N 5 riNDICF - iv ■■dei libri delmeseBì Musica Rubens Tedeschi, D'Annunzio e la musica, La Nuova Italia, Firenze 1988, pp. 229, Lit. 20.000. Credo non rientri tra le ambizioni del saggio quella di disegnare, attraverso la musica, una nuova immagine di D'Annunzio, o di sviluppare, in quella prospettiva, inedite interpretazioni. Il libro di Tedeschi ci offre, piuttosto, importanti conferme, evidenziando, in relazione all'arte dei suoni, quella "costante mistificazione autobiografica diretta a trasformare il quotidiano in sublime". D'Annunzio, che si proclama "allevato sulle ginocchia della musica", maestro di polifonia, esperto nell'intrecciare voci nel contrappunto fiammingo, non fa che occultare sapientemente il netto divario tra l'aspirazione al magistero e il suo effettivo possesso. L'autore segue soprattutto la linea delle composizioni musicali su testi dannunziani. Eb- Teatro Arthur Schnitzler, Le sorelle ovvero Casanova a Spa, Einaudi, Torino 1988, ed. orig. 1919, trad. dal tedesco e nota di Claudio Magris, pp. 118, Lit. 9.000. C'è tutta la malinconia delle cose che finiscono, dei sentimenti al capolinea, in questa storia di inganni, di bene, il grande nemico del naturalismo ottocentesco rivela, anche nella scelta dei compositori, un certo grado di confusione artistica, se, accanto agli incontri con Pizzetti e Debussy, figurano quelli con Mascagni e Zan-donai. La riforma antiverista si arena in quell'equivoco, che è di D'Annunzio come dei suoi nipoti, di un'arte — secondo la definizione dell'autore — "troppo ricca di tradizioni per muoversi agilmente sul terreno accidentato del nostro secolo". Piero Cresto Dina Gino Stefani, Musica Barocca. Angeli e Sirene, Bompiani, Milano 1988, pp. 261, Lit. 30.000. Libro anomalo. Il tema è quello, non anomalo e anzi già notevolmente frequentato, dei rapporti tra musica e religiosità nell'età barocca: un felice matrimonio di interesse in cui la prima trovava legittimazione nella seconda e la seconda lustro nella pri- equivoci e intrighi. Storia di amori e d'amarezza, naturalmente, trattandosi del cavaliere veneziano, trentaduenne, non più giovane, non ancora vecchio, sempre grande interprete di se stesso, ma già in declino — ai propri occhi più che a quelli del mondo. Una storia di nostalgie e seduzioni, naturalmente, trattandosi di Arthur Schnitzler (1862-1931), uno dei grandi autori della finis Austriae, colui nei confronti del quale Freud nutriva una specie di timore del sosia. Com- ma. Anomala è la metodologia d'approccio: che ha poco a che vedere con la musicologia e qualcosa con la semiologia, la sociologia, la nuova storiografia, l'ermeneutica. Il suo primo tratto caratteristico è di palese evidenza: Stefani riporta in nota tutte le sue fonti, citando integralmente i testi su cui fa perno la sua riflessione. Risultato: nel libro ci sono più note che testo: e nelle note si snoda un diario a mille voci dell'età barocca, quasi il verbale di un grandioso e collettivo processo. Come una sorta di vaporizzazione di questo generale vociare, scorre, sulle note, il testo vero e proprio di Stefani che impegna gran parte della sua fatica a ricucire prassi e ideologia barocche, trasformano in idee ciò che nasce come "fatto": ovvero consuetudine sociale, linguistica, architettonica, musicale, liturgica. Gli esiti appaiono ambigui: l'ovvio e l'impensato si alternano a un ritmo che finisce per smarrire il lettore: il quale, c'è da supporre, farà fatica a capire se ha in mano un libro inutile o geniale. O tutti e due. Alessandro Baricco posta subito dopo il fascinoso e più complesso racconto II ritorno di Casanova, Le sorelle trasforma gli espedienti di un manipolo di avventurieri e giocatori in ragioni di vita, in trucchi per continuare ad esistere fra libertà e matrimonio, possibile fedeltà e inevitabili tradimenti. Il