I pag. 28 Elizabeth L. Eisenstein La rivoluzione inavvertita La stampa come fattore di mutamento Sarebbero stati possibili Rinascimento, la Riforma, la Rivoluzione scientifica senza l'invenzione del torchio tipografico? L'uomo moderno come uomo dei libri in un saggio memorabile che riscrive due secoli di storia europea Lyle N. McAlister Dalla scoperta alla conquista Spagna e Portogallo nel Nuovo Mondo 1492-1700 Dalla «reconquista» contro i mori al balzo oltre l'oceano dei primi conquistadores, la nascita e il consolidamento degli imperi iberici nel nuovo mondo Victor Turner Dal rito al teatro Dai villaggi africani alle cantine dell'avanguardia, la rappresentazione come officina del mutamento, elaborazione simbolica dei conflitti, riflessione rituale dei «drammi sociali» Norman N. Holland La dinamica della risposta letteraria L'esperienza della letteratura al vaglio della psicoanalisi. I meccanismi di accettazione rifiuto, le tensioni fra testo e lettore che presiedono al piacere della lettura Gabr h Klein La'poiitica linguistica del fascismo Nazionalismo e autarchia, purismo e lotta al dialetto nella storia di un regime che esercitò la dittatura anche nella lingua Paolo Rossi ragni e le formiche Un'apologia della storia della scienza Per uno statuto epistemologico della storia della scienza: contributo di uno dei massimi studiosi italiani il Mulino è però ben comprensibile: la mancanza di originali greci ha abituato da secoli gli archeologi da un lato a studiare le copie e le derivazioni classicistiche con profonda tensione emotiva (e dirò Sehnsucht, bramosia) verso il perduto originale; ma anche, e per converso, a rifiutarne l'autenticità non appena gli cadesse sotto gli occhi. Linnekamp e Sismondo giocano così, senza volerlo, la parte di Payne Knight che dopo l'arrivo dei marmi del Partenone a Londra li dichiarò sprezzantemente opera di età adrianea. Ma fra tutti gli altri c'è accordo sulla successione cronologica: la statua "A" (senza elmo) è da porsi tico della statua B, per esempio), questi volumi fanno chiarezza; ma le domande vitali restano (com'era fatale) quasi tutte aperte. L'impressione che se ne ricava è che, nonostante secoli di studi, l'immagine dell'arte greca classica sia ancora complessivamente piuttosto sfocata (e proprio per mancanza di originali come i bronzi di Riace, perché buona parte del lavoro critico si è costretti a farlo su testi, copie, riduzioni). Da un lato c'è la serie, la maglia cronologica che gli studi han fissato, dall'altro però la sorpresa delle nuove scoperte: di fronte a un'altra, meno popolare ma non meno importante dei bronzi di Riace (uno splendido ritratto in bronzo rinvenuto II volto di Venezia di Gaetano Cozzi Manfredo Tafuri, Venezia e il Rinascimento. Religione, scienza, architettura, Einaudi, Torino 1985, pp. Vn-XXI, 3-313, Lit. 45.000. Il nostro tentativo, scrive Manfredo Tafuri, tracciando nella premessa al suo volume le linee programmatiche, "è volto a eliminare — per quanto possibile — pregiudizi, a liberare la storia dell'architettura e della città dal soffocante e provincia- Premio "Isola di Arturo - Elsa Morante" 1) Il Comune di Precida bandisce per l'anno 1986 la prima edizione del "Premio Isola di Arturo - Elsa Morante". Il Comune di Procida, con la collaborazione dell'Azienda Cura, Soggiorno e Turismo di Ischia e Procida, della Regione Campania e dell'Amministrazione provinciale di Napoli, finanzia il premio. Promotore del premio, con il Comune di Procida, è Gabriella Sica. 2) Possono concorrere al premio opere edite entro il 30 giugno del 1986 di poesia e narrativa di autore italiano. 