Doppia fedeltà di Michele Luzzati Riccardo Calimani, Storia del ghetto di Venezia, Rusconi, Milano 1985, pp. 524, Lit. 35.000. Dicembre 1943. Cosa può trattenere un buon numero di ebrei in una Venezia controllata dai repubblichini e dai nazisti? "L'osservanza scrupolosa delle leggi italiane, il desiderio presente fino all'ultimo, anche quando l'evidenza dei fatti era superiore ad ogni remora, di evitare la clandestinità, di non sentirsi ricercati per la sola colpa di essere nati ebrei" (p. 467). Novembre 1873. Il rabbino Mortara interviene nella polemica suscitata dal deputato veneto Francesco Pasqualigo sull'opportunità o meno che un ebreo fosse nominato ministro del Regno e definisce "la dottrina giudaica... adatta ad una piena educazione civile e ad una integrazione completa in una Italia tesa verso una emancipazione politica di stampo liberale" (p. 458). 1848. Il rabbino Lattes invita i giovani ebrei di Venezia ad arruolarsi nella Guardia civica sostenendo che "non solo nulla si oppone per parte della nostra Religione a prestarsi in tali giornate [il sabato e le feste] puntualmente alle funzioni militari, a norma delle proprie incombenze e degli ordini che si ricevono, ma che anzi si serve eminentemente alla Religione stessa impiegando la propria opera in prò della Patria del miglior modo che per noi si possa" (p. 437). 1797.1 Francesi a Venezia. In occasione dell'abbattimento delle mura del Ghetto l'ebreo Isaac Grego dichiara in pubblico che "la Religion niente ha da far coi diritti civili, tutti i omini xe eguali nei diritti: poi ogn'omo adorar l'Ente Supremo colle cerimonie che più ghe piase" (pp. 428-429). 1797. Venezia minacciata dalle armi francesi. Gli ebrei offrono "argenti e denaro per aiutare per l'ultima volta la Dominante stremata" ed il Senato elogia ufficialmente l'"attaccamento e la fede verso la repubblica nostra in ogni tempo dimostrata dal ceto ebraico dimorante in questa città" (p. 419). Primi decenni del Settecento. Inizio del "dorato declino" di Venezia: "come già era accaduto in passato, ancora una volta i destini di Venezia e dell'Università degli ebrei finiscono per intrecciarsi, per palpitare insieme per quasi un altro seco- lo, fino alla fine dell'esperienza dei ghetti" (p. 368). 1638. Viene pubblicato a Venezia il Discorso circa il stato de gl'Hebrei del rabbino Simone Luzzatto che esalta il contributo ebraico alla stabilità economica e politica della Repubblica. Ultimo decennio del Cinquecento e primi decenni del Seicento. "In questo periodo appare più che mai evidente il legame, tenace, tra le n L'INDICE - ■ dei libri del meseHB fortune e i destini di Venezia e quelli dei suoi ebrei... Esiste una stretta connessione tra lo sviluppo della comunità ebraica e quello della Serenissima" (pp. 193-194). Tanto più che se i vari mercanti forestieri erano temuti "non solo per il loro valore, ma perché dietro a loro c'era sempre una potenza straniera di cui essi erano la 'longa manus'", gli ebrei potevano sì suscitare "diffidenze umane e religiose, ma non forti preoccupazioni politiche... perché non avevano alcuna potenza alle loro spalle" (p. 210). Sono, quelle che abbiamo elencate, alcune delle sottolineature più vivaci della forte integrazione fra popolazione ebraica e popolazione ve- neziana che si leggono nell'ottima Storia del Ghetto costruita da Riccardo Calimani in tono e modi discorsivi, ma sostenuta da una solidissima informazione e dal rispetto per le esigenze di approfondimento dei lettori, come mostrano l'esauriente e minuta bibliografia e l'indice dei nomi che corredano il volume. Ma il filo rosso della fedeltà a Venezia si intreccia inestricabilmente con l'altro grande filo conduttore, quello della fedeltà all'ebraismo, su cui è superfluo soffermarsi qui analiticamente. Basterà ricordare che non solo si incrinò spesso, come narra lo stesso Calimani, la fiducia degli ebrei nei confronti di Venezia, ma anche che l'idea dell'appartenen- za degli ebrei ad una nazione dispersa, ma ovunque presente, e misteriosa, nei fini e nei mezzi, non mancò di esser condivisa da molti esponenti del ceto dirigente veneziano. Con la conseguenza di una separatezza, oggettiva e soggettiva, che inevitabilmente apparenta la pur eccezionale esperienza degli ebrei veneziani a quella di terre meno aperte. "Nel ghetto — ha dichiarato recentemente Roman Zimand, polacco-ebreo — c'è calore, nel ghetto si sta bene, nel ghetto tutti sono del tuo stesso popolo. Uscirne richiede un enorme sforzo psicologico" ("Prospettive Settanta", n.s., VII, 1985, n. 1-2, p. 212). Polonia? Europa Orientale? Certamente, ma anche Venezia, per una parte almeno della popolazione ebraica se Riccardo Calimani può scrivere che lo stesso ghetto veneziano era stato per alcuni "grembo materno, sicuro, accogliente", a fronte del quale "il mondo esterno" era "ostile, ignoto". E ancora: "il ghetto come modo per conservare la propria identità; la libertà, l'emancipazione come