In. 5 riNDICF « » ■■dei libri del mese ■■ Interventi Cittadini di Babele di Franco Marenco La lettera di Enrico Capodaglio impone qualche riflessione, al di là della discussione sulle opinioni di Arlacchi. Per Sciascia "L'Indice" ha sollecitato due recensioni, come di solito fa nel caso di opere particolarmente importanti o controverse; e dato il carattere dell'opera di Sciascia, le ha sollecitate a un letterato e a un sociologo. Ne sono emerse due tesi in radicale contrasto: per Esposito, Sciascia è uno scrittore che ha saputo convertire il suo microcosmo siciliano nel macrocosmo dell'umanità; per Arlacchi, Sciascia è uno scrittore che non ha mai cessato di pensare alla Sicilia come a uno spezzone di terra, di civiltà, di politica, di morale assolutamente estranea al resto del mondo: ciò che ne fa uno scrittore diseducativo. Non vorrei scendere in campo per dire dove stia il giusto — anche se, incuriosito da questa dicotomia, come "lettore qualunque" dovrò prima o poi decidermi, cominciando con una buona rilettura di Sciascia. Piuttosto, vorrei chiedermi pubblicamente come sia possibile una visione così schizofrenica dello stesso oggetto; quale impressione essa possa suscitare nel pubblico; e se "L'Indice" abbia ragione di perseguire queste strategie di discussione aperta. Non credo che si possa muovere ai due recensori l'addebito di non essere dei coscienziosi professionisti. Forse, gli si può muovere quello di esserlo troppo, di ascoltare la voce, di scrivere nello stile, di rifarsi ai valori soltanto del proprio specifico campo di interessi: Esposito si appoggia alla tradizione per cui la buona letteratura compie il "salto" estetico dal particolare all'universale; Arlacchi si appoggia alla tradizione per cui ogni scritto, bello o brutto che sia, possiede una sua posizione etica, e in base a quella deve essere giudicato — di qui il rimprovero che gli muove Capodaglio, di non tener conto delle ragioni della letteratura. Se questo è vero, se le due recensioni non sono espressione di gusti individuali, ma di due ben consolidati punti di vista, bisogna trarre una prima conclusione: bisogna riconoscere che la critica — quella direttiva d'opinione che si esprime secondariamente nelle recensioni dei libri, ma che è sempre indice di forze primarie nella cultura — non possiede oggi in Italia una base di consenso, una convenzione di imparzialità che ne legittimi il giudizio: essa è divisa fra statuti, valori, linguaggi del tutto separati; ovvero, è divisa in professioni che, al contrario di quanto auspicato dalla sociologia classica, non hanno trovato un terreno d'intesa nell'oggettività della ricerca intellettuale, ma che si sono ridotte a corpo- razioni, ciascuna assorbita nelle proprie pratiche e diatribe, e poco o nulla comunicanti tra loro. Il singolo lettore — stavo per dire "la comunità dei lettori", ma come invocarla, nell'assenza di un comune sapere? — non vi riconosce una mediazione fra sfere diverse di conoscenza, e quindi non si scandalizza dei loro contrasti; è pronto però a inalberarsi se il suo particolare codice di lettura viene violato. Da un tale quadro a me sembra di poter ricavare una considerazione incoraggiante, e una deprimente. La deprimente è che su questa china perdiamo sempre più di vista il rapporto fra i nostri interessi e quelli degli altri, acquistiamo indifferenza alla discussione, confermiamo i vecchi difetti del dilettantismo, dell'improvvisazione, della passione per l'ultima moda. La considerazione incoraggiante è che, attraverso queste smagliature, la nostra cultura resta pur sempre in movimento, sempre aperta alla novità delle esigenze e degli stili soggettivi, al contrario di altre culture nazionali che posseggono un'invidiabile stabilità di opinione, un riconoscibile gusto comune, una comunicazione fra le professioni, ma, come rovescio della medaglia, anche un micidiale conservatorismo intellettuale. All'"Indice" io non chiederei la luna — ovvero l'unificazione dei linguaggi della nostra Babele di saperi, o la finzione di un'autorevolezza senza vere radici: chiederei invece di incoraggiare, oltre alla professionalità dei suoi collaboratori, tutto ciò che di quella professionalità è in qualche modo comunicabile, scambiabile, integrabile con le altre. Chiederei una mediazione fra pubblico e lettore che passi anche per il punto di vista esterno, altro rispetto al proprio. Nella consapevolezza che questo passaggio dal singolare e privato al collettivo non potrà mai essere completo, né completamente soddisfacente (per nostra fortuna). Collana diretta da ir^ - R. Campagnoli e G. Calboli " " Comitato scientifico: R. Barilli, A. Battistini, O. Capitani, G. Franci, A. Rizzardi, R. Rizzo Arturo Graf IL RISCATTO A cura di A. Cavalli Pasini pp. 328, L. 28.000 In un romanzo del 1906 mai ristampato, il tema positivistico della ereditarietà riscattato nella tensione dinamica di un io diviso, raffigurato non a caso proprio nell'anno (1900) in cui appariva L'interpretazione dei sogni di Freud. IN COLLANA OULIPO La letteratura potenziale Creazioni Ri-creazioni Ricreazioni Edizione italiana di R. Campagnoli e Y. Hersant pp. 318, L. 16.000 Carlo Botta PER QUESTI DILETTOSI MONTI Romanzo inedito a cura di L. Badini Confalonieri Premessa di A. Battistini pp. 228, 8 ili. col., L. 18.000 Editrice