3) Le opere devono pervenire alla segreteria del premio presso il Comune di Procida (via Vittorio Emanuele, 80079 Procida) entro e non oltre il 30 giugno del 1986, in duplice copia con l'indicazione dell'indirizzo e del telefono dell'autore. Le opere inviate non saranno restituite. 4) Saranno ammesse al giudizio finale della giuria quelle opere che saranno state segnalate come idonee dai promotori del premio. 5) La giuria per l'anno 1986 è composta da Carlo Cecchi, Cesare Garboli, Walter Pedullà, Jean Noel Schifano e Gabriella Sica. La giuria designerà l'opera vincitrice attribuendole un premio di tre milioni. Un premio «speciale» di un milione sarà attribuito dalla giuria ad un'opera prima. La giuria si riserva il diritto di non assegnare uno dei due premi e, anche, la possibilità di segnalare altre opere. 6) L'esito del concorso sarà reso noto con una cerimonia di assegnazione del premio che avverrà il 6 settembre a Procida. 7) La partecipazione al premio comporta l'accettazione e l'osservanza di tutte le norme del presente regolamento. al 460-450 a.C., l'altra venti o al massimo trent'anni dopo (l'autorevole proposta di Paribeni che la vorrebbe spostare al principio del IV secolo resta isolatissima). Più variegata è la danza delle attribuzioni: Fidia, aveva detto per pri-(mo Fuchs (seguito da Giuliano); Mirane (statua A) e forse Alcmene (B), suggerisce Dontas; mentre P. Boi e G. Hafner (quest'ultimo nella rivista reggina "Klearchos") propongono, con argomenti diversissimi, il nome ahimè evanescente di Onatas. Due statue attiche? O una (A) attica, l'altra (B) peloponnesiaca? O la B sarà, invece, "greco-orientale" (Arias)? O non sarà peloponnesiaca anche la A (Paribeni)? Sono eroi (ma di Atene: Fuchs, Giuliano; o di Taranto: Hafner; o achei: Boi?), oppure oplito-dromi (C. Pavese, e poi A. Di Vita)? Vengono da Atene (Dontas), o da Olimpia (Boi, Torelli), o da Delfi? E se da Delfi, dal donario dei Tarantini (Hafner), o da quello ateniese dopo Maratona (Fuchs, Giuliano)? Su altri punti (l'esteso restauro an- presso Reggio, stavolta con tutto il relitto) si e aperto un dibattito assai interessante: i materiali della nave datano senza dubbio il naufragio fra il 400 e il 380 a.C. ca., e al 400 circa i più datano il ritratto (fra gli altri, E. Voutiras e J. Frel); mentre Paribeni, pubblicandolo recentemente sul "Bollettino d'Arte" (n. 24) con splendide fotografie, rivendica — contro le "prove di contesto" — la priorità della critica stilistica, e lo pone con grande decisione un secolo dopo il naufragio. I ritrovamenti che hanno fatto di Reggio Calabria una delle capitali della scultura classica sono destinati a far parlare ancora molto di sé, e questi due preziosi volumi saranno per gli anni a venire strumento indispensabile. Ma un'ultima domanda: a quando (ad opera del Poligrafico dello Stato) un maneggevole, limpido, accessibile volumetto che il turista possa comprare e leggersi senza dover ricorrere alle orride brochures che venditori ambulanti offrono fuori del museo reggino? le ghetto in cui alcuni dei suoi cultori tendono a confinarla". Bisogna pertanto "calare la storia dell'ambiente costruito all'interno della storia istituzionale, di quella religiosa, di quella della mentalità". "Le forme visibili" ci avverte ancora T., "nascondono accuratamente la storia della loro genesi e ancor più nascondono le scelte perdenti: dagli archivi e dalle testimonianze dei contemporanei emergono a getto continuo progetti che nel loro insieme disegnano città 'altre', non realizzate, da far divenire oggetto di interrogazione storica". E un tentativo perfettamente riuscito. M.T. ha interrogato progetti approvati e progetti falliti, ha chiesto, per riprendere le sue parole, il perché "della loro sconfitta" ai progetti irrealizzati, e il perché del loro successo a