n io riHDICF pas- in ■dei libri del mese Critica letteraria Giovanna Spendel, Voci e personaggi dell'ottocento russo, Bulzoni, Roma 1987, pp. 147, Lit 18.000. Questa raccolta di saggi si apre con due omaggi a Puskin e passa poi a un'incursione nel mondo fantastico gogoliano, a uno studio della presenza diabolica nelle Veglie, dove il maligno assume diverse connotazioni, fino a diventare un essere inesistente, svuotato della propria diabolicità a vantaggio dei furbi e a danno degli sciocchi. Prezioso e interessante è il ritratto di Elena Gan, sconosciuta ai più, che nelle pagine del saggio acquista pregnanza e consistenza umane e letterarie: scrittrice e donna che già in epoca romantica aveva saputo vedere i due aspetti di un'esistenza e coglierne problemi e contraddizioni drammatiche. Del Sogno di Oblomov di Goncarov viene proposta una lettura non squisitamente "politicizzata", alla Dobroljubov, ma poetica, senza dimenticarne la "problematica ambiguità". Di Dostoevskij prendono forma elementi non solo ideologici (la tipologia dell'ebreo), ma con sintetica puntualità, anche strutturali e quotidiani: la presenza e la funzione degli oggetti e del mobilio nei Demoni, e la portata simbolica del mitico "mantello" del principe My-skin. Gli ultimi saggi sono forse quelli in cui la passione per la letteratura russa si manifesta in maniera più evidente e profonda: le emozioni e i sentimenti dei racconti di Cechov, riflessi e motivati dal paesaggio, dall'ambiente, dalla natura, vengono analizzati e presentati con sottile e sensibile acutezza. Gian Piero Piretto Eva Banchelli, Hermann Hesse, Mursia, Milano 1988, pp. 238, Lit 8.000. Condotto secondo i criteri di agilità e accessibilità a un largo pubblico caratteristici della Collana "Invito alla lettura" della quale fa parte, il volume ripercorre nella sezione centrale le principali "stazioni" conoscitive dell'iter hessiano, dai racconti giovanili (Peter Camenzind e Demian) alle più note e "consumistiche" opere della maturità (specialmente Sid-dhartha, Il lupo della steppa, Narciso e Boccadoro e II gioco delle perle di vetro). Nell'ultima parte viene rivisitata la produzione hessiana in base ai principali "temi e motivi" in essa ricorrenti: la dissoluzione spirituale della civiltà occidentale; la protesta umanistica e antimaterialistica; la ricerca di un superamento dell' impasse europeo mediante la rinascita interiore dell'uomo e grazie a un sincretismo occidentale-orientale... Se Hes- se è parso spesso configurarsi quale enfatico cantore della palingenesi o dell'esistenza da outsider, i suoi momenti di maggiore autenticità sembrano rivelarsi — secondo l'autrice — quelli in cui, smussata l'enfasi palingenetica e ridimensionato l'afflato mistico della ricerca "indivi-duativa" della dimensione interiore, Hesse ha messo a nudo — con dolente consapevolezza — la "modesta etica del tentativo". Tale sarebbe il frutto della "seconda coscienza" (quella classico-pedagogica) dello scrittore svevo in quanto vigile testimone della storia contemporanea. Giulio Schiavoni Donato Gagliardi, Un'arte di vivere. Saggio sul primo libro delle epistole oraziane, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1988, pp.115, Lit 20.000. Nell'età di Augusto giunge ad un importante livello di maturazione culturale il processo storico di costruzione dell'identità individuale maschile, accompagnato dalla progressiva disgregazione della società gentilizia. La coscienza della maturazione di tale processo è attinta in particolare nelle Satire e nelle Epistole di Orazio oltre che nelle Elegie di Tibullo e di Properzio. E proprio come luogo della dimensione interiore e soggettiva, dello spazio delle emozioni e dei sentimenti, della formazione morale, Gagliardi studia il primo libro delle Epistole di Orazio, indaga con fine sensibilità e delicato acume la straordinaria abilità tecnica, stilistica, artistica con la quale Orazio seppe inquadrare i propri pensieri e discorsi nei paradigmi della soggettività. In