n L'INDICE p^ o ■ dei libri del mese^^I Poesia Poeti Poesie Il filosofo e l'allodola In fuga di fronte alla lingua ormai barbara della quotidianità e a quella della cultura involgarita, il nuovo poeta dialettale gode a erigere (con le trascrizioni e i puntigli ortografici e persino con le autotraduzioni) ostacoli alla lettura, da considerare alle stessa stregua di quelli infrate-stuali, da sempre noti alla tipologia della retorica. Giocar con la lingua del volgo per separarsi dal volgo non è forse antichissimo piacere di ogni corte del ben parlare? E fin dalla seconda generazione romantica, geroglifici mandarinali trascrissero il demotico di plebi scomparse, coniugando la cattiva coscienza romantica del "popolare" (caro ai banchieri della Restaurazione) con quella elitaria dei filologismi della Decadenza. Né si fa qui discorso di valori poetici. Di alcuni maggiori autori in dialetto del nostro secolo sono stato e sono, con le pochissime forze di cui un toscano può disporre, sostenitore e ammiratore quando tutti o quasi torcevano le nari. Fin dagli anni universitari, il conflitto fra i dialettali e Noventa e fra Noventa e i poeti in lingua del Novecento e dell'ermetismo era mia riflessione ed esperienza quotidiana; e dalla comparsa, nel 1952, della antologia di Pasolini, non mi sono vietata la fatica di capire che cosa, per me autore prima che critico, quelle voci volessero dirmi. NOVITÀ W. V. QUINE La relatività ontologica e altri saggi pp. 176 L. 16.000 S. F. BONNER L'educazione nell'antica Roma. D* Hatoie ì Censore a Piirt o il Giovane pp. 440 L. 30.000 J. NOVELLO Breve corso di psichiatria dell'adolescente pp. 280 L. 23.000 COOPERATIVA INTERVENTO Percezione, motricità, apprendimento. Teoria e tecniche pp. 144 L. 14.000 MATHESIS BOLOGNA Incontri sulla matematica n. 3 pp. 80 L. 15.000 G. ACCORSINI Il bambino cieco nella scuola dell'infanzia e dell'obbligo. Indicazioni pratiche per genitori, insegnanti e operatori USL pp. 120 L. 10.000 ARMANDO EDITORE Non sto facendo questione, ripeto, di valori; ma di enunciati, espliciti o sottintesi, di carattere generale, di poetica o di inquadramento storico-critico, che si leggono e scrivono per i neodialettali; mai esenti, va da sé, da altre implicazioni. Vedi il ricco primo numero di "Diverse lingue", semestrale delle letterature dialettali di Franco Fortini e delle lingue minori, pubblicato a Udine, diretto da A. Giacomini, M. Corti, C. Segre, G. Paioni, G. Frau, P. Gibellini, F. Loi, A. Zanzotto, G. Ricci. Nella parte conclusiva e perciò tanto più rilevante di un suo intervento e ad un convegno sul cosiddetto "Grande stile" e ad un numero della rivista "Sigma", Pier Vincenzo Mengaldo ha svolte, fanno due anni, considerazioni che mi paiono le più penetranti e precise e quindi le più meritevoli di controversia fra quante mi è occorso di leggere sul "paradosso" (come egli lo chiama) dei nuovi dialettali. Credo utile quindi discutere con quelle; non dimenti- cando però che per farlo bisognerebbe considerare l'intero scritto, i suoi criteri di classificazione della poesia del nostro secolo e soprattutto le sue premesse. Nella complessa dialettica (dice Mengaldo) di modi e forme con le quali la poesia contemporanea ha cercato di uscire dai termini del "grande stile", propostosi ai padri fondatori della poesia moderna (da Goethe a Baudelaire) per rispondere alla "separazione radicale dell'individuo borghese dal suo corpo sociale e alla sua non mediata opposizione ad esso", quando si venga alla generazione postmontaliana ci si imbatte nella vitalità della poesia dialettale dell'ultimo quarantennio; la quale, a sua volta, "tocca la sostanza stessa della poesia moderna", se, nel suo intimo, la lirica moderna altro non è