n 5 LINDICF « « ■■dei libri del meseI^H Poesia, Poeti, Poesie Ritorno a Michelstaedter Carlo Michelstaedter, Poesie, a cura di Sergio Campailla, Adel-phi, Milano 1987, pp. 112, Lit. 8.000. Marco cerruti, Carlo Michelstaedter, Mursia, Milano 1987, pp. 190, Lit. 30.000. Con l'occasione dell'anniversario della nascita, l'opera di Michelstaedter è tornata a interessare il dibattito filosofico e letterario, chiamando in campo interpreti vecchi e nuovi. E il compito degli interpreti non è facile, perché si tratta di un'opera veramente singolare e unica nel panorama nel primo Novecento italiano; un'opera che va affrontata in tutti i suoi risvolti e nelle diverse tecniche di scrittura: dal discorso filosofico mosso e variegato della originalissima tesi di laurea sui concetti di "persuasione" e "retto-rica" in Platone e Aristotele (argomento dilatato ad affrontare i problemi generali della vita umana, nella serrata lotta tra coscienza e illusione), alla forma del dialogo, alle poesie, fino ai brani epistolari; e non si dimentichi il versante del segno figurativo. Un'opera di autore 'straniero' come era allora il goriziano Carlo Michelstaedter studente a Firenze: un'opera maturata di slancio in quel fatidico biennio 1909-10, e interrotta dalla di- di Francesco Muzzioli missione del suicidio. Questo exitus tragico ha pesato e pesa ancora sulle interpretazioni di Michelstaedter; tra mille supposizioni e qualche pettegolezzo, sembra normale che l'opera sia piegata a fornire una spiegazione del suicidio, slittando, insomma, verso le sabbie mobili della biografia — dove, malgrado le migliori intenzioni, un ricante — sull'onda dei misticismi di moda — l'edizione delle Poesie è venuta quanto mai opportuna. Ma la presentazione del volume non va in direzione, purtroppo, del rilancio della prospettiva letteraria: al contrario Campailla mette subito l'accento sulla destinazione privata dei testi poetici, derivandone un pregiudizio di ina- Ora, se queste poesie fossero davvero un documento semiprivato, avvolto da " silenzi" ed avviato verso la decisione della "Morte-per-essere" (formula finale in cui Campailla conduce a capriolare l'heideggeriano Es-sere-per-la-morte), non si capirebbe perché il linguaggio non sia quello diretto dell'effusione personale o della confidenza familiare: perché o per chi, dobbiamo chiederci, la poesia dice 'altro', ossia traspone negli elementi naturali i termini della lotta interiore? Su questo punto, cioè sul problema del simbolo, intervengono sia Campailla che Cerniti, ma da posizioni diverse: il ricorso al simbolo è, nella lettura di Campailla, il rimando al potere suggestivo di una alonatura L'ARZANA Vanità del moto di Elisabetta Soletti Camillo Pennati, Il dentro dell'immagine. 1983-1985, Shakespeare and Company, Roma 1987, pp. 83, s.i.p. Camillo Pennati, Cosi levigati relitti, L'Ar-zanà, Torino 1987, pp. 96, Lit. 15.000. E il regno dell'immobilità, dello spazio soffocante, chiuso e rinserrato da una spessa cappa plumbea, lo scenario della raccolta II dentro dell'immagine. Nulla muta, neppure nell'inutile succedersi delle stagioni che come un esile filo diaristico lega i testi. Sono allora visionari, ironici ed amari i "luoghi di colore" che qua e là si spalancano nel paesaggio a smascherare seccamente l'illusione della felicità della ricerca e della pienezza del significato. Lo "smaltato verde", il "blu cangiante delle drupe a riflessioni viola e nere", il "cuoioso fogliame di magnolia", le "pozze d'argento e crepe come d'oro", si stagliano accesi, nei loro folgoranti colori mediterranei, a far meglio risaltare l'opale della notte, il cerchio fisso del cielo. Non a loro — infatti — è affidato lo scatto, lo spiraglio di rigenerazione e di movimento. Eppure lampi e improntu fenomenici at- traversano