N. 10 pag. 15 j ■ dei libri del me se i Gli studi sull'Europa orientale hanno conosciuto storicamente uno sviluppo solo nei paesi con una forte presenza di immigrati esteuropei: Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada. Come sta avvenendo in molti altri settori di ricerca, gli studi americani (o comunque pubblicati negli Stati Uniti) stanno acquistando ora un peso preponderante. E improbabile che possa mutare significativamente nel prossimo ventennio il presupposto di questa situazione, e cioè il divario tra livello di risorse (materiali, bibliografiche e umane) di cui dispongono le istituzioni culturali americane e quello di cui dispongono le istituzioni europee. Questo non significa che l'editoria europea non abbia più spazio, ma che può averne solo a condizione o di eguagliare il livello della produzione americana, o di porsi in modo complementare ad essa. Improvvisare è già difficile nel mondo del giornalismo quotidiano; nell'editoria è semplicemente impossibile. Il libro di Andrea Tarquini, I frammenti dell'impero. Scenari della decolonizzazione nell'Est europeo (Ponte alle Grazie, Firenze 1989, pp. 206, L. 20.000) rappresenta una tipica occasione mancata, pur provenendo da, un editore nuovo, che ha anche pubblicato titoli di buon livello Un libro dovrebbe rappresentare, per un qualsiasi giornalista, l'occasione per rimediare alle imprecisioni nelle quali, inevitabilmente, cade ogni giorno. Questo non è il caso del libro di Tarquini, che riesce a sbagliare clamorosamente (p. 22) sia la data di nomina di Jaruzelski a primo ministro nel 1981, sia quella a primo segretario del partito comunista. Errori di questo tipo (relativi a un periodo in cui contano non solo i mesi, ma anche i giorni) non incoraggiano la lettura. Né lo specialista né il lettore comune possono essere attirati da testi del genere, e difatti non lo sono. Eppure non c'è nulla di inevitabile in questa stagnazione editoriale: da un lato, il giornalismo anglosassone riesce a produrre regolarmente libri leggibili e informativi sull'est europeo; dall'altro l'editoria manualistica — tanto disprezzata in Italia — riesce a produrre (non solo negli Stati Uniti, ma anche in Francia e in Germania) utili strumenti di lavoro in questo campo. La traduzione tempestiva di questi manuali sarebbe di reale utilità. Un testo come quello di Geoffrey Hosking (A History of the Soviet Union, Fontana, London 1985, L. st. 4,95, pp. 528) offre una ottima introduzione su tutti gli aspetti fondamentali dell'esperienza sovietica, dal 1917 sino alla successione di Andro-pov (1984); non è superato, a differenza dei troppi libri di rapida confezione sulla perestrojka; costa inoltre meno della metà del libro Tarquini. Da segnalare inoltre: Jerzy To-maszewski, The socialist states of East-Central Europe 1944-67, Rout-ledge, London - New York 1989, pp. 306, £ st. 35. millan, London 1987, pp. 474). Il più importante (o almeno quello che avrà la maggior eco internazionale) è certamente quello di Timothy Gar-ton Ash, The Uses of Adversity. Es-says on the Fate of Central Europe (Granta Books, Cambridge 1989, pp. 305). Si tratta della raccolta di articoli già pubblicati su diverse riviste inglesi e americane. Garton Ash riconosce di essere costretto a basare le sue valutazioni sulla sua conoscenza di alcuni paesi (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, DDR) estrapolando poi le sue conclusioni per i paesi rimanenti. In realtà il problema non è tanto quello di una mancata onni-scenza del singolo studioso, quanto dell'approccio ai problemi. Ad esem- bulgaro e sul colpo di stato di Pil-sudski, ha pubblicato di recente una storia dell'Europa orientale nel dopoguerra, A Return to Diversity. A Politicai History of East Central