N. 2 Pag- Il Libro del Mese « fre l'occasione di esprimersi al senti- mento di amicizia che Contini sente così forte da intitolare il suo libro montaliano Una lunga fedeltà. Per il lettore che non abbia il privilegio di frequentare Contini, o per invi- diabili motivi anagrafici non abbia conosciuto i beneficiari delle sue amicizie, credo che questi epicedi siano un'esperienza notevole. Si tratta di vedere come un maestro dell'analisi testuale accosti i fornito- ri dei relativi testi o i compagni di lavoro. L'approccio di Contini è in effetti coerente. La penetrazione grazie al- la quale seleziona i tratti significati- vi per impiantare un'analisi stilisti- ca, gli fa anche cogliere nelle perso- ne i tic, gli sguardi, le parole che sono indizi del loro carattere; regi- strare le battute o gli aneddoti in cui esso si rivela. Spesso si tratta di accostare due elementi apparente- mente incongrui, e che appunto, ap- paiati, individuano uno spazio men- tale. Vediamo così Contini che, rammemorando Schiaffini nelle sale dell'Accademia dei Lincei di cui fu socio autorevole, spia "l'apparizio- ne del suo passo cauto e ironico, non so se più di nostromo o di agri- coltore delle sue parti, che uscito di casa arguto esplori ('arguto', un ag- gettivo chiave nel suo discorso) se s'imbatterà in un esemplare umano di boria o d'intrigo professionale, oppure in una forma fidata sulla quale riposare senza riserve". La memoria, poi, può travalicare il suo oggetto (Contini è un patito di Proust), conservarci, oltre ad es- so, squarci di vita. La commemora- zione di Glauco Natoli si spalanca per esempio a colorite scene di Pari- gi e di Strasburgo, con fauna di san- toni locali, di turisti con l'uzzolo sociologico, di giornalai e venditori di noccioline tostate; si affacciano anche questioni nazionali, e donne. Pezzo di una bravura non celata. Ma (non lo si ripete abbastanza) è Contini scrittore a fornire i migliori strumenti al critico e al filologo per- ché abbia e continui ad avere tanta presa. Note Lyuso trasversale di Romano Luperini Franco Fortini, Saggi italiani e Nuovi saggi italiani, Garzanti, Milano 1987, pp. 824, Lit. 34.000. bibliografiche Esercizi di lettura, Parenti, Firenze 1939 e Le Monnier, Firenze 1947; Un anno di letteratura, Le Monnier, Firenze 1942, rist. con il precedente voi. a Torino da Einaudi nel 1974; Varianti e altra linguistica, Einaudi, Torino 1970; Altri esercizi (1942-71), Einaudi, To- rino 1972; Una lunga fedeltà. Scritti su Eugenio Montale, Einaudi, Torino 1974; La letteratura italiana: Otto-Nove- cento, Sansoni-Accademia, Firenze- Milano, 1974; Un'idea di Dante. Saggi danteschi, Einaudi, Torino 1976; Breviario di ecdotica, Ricciardi, Mi- lano-Napoli 1986; Pagine ticinesi, Salvini, Bellinzona 1986. G. Contini ha curato edizioni di te- sti, critiche o commentate: Dante Alighieri, Rime, Einaudi, Torino 1939 (II ediz. 1946); Le opere volgari di Bonvesin da la Riva, Soc. fil. rom., Roma 1941; Ipoeti del Duecento, Ricciardi, Mila- no-Napoli 1960; ogni storia, così ogni poesia è poesia contempo- ranea. Le categorie che precisano la nozione di contemporaneità in poesia possono essere lette ermeneuticamente: la memorabilità come ap- propriazione inconsapevole, e la traducibilità da un sistema culturale all'altro come riappro- priazione critica. La memoria (linguistica, foni- ca, ritmica) è la vera sede della poesia (generaliz- zando ciò che nel contesto originario è riferito all'autore topico, Dante); la traducibilità è l'u- nico criterio adeguato "per misurare la discussa categoria che è la grandezza di un poeta". La poesia può quindi essere definita come uno "sta- to del testo", variabile a seconda del sistema culturale in cui viene trasferito. Parlare della poesia come stato del testo si- gnifica anche ancorarne la comprensione, altri- menti affidata a psicologismi o ideologismi allo- tti, a un istituto oggettivo e scientificamente indagabile come la lingua. La chiave di com- prensione di