stata se non una fuga dalla "lingua" verso la "voce". "La discesa al dialetto (in senso trascendentale) appartiene alla sua essenza profonda". Fra le conseguenze: "i dialetti, in quanto assunti in letteratura, si specializza- no come lingue della poesia [...] verso il registro della introversione lirica [...] esperienze di liricità pura da tempo negate ai poeti in lingua sono concesse oggi ai dialettali". Seguono i nomi che conosciamo, da Marina Guerra, da Loi a Baldini, da Pierro a Bertolani. "Dal lato della ricezione" tuttavia, la posizione dei neodialettali pone alcune questioni. A chi si rivolgono costoro? Scrivono in dialetti marginali di "comunità a bassissima densità di cultura" e non si rivolgono più ad una "borghesia culturalmente e linguisticamente bifronte e capace ancora di modellare nel dialetto la propria visione del mondo". Da questa domanda discende nel discorso di Mengaldo la distinzione fra pubblico reale (composto di filologi o di "lettori disposti a farsi in qualche modo filologi") e pubblico ideale e virtuale. Leggiamo (perché qui sta il nucleo del consenso e dissenso): «Il pubblico o destinatario ideale cui la poesia dei migliori dialettali si rivolge, o che postula utopicamente, è invece un pubblico estremamente concreto e determinato, di una concretezza e densità antropologica che nessun pubblico di poeta in lingua si sogna d'avere [...] a un'estrema rarefazione del pubblico reale corrisponde [...] la massima densità del pubblico virtuale. E la situazione paradossale e drammatica di chi pensa per interlocutori estranei alla cultura ufficiale, con un volto umano pe-culiarissimo, e trova i suoi lettori empirici nei rappresentanti più specializzati e esclusivi di quella cultura, i filologi [...] questo paradosso dei dialettali [...] è anche un'allegoria: l'allegoria del più generale "paradosso della lirica moderna"». Si vorrebbe comprendere meglio di quale "densità antropologica" si stia parlando. Se si vuol dire che la poesia dialettale, nella sua tradizionale situazione "comica", implica, a livello della tematica come delle scelte lessicali, la determinazione di aree del sentimento e della esperienza, trascorse dal "basso" al dimesso-sublime o al quotidiano-patetico e, per questo e di questo, "concrete" e "dense", naturalmente si è d'accordo. E d'altronde ciò era stato vero, in misura varia, anche nel primo quarantennio del nostro secolo; senza di che non potremmo capire, non diciamo Noventa (caso estremo e radicale che a ragione rifiutava con rabbia di venir classificato poeta dialettale) ma persino Tessa. Allora mi diventa evidente che quel "popolo italiano futuro" o quella "conscia futura età" che costituirebbe il pubblico elettivo chiamato ad esistere dai dialettali — in figura e profezia — non avrebbe densità antropologica, esistenziale e, al limite, sociologica fuor di una sua partecipazione anche della cultura e dei processi di relazione cosidetti "alti" o che implicano livelli non-quotidiani, né solo esistenziali, di ordinamento del mondo e di conoscenza. Non facciamo entrare nel discorso, ora, la fondamentale separazione storica e di classe di quei livelli, la loro eventuale, manifesta mascherata, conflittualità e neanche la loro relazione con la sfera dell'inconscio e del Super-Io. Mi basta esprimere il dubbio che «nessun poeta in lingua» «si sogni d'avere un pubblico altrettanto concreto e antropologicamente determinato»; se è proprio questo che, almeno dalle origini storiche della lirica moderna, una parte rile- P Sudafrica un secolo fa di Valeria Guidotti OLIVE Schk.EINER, Storia di una fattoria africana, Giunti, Firenze 1986, ed. orig. 1883, trad. dall'inglese di Riccardo Duranti, pp. 348 Lit. 15.000. Nel luglio del 1983 