Europe since World War II (Oxford University Press, New York 1989, pp. 288). Il libro è deludente rispetto a quanto ci si poteva aspettare dall'autore di East-Central Europe hetween the Wars (1974), il cui panorama della storia dell'Europa orientale tra due guerre rimane insuperato. A Return to Diversity si ferma invece a un livello puramente descrittivo. Nel recensire il precedente libro di Rothschild, Hugh Seton-Watson gli aveva a suo tempo rimproverato di non aver compreso la Grecia nel- Anziché usare impropriamente l'immagine dell ' "ottomanizzazio-ne", sarebbe più interessante un approccio sistematico all'Europa ottomana. La più recente storia generale dei Balcani (del XVIII secolo ad oggi) è quella di B. Jelavich, History of the Batkans, voli. I e II, Indiana University Press-Cambridge University Press, Bloomington-Cambridge 1983, pp. 421 e 487. Per la storia economica è disponibile il libro di J.R. Lampe e M.R. Jackson, Balkan Economie History, 1550-1950. From Imperiai Borderlands to Developing Nations, Indiana University Press, Bloomington 1983, pp. 728. Studi recenti su singoli paesi comprendono Jerzy Tomaszewski, Bulgaria 1944- Cosa leggere Secondo me sull'Europa Orientale Gli studi esteuropei hanno sempre privilegiato l'Unione sovietica, e anche su singoli paesi esteuropei hanno avuto quasi sempre un approccio settoriale (il singolo paese, il singolo aspetto). Ultimamente sono apparsi diversi libri sull'Europa centro-orientale nel suo complesso (tra i manuali, il migliore rimane quello di J. Lovenduski e J. Woodall, Politics and Society in Eastem Europe, Mac- pio, Garton Ash (prendendo implicitamente lo spunto da un articolo di Zbigniew Herbert sui fanarioti) ha introdotto la nozione di "ottomaniz-zazione" del sistema esteuropeo, che in pratica ammonta a dire che I4 dissoluzione del blocco orientale sarà lenta e differenziata. Come formula giornalistica è efficace, ma come spiegazione storica è inconsistente, e risulta già smentita dalla dinamica degli eventi in DDR. La mancanza di un adeguata comparazione storica e sociologica appare ripetutamente, nelle osservazioni sulle prospettive di riforma e rivoluzione (che hanno uno strano sapore di leninismo alla rovescia) come nelle osservazioni sulle condizioni sociali in Polonia (l'esistenza di tripli turni nelle scuole, di per sé, non dimostra assolutamente nulla, almeno per un lettore italiano). Joseph Rothschild, autore di importanti studi sul partito comunista l'Europa centro-orientale, di cui essa fa storicamente parte. La validità dell'obiezione di Seton-Watson emerge ancora nel libro del 1989, che continua a escludere la Grecia. Eppure l'utilità di un confronto dovrebbe essere evidente, essendo la Grecia finita nella NATO anziché nel Patto di Varsavia per un puro incidente geopolitico. Nicos Mouzelis ha fornito un primo contributo in Modem Greece. Facets of Underdevelopment (Macmillan, London 1978, pp. 222); William H. McNeill, già autore dello stimolante studio sulla storia dell'Europa orientale, Europe's Steppe Frontier, 1500-1800 (1964), fornisce una conferma indiretta in The Meta-morphosis of Greece since World War II (University of Chicago Press, Chicago 1978, pp. 264). In italiano merita di essere segnalato il libro di Giorgio Vaccarino, La Grecia tra resistenza e guerra civile, 1940-1949, Angeli, Milano 1988, pp. 320, L. 32.000). inquadramento in un contesto esteuropeo più generale. Gli studi più recenti comprendono il libro di Ivo Ba-nac, The National Question in Yugo-slavia. Origins, History, Politics, Cornell University Press, 1983, pp. 452 (sul periodo tra le due guerre), e Ha-rold F. Lydall, Yugoslavia in Crisis, Oxford University Press, London 1989, pp. 224. In italiano merita di essere segnalato il recente