N 10r|ND|CFpag 12 ■Idei libri del mese HI Plutone nella rete di Cesare Garboli GliAlbatros Una visione d'insieme di fondamentali campi del sapere, uno stimolo all'approfondimento. G. Marchesini Conoscere il teatro pp. 308, L.22.000 C. Monaco Conoscere la filosofia pp. 307, L.22.000 F. Sabbadini Conoscere la musica pp. 240, L.20.000 Collana Irpa Le ipotesi e i percorsi di verifica della ricerca Irpa sull'apprendimento. Una serie di testi teorico/critici e sperimentali rivolti a tutti coloro che operano nella scuola e per la scuola. G. Cremonini Ali in the family Il telefilm americano Gli strumenti per decodificare la nuova narratività televisiva pp, 120, L.12.000 A. Frontini - O. Righi 'Scolta... che ti leggo! Leggere prima di leggere Un progetto per stimolare nel bambino curiosità e interesse verso la lettura e il libro. Una guida per educatori e genitori. pp. 96,15 ili. a colori, L.12.000 Sensate Esperienze Una rivista nuova per la scuola Secondaria superiore. Fatta dagli insegnanti per gli insegnanti, una rivista che nasce nella e dalla sperimentazione. n.4, pp. 32 abbonamento annuale (3 numeri di 32 pp. ciascuno) L. 15.000 A. Armaroli - A. Grattarola Razzismo di ieri, razzismo di oggi Attraverso le ideologie, gli avvenimenti, le testimonianze, una ricostruzione rigorosa per conoscere, riflettere, capire. Perchè i più giovani sappiano, perchè nessuno dimentichi. pp. 216 L.16.500 imminente Studiar per pace 2 voli. Riflessioni e orientamenti, esperienze e progetti presentati nel Convegno internazionale di Bologna, 18/20 marzo 1988 Collana di psicologia dinamica e dell'immaginario Il buio, la porta, lo specchio a cura di M. R. Dominici, pp.112 L.14.000 Psicomi a cura di M. R. Dominici pp.120 L.15.000 Thema immagini L. Diaco Mongolfiere Hot Air Balloons ed. bilingue italiano/inglese, pp.160,145 fotografie a colori, L.80.000 Attraverso l'obiettivo del fotografo, il fascino, le emozioni, la meraviglia di una delle ultime autentiche avventure: il volo in pallone. DISTRIBUZIONE LOESCHER Italo Calvino, Lezioni americane, Garzanti, Milano 1988, pp. 136, Lit 20.000. Con tutto il suo amore per le fiabe e le sue origini micro-epiche, neorealistiche, picaresche, non si può dire che Calvino sia uno scrittore "orale". Tutt'altro. E, in un certo senso, neppure uno scrittore felice. Per conoscere la felicità, in letteratura, bisogna essere trasandati, approssimativi, involontari, casuali, tutto ciò che Calvino, al contrario, finì col detestare — come se il primo degli imperativi che ci spingono alla letteratura fosse diventato per lui un severo principio alchimistico, un bisogno di separazione. Il bisogno di separare la sostanza della letteratura da un'infezione contagiosa, da un istinto pasticcione di vitalità e di totalità. Viene da chiedersi: quanto c'è di esatto (e magari di leggero) in questo imperativo, e quanto di misterioso e perverso? letteraria, di sconfiggere il pasticcio e di neutralizzarlo. Come se Calvino volesse prestare a un romanziere-cavia gli strumenti di controllo, di verifica, di terapia, il camice, le pinzette, il macchinario elettronico di uno scrittore-medico. Che questi strumenti, di natura più o meno mentale, siano o no raccomandabili ai romanzieri del prossimo millennio è questione opinabile. Più interessante sarà chiedersi che cosa abbia spinto Calvino a farsi apostolo così solerte, C'era una volta di Cristina Lavinio Italo Calvino, Sulla fiaba, introduz. di Mario Lavagetto, Einaudi, Torino 1988, pp. XXX-158, Lit 14.000. Inchiesta sulle fate. Italo Calvino e la fiaba, a cura di Delia Frigessi, Lubrina, Bergamo 1988, pp. 187, Lit 30.000. Una felice coincidenza vede la pubblicazione, pressoché contemporanea, di questi volumi. Il primo apre la nuova collana Saggi brevi di Einaudi e ripropone i vari interventi di Italo Calvino non solo sulla fiaba, ma anche su altri generi di racconto popolare trasformati dalla scrittura di autori o raccoglitori diversi per epoca, gusto e sensibilità: dai mimi siciliani — storielle spesso salaci, impregnate di campanilismi feroci — di Francesco Lanza alle parità e storie morali di S.A. Guastella. Pezzi forti' del volumetto: /'Introduzione alle Fiabe italiane (1956) e il saggio La tradizione popolare nelle fiabe (1973), cui si aggiungono varie prefazioni (alle fiabe