N.5 pag. 36| Libri per Bambini Bach, i bambini, la cultura musicale Laura Allasia, Silvia Camo- deca, C'era una volta il signor Bach, illustrazioni di Alessandra Quesada, prefaz. di A. Basso, Castalia, Torino 1985, pp. 96, Lit. 12.000. Titolo e illustrazione di copertina fanno subito pensare ad un libro per bambini: e per bambini decisamente piccoli, dai sei agli otto-dieci anni al massimo. All'interno le tinte tenere delle illustrazioni, il tratto del disegno, il tono discorsivo, confidenziale, carico di attese, delie primissime pagine del testo, gli schemi colorati e divertenti si alternano a serissime fotografie di esecutori famosi del nostro tempo, a vere partiture musicali, a catalogazioni didattiche, a riproduzioni di documenti e stampe antiche, costituendo uno strano impasto atto a stimolare la curiosità di chi prenda tra le mani questo volume. Volume che in modo speciale sollecita chi, praticando musica fin dall'infanzia, ha invano cercato per sé dapprima, e per i propri figli in seguito, pubblicazioni divertenti e insieme competenti sulla musica. Biografie romanzate, narrazioni cariche di mistero, pettegolezzi, facili apologie, luoghi comuni, ricorrono frequentemente nella letteratura non specialistica sui musicisti, forse nella convinzione di introdurre più facilmente l'incauto quanto incolto lettore alla conoscenza ed alla comprensione del linguaggio musicale in generale e dei suoi più noti esponenti in particolare. La deduzione più ovvia da trarre è senz'altro quella che progetta, accanto alla pratica strumentale ed all'ascolto diretto e assiduo, la lettura di pubblicazioni solo specialistiche o documenti d'epoca, non altro. Ecco perché A. Basso nella prefazione individua acutamente quale maggior pregio del libro l'esservi "musica": "Un profilo di Bach, per quanto agile e sommario, deve tener conto, oltre che della vita, anche e soprattutto delle opere e per discorrere di questa ultime con una certa proprietà a' linguaggio è necessario sovt., utilizzare termini non sempre di pronta comprensione" (p. 9). Questa pubblicazione costituisce un momento importante nella letteratura per l'infanzia, tanto più in quanto Bach, musicista e uomo di un mondo tanto lontano dalle con- crete esperienze dei nostri figli, è senz'altro uno dei musicisti più difficili da comprendere e conoscere appieno. "C'era una volta", quindi: le primissime pagine, con tono discorsivo, sanno senza alcun dubbio catturare l'attenzione anche dei più piccoli. Ma non è possibile mantenere di Annamaria Lorandi la levità della favola quando si vuole concentrare, in meno di trenta pagine, la biografia di J.S. Bach, anche se peggio sarebbe stato dilungarvisi. Ne risulta comunque una figura ben delineata, ricca di umanità, arguta, immersa costantemente in tutto quanto costituisce la musica. Tuttavia la lettura non è facile: luoghi, eventi, situazioni, rapporti, funzioni non sono chiare al lettore nuovo: il bisogno di essere sintetici porta a dare per scontate informazioni di carattere storico e competenze specificamente musicali. Un solo esempio: che sanno, i nostri bambini, italiani e di educazione cattolica, della guerra dei contadini, di Thomas Miint- ■nraHHHHBHHHHHHI Bone di Eliana Bouchard Brian wlldsmith, Un osso per Bessi, ed. orig. 1985, trad. dall'inglese di Franca Bar-buggiani, Mondadori, Milano 1986, Lit. 15.000. La storia di Bessi, cagnetta bastarda, senza collare e senza osso si svolge in un arco di tempo opinabile, dove anche il tempo storico è difficilmente identificabile. L'unico dato certo, oggettivo, suggerito dal testo, dalle immagini e dall'uso di suoni onomatopeici sta nel grande desiderio di Bessi di possedere un osso, desiderio perseguito dalla cagnetta dalla prima all'ultima pagina del libro. Le occasioni non mancano, l'ambiente non è ostile in sé, tant'è vero che una gentile barbon-cina offre il proprio cibo alla povera affamata, tuttavia Bessi, ogniqualvolta si trova ad un passo dalla soddisfazione del suo bisogno, fallisce ed è costretta a ricominciare da capo. Apparentemente non c'è connessione fra la furbizia della cagnetta nel rubare l'osso al macellaio Bone e la sua