N TINDICF 29 ■■DEI LIBRI delmese^H Visibile parlare di Claudio Ciociola Michel Butor, Le parole nella pittura, Arsenale, Venezia 1987, ed. orig. 1969, trad. dal francese di Rosanna Albertini, pp. 183 con 12 taw. a col. e 64 in b/n n. t., Lit 25.000. L'evoluzione delle discipline si alimenta di 'mutazioni'. Onde, senza l'apparente concorrere di lieviti o agenti precipitanti, quasi per catalisi eterogenea, affiorano alla coscienza critica temi obliterati e cruciali: assopiti, ma docili alla convocazione, che li riduca in vita, di un demiurgico e fantasioso principe azzurro. Sia chiaro: la bella addormentata di Butor non è, o non è tanto, l'incanutito androgino Text und Bild, bensì la parola inscritta (o circoscritta) all'immagine: nella sua imprescrittibile vocazione a significare, ma anche nel suo assetto, meno accigliatamente vero e più cordialmente, e filologicamente, certo, di grafico e artigianale astante. L'ambito: la tradizione pittorica occidentale dal Basso Medioevo al Novecento. Banditore della pienezza dei tempi (l'ed. originale ginevrina, da Ski-ra, è del '69: ma non suona affatto intempestiva la riproposta italiana allo scadere degli anni Ottanta), Butor non sa attardarsi a riordinare, con la noiosa e postuma lucidità del notomista sistematico, l'affollato incalzarsi delle idee: questo non era luogo da microscopie erudite. Preziose le ellissi della scrittura, alla quale fa torto talvolta la traduzione italiana (così "Pieux piège" si maschera in "Pio ripiego" a p. 60, o ancora "dans telle région c'était tei saint que tei emblème signalait" diventa "in una regione c'era un santo che quel tal emblema segnalava" a p. 62); problematici gli stringati capitoletti, dei quali basti allegare qualche titolo per render conto delle difficoltà di ulteriore condensazione; due punti verdi, i cani celebri, lumaca donna fiore stella, il dono della sigla, Broa-dway boogie-woogie, l'organo dell'agnello. La guida estrosamente s'inerpica per erti sentieri lasciando talvolta, bisogna pur confessarlo, senza fiato: non riesco a convincermi, per esempio, che la circolarità di un'iscrizione che aureoli il volto di un santo personaggio cooperi a un intenzionale rallentamento della lettura (p. 55). Pittorica, o piuttosto iconica, è la protostoria delle scritture alfabetiche: nativa simbiosi plasticamente commemorata in "pittogramma", tecnicismo dei paleografi. Gemelle ignare o dimentiche della propria monogenesi, non sorprende che pittura e parola (scritta) si corteggino in una sorta d'inconsapevole nostalgia di appartenenza ("Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!' "). Più evolute e mature le avances della parola, recentemente catalogate con elegante maestria dal padre Giovanni Pozzi in un libro (La parola dipinta, Milano 1981) che affascina i férus di consimili, malinconiche e ridenti, bizzarrie d'innamorati: dai technopaegnia ai calligrammes. Più acerbamente adolescenziale, e dunque di tanto più sgraziata e vitale irruenza, l'appropriazione della parola scritta ad opera della pittura: non per nulla, al pari di ogni coacervo semiotico, sdegnata con ben legittima suspicione da ogni i classicismo, e invece congeniale così al Medio Evo come alle avanguardie novecentesche. Tenacia e varietà del corteggiamento rendono sbalorditiva l'inappetenza degli studiosi nei confronti della sindrome, che non aveva fin qui attratto un descrittore e un esegeta organico. Come di ogni invenzione del punto di vista, ora diranno: "bastava pensarci". Progredita, quale ci è dato sperimentarla, in parallelo ali 'arbitrane del significante linguistico, quella del segno alfabetico è arbitrarietà che annienta la percezione della grafica manifattura dello scrivere: eppure, la stessa mutevolezza, sincronica e diacronica, delle fogge dei caratteri, e la variabilità dei convenevoli che ne regolano le adiacenze, sono espressioni e garanti d'individuale artigianalità. La scrittura, regale e ieratica, è gelosa di se stessa: e comprensibilmente, venendo in gioco l'effabilità e 'nominabilità' del sacro meglio i lemmi, di Butor rivolgendoli, con ambizioni programmatiche, ad un ritaglio della storia pittorica, linguistica e letteraria europea: quello del Tre-Quattrocento italiano. Lo definiremmo dell'epigrafistica in volgare, e in specie, con contraddittoria etichetta, dell'epigrafistica a fresco e su tavola: prescindendo, per espressa e antistorica convenzione, dalla folla dei tituli latini che in quell'epoca tuttavia gremiscono gli spazi epigrafici. Redigiamo un preliminare articolato di problemi. Il catalogo dei tituli (così, per brevità, designeremo ogni attestato di parole incise o dipinte) anzitutto: se a testi incisi, graffiti o dipinti si affida la tradizione di un venerando manipolo di ve- gia, finte tabelle, finte pergamene ripiegate o svolte, libri squadernati che identificano l'effigiato reggitore tramite l'incipit dell'opera sua più celebre, leggende esplicative 'a piè di pagina', vere e proprie rubriche o, per dir così, explicit di autenticazione. La lettura: ancor balbettante, la paleografia dei tituli in volgare attende una balia abile e paziente. Descrizione storico-linguistica: per loro natura i