N. 6 Il Libro del Mese Il doloroso piacere della menzogna di Cesare Cases Arthur Schnitzler, Verso la li- bertà, Mondadori, Milano 1981, ed. orig. 1908, trad. dal tedesco e cura di Marina Bistolfi, postfazio- ne di Giorgio Zampa, pp. 410, Lit. 16.000. Verso la libertà , uscita nel 1908, è un'opera della piena maturità di Ar- thur Schnitzler (che allora aveva qua- rantasei anni) e una di quelle cui que- sto scrittore prolifico ma nientaffatto trascurato dedicò le maggiori atten- zioni (la sua gestazione è stata studia- ta da noi da Giuseppe Farese). Essa è minuziosamente concertata in modo tale da creare una serie di corrispon- denze tra i singoli capitoli e episodi, a differenza dell'altro, più tardo ro- manzo dell'autore, Therese (1928), che dà l'impressione di una cascata d'informazioni tenute insieme dal filo della biografia. In Italia è stata tradot- ta due volte, la prima nel 1933 dall'e- ditore Corbaccio (a cura di Liliana Scalerò) e la seconda nel 1981 da Mondadori (nella "Nuova Medusa", a cura di Marina Bistolfi). La vicenda è presto raccontata. Georg Wergenthin, giovane aristo- cratico che si diletta di musica (come lo definisce ironicamente qualcuno), dopo la morte del padre rientra nella società viennese e frequenta circoli tra borghesi e bohème formati essen- zialmente da ebrei, in cui svolazza, ambito per la sua soavità, la sua intel- ligenza e la sua nobiltà, tra una bellez- za e l'altra. Tra tante, è però una tran- quilla bellezza cristiana, Anna Ros- ner, che lo attira e lo spinge ad avere un rapporto serio. Ma Anna è di fami- glia piccolo-borghese e dà lezioni di canto: parecchi amici di Georg non si aspettano che egli la sposi. Quando resta incinta, l'amante dopo un viag- gio in Italia la sistema in una villa dove attenderà il bambino, che però nasce morto. Nel frattempo il giovane compositore, che ha scritto poche co- se e progetta platonicamente un'ope- ra di cui l'amico Heinrich Bermann dovrebbe scrivere il libretto, ottiene il posto di direttore d'orchestra in un teatro tedesco di provincia. Questo da una parte appare come un incitamen- to a "sistemarsi" anche sul piano sen- timentale, ma dall'altra lo allontana dalla donna, che a un certo momento viene silenziosamente sacrificata, per- ché Georg ha ripreso la via della li- bertà. Non c'è dubbio che Wergenthin sia l'"eroe" del romanzo, l'unico per- sonaggio che resta sempre in scena e in cui si situa 0 punto di vista dello scrittore, che fa molto uso del discor- so indiretto libero per riportare i suoi pensieri e spesso riporta anche i suoi sogni, mentre gli altri personaggi ven- gono visti e interpretati da lui. Del resto il libro comincia con il suo nome e con la morte del padre, che notoria- mente secondo Freud è l'evento più importante nella vita d'un uomo, e finisce con il rifiuto del matrimonio dopo la morte del neonato, cioè con la scarsa volontà o l'impossibilità di assumere a propria volta il ruolo pa- terno. Questa storia potrebbe essere approfondita psicologicamente in un tipico racconto schnitzleriano, invece qui è il centro di un romanzo che in- veste tutta una società ed è fondato sulla conversazione. Intorno al diafa- no Wergenthin, che sembra uscito da un album liberty, si muove un nugolo di personaggi che si realizzano, da buoni viennesi, nei rapporti sociali: nei salotti, al caffè, a teatro, in carroz- za, nei quattro passi verso casa, nei viaggi. Sempre disponibili — i figli perché poco occupati in quanto figli di papà, i padri perché vecchi per lo più saggi e affabili, le donne perché non lavorano per definizione salvo eccezioni come Anna — questi perso- naggi realizzano l'ideale dello scritto- re di romanzi: non possono non in- contrarsi perché formano un ambien- te chiuso e si riconoscono tra mille. E la Vienna di Schnitzler e di Roth, ere- prigione si concede un'avventura con un ufficiale. Soprattutto Schnitzler af- fronta direttamente (per la prima e per l'ultima volta nella sua opera) la situazione degli ebrei in una città in cui costituivano una parte importante della popolazione, sia quantitativa- mente (10%) che qualitativamente, e in cui erano vivi sia l'antisemitismo della sorte di Anna temendo di veder- la