di continuo la poesia. Ma le "pioggie a terse righe di seta", gli orli slabbrati di cielo azzurro, le raffiche di vento non portano sollievo, non promettono cataclismi purificatori, ricadono invece fulmineamente nello spessore sordo e ottuso della natura. La vanità del moto percorre i componimenti, laddove patetici e gratuiti sono i voli a sghembo dei gabbiani, il rapido guizzare degli animali, il viaggiare senza meta degli umani. Irrigidita in un divenire non ciclico, ma monotonamente orizzontale, la natura — come la memoria di cui è allegoria — non ha né storia, né passato. Il medesimo profondo leitmotiv scorre sotteso alle liriche di Così levigati relitti. Qui sfila una serie di vibranti e scorciate istantanee naturalistiche. Alberi e nuvole, venti e fiori sono fissati e come congelati da associazioni analogiche intensamente impressionistiche. Sono "le code di setter degli abeti", il vento "grigio-azzurro destriero", gli "acini d'ambra" del canto del merlo, il "bambù delle tue ciglia". 0 V'i POESIA Nuova serie: 1 - Camillo Pianati, ( usi levigali rclitli 2 Annusa Zanzoito, Poesie (i938-i9km 3 - Giorgio Li /zi, Celtlwesen 4 - Rohi hto Rossi Pkixtri iti, Anagrammi r> - Ori s i i Si movit i i Manacorda, Disahitare Disi riha: muc Lauta Alunno - Vicolo Giu.sli 4 ■ 28010 Nihhiuno (No) I. 0322 58096 DIEST di E. Vigna - V. Guido Reni « - 10136 lorinu I. Oli 307602 Edizioni L'ARZANA V-Mcrcadante 74 • IOI541oriiu> giudizio critico equilibrato (intendo dire salvo dalla patetica partecipazione) diventa estremamente improbabile. La ripresa del dibattito su Michelstaedter (ora rinvigorito dai contributi del convegno svoltosi a Gorizia nello scorso ottobre) si può giovare anche di due importanti ritorni editoriali: da un lato, l'editrice Adelphi procede, con le Poesie, di un altro passo nella stampa delle Opere (il testo è curato da Sergio Campailla, e segue, con pochi aggiustamenti, l'edizione Pàtron del 1974, ormai da tempo esaurita); dall'altro torna disponibile, in veste aggiornata e con una accuratissima bibliografia, lo studio scritto da Marco Cerniti per i profili di Mursia, una delle prime monografie (era uscita nel 1967), rimasta poi un punto di riferimento ineludibile per i critici successivi, soprattutto per quelli interessati a una interpretazione 'progressista'. In un momento in cui, nella critica su Michelstaedter, il punto di vista filosofico è prevalente, e forse preva- deguatezza per 0 "metro di valutazione letteraria". Al critico non resterebbe che sostare sul limite del "segreto" personale dell'autore, da un lato riconducendo il linguaggio (anche quello fortemente istituzionalizzato della poesia) all'esperienza esistenziale, dall'altro reagendo con simpatico impressionismo alla "vibrazione lirica" del testo. Non a caso la lettura di Campailla privilegia la struttura musicale (parla spesso in termini di "orchestrazione", "sinfonia", "refrain" e simili), a scapito della semantica e soprattutto della sostanza concettuale. Così, lo sforzo michelstaedteriano di rinnovare la materia verbale attraverso una sintassi poetica che evidenzi le sfumature dei significati (magari, come ne II canto della crisalidi, ribaltando il significato di parole-chiave, come "vita" e "morte"); bene, tutto questo lavoro di critica del linguaggio è inteso, nel saggio introduttivo di Campailla, piuttosto sul piano stilistico dell'effetto di indeterminatezza: "cadenza" litanica e profetismo "sibillino". emotiva che rende la significazione oscura e contraddittoria, effetto dell'ossessione psichica (è significativo che l'accenno a una "lettura psicoanalitica", nella precedente edizione affacciato in nota, venga adesso promosso nel corpo del testo introduttivo). Per Cerniti, invece, il simbolo michelstaedteriano deve prima di