un testo può celarsi dietro una parola, o addirittura un fonema, un grafema, purché scelti con pertinenza. L'accenno al Con- tini critico dello stile ci introduce al Contini "professionale", al suo mestiere di filologo e lin- guista. La pratica di una disciplina scientifica ha un ruolo centrale nella sua cultura novecen- tesca, complementare rispetto all'altrettanto centrale condivisione di "sentimento" che ali- menta l'"esercizio di lettura sopra autori con- temporanei". Basterà rileggere il compendio di teoria filo- logica scritto per /'Enciclopedia del Novecen- to (ripubblicato nella raccolta che porta l'autoi- ronico titolo di Breviario di ecdotica), confron- tandolo magari con un altro geometrico com- pendio, quello del Maas, per rendersi conto di quali e quante novità Contini abbia introdotto nell'ortodossia lachmanniana. Volendo ridurle ad unità si può forse dire che la sincronia si è incrociata e intrecciata strettamente con la dia- cronia. All'ideale rigido dello stemma, mecca- Che uno dei poeti più significativi dei nostri tempi pubblichi oggi (l'e- ditore è Garzanti) due grossi volumi di critica letteraria è già un fatto po- co consueto nell'attuale panorama delle lettere, e non privo d'impliciti valori polemici. La figura del poeta- nico selettore di testi critici, si è sostituito quello flessibile di "strutture" della tradizione, varia- bili a seconda dei luoghi, dei testi, degli autori. La razionalizzazione esterna della varia lectio si è rafforzata potentemente con la razionaliz- zazione intema di tutte le caratteristiche forma- li di un testo e della sua tradizione. Esemplari in questo senso i contributi di edizione su testi- mone unico (la recente edizione del Fiore) e l'invenzione della categoria della "diffrazione", in cui si combinano la recensio e /'emendatio. Nella critica testuale di Contini bisogna in- somma sottolineare tanto il sostantivo quanto l'aggettivo: la ferrea e universale logica formale che la regge è al servizio della pluralità degli individui, singoli testi e singole tradizioni. C'è in questa tensione un perenne sforzo di intelli- genza e una continua proposizione di ipotesi di lavoro sempre più economiche, che danno luogo a una visione "aperta" ed elastica di ogni rico- struzione testuale. In ciò è da riconoscere la fedeltà al maestro antidogmatico, filosofo "di fatti particolari", come pure al maestro filologo "di edizioni particolari", Joseph Bédier. Non è certo casuale che proprio dal Ricordo di Joseph Bédier (1939) si possa ricavare indi- rettamente uno dei migliori ritratti di Contini: "Noi non amiamo chi ha la viltà di non resiste- re al puro irrazionale e si lascia voluttuosamen- te percorrere dalla corrente magnetica: tra l'al- tro perché finirà a voler provocare la corrente, e diventerà un meccanico o un logicista dell'ir- razionale. Ma senza un poco di magnetismo, o di poesia, non si dà neppure scienza: e i tempe- ramenti che ci sono cari sono quelli dialettici che razionalizzano l'irrazionale in una conti- nua vicenda periodica, con i valori mettono ordine nella vita". Piace pensare che il confron- to con il maestro da poco scomparso, di cui si apprestava a raccogliere l'eredità, abbia stimo- lato una così lucida autocoscienza: l'acuta com- prensione del maestro si è fatta acutissima com- prensione di sé. Francesco Petrarca, Il canzonie- re, Einaudi, Torino 1964; Eugenio Montale, L'opera in ver- si, in collab. con Rosanna Bettarini, ediz. critica, Einaudi, Torino 1980; Il Fiore e il Detto d'Amore attribuibi- li a Dante Alighieri, Mondadori, Milano 1984 (ediz. critica) e (ediz. commentata) in Opere minori di Dante Alighieri, Ricciardi, Milano- Napoli 1984. Ha pubblicato alcune antologie a destinazione universitaria e scolasti- ca: Letteratura dell'Italia unita 1861- 1968, Sansoni, Firenze 1968; Letteratura italiana delle origini, Sansoni, Firenze 1970; Letteratura italiana del '400, Sanso- ni, Firenze 1976. Gianfranco Contini dirige presso l'editore