cinque capitoli (Il mondo delle Epistole, Tradizione fi- losofica e riflessi'autobiografici, Il problema del bene vivere e il concetto di sapientia, Il lessico come mezzo di caratterizzazione stilistica e spirituale, Funzione e varietà dell'ironia) vengono esaminate tutte le venti epistole. Naturalmente i temi delle Epistole, pur radicandosi nel vissuto individuale e quotidiano del poeta e dei suoi amici, si sviluppano fino a giungere ad una formulazione che vuol essere ed è intesa come universale. Tuttavia, annota Gagliardi, la ricerca etica di Orazio si conclude nell'amara scoperta dell'insuccesso, che vela di tristezza "queste poesie pensose, nelle quali il ricorso all'ironia si configura come una specie di antidoto ed insieme come un modo per mascherare la sconfitta". Adriano Pennacini Fantastico Stanislaw Lem, Il pianeta del silenzio, Mondadori, Milano 1988, ed. orig. 1986, trad. dall'inglese di Riccardo Valla, pp. 334, Lit 22.000. Il polacco Lem è un autore che non finisce di stupire: è forse lo scrittore più importante della fantascienza europea contemporanea ed è uno tra i pochissimi che, invece di vivere sugli allori, scende in campo per sperimentare nuove forme e nuovi contenuti. Ogni suo romanzo, quindi, è un sasso lanciato nello stagno, una sfida per le nuove leve di scrittori. Dai tempi dei suoi primi lavori fino ad arrivare a Solaris, da cui Tarko-wski realizzò un film fondamentale, Lem ha scandito le tappe dell'evoluzione della fantascienza, ponendosi come contraltare degli scrittori an-glo-americani e distillando, in questo genere letterario, la tradizione culturale dell'Europa centro-orientale. Nei suoi romanzi rifugge dagli effetti spettacolari, dalle trame mirabolanti: in un momento in cui la fantascienza, per evitare l'esaurimento dei filoni, cerca di battere nuove strade ed è alla ricerca d'una nuova identità, la complessità concettuale che Lem riesce a esprimere può rappresentare una pietra miliare, un faro nella nebbia. Il pianeta del silenzio, ad esempio, è un romanzo in cui, più ancora della trama, è importante il modo in cui Lem affronta la narrazione: su un canovaccio di per sé non nuovissimo (la colonizzazione di altri pianeti, la ricerca di segnali di vita intelligente provenienti dallo spazio e la conseguente odissea dell'astronave Hermes) Lem riesce a inserire la sua problematica culturale e filosofica senza debordare, senza annoiare. Ottimamente tradotto, è un romanzo da non perdere. Mario Della Casa AA.W., Racconti d'incubo, a cura di Gabriele La Porta, Newton Com-pton, Roma 1988, pp. 303, Lit 20.000. Se la prima antologia curata da Gabriele La Porta, Racconti di tenebra, aveva come scopo quello di dimostrare l'esigenza di una narrativa fantastica italiana, la seconda, Racconti d'incubo, vuole approfondire e rilanciare la sfida: è infatti un vero e proprio cimentarsi, da parte degli autori, con i meccanismi e i luoghi comuni della novella horror, e, a volte, un incunearsi nei meandri più reconditi del genere. Diversi per stile e denotanti una differente esperienza nella narrativa fantastica (alcuni degli scrittori, peraltro assai noti in altri campi, sono dei neofiti del genere, altri, ed è doveroso citare De Turris, autore anche d'un bellissimo racconto, sono dei decani del fantastico italiano), i racconi contenuti nel volume offrono un panorama variegato e stimolante. Dopo anni di antologie retrospettive sui maestri e sulle origini del fantastico italiano e grazie a un'intensa, ancorché poco conosciuta e sotterranea, attività di riviste amatoriali e di case editrici specializzate, finalmente anche il grande pubblico può avvicinarsi alla "via italiana" all'horror, constatandone la raggiunta maturità artistica e la ricchezza d'inventiva. Resta una domanda, che giriamo a La Porta e a un suo prossimo (speriamo) lavoro: la frantumazione del fantastico e dell'horror in microstorie è un fatto contingente o rappresenta una linea di tendenza irreversibile? Sarebbe possibile, partendo dal livello qualitativo raggiunto, tentare un'operazione più complessa e di maggior peso? Oppure siamo già all'epoca alessandrina? Mario Della Casa Fantastico segnalazioni Naomi Mitchison, Diario di un astronauta, La Tartaruga Blu, Milano 1988, ed. orig. 1962, trad. dall'inglese di Luciana Percovich, pp. 174, Lit 15.000. Lisa Morpurgo, La noia di Priapo, La Tartaruga Blu, Milano 1988, pp. 124, Lit 15.000. Greg Bear, L'ultimatum, Nord, Milano 1988, ed. orig. 1987, trad. dall'inglese di Gianluigi Zuddas, pp. 412, Lit 10.000. 