africane e alle raccolte dei Grimm, di Basile, Perrault, Pitré), testimoni di un interesse costante di Calvino per la fiaba e il fiabesco. Oltre che di scrittore in particolare sintonia, sempre più consapevole, con alcuni caratteri sìa formali che tematici — della fiaba, il suo fu un interesse di studioso che approdò a risultati più che mai utili e interessanti per i demologi. Lo sottolinea con forza Alberto M. Cirese nella relazione al convegno di S. Giovanni Valiamo, t cui atti sono ora raccolti nel volume curato da Delia Frigessi. Cirese pone in evidenza la tripartizione fondamentale del volume delle Fiabe italiane. Alla parte centrale, frutto della rielaborazione artistica dello scrittore che uniforma, sottoponendole alla propria cifra stilistica, duecentododici (per l'esattezza) fiabe provenienti dalle varie regioni, in un accorpamento rappresentativo del repertorio di tipi e motivi fino ad allora non disponibile per l'area italiana, si accompagnano /'Introduzione e le Note ai testi, un vero e proprio apparato scientifico in cui Calvino, con rigore estremo, dichiara-esibisce criteri e metodo seguiti nella costituzione della raccolta e nella traduzione, riscrittura e/o contaminazione dei testi fiabeschi, a partire dallo sparso o difforme patrimonio documentario pre-esistente. Calvino, in anni in cui la Morfologia della fiaba di V.J. Propp non poteva essergli ancora nota, intuì il carattere "aracnoideo" dell'eterna combinato-rietà che sovrintende alla costituzione delle fiabe, pur nel permanere di alcuni schemi costanti ("l'infinita varietà e l'infinita ripetizione", per dirla con un'altra formula dell' Introduzione alle Fiabe italiane! Si sentì dunque pienamente autorizzato — quasi novecentesco Nerucci — a proporsi come un "anello" della catena illimitata dei narratori che ad ogni nuova esecuzione narrativa apportano variazioni, abbelliscono, contaminano le stesse fiabe, con un grado di libertà maggiore di quanto si pensi. Né l'operazione calviniana è da sottovalutare in nome degli interessi attuali per l'antropologia della comunicazione narrativa orale, attenta a contesti e a stili di narrazione che — certo — solo altri metodi di rilevamento e documentazione permettono di studiare. Le stesse fonti di Calvino non si ponevano, del resto, su un piano di attendibilità molto maggiore riguardo alla fedeltà al "dettato popolare", mentre la riscrittura d'autore — a sottolinearlo è Pietro Clemente — non impedisce le analisi fiabistiche storico-areali, o funzionali, o psicanalitiche, tutte centrate su elementi che appartengono al piano del contenuto. » NUOVA Quadrimestrale di narrativa PROSA L Unica rivista italiana eli sola mora tira • Distribuita in libreria e per abbonamento 128 pagine lire 8.500 Abbonamento annuo lire 20.000 c/c post. 54520200: Nuova Prosa viale S. Michele del Carso, 26 20144 Milano Tra le Poetry Lectures che Calvino era stato invitato a tenere all'università di Harvard, nel Massachus-sets, e che oggi, purtroppo, col titolo Lezioni americane, girano il mondo senza di lui, ce n'è una che s'intitola: Molteplicità. Essa si apre con la citazione di un noto passo di Gadda, uno scrittore che Calvino cominciò ad amare quasi controvoglia, e, in una certa misura, contro se stesso. Il passo, tratto dal Pasticciaccio, concerne la relazione infinita tra le cose. Calvino si mostra attirato dall'idea gad-diana del romanzo come "rete" (come "garbuglio"); anzi, talmente attirato dalle implicazioni filosofiche del "pasticcio" così come ci sono state rivelate da Roscioni in un libro ormai famoso, da concentrare tutto il suo interesse sul modello razionale, sul paradigma del grande sogno combinatorio di Gadda, cioè sulla possibilità di riduzione del "pasticcio" al rigore esatto di un metodo ancora perseguibile di conoscenza. L'interesse di Calvino colpisce la possibilità, scientifica non meno che teorico- ma (a giudicare da queste Lezioni) anche così malinconico, di una religione sempre più asettica della letteratura. Si crede oggi che un certo gusto scientifico, applicato alla letteratura (idea, o aspirazione, di perfezione geometrica e combinatoria) si sia formato in Calvino col tempo, a prezzo di lacerazioni e di delusioni. Può darsi. Lo stesso Calvino ha più volte fatto circolare quest'immagine di