N 3 riNDICF pag 12 ■■dei libri delmeseBB PROGETTO SCUOLA LIVIANA PER LE MEDIE SUPERIORI SABINO S. ACQUAVIVA DALL'EUROPA ALL'UOMO Testo di educazione civica CARMELO BONANNO L'ETÀ MEDIEVALE NELLA CRITICA STORICA L'ETÀ MODERNA NELLA CRITICA STORICA L'ETÀ CONTEMPORANEA NELLA CRITICA STORICA REDAZIONE LIVIANA IL MONDO ATTUALE NELLA CRITICA STORICA Antologia di critica storica AA.W. LA LINGUA TRA NORMA E SCELTA Grammatica italiana GIANCARLO MAJORINO CENTANNI DI LETTERATURA Antologia del Novecento C. FONTANA. C. GOGLIO LA RAPPRESENTAZIONE: RAGIONE E STORIA Testo di disegno per licei scientifici e artistici M. SALIN, C. BIANCHI DALL'ALGORITMO AL CALCOLATORE Laboratorio di informatica per il biennio O. FERRO, M. LOVISCEK FONDAMENTI DI ECONOMIA POLITICA, AGRARIA E DEL TERRITORIO Corso di economia per gli istituti per geometri, 2 voli. ALESSANDRO BREGOLI BILANCIO E CONTABILITÀ NELL'AZIENDA AGRARIA Testo di contabilità per gli istituti tecnici e i professionali agrari G. PELLIZZARI, L. DALLA MONTA, C. DUSO FONDAMENTI DI ENTOMOLOGIA AGRARIA Testo di entomologia per tecnici e professionali agrari F. NASI, R. GHISI, R. LAZZAROTTO FONDAMENTI DI PRODUZIONE VEGETALE COLTIVAZIONI ERBACEE COLTIVAZIONI ARBOREE Corso di agronomia e coltivazioni per tecnici e professionali agrari A. MENEGON, F. PIVOTTI, G. XICCATO FONDAMENTI DI TECNOLOGIA AGRARIA Testo di tecnologia rurale per gli istituti per geometri V. D'AMBRA, D. RUI FONDAMENTI DI PATOLOGIA VEGETALE Testo di patologia vegetale per tecnici e professionali agrari V. D'AMBRA ATLANTE DI PATOLOGIA VEGETALE Atlante fotografico a colori per tecnici e professionali agrari A. MENEGON, F. PIVOTTI, G. XICCATO ESERCITAZIONI AGRARIE Per professionali e tecnici agrari LIVIANA EDITRICE Via Luigi Dottesio, 1 35138 PADOVA Tel. 049/8710099 La sceicca bianca di Marisa Bulgheroni Nathanael West, Signorina Cuorin-franti, e/o, Roma 1988, ed. orig. 1933, trad. dall'inglese e postfaz. di Riccardo Duranti, presentaz. di Goffredo Fofi, pp. 120, Lit 18.000. "Cara Susan, sono una ragazza di sedici anni. Sono tanto infelice perché ho un ginocchio difettoso e devo camminare col bastone... Credi che se non ho un ragazzo fisso la colpa è di questo mio difetto?"; "Cara Susan, ... quando mi abbasso per spaz- Yorker, e a West, che l'aveva accompagnato a cena nel Village una sera del marzo 1929. West colse non solo il comico ma anche il grottesco del rapporto nascente tra la massa dei lettori e delle lettrici affamate di risposte e le "sacerdotesse dell'America del ventesimo secolo" pagate per fornirle. E, misurando lo scarto tra l'urgenza delle richieste, confidenziali e perentorie come preghiere, e l'oracolare vanità dei responsi, intuì precocemente che il contagio del pro- tracciò una diagnosi profetica in un libro che di sociologico non ha, in apparenza, altro che quell'origine raccontata dal suo biografo, Jay Martin (in Nathanael West. The Art of His Life, 1970) ma che, riletto oggi, è carico di significati pronti a esplodere, simile al sorriso che il protagonista si stampa in faccia, "innocente e divertito... il sorriso di un anarchico che siede in un cinema con una bomba in tasca". Miss Lonelyhearts è un giornalista assegnato alla rubrica del cuore, per il quale il fascio quotidiano delle lettere firmate da Disperata, Stanca-di-tutto, Spalle-larghe, Cuore-spezzato, diventa ossessione, sbigottimento, malattia, fino a spingerlo, nel corso Nascondigli della fantasia di Daniela Daniele Thomas Pynchon, Un lento apprendistato, e/o, Roma 1988, ed. orig. 1984, introd. di Thomas Pynchon, trad. dall'inglese e postfaz. di Roberto Cagherò, pp. 191, Lit 20.000. A poca distanza dalla ristampa negli Oscar Mondadori de L'incanto del lotto 49, Thomas Pynchon toma nelle librerie italiane con questa raccolta di racconti giovanili, tradotta e curata da Roberto Cagliero. Noto per non aver mai fatto apparizioni pubbliche, in Un lento apprendistato Pynchon interviene di persona nell'introduzione per ricostruire la sua biografia letteraria, dichiarandosi debitore di difetti di plagio e di confuso intellettualismo che rendono, a suo giudizio, alcuni di questi racconti "piuttosto faticosi, puerili e addirittura delinquenziali". E innegabile che questa raccolta presenti, alla luce delle opere più mature, non poche asprezze e ingenuità; tuttavia, nel complesso, essa si riscatta dal giudizio severo dell'autore, profilando temi e personaggi delle narrazioni successive. Sotto la rosa (1961) inizia, per