N. 6 pag. 10 [ Libri di Testo Contromossa del lettore di Guido Armellini Stanley Fish, C'è utt testo in que- sta classe? Einaudi, Torino 1987, ed. orig. 1980, trad. dall'inglese di Mario Barenghi, Franco Brio- schi, Costanzo Di Girolamo e Ste- fano Manferlotti, pp. XXII -228, Lit. 14.000. wolfgang Iser, L'atto della let- tura. Una teoria della risposta este- tica, Il Mulino, Bologna 1987, ed. orig. 1978, trad. dall'inglese di Rofolfo Granatei, pp. 330, Lit. 34.000. Hans Robert Jauss, Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria, I, Teoria e storia dell'esperienza estetica, Il Mulino, Bologna 1987, ed. orig. 1982, trad. dal tedesco di Bruno Argenton, pp. 410, Lit. 40.000. Hans Robert Jauss, Estetica della ricezione, Guida, Napoli 1988, ed. orig. 1978-1986, trad. dal te- desco di Antonello Giuliano, pp. 148, Lit. 20.000. Concludendo un recente convegno sull'insegnamento della letteratura, Alberto Asor Rosa notava che l'in- contro tra professori universitari e do- centi della scuola rischia di apparire come un dialogo tra paranoici e schi- zofrenici: gli universitari intenti ad af- fabulare di teorie e di metodi remoti dalla realtà quotidiana; gli insegnanti scissi tra la seduzione di tanta dottrina e la prosaicità della routine scolastica. Per eliminare — o quanto meno ri- durre — questa frustrante patologia relazionale, occorrerebbe forse modi- ficare il quadro concettuale in cui si collocano simili incontri, concepiti fi- no a oggi in termini gerarchici e uni- direzionali; e riconoscere, per esem- pio, che esiste — o potrebbe esistere, se fosse incoraggiato — un sapere di- dattico con finalità, metodi, risorse conoscitive proprie, che può misurar- si alla pari col sapere specialistico, ri- definendolo e facendosi ridefinire da esso, con vantaggio di entrambi. L'ag- giornamento, per gli insegnanti, non consisterebbe allora nel farsi passiva- mente "mettere a giorno" sugli ultimi (o penultimi) orientamenti della ricer- ca teorica, per applicarli poi, opportu- namente semplificati, alla pratica sco- lastica; ma nel sottoporre la ricerca teorica al vaglio della didattica, trasce- gliendone gli aspetti più validi dal punto di vista pedagogico e formati- vo, individuandone le lacune, offren- dole interrogativi, acquisizioni, campi di indagine specifici e nuovi. Può tornare utile in questa pro- spettiva una riflessione su alcuni libri da poco usciti in edizione italiana che, dal versante dell'estetica della ricezio- ne della "scuola di Costanza" e da quello della critica americana centra- ta sul lettore, hanno suscitato un inte- ressante dibattito nell'ambito delle te- orie letterarie. Qui ce ne occuperemo esclusivamente sotto il profilo peda- gogico-didattico: che cosa ci può tro- vare un insegnante di utile per il suo lavoro? e viceversa: quale luce può fare l'esperienza didattica sui proble- mi teorici messi sul tappeto? Un punto comune tra la proposta di Jauss e Iser e quella di Stanley Fish è costituito dalla messa in discussione (legata alla generale ondata ermeneu- tica che ha investito nell'ultimo de- cennio svariati campi del sapere) della pretesa posizione neutrale dell'osser- vatore: non è possibile conoscere il testo "così com'è", nell'immanenza dei suoi nessi e rapporti interni, né è possibile definirne il carattere lettera- rio a partire da peculiarità oggettiva- mente riscontrabili nella sua confor- mazione linguistica; il significato di un'opera letteraria non è una "cosa" che si possa descrivere dall'esterno ma un "effetto" o un "evento" da spe- crea una mappa del mondo più dutti- le e malleabile. Sono finalità di evi- dente rilievo formativo, che rispon- dono al più inquietante dei problemi posti dalla pratica didattica: a che ser- ve studiare letteratura? (Domanda al- la quale le proposte di sintesi storio- grafica, le minuziose ricognizioni te- stuali, le decodifiche struttural-semio- sperienza che gli studenti già fanno spontaneamente nei loro consumi estetici extrascolastici; e si delinea chiaramente la necessità che anche il dialogo col patrimonio letterario uffi- ciale si sviluppi in base a scelte conte- nutistiche e metodologiche commisu- rate agli orizzonti d'attesa e ai criteri assiologici del lettore comune di oggi, Ma tu sei copernicano? di Lidia De Federicis Giovanna Astaldi, Maria Carmela Barbie- ro, Nemici per la pelle, Giunti Marzocco, Fi- renze 1987, pp. 150, Lit. 8500. Non c'è, nella scuola media, una materia spe- cifica che tragga la sua impostazione dalla psico- logia o dall'antropologia; e neppure ce n'è una che abbia come obiettivo primario e istituzionale l'educazione alla tolleranza. Perciò Astaldi e Bar- biero, psicologhe e, con particolari interessi nel campo dell'età evolutiva e della ricerca didattica, avendo