JN. 6 pag. 121 Idei libri del mese I OLSCHKI PERIODICI Archivio Storico Italiano 1842 Trimestrale, dir. da A.D'Addano Lire 51.000 Belfagor Rassegna di varia umanità 1946 Bimestrale, dir. da C.F. Russo Lire 43.000 Francofonia Studi e ricerche sulla lette- ratura di lingua francese 1981 Semestrale, dir. da L. Petroni Lire 36.000 Il Pensiero Politico Rivista di storia delle idee politiche e sociali 1968 Quadrimestrale, dir. da M.Delle Piane, L.Firpo, S.Mastellone, N.Matteucci Lire 51.000 La Bibliofilia Rivista di storia del libro e di bibliografia 1899^ Quadrimestr. dir. da L. Balsamo Lire 63.000 Lares Rivista trimestrale di studi demo-etno- antropologici 1912 Dir. da G.B. Bronzini Lire 51.000 Lettere Italiane 1949 Trimestrale, dir. da V. Branca e G. Getto Lire 51.000 Medioevo e Rinascimento Bollettino del Dipartimento di studi sul Medioevo e il Rinascimento 1986 Annuario, dir. da C. Leonardi Il prezzo varia secondo la mole del volume OLSCHKI - C.p.66 - FIRENZE La Fabbrica del Libro Mercato al centro di Giovanni Peresson Pubblico 1987. Produzione lettera- ria e mercato culturale, a cura di Vittorio Spinazzola, Milano Li- bri, Milano 1987, pp. 244, Lit. 25.000. Non si può certo dire che l'interes- se verso tutto ciò che riguarda l'edito- ria libraria, i suoi rapporti con gli au- Cristina Bensussi, nell'articolo che apre la rivista, Il romanziere giovane anni Ottanta, tenta l'individuazione dei materiali narrativi a disposizione del narratore giovane. Di quel gruppo di scrittori italiani — Palandri, Ton- delli, Tabucchi, Del Giudice, De Car- lo, Pazzi, Busi — hanno compiuto il loro esordio tra il finire degli anni passando magari attraverso la video- music, la pubblicità, il video-clip. Allo stesso modo come "il lettore di romanzi di formazione" — nell'ar- ticolo di Remo Cacciatori I romanzi dei personaggi giovani — trarrebbe "le proprie competenze di genere da un'intertestualità che va al di là del sistema dei testi letterari", in direzio- Lettere fiorentine di Anna Baggiani Alessandra Macinghi Strozzi: Tempo di affetti e di mercanti. Lettere ai figli esuli, Garzanti, Mi- lano 1987, prefaz. di Angela Bianchini, pp. 335, Lit. 28.000. Giovane vedova dell'esule fiorentino Matteo Strozzi, costretta a separarsi dai figli maschi ado- lescenti impiegati nei banchi dei cugini a Napoli e Bruges, per ventitré anni (1447-1470) Alessan- dra scriverà loro lettere e s'adoprerà per fargli revocar l'esilio, per cercargli moglie, per condurre avanti in Firenze le cura della Casa, del parenta- do e della campagna. Non tanto ottocentesco mo- dello di virtù (come per il Guasti, primo curatore dell'edizione critica dell'epistolario nel 1877 qui ripresa, sfrondata e affidata all'esauriente e pun- tuale prefazione della Bianchini), quanto piutto- sto esemplare incarnazione dell'ideale femminile proposto dai Libri della Famiglia dell'Alberti. Concretezza e realismo si mescolano in lei, come in altri mercanti dell'epoca, a una viva e "popola- resca" religiosità, ch'è, allora, anche "borghese" come "borghesi" sono le sue preoccupazioni d'agir bene e prudentemente se è il caso, di "far masseri- zia", di ben trattare la "mercatanzia" del matri- monio, di provvedere degnamente col Monte alle doti delle figlie e alle vesti e gioie che occorrano, d'evader appena possibile le pesanti gravezze fi- scali, d'evitare la speculazione in borsa che, per lei, è ancora peccato (punto dolente delle specula- zioni storiche sulla "modernità" del mercante, per alcuni, in questo, ancora partecipe della men- talità medievale); di ricever con dignità parenti e amici dei figli. E se con naturalezza lamenta i malfatti d'una schiava, se teme per la "pesta" quando non tocchi "gente di bassa mano" e se del suo troppo vecchio contadino dice "che Iddio lo chiami a sè, se il meglio debb'essere", anche in questo è donna del suo tempo. Si tratta della Firenze dei Medici, agitata da liti e contrasti, dove i giochi di potere (e la censura) costringono Alessandra per anni all'uso di un cifrario a nomi- nar persone e fatti e a riferire quel che