diventare "una vittima", come ef- fettivamente sarà. Qui non viviamo in una situazione di estrema facilità erotica come in Gi- rotondo e neanche in quella di uno schiacciante dominio delle conven- zioni propria di tanti racconti di Sch- nitzler (Il sottotenente Gusti, La signo- <0 Anatol, a cura di P. Chiarini, Einaudi, Torino 1986 Beate e suo figlio, trad. di M. Olivetti, Adelphi, Milano 1986 (19873) Commedia delle parole, a cura di G. Farese, Se Studio Editoriale, Milano 1986 Commedie dell'estraneità e della seduzione, trad. di E. Bernardi e R. Menin, introd. di E. Bernardi e R. Urbach, Ubulibri, Milano 1985 La contessina Mizzi — Al pappagallo verde, trad. e introd. di C. Magris, Mondadori, Mila- no 1979 Doppio sogno, a cura di G. Farese, Adelphi, Milano 1977 (198810) Il dottor Gràsler medico termale, a cura di G. Farese, Mondadori, Milano 1985 La fuga nelle tenebre, a cura di G. Farese, Adel- phi, Milano 1981 (19865) Gioco all'alba, trad. di E. Castellani, Adelphi, Milano 1983 (19874) Girotondo, a cura di P. Chiarini, Einaudi, To- rino 1983 Morire, trad. di G. Farese, Se Studio Editoria- le, Milano 1987 I morti tacciono, a cura di G. Farese, Monda- dori, Milano 1982 Novelle (2 voli.), trad. di G. Farese, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1986 II ritomo di Casanova, a cura di G. Farese, Adelphi, Milano 1975 (19887) Il ritomo di Casanova, trad. e nota di G. Fare- se, Bompiani, Milano 1982 La Signora Berta Garlan, trad. di L. Magliano, introd. di I.A. Chiusano, Rizzoli, Milano 1986 La signorina Elsa, a cura di A. Baldini, trad. di M. Benzi, Dall'Oglio, Milano 1985 Signorina Else, a cura di E. Groppali, Se Studio Editoriale, Milano 1987 La signorina Else, trad. di R. Colorni, Adelphi, Milano 1988 Le sorelle ovvero Casanova a Spa, trad. C. Ma- gris, Einaudi, Torino 1988 Il sottotenente Gusti, trad. e introd. di G. Fare- se, testo ted. a fronte, Rizzoli, Milano 1984 Therese, trad. di A.A. Bradascio, introd. di G. Farese, Mondadori, Milano 1987 Verso la libertà, trad. di M. Bistolfi, postfaz. di G. Zampa, Mondadori, Milano 1981 r}^ a. r / 'V / \ \V P m si- de della Parigi dell'Educazione senti- mentale. Qui il caso sfuma nella ne- cessità: se due non s'incontrano per strada, s'incontrerebbero un'ora do- po in un salotto. Musil romperà con questa tradizione nel famoso primo capitolo dell'Uomo senza qualità. Siccome questi personaggi parlano continuamente, si affrontano qui tutti i grandi problemi politici e ideologici che altrimenti incidono solo di rifles- so sull'opera di Schnitzler. È quello che irritava profondamente Hof- mannsthal, che almeno a quell'epoca predicava un'arte separata dalla vita. Qui invece ci sono personaggi che ap- poggiano e incarnano il partito socia- lista e il cristiano-sociale, l'antisemiti- smo, gli ebrei assimilazionisti e quelli sionisti e anche quelli antisemiti, l'e- mancipazione della donna e chi più ne ha più ne metta. Un personaggio come Therese Golowski rappresenta varie cose insieme: è un'agitatrice e deputata socialista, è ostile al sioni- smo del fratello, crede che il sociali- smo porterà automaticamente alla li- berazione della donna, ma uscita di che le divisioni interne del gruppo ebraico. Wergenthin non può che vi- vere tra gli ebrei perché è un intellet- tuale, e solo attraverso di loro ha rap- porti con una piccola borghesia cri- stiana che altrimenti eviterebbe. "Quella l'ho invitata per lei", gli sus- surra all'orecchio, indicando Anna, la ricca signora Ehrenberg. Georg la co- nosce già, ma questo incontro è deci- sivo, e del resto in questo ambiente dai contorni sentimentali fluttuanti tutti si trovano consapevolmente o in- consapevolmente a promuovere o ac- celerare "cristallizzazioni" perché in realtà la signora Ehrenberg dovrebbe favorire il matrimonio di Georg con sua figlia Else, che ne è molto inna- morata. Mire matrimoniali e avventu- re hanno anch'esse confini incerti, poiché gran parte dei personaggi vive la doppia vita del borghese e dell'in- tellettuale e i pregiudizi sociali costi- tuiscono una potente barriera anche per chi non ne ha, come ricorda gen- tilmente il vecchio dottor Stauder a Georg che lo accusa di non aver supe- rato i pregiudizi