quelli realizzati. La risposta l'ha avuta dalla società veneziana, o da quei settori di essa che si erano fatti portavoce dei progetti, e più avevano risentito di successi o insuccessi, ma insieme anche dagli altri, partecipi attivamente o passivamente della vicenda politica che si snodava nella loro citta. Protagonista è dunque la società veneziana del Rinascimento. È un Rinascimento che vede integrarsi l'apertura culturale verso l'umanesimo con lo schiudersi alle voci più insistenti, più penetranti, di un sentire religioso fatto di ricupero della parola evangelica, di una interiorizzazione della fede, di una esaltazione del Cristo e del suo sacrificio salvifico per coloro che fidassero in lui: era la Devotio moderna, era il pensiero e l'opera di Erasmo da Rotterdam: poteva aggiungersi, per taluno, anche l'incitamento conturbante del pensiero e dell'opera di Lutero. A Venezia, dopo che la Repubblica era stata bloccata da disastri militari per terra e per mare nel momento in cui più era proiettata in avanti, molti erano convinti che erano intervenuti nel mondo mutamenti profondi, irreversibili, di cui era impossibile non tener conto, e ci si domandava secondo quali linee politiche ci si dovesse ora muovere; e questo intrecciarsi di motivi spirituali e culturali, questo tormentarsi nelle scelte politiche, alimentava uno dei momenti più intensi e più incerti della sua storia. Un Rinascimento che si conclude poco meno di un secolo dopo, ossia all'indomani della famosa questione dell'Interdetto, nella quale una Repubblica rinfrancata, fiduciosa nelle sue possibilità politiche e nelle sue risorse religiose, aveva osato sfidare la Sede Apostolica, contrapponendo alle sue pretese la propria condizione di principe capace di difendere appieno la propria sovranità. Si profila, lungo tutto questo arco di tempo, un problema unitario: che cosa significa per la città, che cosa comporta per il suo equilibrio politico, non solo la riforma di qualche sua struttura costituzionale, ma l'accoglimento di voci di una cultura diversa dalla propria, o per lo meno nata altrove, sul ceppo di altre esperienze e di altre tradizioni; più particolarmente, se è accettabile in questa città, così qualificata dall'ambiente naturale in cui è sorta, così caratterizzata dalla sua storia, così incline a ripiegarsi gelosamente sulla sua identità, il modificare il suo volto edilizio ed urbanistico, le sue chiese e i suoi palazzi e i suoi monumenti così come la prospettiva di celebri luoghi come la piazza San Marco o l'ampiezza e l'ordine dei suoi sestieri. Un problema che vede di fronte da una parte degli uomini con idee politiche e sentire religioso, spesso intrecciati strettamente, e con una visione del presente e del passato della città anch'essi strettamente congiunti: dall'altra parte, i piani per gli edifici e per l'urbanistica, quali documenti di quelle idee e di quel sentire, o addirittura strumenti per la loro affermazione. Va subito detto che M.T. tiene fede alle sue premesse programmatiche. Egli è riuscito a scrivere, muovendosi tra idee politiche e religiose e progetti architettonici e urbanistici, uno dei libri più belli che la storiografia veneziana possa vantare. Un libro dei più nuovi, dei più suggestivi, dei più stimolanti che sia dato di leggere. Un libro che introduce pienamente l'architettura e l'urbanistica quale elemento indispensabile per capire una società, e che dimostra come l'architettura e l'urbanistica, allo stesso modo che il diritto e l'economia e la religione e la politica, non possono essere comprese che nel contesto di quella società che le ha volute e le ha realizzate, che vi ha voluto cioè tradurre certi moduli ideali o più semplicemente e intima-