documenti, precisamente localizzabili e almeno indirettamente databili, illumineranno in più d'un caso aree linguistiche malnote. Natura e provenienza dei testi: composti ad hoc, o sfrangiature di reimpiego? L'orecchio esercitato s'industrierà per fronteggiare le resistenze che si (metaforicamente alfabetica, alfa ed omega). "Pictura", invece, "laico-rum scriptura", come recita un corrente adagio di tollerante pedagogismo 'democratico' medieyale. Corollario: non stupisca la diffusione di scritture indecifrabili, anche per dislocazione, nelle chiese medievali. Modalità della parola dipinta, in quanto suggello ritualmente vidimante, può esserne l'indecifrabilità: tipica delle scritture imitate, valide soltanto per efficacia commemorativa, nei libri dipinti che popolano la pittura tre-quattrocentesca (Butor propone del fenomeno una diversa, e psicologica, analisi: "Ogni iscrizip-ne, all'interno della cornice, attirerà lo sguardo tanto più a lungo, e quindi con tanta più forza, quanto più sforzo ci richiederà per decifrarla", p. 38). Altrimenti attivo, d'altronde, l'impatto delle insegne che si integrano alla Piazza del mercato di Chagall, dalla quale Butor prende le mosse, a seconda che si mastichi, ovvero non si digerisca, l'alfabeto cirillico. Proviamoci a svolgere i teoremi, o tuste, e perciò notissime, reliquie dell'italiano, dall'iscrizione della catacomba di Commodilla all'iscrizione di S. Clemente in Roma, l'ingente patrimonio di attestazioni del volgare sotto specie monumentale attende il suo ardito recensore: proprio a Longhi, sorprendentemente, venne fatto di disegnare, a margine della collezione dei classici Ricciardi, l'efficace menabò di un'antologia delle iscrizioni. I sostegni extra-librari della parola: la cernita delle fonti 'monumentali' non saprà contentarsi delle epigrafi incise o graffite e dei dipinti, e comprenderà invece anche i supporti metallici e vitrei, le stoffe. Imprevisti-Aggetti di attenzione trapeleranno dalle leggende monetali e sfragistiche, dalle placchette bronzee, dagli sbalzi, dagli smalti, dalle oreficerie sacre, dalle vetrate, dagli arazzi. Del pari svariati i .'recipienti' deputati ad ospitare la parola dipinta, dei quali sarà opportuno allestire uno schedario tipologico: cartigli, filatte-ri o banderuole di variata morfolo- (in genere endecasillabici), le terzine dantesche, le quartine chiuse, i sonetti, ma anche le ottave e le stanze di canzone: qui basti il rinvio ai casi, variamente notevoli, della Maestà senese di Simone, o alle iscrizioni in Camposanto a Pisa. Storia della tradizione ed ecdotica dei tituli. E deli-neabile una vera e propria tipologia filologica: tradizione diretta e tradizione indiretta, tradizione mono-e pluritestimoniale, 'tradizione del monumento' nella sua complessità, o del solo suo ingrediente verbale, e via dicendo; peculiare esempio di 'tradizione indiretta', la descrizione di dipinti: forma nella quale il polo verbale assimila il polo iconico alle proprie modalità espressive ('descrivendo'), e serba invece intatto ('trascrive') il componente omologo. Generi dei testi: laude religiose, ballate erotiche, sonetti in persona di uomini famosi o di vizi e di virtù ("Io son..."), canzoni politiche. (Ri)de-terminazione del soggetto iconografico in conseguente armonia all'identificazione del componente verbale, e correlati riverberi esegetici. Qui fermiamoci. La messe opima raccolta in questa minima rassegna, circoscritta a due soltanto dei sette secoli abbracciati in Les mots dans la peinture, suoni augurio e pronostico, alla bella addormentata ridestata da Butor, di una veglia lunga e prospe- oppongano all'identificazione di tasselli preesistenti: la natura accidentale dei prelievi, l'estrapolazione di segmenti estranei alla regione incipita-ria, la perifericità delle fonti bersagliate. Si tratti poi di cascami bons à toutfaire, ovvero di gemme nel castone (una storia a parte meriterebbe la fortuna pittorico-epigrafica di estratti della Commedia). Quando si coniughi ai tratti sintomatici del testo 'figurabile' (deissi aggettivale o pronominale: "queste donne...": invocazione e apostrofe al viandante; formularità introduttiva di prosopopee: "Io son..."),la metri-cità non sarà che impreziosimento del testo espressamente coniato per convivere, a parete o su tavola, con l'immagine: attributo certo non immemore, nella maggior varietà consentita dalle innovazioni della metrica romanza, della tradizione mediolatina degli esametri leonini e dei distici elegiaci. Le varianti contemplate sono da noi molteplici: tra le formule 'epigrafiche' per eccellenza si annovereranno i distici monorimi Mi piace non mi piace n. 1, lire 10.000 Progetti, progettualità n. 2, lire 10.000 Biografie: effetti di ritorno n. 3, lire 12.000 Appartenenza n. 4, lire 12.000 Responsabilità politica n. 5/6, lire 12.000 Forme della politica n. 7, lire 12.000 Abbonamento a 4 numen lire 40.000 gj da versare su c/c postale n. 39939004 «JJ intestato a Cooperativa Utopia via S. Benedetto in Arenula, 6, 00186 Roma 2 Sono disponibili i numeri arretrati di •Nuova Dwf» a partire dal n. 8 (1978). Sconti speciali per l'acquisto dell'intera collezione (1978-1985).