esempio, quella revisione del genere spionistico con cui lo scrittore trasforma l'intrigo intemazionale in fantapolitica e in romanzo della catastrofe: nel caos di eventi in cui si affrontano nazioni dalle frontiere sempre più labili, la storia accertabile si confonde con la paranoia individuale dell'agente segreto che si ostina a cercare nei fatti una logica causale, tentando di sciogliere intrighi che sembrano invece infittirsi col procedere del racconto. Come si legge ne L'integrazione segreta (1964), in una frase estensibile a tutte le trame pynchoniane, "ogni nuova operazione ne fa scaturire un'altra dozzina", ed è difficile, sia per il lettore che per l'inquirente intradiegetico, riusci- re a districarsi tra i tanti indizi disseminati nel racconto. Anche in questo secondo racconto troviamo un luogo di nessuno e un complotto senza soluzione, stavolta condotto da un gruppo di ragazzi genialoidi ai danni dei genitori razzisti e benpensanti. Le loro azioni di sabotaggio vengono ideate tra le macerie dei nuovi edifici in costruzione, in un paesaggio lunare, ai margini dei quartieri residenziali dove invece si muovono gli adulti tra futili certezze. Aggirandosi tra i resti di un tessuto urbano ormai sfaldato, e assimilabile alle zones, le terre di confine senza nome che ritroveremo in Gravity's Rainbow, i ragazzi si addentrano nel panorama di una catastrofe mentale e ambientale che i loro genitori fingono di non vedere. Il loro fatiscente nascondiglio è stranamente somigliante al deposito di rottami a cui infine approda il protagonista di Terre basse (1960), che abbandona volontariamente il suo stato di narcosi domestica, per andare a vivere tra le lamiere e i rifiuti della discarica comunale. Lo sfaldamento del tessuto urbano che fa da sfondo a questi racconti è, in un certo senso, la trasfigurazione spaziale del concetto di "entropia", che Pynchon introduce nell'omonimo racconto (1960), riferendosi all'enorme quantità di segnali e di interferenze che attraversano il mondo contemporaneo, rendendo enigmatica l'interpretazione dei fatti. Pynchon apre anche il lettore all'"entropia", caricando la sua scrittura di elementi babelici e dissonanti, in una miscela narrativa che, attraversando indifferentemente generi colti e generi popolari, non tende mai a una sintesi tematica, e si sposta continuamente dal centro alla periferia del discorso. zare ben bene sotto il letto ... indovina un po' che ti vedo là sotto, una faccia che sembrava la maschera d'un demonio con degli occhi che si vedevano solo i bianchi e delle ma-nacce che sembravano pronte a strozzare chiunque...". All'origine del leggendario romanzo breve di Nathanael West (ricomparso oggi in Italia dopo una lunga latitanza: una prima edizione Bompiani 1948, trad. di Bruno Maffi, e una ristampa del 1974) c'è un fascio di lettere autentiche, indirizzate, come le due citate sopra, a Susan Chester del Brooklyn Eagle cinquant'anni fa, ma ancora stranamente attuali, come se il linguaggio del cuore, nato con la stampa popolare e rinnovatosi con la televisione, si fosse trasmesso di epoca in epoca quasi invariato: demenziale e straziante copione di uno spettacolo senza fine. Fu la stessa Susan Chester, sicura dell'effetto comico di quelle voci stralunate, a far leggere le lettere destinate alla sua rubrica a Sid Perel-man, allora collaboratore del New tagonismo poteva estendersi dall'idolo — giornalistico o televisivo — al postulante, fino a coinvolgere il pubblico in un perverso gioco di specchi, perché soltanto usata come materia di spettacolo la domanda avrebbe perduto la violenza originaria. Quei campioni di linguaggio del cuore ferito s'impressero con un inchiostro indelebile nell'immaginazione del giovane West per depositarsi nelle pagine del suo libro in copie quasi identiche o in varianti feroci — come la lettera autentica della sedicenne zoppa che nella finzione si firma "Disperata": "Cara Miss Lonelyhearts, ho ormai sedici anni e non so che fare... nessuno esce con me perché sono nata senza naso — anche se ho un bel personale e mio padre mi compra un sacco di vestiti carini...". Di un fenomeno sociologico alle origini di quell'"industria dei sogni" che avrebbe, nell'arco di alcuni decenni, distrutta la capacità di sognare, trasformando il sogno in un bene di consumo come altri, West di quattordici capitoli — quattordici stazioni si è detto, di un paradossale calvario — a una morte inattesa. Il problema professionale — che cosa