libro curata da S. Bianchini, L'enigma jugoslavo. Le ragioni della crisi, Angeli, Milano 1989, pp. 392, Lit 40.000 1971. Tmdna droga do socjalizmu, PWN, Warszawa 1989, pp. 414 (ba sato su ricerche negli archivi bulgari e inglesi, dimostrando che le fonti ufficiali possono essere anche utilizzate in modo critico); L'Albania (l'unico paese europeo con una popolazione in maggioranza musulmana) è studiata in A. Schnytzer, A Stalinist Economie Strategy in Practice. The Case of Albania, Oxford University Press, London 1982, pp. 180. Mancano ancora studi realmente informativi sul caso romeno; sull'argomento l'unico testo interessante è quello di Michael Shafir, Romania. Politics, Economics and Society (Frances Pinter, London 1985, pp. 232), nell'ottima collana "Marxist Regimes". (Vladimir Tismeanu dell'Università della Pennsylvania sta scrivendo una storia politica del comunismo romeno nel dopoguerra). Sulla Jugoslavia esiste una ampia letteratura, ma sono rari i tentativi di Sul problema storico del nazionalismo esteuropeo il miglior studio generale rimane Nazioni e nazionalismi di Ernest Gellner (Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 164, L. 16.000, ed. or. 1983). Gellner ha esaminato più in dettaglio il dibattito sovietico su questo tema e altri affini, in State and Society in Soviet Thought, Blackwell, Oxford 1988, pp. 194. Altri contributi che meritano di essere ricordati sono il libro di M. Hroch, Social Pre-conditions of National Revival in Europe. A Comparative Analysis of the Social Composition of Patriotic Groups Among the Smaller European Nations, Cambridge University Press, Cambridge 1985, pp. 233; J.Chlebówczyk, On Small and Young Nations in Europe, Ossolineum, Warszawa 1980, pp. 216 e Emil Nie-derhauser, The Rise of Nationality in Eastem Europe, Corvina, Budapest 1981, pp. 340. Il Minority Rights Group (MRG, 36 Craven St, London WC2N 5NG, abbonamento annuale L. st. 14) pubblica e aggiorna regolarmente rapporti sulle minoranze nazionali di tutto il mondo, ivi comprese quelle sovietiche ed esteu-ropee. Il rapporto più recente è quello sui Balcani, Minorities in the Batkans, MRG, London 1989, pp. 42, L. st. 2,50. Sui diversi aspetti della religiosità esteuropea rimane tuttora valido lo studio di Trevor Beeson, Discretion and Valour. Religious con-ditions in Eastem Europe, Fontana, London 1974, seconda ed. ampliata 1982, pp. 416. Studi più specifici (utili più da un punto di vista descrittivo che non analitico) comprendono per i paesi baltici, R.J. Misiunas e R. Taagepera, The Baltic State. Years of Dependence, 1940-1980, University of California Press, Berkeley 1983, pp. 260 (che si riallaccia al libro di Georg von Rauch sul periodo tra le due guerre, Geschichte der oaltischen Staaten, Kohlhammer, Stuttgart 1970, pp. 224, trad. ingl. The Baltic States. The Years of lndependence: Estonia, Latvia, Lithuania, University of California Press, Berkeley 1974, pp. 265). Un ottimo esempio del rinnovamento degli studi sull'area transcaucasica è il libro di R.G. Suny, The Making of the Georgian Nation, Indiana University Press e I.B. Tauris, Bloomington-London 1988, pp. 396. Sul caso armeno merita di essere segnalato in italiano l'utile libro di David Marshall Lang, Armeni. Un popolo in esilio, Calderini, Bologna 1989, pp. 204, L. 22.000. Il libro di Lang (che è la traduzione italiana di un libro pubblicato a Londra nel 1981, aggiornato nel 1988, con una appendice sulla comunità armena in Italia) è utile, informato, non pretenzioso, fornisce informazioni di base su tutta la storia degli armeni, ma anche una precisa bibliografia per chi voglia approfondire l'argomento. Lang è uno dei massimi specialisti mondiali sulla storia armena; il suo libro non rischia di essere "superato".