si dice in città ai figli lontani; una città ch'è pur sempre il centro del mondo se si trovano solamente "mara- me", cioè fanciulle di poco conto disposte a mari- tarsi fuori, e se gli esuli fan di tutto per tornarvi. Un vivo quadro della vita mercantile fiorentina in cui pubblico e privato giocoforza s'intrecciano, e nella vita quotidiana l'esprimersi di una menta- lità cui ci lega ancor oggi un filo diretto, sia che l'Alessandra ammonisca i figli (per Matteo "che tu gli faccia vezzi, e faccia istia netto e pulito"), sia che ricorra a modi proverbiali o descriva ca- ratteri e personaggi (il tale che "va cercando noia e tien l'animo coi denti"; "ha il mele in bocca e rasoio a cintola"). Ma ancor più quando in lei emerga una sensibilità tutta femminile, come nel- la bellissima lettera sulla morte del prediletto figlio Matteo, e, altrove, ancora per il figlio "sono in fantasia aspettando Lorenzo". Perché varrebbe la pena di leggerle, queste lettere, solo per la lingua, così sciolta e schietta e aderente al parlato e piena di spirito e arguzia, ancorché l'Alessandra si schermisca col "non guatare al mio bello scrive- re" o "pazienza a leggere che nel mio dire sono lunga". tori o il pubblico dei lettori, possa contare in Italia su molti punti di rife- rimento; tutt'altro. Solo che da oggi, uno di questi interlocutori, "Pubbli- co" appunto, un po' libro un po' rivi- sta-annuario sulla "produzione lette- raria e mercato editoriale" come reci- ta il sottotitolo, dopo dieci anni di vita e il passaggio nell'80 dal Saggia- tore alla Milano Libri, con il numero in libreria interrompe le pubblicazio- ni. Impossibile dar conto qui di tutti gli interventi contenuti in quest'ulti- mo numero, alcuni dei quali di note- vole rilevanza critica (quello di Clau- dio Milanini, Il disagio di Calvino ) e teorica (Vittorio Spinazzola, La valo- rizzazione letteraria): occasione piut- tosto da prendere a pretesto per ten- tare un primo bilancio su uno degli aspetti che ha meglio caratterizzato in questi anni la storia della rivista. Il tentativo di confrontarsi in modo pro- grammatico, a partire da una indagine sui testi e sulla figura dell'autore, con il mercato editoriale e la produzione letteraria. Settanta e le soglie del decennio suc- cessivo, senza poter "più ricorrere ai topoi letterari che ancora fermentano nella generazione non più giovanissi- ma" dei loro immediati predecessori; e trovandosi a vivere, a differenza di questi, "esperienze non ancora filtrate attraverso il vaglio della letterarietà". La narrazione capace "di coinvol- gere un pubblico sensibile ai proble- mi dell'oggi — continua Cristina Be- nussi — viaggia sulle onde sonore, o si struttura attraverso una lettura in successione delle varie scene in cui è composto il fumetto. La sintesi tra queste due dimensioni percettive è naturalmente offerta dal cinema". Questi finiscono per essere "i materia- li a disposizione del narratore che vo- glia misurarsi con il romanzo" (p. 16), con una narrazione, una struttura fa- bulatoria capace di coinvolgere un lettore "sensibile ai problemi dell'og- gi". Un lettore a cui parlerebbero, e in modo più diretto, materiali prove- nienti da un orizzonte più ampio ri- spetto a quello letterariamente inteso: dal fumetto, alla musica, al cinema ne piuttosto dell'offerta e del consu- mo cinematografico. Tuttavia se film come Rusty il selvaggio, Flashdance, Karaté Kid, La storia infinita, Guerre stellari, considerati da Cacciatori co- me esempi di Bildungsfilm — sorta di romanzi, questa volta cinematografi- ci, di formazione — sono costruiti "sull'idea di un lettore (spettatore) implicito adolescente", non altrettan- to avviene con il "Bildungsroman contemporaneo". Qui " il pubblico è previsto adulto e con esso il lettore implicito del testo" (p. 35). Insomma il romanzo di formazione italiano "spiega i fenomeni giovanili" perché rivolto a un pubblico che gio- vane non è o non lo è più, lasciando alla produzione cinematografica, al si- stema dello star-system discografico in una sorta di divisione multimediale