libro conserva il fascino dei carillons settecenteschi e dell'animo schnitzleriano ed è di piacevole lettura, grazie anche alla traduzione di Claudio Magris predisposta in prosa — l'originale è Cinema Vittorio De Sica, Lettere dal set, a cura di Emi De Sica e Giancarlo Governi, SugarCo, Milano 1987, pp. 284, Lit. 25.000. Queste lettere o, meglio ancora, questi diari di lavorazione, De Sica li ha scritti pensando alla figlia Emi, per renderla partecipe del suo lavoro, delle sue emozioni, dei suoi problemi. "Io non ho scritto questi diari — specificò De Sica a chi, in America, premeva per una loro pubblicazione — per una vanità letteraria che non ho e, dato che non mi reputo uno scrittore, non vorrei pubblicarli. Ma mi diverte che il pubblico conosca tutti i retroscena della lavorazione di un film e fargli capire quanto sia faticoso metterne su uno". Ecco dunque l'opportunità di conoscere meglio e il De Sica-regista e il De Sica-uomo, con il suo inconfondibile umorismo che affiora in ogni situazione o personaggio descritto che va dal 1960 al in versi — per la recente messa in scena del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. Sulla pagina la storia non perde il suo nitore, la sua leggerezza. Anzi, è più viva, più struggente. Gian Luca Favetto AA.W., Le forze in campo. Per una nuova radiografìa del teatro, Atti del Convegno (Modena, 1986) a cura di Antonio Attisani, Mucchi, Modena 1987, pp. 256, s.i.p. Il volume raccoglie i pensieri — così, elegantemente, registra la premessa firmata dal Centro Teatrale San Geminiano — nari attorno a "Le forze in campo", un incontro espressamente concepito per porre a confronto le diverse esperienze e i differenti punti di vista sul teatro che cambia, su quel nuovo teatro che si trasforma di continuo e ora si accredita come teatro d'arte. Uscito sul finire dello scorso anno, il libro appare piuttosto significativo. Contiene una riflessione collettiva sul presente e sul futuro teatrale che ci tocca affrontare, costituisce una sorta di ripensamento e di ridefinizione dei concetti in uso per decifrare le inclinazioni, le manie, le costanti e le possibilità della scena nostrana (di quella meno tradizionale, s'intende, meno conformistica). È, insieme, un catalogo storico e una dichiarazione di intenti, tra 1969 e si soffermano in particolare sui momenti della realizzazione di quattro film: La ciociara, Ieri, oggi e domani, Matrimonio all'italiana e 1 girasoli. Una lunga e puntuale introduzione di Gianfranco Governi ricostruisce le tappe della carriera di De Sica, dai faticosi esordi al ruolo fondamentale giocato dal padre, dai rapporti con Mattoli e Zavattini al personalissimo e ricco metodo di lavorazione con gli attori ("Faccio recitare anche i sassi" era il suo motto), dagli onori e successi universalmente riconosciuti all'ultimo periodo prima della morte. Dario Tornasi Cinema segnalazioni Riccardo Esposito, Il cinema dei licantropi, Fanucci, Roma 1987, pp. 283, Lit. 22.000. Flavio De Bernardina, Nanni Moretti, La Nuova Italia, Firenze 1987, pp. 95, Lit. 6.800. progettualità, utopie e sopravvivenza. Raccoglie relazioni e interventi di critici e studiosi, nonché di uomini di scena, registi più che attori (a rappresentare questi ultimi si eleva soltanto la voce cavernosa ma limpida di Leo De Berardinis). E un buono strumento per chi voglia avvicinare e studiare nei suoi aspetti teorici e pratici il teatro di ricerca. Gian Luca Favetto Teatro segnalazioni Luigi Squarzina, Teatro (Tre quarti di luna, Emmeti, I cinque sensi), Costa & Nolan, Genova 1988, introd. di Eugenio Buonaccorsi, pp. 222, Lit. 25.000. Stefano Bajma Griga, La crisi dell'American Dream. Per una rilettura del teatro borghese di Eugene O'Neill, Tirrenia Stampatori, Torino 1987, pp. 160, Lit. 11.000. Angelo Longoni, Naja, Mondadori, Milano 