scritto un libretto anomalo, lo presentano in una collana di narrativa; e l'editore, in coperti- na, suggerisce di utilizzarlo per un'alternativa lai- ca all'insegnamento di religione. L'argomento è il pregiudizio (razziale ed etnico, anzitutto), di cui in quindici capitoli vengono analizzati i meccani- smi psicologici e i fondamenti storici, ed esempli- ficate le disastrose conseguenze. In ciascun capito- lo il discorso espositivo delle autrici si alterna alla proposta di materiali disparati: barzellette, proverbi, fatti storici e di cronaca, favole di Fe- dro e brevi testi saggistici (di Margaret Mead o di Lévi-Strauss). Il libro dunque è predisposto per consentire scelte e percorsi vari. Uno è, per esem- pio, di carattere informativo, su episodi celebri del passato, su grandi eventi e situazioni attuali di intolleranza, di vecchio e nuovo tipo. Un altro può riguardare invece l'uso della lingua. Termini e categorie concettuali (da narcisismo a raziona- lizzazione) entrati alla buona nel linguaggio quo- tidiano sono restituiti alla loro esatta natura di strumenti interpretativi per fenomeni complessi. Questo a me sembra un risultato forse collaterale all'argomento, ma non secondario. Anzi, mentre nella casistica storica la semplificazione congiun- ta alla proposizione (di valori) produce qualche schematismo, qui — sul loro terreno professiona- le — Astaldi e Barbiero ottengono gli effetti mi- gliori di equilibrio: tra il rigore e la divulgazione, attente a spiegare le ragioni dell'eguaglianza e a far accettare quelle della differenza. Certo, siamo nel cuore della morale laica, in ciò che essa ha di operativo e di meno controverso. Di morale laica — del bisogno di etica nella formazione dei giovani — oggi si discute molto, e Nemici per la pelle è uno dei primi tentativi che io conosca di intervento mirato sulla scuola. E vero che siamo stati in molti a ritenere impossibi- le e inopportuna la formulazione di un catechi- smo laico, e utile invece la disseminazione dei principi educativi nell'intero ventaglio delle ma- terie d'insegnamento, attraverso l'aggiornamento e il miglioramento di contenuti e metodi. E un progetto da non perdere di vista. Ma quanti sono gli insegnanti che riescono da soli a trasformare i propri (eventuali) convincimenti e la propria pe- dagogia in qualcosa di diverso da un sistema di perorazioni e di divieti? Il lavoro di Astaldi e Barbiero fornisce procedure per la comprensione (e, speriamo, per la correzione) dei comporta- menti. C'è, a sostegno, un notevole apparato di attività didattiche. Domande, test, espedienti gra- fici, quasi sempre ben congegnati, guidano la let- tura di capitolo in capitolo. L'intenzione ultima è di passare dal libro al mondo, dalla ricognizione del testo a quella delle persone: "Ed ora rifletti su te stesso e sui rapporti che hai con gli altri. Ti sembra di essere tolemaico o copernicano?" (così recita l'ultima domanda, a cui non è facile per nessuno rispondere con onestà). rimentare, che passa inevitabilmente attraverso le attese, i pre-giudizi, i cri- teri di valore, il patrimonio immagi- nativo dei lettori. Particolarmente rilevante dal pun- to di vista didattico è la rivalutazione delle finalità etiche e socializzanti del- l'esperienza letteraria: non si tratta evidentemente di ritornare a un uso moraleggiante della letteratura, basa- to sulla presunta esemplarità dei con- tenuti e dei modelli di comportamen- to proposti dalle grandi opere, ma di sfruttare a fondo le risorse educative offerte dal particolare tipo di coope- razione che l'esperienza estetica ri- chiede al lettore. Ogni opera lettera- ria — Iser cita Northorp Frye — è come "un picnic, in cui l'autore porta le parole e il lettore il significato": un processo di proiezione e di introiezio- ne in cui il lettore "pensando i pensie- ri dell'autore, lascia alle spalle il se stesso di prima", si disloca nei punti di vista e nelle prospettive del testo, mette in questione le norme di com- portamento stereotipate, amplia la sua "immaginazione simpatetica", si tiche non sono in grado — mi pare — di offrire di per sé una risposta altret- tanto persuasiva). Una prospettiva di questo tipo po- stula un ripensamento di contenuti e di metodi, che peraltro la pratica di- dattica di molti insegnanti ha già av- viato, autonomamente dalla ricerca teorica, in risposta alle concrete esi- genze emergenti dal rapporto con gli studenti. In primo luogo una ridefini- zione del concetto stesso di letteratu- ra: la rivendicazione da parte di Jauss della profonda efficacia modellizzan- te dell'esperienza estetica in ogni sua forma (trasgressiva o conservatrice, esplicitamente ammaestrativa o fina- lizzata all'intrattenimento e aU'"alle- viamento dal mondo") inserisce a