto, paese di zolfare dell'entroterra siciliano. Nel '35 frequenta l'Istituto magistrale di Caltanissetta ove insegna lo scrittore Vitaliano Brancati, maturando una precoce coscienza antifascista. Dal '41 al '48 lavora come impiegato all'ufficio per l'ammasso del grano. Sposatosi nel '44, dal '49 inizia il lavoro d'insegnante elementare che cesserà nel '70. Nel '50 assume la direzione della rivista "Galleria", dando inizio a un'intensa attività pubblicistica, mai dismessa, che lo porterà a collaborare alle più importanti riviste letterarie e ai più prestigiosi quotidiani e settimanali: "Letteratura", "Nuova Corrente", "11 Contemporaneo", "Officina", "La Fiera Letteraria", "Il Ponte", "Gazzetta di Parma", "Giornale di Sicilia", "Il Corriere della Sera", "La Stampa", "L'Espresso". Nel '57 si trasferisce a Roma distaccato al ministero della pubblica istruzione, per ritornare a Caltanissetta nel '58, finendo per sistemarsi definitivamente a Palermo nel '67. Se negli anni sessanta si afferma come scrittore di successo, è a partire dal '71, con 11 contesto, a seguito di una memorabile polemica con autorevoli esponenti del partito comunista italiano che si trasforma, suo malgrado, in opinion maker. E così nel '74 è tra i primi, a sinistra, ad affermare che le Brigate rosse effettivamente rosse erano; quindi, in occasione del processo contro le stesse si schiera dalla parte dei giudici popolari che disertavano. Di nuovo, nei giorni del rapimento Moro, è per l'autenticità delle lettere dalla prigionia che accusano la classe politica democristiana. Negli anni ottanta le sue prese di posizione a difesa del diritto sono sempre più frequenti e risentite: contro le leggi speciali dell'emergenza terroristica, quindi nella dolorosa constatazione della nascita di una nuova mafia, in polemica, infine, con alcuni organismi dello stato, dalla giunta comunale di Palermo al pool antimafia, nel dubbio che la lotta alla criminalità organizzata, con l'impiego di poteri straordinari, potesse trasformarsi in occasione per rapidi avanzamenti di carriera. A sanzionare questo particolarissimo percorso è un'attiva partecipazione alla vita democratica italiana. Nel '75 è eletto al comune di Palermo con il partito comunista italiano, dimettendosi però due anni dopo. Nel '79 è eletto con il partito radicale alla Camera italiana e al Parlamento europeo, ma opta per la prima, divenendo poi membro della commissione d'inchiesta "Moro": impegno che cessa nell'83 con lo scioglimento anticipato delle Camere. Al culmine di una fama ormai internazionale, muore a Palermo il 20 novembre 1989.