tutto essere rapportato alla pratica storica del simbolismo, rispetto alla quale il goriziano va nettamente distinto: il suo simbolismo non solo "è alieno da ogni compiacimento estetizzante", ma si connota per una "qualità, per così dire, piuttosto oggettiva", poiché intende "rivelare, appunto attraverso simboli, il dato conoscitivo-esistenzia-le altrimenti incomunicabile". Mettendo bene in vista gli aspetti conoscitivi e comunicativi, Cerniti indica una strada che potrebbe essere seguita fino a un cambio di cavallo terminologico, sostituendo alla nozione di simbolo quella di allegoria che, forse, è ancora più appropriata alla poesia filosofica di Michelstaedter. A una interpretazione in chiave al- legorica si potrebbe obiettare che, negli ultimi componimenti, la persona riaffiora dietro tutte le figurazioni e le proiezioni. Ma anche lì, sia pure per constatare il proprio scacco irrimediabile, è ancora l'imperativo etico della "persuasione" che solleva il mondo della vita sul piano 'altro' del linguaggio riflessivo dell'esame di coscienza. E che la "persuasione" si esplichi sempre in una "intenzione comunicativa" è la convinzione più resistente, a mio giudizio, che percorre lo studio ricostruttivo di Cerniti. Oggi, di fronte alla tendenza dilagante degli interpreti che esaltano 0 misticismo — 'greco' o 'ebraico' che sia — di Michelstaedter mettendo in ombra la sua fondamentale dimensione etica, è utile ritrovare nel discorso critico di Cerniti il richiamo testuale alle pagine de La persuasione e la retto-rica sul dovere verso la giustizia. La "persuasione" è dunque un dover essere, ovvero un agire comunicativo rivolto all'emancipaizone? Bisogna rispondere affermativamente, e la tesi dello studente goriziano è esplicita in proposito, ma subito aggiungere che le cose sono più complesse: lo stesso Cerniti ha scritto chiaramente che accanto a questa "via" tendente con "solidale procedere" al riconoscimento dei "persuasi" in una nuova collettività, sta un'idea di "persuasione" come autofondazione solitaria e immediata; all'interno dell'opera, e soprattutto nei frammenti sparsi, il bivio tra le due soluzioni diviene una impasse lucidamente sofferta. Del resto, non bisogna dimenticare che stiamo parlando di un autore giovanissimo, in un periodo vulcanico e denso di tensioni come gli anni primi del Novecento. Comprendere la complessità di Michelstaedter non vuol dire soltanto tener conto di tutte le componenti culturali; e magari affiancare allo "spessore religioso" (Campailla sottolinea ora anche il "tema dell'ulissismo giudaico") l'influenza di materialisti come Lucrezio e Leopardi: vuol dire soprattutto riconoscere le stratificazioni del pensiero e le discrepanze tra i diversi ambiti dell'opera. Per questa direzione di ricerca, la rilettura H3 libro di Cerniti offre preziose indicazioni: come quando mostra la maggiore problematicità di alcuni appunti sparsi rispetto alle pagine promulgative della tesi di laurea, e nota che "così inquiete considerazioni non sarebbero tuttavia entrate a far parte dell'opera maggiore"; e quando vede nei testi poetici non un ripiegamento sentimentale ma una eticità ancora più forte perché concretizzata nel linguaggio: "l'impegno conoscitivo esigendo di tradursi in apertura verso gli altri, in un 'conoscere insieme', la poesia si offre come il luogo concreto di questa germinale esperienza comunitaria". Ma ritengo che l'"attendibilità", con ragione rivendicata da Cerniti per il suo "profilo" michelstaedteriano, stia essenzialmente nel metodo: Michelstaedter viene letto nel suo tempo (con particolare attenzione all'ambiente culturale e letterario e alle diverse fasi della 'formazione' dello scrittore); e ciò contrasta con l'attuazione forzata e fuorviarne di molti interpreti odierni.