IN. 5 pag. 32 Il disordine sociale è una malattia mentale? di Giuseppe Cambiano Eric VOEGELIN, Ordine e storia. La filosofia politica di Platone, Il Mulino, Bologna 1986, trad. dall'inglese di Gian Francesco Zanetti, introd. di Nicola Matteuc-ci, pp. 362, Lit. 35.000. Questo volume è la traduzione di una parte della vasta opera rimasta incompiuta del filosofo della politica Eric Voegelin, pubblicata col titolo Ordine e storia negli Stati Uniti, dove egli si era rifugiato dopo l'annessione dell'Austria da parte della Germania. Essa risente di due esperienze fondamentali: l'interpretazione in chiave politica della filosofia di Platone, dominante in varie forme nella cultura tedesca tra le due guerre mondiali, e le discussioni degli anni della guerra fredda e del maccartismo. Rispetto alla dura requisitoria contro Platone, antesignano del totalitarismo, tracciata aa Popper in La società aperta (1945), essa appare una riabilitazione di Platone come fondatore dell'autentica scienza politica. Platone si trova immerso in una società corrotta, proteso nello sforzo di restaurare l'ordine ormai smarrito in Atene. Il rinvenimento dell'ordine giusto si sviluppa in opposizione agli elementi di disordine: il tipo di uomo che incarna il disordine è il sofista, che ha dissolto lo spirito dell'antica polis. Il Gorgia è la sentenza di morte per Atene, che ha perso "la sua anima", e la Repubblica individua il giusto ordine della società nella realizzazione dell'idea del Bene da parte dell'uomo che ordina la sua anima in base alla visione del Bene stesso: questi è il filosofo. Mentre nell'epoca antecedente ai sofisti l'ordine pubblico in Atene era pienamente rappresentativo dell'idea di uomo, ora questa rappresentanza sostanziale, non formale, passava nelle mani del filosofo, in quanto rappresentante della verità divina. Voegelin segue nelle opere platoniche sino alle Leggi i vari momenti della costituzione di questa nuova filosofia dell'ordine, che trova le sue radici nell'ordine della psiche e del cosmo e interpreta il disordine della società come malattii della psiche dei suoi membri. Il s-jv o di Voegelin, benché pubblicato ne! 1957, ha i suoi punti di riferimento nelle interpretazioni platoniche correnti tra le due guerre, in particolare in quella elaborata, nella cerchia intorno a Stephan George, da Kurt Hildebrandt, pub- blicata nel 1933 col sottotitolo significativo La lotta dello spirito per la potenza e in traduzione italiana nel 1947 a cura di Giorgio Colli. Qui emergeva la figura di Platone filosofo mistico, ispirato suscitatore di energie. Ovviamente Voegelin non ripete quanto Hildebrandt aveva affermato nel 1939 sulla Germania hitleriana come inizio della realizza- zione dello stato platonico, ma insiste anch'egli sulla vocazione politica di Platone proteso verso la Fiihrer-schaft e sulla centralità della nozione di filosofo-re. Il costo di questa interpretazione è il radicale silenzio sulla dimensione conoscitiva del filosofare platonico: le idee, la dialettica, le argomentazioni sono assenti dalla presentazione di Voegelin, in- un solo esempio. Secondo Voegelin le relazioni numeriche della forma politica delineata nelle Leggi sarebbero governate dal simbolismo del sole: il numero chiave sarebbe il dodici (quante sono appunto le tribù della polis), connesso anche ai mesi. Perché allora il simbolismo dovrebbe riguardare il sole e non anche la luna, o soprattutto la luna? Ma l'aspetto che segna irrimediabilmente i limiti dell'interpretazione di Voegelin, è il mito di una Atene del V secolo a.C. come comunità armonica, caratterizzata dalla compiuta integrazione dell'individuo nella comunità, in opposizione all'Atene post-periclea in preda al disordine prodotto dai sofisti e dai de- The New York Review of Books c/o Fitzgerald, P.O. Box 923 London, W2 1XA, England Since it began publishing in 1963, The New York Review of Books has established itself as one of the premier literary and intellectual journals in the English language. It publishes probing and thorough essays on everything from the arts to politics, from history and biography to science and psychology. Every two weeks The New York Review of Books publishes criticism by writers and scholars who are themselves a major force in world literature and thought-V. S. Naipaul, Gore Vidal, Mary McCarthy, Elizabeth Hardwick, Milan Kundera, Norman Mailer, John K. Galbraith, Susan Sontag, Primo Levi, V.S. Pritchett, and many more. Subscribe today and begin receiving issues posted directly from the U.K. One year (22 issues) $38 £27 Two years (44 issues) $73 £52 Three years (66 issues $108 £77 Name Address Country Please return c/o Fitzgerald, P.O. Box 923 London, W2 1XA, England LOI La forma dell'inventiva (a cura di R. Boeri, M.A. Bonfantini, M. Ferraresi) Da Benni a Munari, da Spinnler a Giorello, da Eco a..., i ventisette scienziati, artisti, filosofi del Club Psomega stimolano la riflessione, la ricerca e perché no?, la curiosità intellettuale nel primo enciclopedico manuale sull'inventiva. E' in libreria anche: Il politeismo moderno A. Dal Lago pp. 241, L. 20.000 EDIZIONI UNICOPLI. teramente sacrificate ai miti e ai simboli. Naturalmente nessuno nega la rilevanza di questi ultimi, ma il pri-vilegiamento unilaterale di essi conduce a una delle ennesime amputazioni del pensiero platonico. La ricerca filosofica appare allora esclusivamente come luminosità che si irradia dalla profondità dell'anima e il modello ideale del Timeo, per esempio, può essere arbitrariamente descritto come "inaccessibile al logos dell'uomo". In questa prospettiva il cattolico Voegelin non esita a ricorrere a frequenti paralleli della comunità platonica dei filosofi e delle anime amanti con il corpo mistico o a ravvisare nel Demiurgo il "simbolo dell'incarnazione". Puntare tutte le carte sui simboli e sui miti, intesi come espressioni dell'inconscio, può condurre a qualche infortunio, anche perché Voegelin non sempre maneggia il greco con grande sicurezza (e il traduttore opportunamente segnala in nota qualche caso di incomprensione). Debbo qui limitarmi a magoghi. Di tutto ciò la storiografia di questi ultimi decenni ha ormai fatto giustizia: l'Atene del V secolo non era affatto la bella eticità priva di conflitti, immaginata da Hegel e altri e fatta propria anche dall'anti-hegeliano Voegelin, e l'Atene dei sofisti e dei demagoghi non è affatto quel mondo demoniaco, che Platone per primo ci aveva voluto dipingere. Ma la prospettiva di Voegelin e segnata da un secondo mito, proprio della Germania ottocentesca alle prese col problema della formazione dell'unità nazionale. Qui il mondo delle città greche fu interpretato retrospettivamente come nazione mai realizzata. Per Voegelin invece Platone avrebbe elaborato la visione di un "impero ellenico" come federazione subordinata ad una polis egemone, anticipando così la soluzione di Alessandro. Occorre dire che ciò non ha alcuna base testuale nell'opera di Platone, saldamente radicata nel modello politico della piccola città. Così come non ha alcun fondamento l'asserzione di Voegelin nAATQNOZ AnANTA TA IQZOMENA P L A T O N I S opera