N.5 pag. 40| Filosofia Giuliano Sansonetti, L'altro e il tempo. La temporalità nel pensiero di Emmanuel Lévinas, Cappelli, Bologna 1985, pp. 123, Lit. 7.000. Lévinas è autore non semplice. La sua lettura necessita d'una chiave che l'interprete deve tenere saldamente in pugno. Il rischio è di perdersi all'interno dei suoi testi, scarni e labirintici. Lo stile è così denso che risulta indispensabile interrogare il suo pensiero a partire da questioni semplici. E l'a. sceglie il tempo quale occasione di ricostruzione d'un pensiero complesso che ha già percorso più di trent'anni di cammino (1947-1974). Esplora con cautela la "dialettica del tempo" di Lévinas; la distingue dall'analisi fenomenologica (Husserl), dall'"ermeneutica della temporalità" (Heidegger) e dalle speculazioni sul tempo della storia (Hegel). Questo perché la dialettica del tempo — in L. — coincide con il problema centrale dell 'etica: "la relazione del faccia a faccia". Irrinunciabile incontro con un essere che non è solo la propria storia o oggetto d'interpretazione, ma anche luogo in cui accade un'"esperienza traumatica" che richiede pazienza e grande attenzione, passività e fatica. L'essere è il volto dell'Altro; un volto che porta ì tratti dell'infinito. Incomprensibile Altro, né "nulla" (Heidegger) né "nausea" (Sartre) ma esperienza: l'esperienza di un "passato immemoriale" (103-116) che l'Altro inevitabilmente condensa nel proprio volto. L'empirismo radicale (Derrida) di L. si occupa di un "tempo qualitativo, eterogeneo, di un tempo al plurale" (X. Tilliette, Presentazione), noto a pensatori come Schelling e Rosenzweig. Un tempo elementare che si svela nuovamente nella "fine della filosofia" (Rosenzweig), quando non sono più i filosofi a filosofare. È infatti un "tempo dell' attesa" che i bambini ben sanno: "In particolare è nell'insonnia, soprattutto come è vissuta dai fanciulli, allorché 'le silence résonne et le vide reste plein', che si realizza tale esperienza quasi allo stato puro" (p. 26). P. Palmero Josef Bleicher, L'ermeneutica contemporanea, Il Mulino, Bologna 1986, ed. orig. 1980, trad. dall'inglese di S. Rabattini, pp. 344, Lit. 25.000. Dopo una troppo succinta introduzione storica, BÌeicher affronta in capitoli specifici la teoria ermeneutica di E. Betti, che mira ad una metodologia del comprendere valida per tutte le scienze umane, la filosofia ermeneutica di Heidegger, Bult-mann e Gadamer, per i quali l'interesse non è più come in Betti l'interpretazione oggettiva ma l'analisi trascendentale come interpretazione dell'esserci nella sua determinatezza temporale, ed infine l'ermeneutica critica di Apel e Habermas che cercano le cause della distorsione della comprensione e della comunicazione in quei fattori che, pur essendo extralinguistici, contribuiscono a costituire il contesto del pensiero e dell'azione, e cioè il lavoro e il dominio. In questo senso viene anche presa in esame la teoria materialista di Lorenzer e del marxismo, che vede il valore dell'interpretazione nella sua portata emancipatrice, nella capacità di andare al di là della falsa coscienza che deriva da una troppo acritica accettazione della verità del testo e del significato comunicato dalla tradizione. In ultimo Bleicher esamina l'ermeneutica fenomenologica di Ricoeur come tentativo di conciliazione dei vari approcci ermeneutici. Il lavoro stesso di Bleicher si pone in una dimensione ecumenica e, anche se una mediazione di tendenze filosofiche così diverse non gli riesce, il suo volume è molto utile per fare il punto sull'ermeneutica come nuova koiné delle scienze umane contemporanee. Nell'opera sono poi riportati testi originali di alcuni degli autori esaminati (Betti, Gadamer, Habermas, Ricoeur) ed un glossario T. Griffero Danilo Zolo, Scienza e politica in Otto Neurath. Una prospettiva post-empiristica, Feltrinelli, Milano 1986, pp. 213, Lit. 25.000. Otto Neurath gode un periodo di grande fortuna nella cultura filosofi- ca. Alla ricerca di padri putativi che abbiano anticipato le critiche oggi largamente condivise tanto ai dogmi riduzionisti del neo-positivismo classico, quanto alla standard view empirista sbarcata in suolo americano negli anni '50, studiosi di orientamento anti e post-empirista si sentono irresistibilmente attratti dallo spregiudicato e proteiforme filosofo viennese. All'estero, ma anche in Italia. A dispetto del paradosso, Neurath fu insieme il più appassionato organizzatore e il critico più spietato del movimento di idee sorto intorno e a seguito del Circolo di Vienna. Non solo la sua posizione si distingue polemicamente da quella di Carnap e colleghi su questioni fondamentali (teoria della verità, interpretazione della base empirica, concezione enciclopedica delle scienze), ma è anche critica verso le tentazioni ontologizzanti che hanno sedotto Popper. L'analisi di Zolo non si ferma qui, ma si estende sul versante della sociologia e della politica, segnalando divergenze e convergenze fra le posizioni di Neurath e quelle delle più significative scuole contemporanee. M. Gioannini Emmanuel Lévinas Dal sacro al santo Città Nuova, Roma 1985, ed. orig. 1977, trad. dal francese di Ornella Maria Nobile, pp. 162, Lit. 12.000 Il commento a cinque brani tratti dal Talmud permette a Lévinas di affrontare temi di grande respiro, e non solo religiosi, come legge, rivoluzione, uomo e donna, sacro e santo. L'atteggiamento dell'Autore di fronte ai testi della tradizione è insieme di rispetto e di libertà, ed egli lo riassume così: "né parafrasi né paradosso; né filologia né arbitrio" (p. 28). Queste letture inducono a riflettere sulla insuperabile ambiguità del linguaggio religioso, in cui ogni affermazione è allusione, che svela e nasconde un contenuto ben superiore alle parole che lo esprimono. Emergono da questo libro i grandi temi del pensiero ebraico: il ruolo insostituibile della Legge, di fronte alle etiche formalistiche e interiorizzate, e il mistero della vocazione di Israele, "responsabilità per tutto l'universo" (p. 53), perché portatore di una insopprimibile alterità. F. Bisio A partire da Lévinas numero monografico di Aut-Aut, 1985, n 209-210, pp. 285, Lit. 12.700. Il doppio fascicolo monografico di Aut-Aut dedicato a E. Lévinas si propone di tracciare il profilo tematico di un autore il cui pensiero sta riscuotendo un crescente interesse critico. La dissoluzione dell'essere, il problema del soggetto e la dimensione etica, si condensano in una molteplicità di saggi volti a delineare sia il ruolo di Lévinas nell'attuale momento filosofico che le sue coordinate nel contesto del pensiero contemporaneo. I materiali del fascicolo, che contiene tra l'altro il testo di una recente (1982) conversazione con Lévinas, ne analizza- no anzitutto la posizione nei confronti di Husserl, indicando nel rapporto con la fenomenologia una linea costante del pensiero lévinasiano (Rovatti), il tentativo di costituire una terza via tra Husserl e Heidegger (Cristin) tendente a distanziarsi proprio dall'ontologia e dall'analitica heideggeriana dell'esistenza (Polidori). Il tema di una presa di congedo dall'ontologia, con particolare riferimento alla posizione di Heidegger, ritorna in più di un saggio (Prezzo, Dal Lago, Petrosino), connesso talvolta con una più attenta analisi della dimensione etica percorsa da Lévinas nel tentativo di pensare l'esistenza dell'uomo al di là dell'essere (Ciaramelli). Un interessante nucleo di materiali verte inoltre sul rapporto Lévinas/Blanchot. L'articolato quadro delle prospettive aperte dal pensiero lévinasiano propone infine saggi dedicati al problema estetico (Franck, Comolli), al rapporto con Lacan (Bonato) e Bloch (Berto). Il fascicolo è tuttavia attraversato da una grande assenza: l'identità religiosa, radicalmente ebraica e biblica, per quanto più volte evocata, sembra non avere ancora un suo spazio nell'interpretazione del pensiero lévinasiano. M. Bonola Filippo Pogliani, L'Ideologia e la sua critica. Dopo Marx e Althusser, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 160, Lit. 16.000. A più di vent'anni ormai dalla metà degli anni Sessanta, che videro la stagione delle grandi speranze di ricostruzione di un marxismo ad un tempo critico e scientifico, la rivoluzione filosofica althusseriana sembra essersi insabbiata anch'essa nella crisi generale di credibilità e di praticabilità del materialismo storico. Il li- bro di Pogliani va in proposito felicemente controcorrente. Vi si trova infatti convincentemente argomentata la tesi per la quale Althusser ha segnato un punto di non ritorno nella modificazione della nozione marxiana di ideologia come illusione e falsa coscienza, sostituita da una più feconda e realistica nozione di ideologia come realtà materiale ed autonoma, indispensabile nella riproduzione dei rapporti sociali. In proposito, se dopo Althusser non ha senso dimenticarsi del suo insegnamento come se esso non fosse mai avvenuto, oltre Althusser resta il compito immane di produrre conoscenze effettive sul funzionamento storico concreto delle realtà ideologiche nella vita contemporanea. C. Preve Dizionario dei filosofi del Novecento, a cura del Centro di studi filosofici di Gallarate, Olschki, Firenze 1985, pp. 825, Lit. 125.000. Italocentrico per scelta e spiritualista per ideologia, questo Chi è del filosofo novecentesco è comunque un utile strumento di consultazione per lo studioso. Occorre però che questo studioso, nel corso delle proprie ricerche, distribuisca sul tavolo di lavoro anche tutti i diversi dizionari, enciclopedie, rassegne di argomento filosofico di cui può disporre, altrimenti la parzialità di questo volume, anziché contrastare quella degli altri, potrebbe risultare eccessiva. Non si tratta di spezzare una lancia in favore della babele interpretativa, bensì di temperare squilibri come questi: Karol Wojtyla, con 65 righe, ha lo stesso rilievo di Richard Rorty, Michael Dummett, Kurt Godei e Karl Popper messi insieme (nel senso che Dummett e Rorty hanno zero righe ciascuno); Giorgio Penzo quasi quadruplica lo spazio ricavato per la mera bibliografia in undici righe di Wilfrid Sellars; Alfred Tarski merita 82 righe, ma neanche così e neppure con l'aiuto di Carlo Augusto Viano (33), Franz Rosenzweig (20), Dietrich Bonhoeffer (18), John Rawls (0), Hilary Putnam (12), Arthur Prior (10), raggiunge Luigi Pirandello a quota 183. Eugenio Montale, invece, non totalizza nulla, giacché ex nihilo nihil, mentre Jiddu Krishnamurti (42) doppia Thomas Kuhn, di cui apprendiamo che coltiva tra i propri "interessi principali" quello della "struttura delle rivoluzioni scientifiche". D. Voltolini ta Europa e negli pp 296 L. 23.000 ro—deUafanduUa a cura di Francesco Bruni pp. 266 L. 24.000 Edvige Schulte Dante Gabriel Rossetti Vita, arte, poesia pp. 162 L. 15.500 Antonio Gagliardi ^ La scrittura e 1 fantasmi Radici de «La coscienza di Zeno» pp. 168 L 13.000 Bruno Accarino Mercanti ed eroi derisi del contrattualismo ìaWebereLuhrnann pp. 168 L. 12.500 Aurelio Lepre Storia del , u Mezzogiorno d Italia Voi i La lunga durata e derisi (1500-1656) pp.320L25X^