e internazionale della produzione e del mercato, il compito di coprire, probabilmente meglio che con l'uso della parola scritta, un bisogno narra- tivo, fabulatorio, di divertire, stupire, commuovere, sbalordire presente in generazioni che si accostano al libro, al romanzo (ma probabilmente a que- sto genere di romanzi) solo occasio- nalmente. Ad altri generi, ad altre linee d'of- ferta dell'industria editoriale, rivolgo- no la loro attenzione Fabio Gambaro (I viaggi di carta), Giulio Carnazzi (Lo scaffale di Quelli della notte), Ranieri Carano (Un po' di Crepax). In ogni caso, al lettore, al pubblico degli ac- quirenti vuoi di diari di viaggio alla Harold Messner, vuoi di libri legati a trasmissioni televisive di successo, piuttosto che di fumetti, viene sempre più spesso richiesta una sorta di inter- testualità che va ben oltre non solo il sistema dei testi letterari ma la stessa pagina scritta. Dei libri di viaggi di cui si occupa Fabio Gambaro — i libri di Messner (1980), Fogar (1975), Pellegrini (1980) o Bonatti (1984), ma anche i libri di viaggio di Moravia (A quale tribù appartieni, 1972, Lettere dal Sa- hara, 1981) — interessa qui piuttosto il discorso sulla produzione più di- chiaratamente avventurosa, anch'es- sa, tra l'altro, riconducibile sul piano della diffusione come su quello della lettura e del consumo con la sua nor- mativa d'uso, l'esigenza di una precisa enciclopedia di riferimento, a una in- tertestualità programmaticamente ri- chiesta nel lettore (da parte dell'auto- re) come nel mercato (da parte dell'e- ditore). Libri — quelli presi in esame da Gambaro — in cui l'autore precede attraverso l'espediente della dramma- tizzazione dell'andamento del viag- gio, proponendo al lettore veri e pro- pri "racconti in presa diretta", sot- traendosi "attraverso un forte pathos narrativo" (p. 75) all'indole scientifica delle relazioni di viaggio. Una produ- zione libraria, certamente non consi- stente sul piano dell'offerta editoria- le, che in modi sostanzialmente analo- ghi a quelli di mensili come Jonathan o Avventura, trasmissioni televisive, rally africani o transamazzonici (dalla Parigi-Dakar al Carnei Tropht), pro- pone "una concezione di viaggio tutta incentrata sul carattere straordinario e irripetibile dell'impresa, sulla prova di forza e di resistenza che impegna gli eroici viaggiatori in percorsi sem- pre più difficili, alla ricerca di zone inaccessibili e pericolose (p. 72). L'attenzione all'immagine che dei propri lettori l'autore ha costruito al- l'interno dell'opera, rappresenta uno, e certamente il maggiore, dei centri d'interesse della rivista come è possi- bile vedere dagli esempi che si posso- no ricavare anche da quest'ultimo nu- mero di "Pubblico". Un lettore che con gli anni ha acquisito competenze testuali certo più sofisticate, ma in ogni caso competenze che riguardano ormai sempre più l'intero universo della comunicazione audiovisiva. Un lettore investito da una comu- nicazione multimediale — il caso dei libri di viaggio è da questo punto di vista emblematico — il quale si trova a dover costruire le proprie compe- tenze testuali, la propria enciclopedia di riferimento, attraverso quei mate- riali posti in circolazione dall'insieme degli apparati editoriali e che in mo- do sempre più consistente attorniano il "testo" letterario e non. "Testo" che rappresenta l'oggetto centrale d'at- tenzione negli interventi di "Pubbli- co", finendo per trascurare il versante intertestuale delle sinergie di prodot- to e di mercato. L'interesse rivolto a formati edito- riali, a proposte dichiaratamente di consumo (sia pure nei loro aspetti "te- stuali"), rappresenta uno dei fili con- duttori della rivista fin dal suo primo apparire. Si potrà forse discutere che questo interesse ha riguardato, per dir così, sempre il versante alto, sofistica- to, già di "qualità" di quell'insieme della produzione editoriale che trop- po spesso, e ancora negli armi '70, veniva guardata con sospetto, relega- ta com'era nel ghetto paraletterario: i fumetti di Crepax, Linus, Tex (ma D