stupidità nel farselo rastrellare dal camion della nettezza urbana, così come vien da credere al destino quando il grande scheletro di iguanodonte le precipita addosso nel museo zoologico proprio quando si accinge ad addentargli la tibia. Il fato si accanisce, il piccolo animale comincia a non sperare più, abbandona la città, i musei, le macellerie e si inoltra con la lingua penzoloni in campagna dove si ferma davanti ad una chiesa in cui si celebra un matrimonio; sul sagrato è parcheggiato un calesse a cui è attaccato un cordino, al cordino sono attaccate lattine vuote e tanti ossi. Gli sposi salgono sulla vettura, Bessi afferra un osso e balza sulle ginocchia della giovane sposa che l'abbraccia. La storia è finita: cosa cercava la piccola bastarda, ■B ■f H cibo o affetto o tutti e dueì II racconto non lo spiega, dice solo che: "In quella casa vissero felici e Bessi ebbe ogni giorno il suo osso". Nel libro, oltre alla trama, c'è dell'altro, per esempio una interessante differenziazione fra tempo corto e tempo lungo: ad ogni pagina intera si alterna una mezza pagina tagliata nel senso della lunghezza. Sfogliando la mezza pagina le modificazioni delle immagini sono minime perché devono rispettare il contesto del foglio intero a cui si adattano e quindi si inseriscono in un ambito temporale composto di pochi minuti. Sfogliando la pagina intera cambia la situazione, si entra in un tempo più lungo, forse ore, forse giorni. La cosa può apparire come puro artifizio grafico, eppure è interessante scoprire che i tempi delle parole sono diversi da quelli delle immagini a seconda di come li si legge. HB| IKE zer, della libera città di Muhlhau-sen? Anche se non è questa la sede per colmare lacune di carattere storico, i lettori non potranno capire di quali e quanti significati siano carichi questi riferimenti. È forse da ritenersi scontato che tutti sappiano che cosa significa "musica da camera"? "Stile francese"? È vero che, già presente in alcune note della prima parte, l'informazione specificamente musicale dispone di tutta la seconda, titolata: La musica di J.S. Bach. Quasi metà volume è dedicato alla chiarificazione degli elementi fondamentali del linguaggio musicale, all'illustrazione di strumenti, voci e forme dell'epoca, all'analisi della partitura di alcuni brani, illustrati con schemi a colori che pongono in evidenza gli sviluppi tematici e le loro implicazioni: ma i termini sono ancora più specialistici e sicuramente incomprensibili ai più. Ci pare che in sostanza, proprio quella parte che costituisce lo specifico del libro rischi di essere, in ultima analisi, la meno comprensibile, pienamente chiara solo a chi già conosce e possiede gli strumenti culturali necessari per comprenderla. Non si scoraggino né lettori né autori: la nostra non è una critica rivolta alle loro fatiche, bensì l'ennesima verifica delle gravi conseguenze dovute alle antiche lacune della scuola italiana, che discrimina ancora oggi l'educazione musicale di base al punto da bloccare e limitare la crescita culturale delle nuove generazioni. Un testo come questo, che si scosta dalla pessima abitudine di spacciare come storia il pettegolezzo, come chiarezza il semplicismo e la banalità, e si propone con coraggio, con garbo, con discrezione, finisce, nel nostro paese, per non avere fruitori. Troppo incompleto per esperti, troppo incomprensibile per i non addetti ai lavori. Solo chi ha lavorato nella scuola, in particolare in quella dell'obbligo, sa cosa sia l'incompetenza musicale dell'italiano in generale: e si spiega anche perché i vari ministri che si succedono alla Pubblica Istruzione, in quanto già fruitori di questo tipo di scuola, abbiano in comune una profonda ignoranza del fatto musicale, tanto nelle sue implicazioni artistiche che in quelle pedagogiche, e nulla facciano per migliorare le sorti dell'educazione musicale. Nel numero di maggio: Edoardo Arnaldi Scienza, tecnologia e corsa agli armamenti: un punto di vista europeo Giorgio Giacomelli Indivisibilità Luca Peliti La memoria nasce dal disordine? Roberto Magari Che cos'è la creatività? Tanti piani e pochi fatti nel nucleare in Italia