pag. 24 N.5 minimo di inquadramento storico la lettura di un testo religioso, dinnanzi ad una riproduzione visiva scelta opportunamente, dice tutto ciò che si può dire. Il problema sono gli insegnanti. Da quanti anni esistono cattedre di storia delle religioni nelle nostre Università? Per quanto riguarda i testi si tratta di stabilire quale livello di discenti si vuole informare. Per le medie inferiori userei semplicemente una Bibbia letta in modo storico-critico temperato. Per le superiori la Storia delle Religioni curata da H.C. Puech per Laterza o la Storia delle credenze e delle idee religiose di M. Eliade di Sansoni; per il XVI secolo la Storia della Riforma protestante di Bainton, edita da Einaudi. Giorgio Tourn, specialista di teologia, è pastore presso la comunità valdese di Torre Pellice. Fubini — Non so che cosa significhi l'espressione "fatti religiosi" o "studio dei fatti religiosi". Non so che cosa significhi l'espressione "tradizione ebraico-cristiana". Esiste una tradizione ebraica ed esiste una tradizione cristiana: la prima è sintesi di memoria storica e di impegno etico, la seconda (per quanto ne sappia) è fede ed attesa di un mondo ultraterreno. Sono due cose diverse e non mi convincono i tentativi volti a farne una cosa sola. In che modo questo possa entrare nella formazione scolastica, non vedo: credo che la scuola debba essere formativa e che la formazione non possa derivare che dal rifiuto del dogma. La scuola deve suscitare interessi e curiosità, deve insegnare che non esiste una Verità ma deve aiutare a ricercare la parcella di verità di cui ogni uomo è portatore, deve instillare il dubbio e contemporaneamente la volontà di ricerca e di superamento. Il miglior allievo si giudica più dalle domande che fa che dalle risposte che dà. Tutto questo si può ottenere con lo studio della storia, della letteratura, dell'antropologia o di altre discipline: ma più che di contenuti è questione di metodo. Forse si può aggiungere che oltre che d'insegnamenti è questione d'insegnanti. Quale libro suggerire? Penso alla Bibbia, che è stata recepita nelle diverse culture occidentali. Vi è l'esigenza di uno studio approfondito, che parta dal testo e si valga di ogni serio apporto critico: linguistico, storico, filosofico, antropologico, non esclusi la patristica, la scolastica, gli studi talmudici e rabbinici antichi e recenti, la critica laica. Ma rifiuterei il ricupero di motivi, di figure, di situazioni o simboli, così come rifiuterei un ricupero o un sunto della Divina Commedia, che saprebbe di arbitrario, di artificioso, e che sarebbe comunque un tradimento del testo. Guido Fubini, avvocato, fa parte del Consiglio dell'Unione delle comunità israelitiche italiane. Filoramo — Non credo in un insegnamento alternativo di morale laica, o comunque la si voglia definire, perché o il suo oggetto coincide, in sostanza, con le dottrine etiche e una loro storia: e allora si finirebbe inevitabilmente per insegnare una "religione" nei limiti della ragione (quale, poi?) evacuando lo specifico delle tradizioni religiose; oppure quest'oggetto lo si fa coincidere con "le risposte mitologiche e le credenze che hanno in passato orientato la vita degli individui e delle società": e allora non si capisce perché denominarlo "morale laica" e non, com'è ovvio, corso di storia delle religioni. Credo, piuttosto, in un'ora alternativa di storia delle religioni, a patto di intendersi sull'oggetto e sul metodo. La storia delle religioni, così com'è praticata nei paesi in cui costituisce una tradizione di studi viva e significativa, comprende tre livelli: la conoscenza storico-documentaria delle specifiche tradizioni religiose; l'analisi comparativa nei suoi differenti aspetti: tipologico, morfologico, fenomenologico: infine la riflessione metodologica sul contributo di altri metodi all'indagine del fatto religioso. Idealmente, un'ora alternativa concepita come ora di storia delle religioni dovrebbe, dunque, assolvere all'improbo compito di fornire all'allievo nozioni elementari sulla storia delle idee, credenze e istituzioni religiose, mettendolo direttamente in contatto con le fonti più significative; nel contempo, attraverso l'accostamento fenomenologico, dovrebbe solleticare la sua curiosità e il suo interesse verso le possibili costanti e strutture del comportamento e dell'esperienza religiosi; infine, attraverso un'embrionale riflessione metodologica, dovrebbe insegnargli ad accostarsi in modo critico a questi complessi