0 EDIZIONI QuattrdWmti SHERAZADE Collana di scritti femminili diretta da F. Minuzzo Bacchiega TRE DONNE DEL NEW ENGLAND a cura di Manila Battilana MAY SWENSON UNA COSA CHE HA LUOGO. POESIA a cura di Gabriella Morisco 7 FRANCA ZOCCOLI DALL'AGO AL PENNELLO. STORIA DELLE ARTISTE AMERICANE AA.W. RITRATTO DELL'ARTISTA COME DONNA SAGGI SULL'AVANGUARDIA DEL NOVECENTO a cura di Lilla Maria Crisafulli Jones e Vita Fortunati LE CANZONI DI MIRA Introduzione e Traduzione di C. Singh Distribuzione P.D.E. per le librerie C.P. 156, 61029 URBINO Ueda Akinari, Racconti di pioggia e di luna, Marsilio, Venezia 1988, ed.orig. 1768, trad. dal giapponese di Maria Teresa Orsi, pp. 210, Lit 16.000. Fukunaga Takehito, La fine del mondo, Marsilio, Venezia 1988, ed. orig. 1959, trad. dal giapponese di Graziana Canova, pp. 109, Lit 12.000. Tra i suggestivi Racconti di pioggia e di luna del settecentesco Akinari e La fine del mondo del contemporaneo Takehito passano circa duecento anni: due secoli tumultuosi per il Giappone che è passato dal feudalesimo all'epoca tecnologica, conoscendo durante la seconda guerra mondiale, la "fine del mondo" più spaventosa che allora si potesse immaginare. Due secoli che trasformano completamente la cultura, l'immaginario e, nel caso specifico, l'approccio alla letteratura fantastica. Due libri, di conseguenza, interessanti non per i punti di contatto o per le similitudini, ma perché permettono una prima lettura dell'evoluzione del fantastico nella lettera- tura giapponese. Nei Racconti di pioggia e di luna, ad esempio, sono rielaborate, a volte in modo originale, vecchie leggende del folklore nipponico: spettri, apparizioni, donne-serpenti e uomini-pesce fluttuano in un'atmosfera senza tempo, proiezione d'un 'epoca remota dove vivono monaci, samurai, imperatori, mercanti. Rispetto alle analoghe e contemporanee opere di autori occidentali, in Akinari è molto più accentuato l'aspetto fiabesco e la narrazione si fa lieve ed elegante, ma anche più distaccata e povera di pathos, come spesso avviene nelle fiabe,dell'Estremo Oriente. Gli stessi temi, probabilmente, inasti pensare allividente analogia tra la novella La passione del serpente e Ckristabel di S.T. Coleridge) avrebbero dato origine, nella tradizione occidentale, a leggende e racconti ben più drammatici, intrisi del dualismo bene-male. Nel complesso, l'opera di Akinari riflette un sistema sociale e di pensiero ben codificato e armonico in cui il fantastico è parte integrante della vita quotidiana e non provoca lacerazioni. Tutto il contrario, invece, avviene per Takehito, uno scrittore sperimentale tra i più importanti del Giappone contemporaneo. La fine del mondo è il dramma d'una donna alla ricerca della propria identità, soffocata da un marito perbenista e da una suocera egoista e possessiva. Con un perfetto meccanismo narrativo, nel quale si fondono i flashback, gli incubi dei protagonisti e l'incomunicabilità dei loro pensieri, Takehito racconta la fine annunciata della giovane Tami e l'implosione del mondo estemo nella sua follia, rappresentata dalla materializzazione del suo "doppio". E la crisi dell'uomo contemporaneo, incapace di risolvere il conflitto tra il proprio mondo intemo e la realtà estema; un tema universale, comune a tutto il mondo moderno, visto attraverso gli occhi d'un autore, che, grazie alla sua estrema sensibilità, riesce a fonderlo con la nitida descrizione del microcosmo della provincia giapponese di oggi. . _ Mano Della Casa