rispondere, quali parole usare per non tradire se stesso o le sue interlocutrici — si muta in incubo, allucinazione, muto grido, strappandolo ai suoi luoghi quotidiani, la stanza dove vive, la redazione del giornale, lo speakeasy, dove, bevendo il solito bicchiere clandestino, Shrike, il suo caposervizio, lo irride: "Miss Lonelyhearts, amico mio, ti consiglio di dare sassi ai tuoi lettori... Spiegagli che non di sole parole vive l'uomo e dagli sassi...". Stralunato come le sue interlocutrici, Miss Lonelyhearts corre ora lungo i franosi precipizi del fantastico: il parco che attraversa ogni giorno gli appare come una piccola aridissima wasteland, più rugginosa e desertica di quella eliotiana, l'ombra di un lampione lo trafigge come una lancia, il cielo grigio della metropoli sembra esser stato "cancellato con una gomma sporca" mentre il bancone del bar brilla come "oro bagnato". Estraniato, cerca dapprima l'aiuto degli altri; tenta invano di sedurre Mary Shrike, la moglie del caposervizio, e viene trascinato, invece, a letto dalla poderosa Fay Doyle che gli ha chiesto urgente consiglio sulla propria vita matrimoniale ("Ho solo trentadue anni, ma in vita mia ho già passato tanti guai e sono infelicemente sposata con uno storpio..."); si ammala; segue in una campagna funerea come la città la sua ragazza, Betty, che al "caos" e ali"'entropia" del mondo fisico oppone una minuscola domestica isola d'ordine; e infine, cedendo al suo sogno personale di farsi Cristo, salvatore delle vittime, va incontro a Peter Doyle, lo storpio, portatore di morte. Nell'attimo in cui si crede forte come una "roccia", capace di compiere miracoli e di raddrizzare i torti, nel beato ottundimento della certezza, è travolto dalla violenza dei deboli. In una società di vincenti — ci annuncia West — i perdenti si trasformano in usurpatori, pronti a farsi carqpfici non di chi li opprime, ma di chi ha scelto la loro causa. Nel mondo dei desicjeri stravolti e dei sogni pubblicizzati l'esempio del Cristo — la dostoevskiana aspirazione alla palingenesi — è non solo inimitabile e impraticabile, ma inefficace perché non visibile, non riconosciuto dai ciechi sognatori del ventesimo secolo; gli stessi che nell'ultimo romanzo di West, Il giorno della locusta (pubblicato nel 1939, un anno prima della morte) saranno i protagonisti di un finale apocalittico. Ma Miss Lonelyhearts muore, forse, senza capirlo, e quel "messaggio" che non è riuscito a formulare, passa, non scritto, al lettore, spazio bianco in cui si gioca la sconfitta della parola. Nato dalla riflessione sulla parola scritta, medium perdente, il libro di West tende, in un atto di sfida ai canoni letterari, a tradurre il verbale in visivo, a contaminarlo con il medium emergente dell'immagine. I contemporanei videro in Signorina Cuorin-franti "Un poema eroicomico in miniatura" o "una sorta di morality play". Ma West stesso, pur definendolo "satira morale", affermò di aver costruito "un romanzo in forma di fumetto"; e i titoli dei vari capitoli (dal prologo, "Miss Lonelyhearts, aiutami, aiutami" al finale "Miss Lonelyhearts ha un'esperienza mistica") sono imperativi come le didascalie di un film muto. Presentando con la lucidità della passione questo libro molto amato, Goffredo Fofi lo smonta nelle sue componenti: la letteraria e la visiva, la colta e la popolare, l'alta e la bassa. Se il protagonista è la versione yankee e postpuritana dell 'Idiota di Dostoevskij", ma anche "una sorta di Billy Budd", la scrittura di West, "più acuto di Fitzgerald o di Hemingway... con più chiarezza di quasi tutti sull'avvento del mondo-America", si fonda sul ricorso a "quella produzione di massa (fumetti e stampa e pubblicità e cinema e pulp) di cui pochi allora avvertivano il ruolo". E il mirabolante tessuto delle immagini conserva la sua compattezza nella vigorosa traduzione di Riccardo Duranti. Di fatto il lettore d'oggi che abbia seguito Miss Lonelyhearts nel suo viaggio visionario si accorgerà di aver vissuto un'esperienza singolare, non semplice lettura, ma immersione, straniamento. E potrà attribuire questa singolarità allo scontro tra parola e immagine che West inscena a ogni pagina, rovesciandovi, come nel luccicante deposito di un rigattiere dei sogni, frammenti, sì, di fumetti e di film, ma anche di medievali predelle delle vite dei santi, di quadri surrealisti, e di quel trash urbano, di quegli orizzonti di scarti e di rifiuti che offriranno materiale alla visione postmoderna.