problemi. Dirò subito che, nella misura in cui quest'impostazione è sostanzialmente corretta, non mi risulta esistano attualmente in italiano libri di testo in grado di soddisfare a queste esigenze (per cui, mi limiterei a consigliare la lettura di antologie di fonti). D'altro canto, a me pare che questi tre livelli non possano né debbano essere scissi, pena lo snaturamento stesso dell'impostazione. Ciò significa, in negativo, che ogni soluzione parziale (rivolta a preferire, a scapito delle altre, una tradizione, un tema o gruppo di temi, una chiave di lettura) va rifiutata; in positivo, che occorre accettare la sfida posta da una considerazione globale del problema dello studio scientifico delle religioni. Giovanni Filoramo insegna storia delle religioni all'Università di Torino. Bini — La religione come oggetto di conoscenza scolastica dovrebbe essere insegnata a tutti e seriamente, con una limitazione che dirò più sotto. Lo scopo dovrebbe essere non di contribuire a risolvere problemi esistenziali, anche se conoscere un più ampio arco di risposte ai problemi dell'uomo può aiutare a risolvere i problemi personali (anche conoscere la filosofia — non la storia della filosofia — può contribuire a rendere più saggi, più capaci di scelte etiche razionali; avere informazioni sessuologiche può rendere più facile orientarsi nel campo dei problemi sessuali, e così via), ma perché la religione è un importante prodotto culturale e un aspetto importante dell'esperienza di molte persone. La limitazione è questa: che come disciplina fondata sulla teologia, la religione non può entrare nella scuola elementare, e a maggior ragione nella materna, perché i bambini non sono abbastanza capaci di "ragionare teologicamente" (o non ne sono capaci affatto), e senza teologia può esservi solo storia sacra o catechismo cattolico comunque mascherato: roba da insegnamento confessionale, visto che siamo cittadini d'una repubblica condannata ad essere concordataria. Nella scuola media potrebbe essere oggetto d'un insegnamento di tipo storico-antro-pologico: le religioni nella storia delle civiltà (compresa, ovviamente con un riguardo particolare ma senza etnocentrismi, la civiltà "cristiana") e nelle culture. E evidente che un simile insegnamento non potrebbe costituire una materia a sé ma farebbe parte dell'insegnamento storico. Ma bisognerebbe preparare gl'insegnanti, e non è impresa da poco. Nella secondaria superiore l'impostazione storica dovrebbe essere abbandonata — salvo i riferimenti agli "eventi" religiosi nel corso di storia — e la religione essere introdotta — non necessariamente per l'intero corso: per un anno o due — come una materia con proprie strutture, da studiare riferendosi ai fondamenti e al linguaggio delle religioni, delle teologie, oltre ad essere affrontata come parte dell'insegnamento filosofico. Per l'insegnamento autonomo mancano però i docenti; attualmente e chissà per quanto tempo ancora se ne potrebbero trovare soltanto con preparazione in teologia cattolica, che per ovvie ragioni non sono adatti. Quindi per ora bisogna pensare solo ad un miglior inquadramento dei problemi religiosi nell'insegnamento filosofico. All'obiezione che non tutti studiano la filosofia si potrebbe rispondere che, riforma generale o no, la filosofia dovrebbe essere insegnata a tutti. Anche perché areligioso senza problemi, so troppo poco di religione per poter suggerire testi. Mi limito ad una sola indicazione di religione cristiana: il Vangelo di Matteo, e ad una di filosofia cristiana: i Pensieri di Pascal, dove si parla del deus ab-sconditus. Se si dovesse pensare ai libri di testo, opterei per un corso per problemi in forma antologica. Giorgio Bini, studioso di pedagogia con particolari interessi per la scuola elementare, è collaboratore abituale della rivista "Riforma della scuola". Gentiloni — Rispondo rapidamente per rispettare lo spazio: chiedo scusa se molte affermazioni appariranno prive delle necessarie giustificazioni. In fatto di religione — comunque la si intenda, nei suoi diversi approcci — la scuola italiana in genere è piuttosto digiuna, anche per le deleghe largamente e inefficacemente attribuite alla chiesa cattolica. Una buona scuola suppone non meno, ma più religione: senza deleghe, però, e in un corretto coinvolgimento di tutte le discipline scolastiche. Il fatto religioso, infatti, fa parte integrante di qualsiasi cultura (in particolare della nostra fa parte, ma non esclusivamente, il fatto cristiano-cattolico).