quando si preoccupa u rina Else, Gioco all'alba ecc.), ma si oscilla tra l'una e l'altra. Non c'è una sola ragazza, si può dire, su cui Wer- genthin non faccia un pensierino, pe- rò su tutte grava una certa aura di rispettabilità o per lo meno di autono- mia che lo frena o lo autorizza magari a un solo bacio, come con Therese Golowski: bacio dato peraltro in un attimo di assenza di Anna e dell'a- mante di Therese, e questo attimo è "riempito più del doloroso piacere della menzogna che di ogni altro". Il "doloroso piacere" è alla base di tutti i rapporti e la capacità di non distin- guerlo dal sentimento autentico per- mette a Georg di protrarre tanto a lungo il rapporto con Anna senza che ne risenta il suo desiderio di libertà. Raramente come in questo libro si di- spiega il gusto viennese della finzio- ne, su cui sono stati sparsi tanti in- chiostri. Quando Georg cerca una ca- sa per far partorire Anna in segreto, lo accompagna l'amico Niirnberger, un ebreo particolarmente acuto che spes- so scruta prima di lui stesso le sue riposte intenzioni, ed entrambi si at- tengono alla finzione "che Georg cer- casse casa per una famiglia di amici, che Niirnberger ci credesse e che Georg credesse che Niirnberger ci credeva". Passeggiando in cerca della casa, Niirnberger racconta la storia di sua sorella, vissuta sempre nella fin- zione, in particolare in quella di esse- re una bravissima attrice, che solo po- co prima di morire si accorge di que- sto e viene colta da una struggente nostalgia della vita reale che non ave- va mai conosciuto. Tutti vivono nel "doloroso piacere della menzogna", ma secondo Heinrich Bermann (un dialogo tra lui e Georg suggella la fine del romanzo) Wergenthin crede di avere dei complessi di colpa che in realtà non ha e che gli sono stati istil- lati dai suoi amici, che forse per la loro origine ebraica di tale complesso soffrono. "Tutta l'idea da lei espressa — dice Heinrich — non le si addice. Non proviene dalla sua anima. Certa- mente no. Non le sarebbe mai venuto in mente in vita sua qualche cosa di simile, se non frequentasse un tipo come me e se talvolta lei non avesse l'abitudine di pensare non i suoi pen- sieri, ma quelli di persone più forti., o anche più deboli di lei". Ma Schnitzler da che parte sta? L'e- breo, il moralista è lui. A differenza di Karl Kraus (che qui appare fuggevol- mente sotto il nome di Rapp, come altri intellettuali che non saranno cer- to stati soddisfatti di ritrovarsi in que- ste pagine), il cui tipo di moralismo impone la rottura totale con la società che disapprovava, Schnitzler non la rinnega, sa di farne parte e di soffrire della stessa malattia (come mostrano ampiamente i diari). Heinrich, del re- sto, alla fine del dialogo ammette che il complesso di colpa anche in lui è relativo, che è uno strato che sta al di sotto del senso di incolpevolezza e che ne ha sotto un altro, e così di seguito, e tutti questi stati si possono percorrere come scendendo da un piano all'altro. Resta il fatto, consta- tato da Heinrich, che tale processo in Georg è molto più semplice e rapido, e per questo Schnitzler ha scelto lui, il giovane aristocratico, per osservare gli altri che più di lui si tormentano. E lo tratta con simpatia e con qualche invidia simile a quella dei suoi amici ebrei. La libertà che cerca Georg è soltanto disponibilità e finzione meno dolorosa, ma non risulta che Schnitz- ler ne ritenesse possibile un'altra e i suoi personaggi che vogliono una di- versa società e una diversa morale, co- me Therese Golowski, hanno la coda di paglia. Era una società troppo gra- devole in cui non si poteva gridare "A Mosca! A Mosca!" come nei drammi di Cechov, perché si era già in una capitale della belle époque. Per uscire dai suoi orizzonti occorreva lo slancio utopico-religioso di un Kraus. Ma ora che tutti i lumi sono spenti e che la morale, rammodernata da Alberoni e Veca, diventerà presto un gioco di so- cietà reperibile nei negozi di giocatto- li (come Innamoramento e amore del primo autore) si può contemplare con indulgenza non priva di commozione questo quadro eccezionalmente sin- cero e completo di un mondo che al- meno sprofondava nell'immoralità rendendosene conto.