il Sudafrica ha festeggiato un centenario: era comparso un secolo prima il libro di Olive Schreiner, Storia di una fattoria africana. In quest'occasione è stato rappresentato con largo successo il dramma di Stephen Gray, Olive Schreiner: A one Woman Play, in cui la scrittrice è sempre presente in scena — la cabina di una nave — e sempre in movimento, dai Docks di Londra alla Baia del Capo, in un viaggio che non si completa realmente mai. I due aspetti, privato e pubblico della sua vita (1855-1920) sono strettamente intrecciati e complementari. Attraverso la lettura delle sue lettere, un discorso ufficiale, una lezione di quando era giovane istitutrice, una favola raccontata ai ragazzi affidati alle sue cure, si delinea l'affascinante personalità di una donna coraggiosa e indipendente che denunciò ogni discriminazione per ragione di razza e di sesso e si schierò contro l'imperalismo culturale maschile e l'imperialismo ideologico inglese. Non ci fu avvenimento politico e sociale del suo tempo che non la vedesse passionalmente ma coerentemente coinvolta. La Schreiner visse in un periodo di gravi agitazioni e di fermenti causati dall'impatto della nuova società capitalista su un sistema economico pre-industriale. Durante il suo soggiorno a Kimberley, vide di persona il diffondersi dell'egemonia delle industrie diamantifere che trasformava i braccianti e i piccoli agricoltori in proletariato urbano e capì il disegno politico che accompagnava questi cambiamenti: l'esclusione dei neri da qualsiasi diritto. Rimase sempre una "pendolare" fra un mondo ideale di li- bertà visionaria e quello reale, in cui viveva, di imperalismo e d'industrializzazione in espansione continua; ma credette fermamente alla necessità di collaborare, per esempio attraverso il giornalismo politico, a.1 formarsi di un nuovo sistema economico non basato sullo sfruttamento e la repressione. Pur avendo ricevuto un'istruzione incompleta e non convenzionale — suo padre era un povero missionario tedesco che aveva dedicato la sua vita a «cristianizzare» i cosiddetti pagani della provincia orientale del Capo — la Schreiner, arrivando in Europa, stabilì degli interessanti contatti intellettuali. Fu amica di Have-lock Ellis, psicologo di fama, di Eleanor Marx, di Cedi Rhodes, di cui diverrà in seguito acerrima nemica a causa della sua politica imperialista e che sarà bersaglio dei suoi attacchi nell'opera Trooper Peter Halket of Mashonaland. Si meritò il rispetto e l'ammirazione di Paul Kru-ger per aver sposato la causa dei Boeri contro gli inglesi nella guerra del 1899, posizione che le costò l'internamento in un lager, dove patì sofferenze morali che acuirono la malattia di cui soffrì tutta la vita, l'asma. Fu la femminista che scrisse Woman and Labour, ma che si ritirò dalla lega per il suffragio femminile quando capì che le non-bianche ne sarebbero state escluse; fu pacifista ad oltranza al punto da criticare Gandhi per aver fatto da barelliere per gli inglesi nella guerra anglo-boera. Scelta felice, quindi, di iniziare la nuova collana Astrea dedicata alle opere di donne di ogni epoca e paese, senza pregiudizi, né ideologie precostituite, con Storia di una Fattoria Africana, prima traduzione italiana corredata da un'interessante nota critica di Itala Vivan. ^^ Edmondo De Amicis (yj Olanda cu o Una guida luccicante, che è racconto, documento storico, saggio di antropologia culturale. A cura di Dina Aristodemo Presentazione di Alberto Arbasino Alessandro Manzoni La Rivoluzione Francese del 1789 Un saggio avvincente come un romanzo. La scoperta di un altro Manzoni "maggiore". A cura di Federico Sanguineti Presentazione di Alfredo Giuliani I adizioni Costa & Nolan Genova Distribuzione Messaggerie Libri