perdita di identità" (p. 463). In sostanza il dilemma — ebrei veneziani o veneziani ebrei — non si scioglie, né poteva esser sciolto. La narrazione di Calimani percorre abilmente (con alterna attenzione per le vicende individuali e le vicende collettive, per l'economia ed i rapporti politici, interni ed esterni al ghetto, per la letteratura e la religione, per il folklore e per gli aspetti artistico-urbanistici) tutte e due le trame di fondo della storia del ghetto di Venezia non certo per una scelta di comodo, ma perché effettivamente di queste contraddizioni si è nutrita la storia degli ebrei veneziani, e della nostra penisola in genere, dalla fine del Medioevo ad oggi. Ed una storia che non è ancora del tutto conclusa, se è vero che Calimani ha scritto di fatto una storia degli ebrei a Venezia che non solo parte da prima del ghetto, ma va ben oltre il ghetto, e se è vero che anche là dove si è finalmente accettato il principio del pluralismo delle identità, soltanto a fatica avanza la coscienza del diritto dei singoli ad una identità plurima. Esodo dall'Urss di Clelia Piperno Victor Zaslavsky, Robert Brym, Fuga dall'impero. L'emigrazione ebraica e la politica delle nazionalità in Unione Sovietica, trad. dall'inglese di Mario Baccianini, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1985, pp. 205, Lit. 23.000. Non è facile evitare facili schematismi o ulteriori stereotipi, quando si affronta il problema della minoranza ebraica in URSS ed in particolare l'aspetto relativo all'emigrazione. E facile sostenere che questo fenomeno è strettamente correlato al più diffuso fenomeno dell'antisemitismo: più difficile è connettere i dati di questa emigrazione con il rafforzamento della politica delle nazionalità in Unione Sovietica. Si propone di farlo questo saggio che esamina i dati analitici della popolazione ebraica sia in assoluto sia comparata ad alcune delle popolazioni sovietiche. Vengono descritti i meccanismi di discriminazione che hanno contribuito (contrariamente allo scopo che si era prefisso il legislatore russo) ad un notevole rafforzamento dell'identità della comunità ebraica. Né si può trascurare il dato di ritomo: la crisi di identificazione che tocca alcuni ebrei sovietici "... Non mi sento un ebreo ma mi rendo conto che ho un legame genetico innegabile con gli ebrei... manca un legame più profondo come una lingua, una cultura, una storia, una tradizione... Sono abituata agli odori, ai sussurri del paesaggio russo eppure debbo dire che non mi sento russa. Mi sento straniera oggi in un questo paese", ammette una delle persone intervistate. Il problema dell'emigrazione ebraica, secondo questi autori, presenta alcuni aspetti particolari. Infatti, la volontà autonoma degli ebrei sovietici che, a partire dall'inizio degli anni set- tanta, desideravano lasciare il paese, ha imposto agli ebrei più "assimilati" un'unità anche laddove questa non è sentita. Ciò avviene in uno stato autodefinitosi federale, ovvero capace di far convivere varie nazionalità entro uno stato multietnico unificato. Una tale concezione del federalismo ha portato alla reintroduzione dei passaporti intemi, sui quali l'etnia risulta dalla nazionalità dei genitori. Il complesso di questi elementi ha condotto ti della com ■ l'emigra; mo risultato fu la eclatante denuncia della vio- alcuni esponenti della comunità ebraica ad intraprendere la lotta per l'emigrazione il cui pri- lazione dei diritti umani in URSS, il che ha poi consentito ad esempio una maggiore pressione sulle autorità sovietiche per costringerle al rispetto dei loro obblighi internazionali. Gli autori terminano il loro saggio con una significativa e attualissima constatazione: nessuno è in grado di stabilire con credibilità la probabile realizzazione di un qualunque scenario della realtà sovietica. Il libro è il risultato di una ricerca condotta nel 1983: da ormai quasi tre anni le autorità sovietiche non concedono quasi a nessun ebreo di lasciare il Paese. r novità & nuove edizioni 1986 f M. CORTELAZZO - U. CARDINALE E. BAI RATI - A. FINOCCHI R. CESERANI - L. DE FEDERICIS Dizionario di parole nuove. arte in Italia Il materiale e l'immaginario 1964-1984 Lineamenti di storia e materiali di studio Laboratorio di analisi dei testi e di lavoro critico Due ristampe in 15 giorni. Un dizionario che si legge come un libro di storia contemporanea « Uno strumento di preparazione istituzionale da preferire a tutti gli altri ora disponibili da noi» (F. Bologna) «Il meglio che si è fatto in Italia» (G. Corsini) Da oggi in due edizioni: in 10 volumi, in 5 volumi G. FORNENGO PENT G. GLIOZZI S. MEGHNAGI La politica industriale Le teorie della razza Il curricolo in una economia aperta nell'età moderna nell'educazione degli adulti Obiettivi, strumenti, effetti, interventi complementari Il percorso storico dell'idea di razza, da Las Casas a Gobineau Insegnare agli adulti: problemi teorici e pratici LOESCHER EDITORE • TORINO