N. 4 pag. 9 anticamera del capire, Parigi e gli in- contri con l'arte moderna, mentre tutto suggerisce che la via che De Chirico percorre è diversa dalla car- riere moderne degli altri artisti; an- cora la sequenza metafisica della guerra, Ferrara, Roma, il dopoguer- ra, la scoperta di un lato metafisico dell'arte e la maturazione del lato materiale e tecnico, che è dei classici, che gli apre la via a un classicismo moderno; infine maturità sul fronte pittorico, le sperimentazioni e le cu- riosità tecniche, le scoperte, la cre- scita. L'indice del libro è questo. (A proposito di lato metafisico della pittura, ci aiuta Savinio con la sua idea di un codice di comportamen- to: "metafisica perché stimiamo che la crisi della civiltà e la decadenza della cultura sono da ascrivere prin- cipalmente all'inaridimento del sen- so religioso della vita; ma il conti- nuare a tener caldo il sentimento re- ligioso della vita pur sapendo che le sorgenti della religiosità sono del tutto inaridite, costa a noi metafisici un 'eroismo di illusione' di cui nes- sun altro al di fuori di noi riuscireb- be a sostenere il peso". E aggiungia- mo questa definizione di ciò che Sa- vinio intende come civiltà: "elimina- zione dei 'problemi' e appagamento di sè"). Non che manchino episodi gusto- si e pagine felici. Basti un esempio, a contaggenio. Riguarda i pessimi rap- porti con Longhi, il critico che ha scritto, in occasione della prima mo- stra italiana di De Chirico, una fero- ce stroncatura. De Chirico incontra Longhi a Firenze sotto i portici, lo vede da lontano farglisi incontro: "mi vide, calcolò in un battibaleno la distanza e dedusse probabilmente che se avesse continuato ad avanzare ci saremmo scontrati come due piro- scafi nella nebbia; non c'era tempo da perdere ed egli ricorse ad un ri- medio estremo: la magia; aprì le braccia e fece un tuffo nel marciapie- di; non esagero, e non invento: Ro- berto Longhi sparì nel marciapiedi. Quando guardai intorno per vedere dove era andato a finire, scorsi die- tro di me, lontano, in fondo ai porti- ci, la parte posteriore di Longhi che, scantonando, spariva". Buona parte dei nomi che com- paiono nel libro volgono al negati- vo: gli ex-amici Soffici e Papini, Apollinaire, Eluard e Breton, i ne- mici Carrà e Longhi, gli estranei, pittori e poeti, i galleristi. Si salvano in pochi: De Pisis, e Picasso, verso il quale De Chirico manifesta una ri- guardosa colleganza ignota nei rap- porti con gli altri, la Fray, l'antiqua- rio Bellini, il pittore Gazzera e po- chi altri. Si salvano a tutto tondo il fratello Savinio e la seconda moglie, che risponde allo pseudonimo di Isa- bella Far (della prima, cui la cultura dechirichiana deve non poco, non c'è traccia nel libro). La Far eccelle, per iperbole: "è la più grande mente filosofica del nostro secolo" (vero è che il nostro secolo, secondo il pit- tore è un periodo che vive sotto il segno nefando e deleterio della pede- rastia, dell'isteria, dell'impotenza, plastica e in genere creativa, dell'in- vidia e dello snobismo, del meccani- smo, dell'agitazione, della stupidità, della crudeltà, della mancanza asso- luta di temperamento e dell'integra- le scemenza, ecc. ecc.). Alla Far è messa in bocca una frase che è, per De Chirico, una rivelazio- ne: la pittura non è colore prosciuga- to, ma bella materia colorata. Sem- bra poco più di una battuta, e tradi- sce il senso di uno dei passi più inte- ressanti del De Chirico "teorico" della pittura. Basta rileggere il passo originale per rendersene conto, e per capire il limite maggiore di queste memorie, costrette a ridurre la por- tata e il senso di alcuni momenti im- portanti del pensiero del pittore nel- la siluetta del paradosso e dell'umo- re. Scriveva dunque De Chirico: "la pittura delle grandi epoche non è mai pittura ad olio in quanto che la bella pittura non è mai del colore macinato e diluito con un olio e poi lasciato ad asciugare sopra una su- perficie, ma è invece una polpa di bellissima qualità tinta con del colo- re; ora in ogni polpa che si rispetti, da quella di una pera o di una mela, a quella del pane o del corpo umano, vi è sempre una forte percentuale d'acqua, senza l'acqua non esiste bel- lezza e buona qualità di bellezza". Nietzsche non manca nel libro, ma è visto di lontano, meno filosofo che poeta. E, in qualità di poeta della riflessione e del pensiero, gli è attri- buita una atmosfera (in senso mora- le: così è tradotta "Stimmung") infi- nitamente misteriosa e solitaria, qua- le si coglie in un pomeriggio d'au- tunno, quando il cielo è chiaro e le ombre più lunghe che d'estate, perché il sole comincia ad essere più basso. È l'atmosfera di alcune città italiane, Genova o Torino, città per eccellenza della Stimmung. In questo pittore che non ha certo abbandoni di natura e in cui cieli e luci appaio- no subito iscritti in una fenomeno- logia di significati culturali, il tono e i modi della città sono fissati come di rado capita nella pittura moderna (anche se subito De Chirico cita Claude Lorrain e Poussin come an- tesignani). Le pagine su Ferrara, cer- ti sguardi romani, le pagine che al- trove sono dedicate alla Milano neo- classica risultano esemplari. Non è una presenza urbana, questa, di una città che cresce o di un alveare in cui si dipani una grande, eroica vita, co- me in pagine parallele dei campioni del modernismo, è una nitida geo- metria affascinante come un labirin- to, ricca di silenzi e di vuoti in cui si specchia la sostanziale condizione solitaria di un personaggio spettato- re immerso in una atmosfera che è più interpretativa che rappresentati- va. La città mette in scena, non raf- figura; crea spazi e momenti di con- centrazione sempre cristallini e sdrammatizzati. C'è uno sforzo (eroico, direbbe Savinio, forse con una debita ironia) di togliere al rap- porto con lo spazio reale degli avve- nimenti e dei luoghi ogni intenzione romantica di coinvolgimento diret- to, di alienazione e pressione psico- logica. Il De Chirico che ha procla- mato che "noi santifichiamo la realtà" e che dal reale e dal concreto neppure per un attimo vuole distrar- Tullio Pericoli: Giorgio De Chirico si, non ha alcuna intenzione corrosi- va sul piano dell'esistente: ogni cosa è ciò che è, nel bene e nel male, i cretini sono cretini, i buoni sono buoni, e così via. La sua rivoluzione è un'altra (all'opposto dei moderni- smi inizio secolo), è un diverso sguardo, un altro modo di vedere che implica un altro processo del ca- pire. E la intensità di manipolazione visiva, della logica retorica della pa- gina è quasi sempre il meglio delle molte pagine del De Chirico scritto- re. Qui il gioco delle parti e della sentenziosità di queste memorie at- tutisce proprio il modello visivo. Con qualche eccezione, come l'a- neddoto longhiano dimostra. BULZONI VI A DEI LI BURNÌ 14-TEL. (06)4955207-00105 ROMA TERRORISMO Minaccia - Realtà - Difesa di R.H. KUPPERMAN & D.M. TRENT Prefazione di W. 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