Ricciardi la collana dei Do- cumenti di filologia. G.R.l.S.U. Gruppo di Ricerca in Scienze Umane ACHERONTA MOVEBO Seminario di ricerca su I sentieri del sogno 12 marzo e 14 maggio 1988 9.30-13.00/15.00-18.30 Relatori: Mauro Mancia Solomon Resnik Gianpaolo Caprettini Vincenzo Padiglione Iscrizione: c/o G.R.l.S.U. (Patrizia Cavani) corso Francia 17 - 10138 Torino Club Turati - via Accademia delle Scienze 7 - Torino Bollati Boringhieri critico sta infatti rapidamente scom- parendo. La grande tradizione che da Foscolo e da Leopardi, attraverso Carducci e Pascoli, giunge a Monta- le, Sereni, Pasolini, Luzi, Zanzotto sino a Sanguineti (che forse ne è l'ul- timo esemplare) sembra ormai agli sgoccioli. E d'altronde l'attività criti- ca si presenta già marginale e occa- sionale in alcuni degli autori più re- centi testé citati, mentre in Fortini appare del tutto organica alla sua personalità complessiva d'intellet- tuale e, soprattutto, al modo stesso con cui egli non solo concepisce ma scrive poesia. Nell'ultimo quindi- cennio si è diffusa al posto del poeta- critico, l'immagine del poeta-poeta, spesso ostentante l'estraneità (ma an- che la superiorità) del momento poe- tico rispetto a quello razionale, criti- co e teorico; e va da sé che, se questo fenomeno va ovviamente messo sul conto dei processi di parcellizzazio- ne del lavoro intellettuale indotti dalla americanizzazione del nostro sistema culturale (e non solo di que- sto), segnala nondimeno anche un netto impoverimento e un generale scadimento del dibattito sulla poesia (nonché, assai probabilmente, della qualità stessa di quest'ultima). Se si pensa, inoltre, che Fortini ha pubblicato negli ultimi tre anni non solo un importante libro di poesia (Paesaggio con serpente), ma un volu- me di saggi etico-politici (Insistenze), una traduzione dei racconti di Kafka, un altro libro di note e versi ironici, polemici ed epigrammatici (la nuova edizione, molto accresciu- ta, di L'ospite ingrato), la ristampa di un'opera di narrativa memorialisti- ca, Sere in Valdossola, si ha netta l'impressione di essere di fronte a una delle ultime figure della grande cultura europea, capaci di padroneg- giare quasi ogni genere di scrittura, premendo uno dopo l'altro, ma an- che contemporaneamente, quasi tut- ti i pedali dell'espressività letteraria e soprattutto misurandosi, in nome della complessità di un atteggiamen- to etico e sapienziale, su una gamma amplissima di temi culturali e di pro- blematiche ideologiche. Si può co- gliere in ciò, ovviamente, un'ambi- zione di classicità (uno dei modelli, in fondo, è Goethe). Ma non si può dimenticare che "classico" evoca pu- re (come ci ricorda Fortini nel se- condo dei due volumi qui considera- ti) quella " postulazione della totalità come orizzonte dell"essenza uma- na'" che era, nei maestri del marxi- smo, il mandato storico della classe operaia. Cosicché una siffata "postu- lazione" assume anch'essa un singo- lare significato contestativo in un'e- poca in cui la perdita postmoderna di totalità — sostituita dalla difesa della particolarità (del "debole", del decentrato, del frantume) — non è che il risvolto, indirettamente apolo- getico, della accettazione della totali- tà reificata e della frammentarietà in- differenziata in cui siamo costretti a vivere. Come il collezionista caro a Benja- min, anche Fortini nell'oggetto, e persino nel particolare minuscolo, vede miniaturizzato il mondo. Anzi, nell'analisi, egli punta sempre piut- tosto sul dettaglio e sulla destruttu- razione che sull'ordine strutturante di un testo. In tal senso, Fortini è un decostruzionista vero (non, voglio dire, un decostruzionista funambolo e nichilista, narcisisticamente affasci- nato dalla contemplazione della pro- pria bravura, come nella maggior parte degli esercizi di questo tipo, oggi). Sceglie il singolo verso, o una parola, o una rima, e lavora di scan- daglio, perfora il particolare, per poi sbucare di colpo al di là di esso e far