sé, mettendo tali pietre sul suo passato di narratore neorealista e di ideologo degli anni Cinquanta da stentare a riconoscersi egli stesso nei suoi primi libri, nati "anonimamente dal clima generale di un'epoca". Dunque uno scrittore che avrebbe compiuto intorno al proprio asse, spostandosi dall'ideologia dell'impegno a quella del gioco, una rotazione di 180 gradi. E andata proprio così? Io non riuscirò mai a convincermi che tra il Calvino delle Lezioni americane, con tutto il suo splendore mortificato, e il Calvino bellicoso ("minaccioso", diceva Cecchi) di Sfida al labirinto e del Midollo del leone, si sia veramente consumata una palinodia. A far lezione, nelle conferenze americane, è ancora il Calvino delle guerre dichiarate ai mostri, il Calvino del mare dell'oggettività, ossessionato non dalla pesantezza (non da Saturno, esatto e rigoroso non meno di quanto sia leggero e versatile Mercurio), ma dalla resistenza opaca e fangosa di tutto ciò che si nasconde nei sotterranei del mondo, da tutto ciò che è "plutonico", se proprio vogliamo stare agli dèi e agH astri (e, magari, alla geologia). Fino a che punto si spinge, nel passato di Calvino, questa subdola guerra? Fino a che punto il Calvino ideologo, saggista, teorico della letteratura non fa che parlarci, oggi come ieri, commentandolo, analizzandolo, glossandolo in termini ora politici ora scientifici, di tutto ciò che il narratore intravede, ma tiene ben fermo e nascosto, dietro le favole e il gusto del meraviglioso? C'è una tristezza rivelatrice, e, in certo modo, inconsolabile, nel fotografare la vita di uno scrittore bloccandola tra due estremi, tra il primo e l'ultimo libro. Ma, se dovessi avviare un lettore $el prossimo millennio a queste Lezioni americane, comincerei subito col fargli leggere il primo, memorabile libro di Calvino fuori dalla prospettiva (e dalla convenzione) picaresca e partigiana. Farei subito privilegiare, nel Sentiero dei nidi di ragno, il rapporto che la vita infantile intrattiene con la vita adulta: rapporto antagonistico di un ragazzo selvaggio e fantastico con la vita incomprensibile, infida, ambigua, sfuggente, indegna dei "grandi". E questo il vero tema del Sentiero dei nidi di ragno. I nidi di ragno! C'è in questa metafora un destino: il correre nei boschi, 0 rifugiarsi nella tana solitaria, il vivere tra gli alberi, dove si possono fare a pezzi i piccoli corpi dei grilli dalla faccia di cavallo verde e combinare strani mosaici con le loro zampe — "dove non c'è differenza tra il gioco e la vita". Si può essere Calvino più di così? Ma, proprio per questa ragione, credo che sia stato un inganno, un inganno storico (la fatalità piena di malintesi dei talenti precoci) a illudere Calvino sulla sua felicità di "anonimo narratore orale". Questa felicità, nei libri di Calvino, è un sogno. Riflessa, studiata, mediata, la scrittura di Calvino non è mai felice perché non è mai sprofondata nella realtà, e non fa camminare il mondo; è una scrittura che non si muove (Calvino è un narratore di situazioni ferme), indifferente all'evolversi della realtà quanto curiosa della sua complicazione; quindi felice di riflesso, per una ragione perversa, perché vola via dalla superficie indegna delle cose radendola con rapidità e leggerezza, fuggendone lontano, tracciando infiniti disegni sempre più ramificati, complicati, capziosi. Questa scrittura può essere felice solo del suo pulviscolo: felice per animazione, eccitazione, falsetto, civetteria; felice dentro la sua custodia di cristallo, immune da quei batteri patogeni che sono gli odori e i sapori del mondo, indifferente ai destini che non sono fatti per incrociarsi ma per perdersi e camminare dove non sappiamo, o dove non sappiamo ancora. La realtà, per Calvino, non è mai raccontabile, e non può esserlo; la realtà è un oggetto sotto controllo, guardata a vista, fronteggiata da sapienti dispositivi di calcoli e strategie. La realtà (quanto d'irrecusabile, di drammatico, di evolutivo contiene la realtà) appartiene al dominio del Calvino ideologo, saggista, uomo di cultura, editore; non al dominio del narratore: dove regna una continuità segreta tra il ragazzo offeso che correva nei boschi e il ragazzo invecchiato che gioca con le parole trattandole come dei pezzi sulla scacchiera. Se Calvino s>