pie- no titolo nel processo formativo la "paraletteratura", nei suoi generi scritti e non. L'educazione letteraria in questo modo non si pone come una forzosa sfilata di testi, autori, metodi di analisi desunti da un sapere accade- mico precostituito ma come esplicita- zione e approfondimento delle finali- tà, delle modalità, dei valori di un'e- avvezzo alla fruizione di prodotti multimediali indirizzati a un pubblico di massa. Estremamente interessante da que- sto punto di vista è il tentativo — variamente perseguito dai tre studiosi — di analizzare il processo della let- tura "di primo grado", tipica del letto- re non professionista. Essa è descritta da Iser come "un processo dinamico di autocorrezione" in cui il lettore "formula significati che deve conti- nuamente modificare"; Fish parla di "esperienza del significato", costituita "da tutto ciò che il lettore fa, anche se poi eventualmente lo disfa": qualcosa di molto diverso dalla lettura tipica dello specialista che, come nota anco- ra Iser, è sostanzialmente una "secon- da lettura", in cui la conoscenza del "primo significato" elimina la dialetti- ca tra aspettative, conferme, sorprese e frustrazioni. Poiché il nostro scopo non è di formare specialisti in minia- tura ma buoni lettori, da questo tipo di osservazioni scaturiscono alcune indicazioni metodologiche didattica- mente preziose. Fish propone ad esempio il metodo del "rallentamento della lettura" che (al di là delle virate estemporanee e degli escamotages teorici che si posso- no imputare al critico americano) si dimostra di sicura efficacia nel conte- sto comunicativo della classe, per la possibilità di ancorare la riflessione sulle opere alla risposta cognitiva, eti- ca, esistenziale degli studenti: si tratta di portare alla coscienza ciò che, nei diversi momenti della lettura, le istru- zioni del testo hanno suscitato nella mente del lettore, con un procedi- mento abbastanza "oggettivo" da sot- tolineare il carattere artigianale del testo, e abbastanza "soggettivo" da non mortificare le componenti affetti- ve dell'interpretazione. Un'altra proposta feconda di sug- gerimenti didattici si trova nello stu- dio sull'eroe letterario condotto da Jauss nel primo volume di Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria, in cui sono esaminate le varie forme di identificazione tra lettore e personag- gio: ne scaturisce una tipologia che, opportunamente riformulata e ricon- dotta a una terminologia meno spe- cialistica, si presta ad affrontare un aspetto centrale dell'esperienza este- tica, particolarmente rilevante nel ca- so del pubblico giovanile, portato a plasmare la propria identità indivi- duale e generazionale in rapporto agli eroi dell'immaginario collettivo. La riflessione sugli atteggiamenti ricetti- vi del lettore nei confronti del perso- naggio offre la possibilità di imparare a dare un nome alle emozioni, a discu- terne in modo ragionevole e argo- mentato, sfruttando appieno un carat- tere proprio dei mondi possibili evo- cati dalla letteratura: abbastanza vici- ni da essere coinvolgenti, e abbastan- za lontani da poterne parlare col do- vuto distacco. I limiti di spazio mi impediscono di esemplificare ulteriormente (ma gli spunti didatticamente stimolanti non mancherebbero); mi limiterò quindi a concludere con una considerazione di carattere generale. Secondo le catego- rie proposte da Stanley Fish la classe si può considerare come una "comu- nità interpretativa", la quale a sua vol- ta fa parte di un più ampio sistema di attese, valori, orientamenti, che pro- duce (e viene prodotto da) l'attività letteraria e estetica nelle sue varie for- me: in questo quadro la pratica didat- tica non appare come un'azione mo- nodirezionale del docente nei con- fronti dei discenti ma come una serie di mosse e contromosse, di mutui in- terventi in cui l'uno e gli altri si modi- ficano reciprocamente. La stessa sto- ria letteraria, anziché configurarsi co- me una trasmissione di nozioni, giudi- zi, metodi predeterminati, può essere interpretata come un atto dialogico volto a quel "ringiovanimento del passato" che si produce, secondo Jauss, attraverso il ruolo attivo dei nuovi lettori. Un'attenta e sistematica riflessione su quanto avviene in que- sto vivo contesto comunicativo può fornire, proprio grazie all'apporto del "barbaro" pubblico massmediatico delle generazioni giovanili, un flusso di complesse e sorprendenti informa- zioni sul significato attuale della lette- ratura e sulle sue prospettive future: il che giustifica un atteggiamento non troppo reverenziale nei confronti del sapere specialistico e anche — spero — il carattere tendenzioso, eclettico e asistematico di questa recensione. La rubrica "Libri di Testo" è a cura di Lidia De Federicis