1988, prefaz. di Sergio Zavoli, pp. 102, Lit. 7.000. Sono usciti il V e VI volume della sezione LE BIOGRAFIE del DIZIONARIO ENCICLOPEDICO UNIVERSALE DELLA MUSICA E DEI MUSICISTI diretto da Alberto Basso con la collaborazione di oltre trecento specialisti italiani e stranieri La più aggiornata e completa enciclopedia della musica un contributo fondamentale al sapere musicale Dodici volumi in —4° grande di complessive pagine 10.000 circa Sezione prima: IL LESSICO. Quattro volumi Sezione seconda: LE BIOGRAFIE. Otto volumi '::::rTTT. ."fR::::: UTET EDI TORI DAI 1791 Federico Fellini Block-notes di un regista Longanesi, Milano 1988, pp. 192, Lit. 20.000 Block-notes di un regista è il titolo di un film-autoritratto realizzato da Fellini nel 1969. Nei sessanta minuti del film il regista mette in scena il suo mondo poetico, i suoi personaggi, i suoi progetti mancati e futuri. Proprio come avviene in questo libro che si articola in diversi capitoli attraverso i quali Fellini ci parla della sua vita, ovvero del suo cinema. Si parte con il racconto di un progetto mancato, di un film mai realizzato: Viaggio a Tulun. Nel 1985 il regista si recò in Messico col progetto, ancora vago, di un film ispirato ad alcuni scritti di Castaneda. Al ritorno non se ne fece nulla dato che il film, come spiega Fellini "continuò a non precisarsi nel suo sentimento, e rimase una suggestione insoluta dalla quale mi sarebbe stato difficile affrancarlo". Ne è scaturi- to però una sorta di resoconto permeato da un'atmosfera stregata, magica, immersa in trasalimenti e slittamenti in dimensioni paranormali. Viaggio a Tulun rimase dunque un progetto nella carta ma, dato che esisteva un impegno preso con un produttore Fellini spostò l'attenzione su un mondo a lui più familiare, quello della provincia, dell'adolescenza, dei miti e dei riti che hanno da sempre alimentato il suo universo creativo. Cosa ne scaturì? Il progetto di un film su quattro luoghi-forti dell'immaginario felliniano: L'opera, Il cinema Fulgor, Cinecittà e L'America. In realtà solo uno di essi, Cinecittà, fu sviluppato interamente, trasformandosi nel film Intervista. Nel presente volume sono dunque raccolti, oltre a Viaggio a Tulun, i quattro abbozzi di progetto e la sceneggiatura finale di Intervista. I brani L'opera e II cinema Fulgor sono dei perfetti condensati dell'idea di "luogo della fantasia e della memoria", sempre presente nell'opera di Fellini. Non si tratta di luoghi dell'infanzia ricordati con malinconia, ma di una memoria che diviene "un presente trasparente che lascia intravedere quel passato che porti sempre con te. È come uno spessore, una profondità maggiore del presen- te". Cinecittà è la città del cinema e quindi la città di \ Fellini. "A Cinecittà io non ci abito, ma ci vivo" anzi, come I precisa il regista "le mie esperienze, i rapporti incominciano e finiscono nei teatri di Cinecittà". Vi è poi il | brano L'America, ovvero l'appuntamento rinviato. Un mondo che il regista ha tentato di conoscere ma da cui è sempre fuggito, con dei racconti in tasca, come quello qui proposto. D'altro canto come si fa a trasportare tutta Cinecittà in quel mondo? "L'equivoco nasce dal fatto che si pensa che il cinema sia una cinepresa piena di pellicola e una realtà, fuori, già pronta per essere fotografata. Invece davanti all'obiettivo uno mette solo se stes- \ so. Altrimenti il cinema può solo offrire qualche contraddittoria informazione". Così scrive Fellini, nel block- ! notes dal titolo L'America. Ed è da questa affermazione, come puntualizza nella postfazione jacqueline Risset, "che nasce l'insieme dei film che conosciamo, la loro traiettoria imprevedibile, la loro forza, e anche la necessità I dei block-notes, i cui appunti sono la riaffermazione di j questa autonomìa creativa assoluta". Sara Cortellazzo