N. 10 pag. 15 j Idei libri del mese NOVITÀ Gian Luigi BASINI Giancarlo FORESTIERI (a cura di) BANCHE LOCALI E SVILUPPO DELL'ECONOMIA p. IV-656, L. 72.000 Luigi BERLINGUER Floriana COLAO (a cura di) LA "LEOPOLDINA" NEL DIRITTO E NELLA GIUSTIZIA IN TOSCANA p. 740, L. 65.000 Vincenzo CARAMELLI Enrico COLOMBATTO Alasdair MACBEAN Ian STEEDMAN Peter SUTHERLAND Rolf WÀGENBAUR NUOVE TENDENZE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE p. 242, L. 20.000 Massimo CERESA GASTALDO SOSPENSIONE CONGELAMENTO E PROROGA DEI TERMINI DI CUSTODIA CAUTELARE (Artt. 1, 2 e 5 I. 17 febbraio 1987 n. 29) p. 456, L. 37.000 Andrea DE GUTTRY Natalino RONZITTI I RAPPORTI DI VICINATO TRA ITALIA E SVIZZERA p. XIV-694, L. 55.000 Ubaldo G. NANNINI IL CONSENSO AL TRATTAMENTO MEDICO Presupposti teorici e applicazioni giurisprudenziali in Francia Germania e Italia p. 582, L. 45.000 Massimo MERONI LA TEORIA DELL' INTERPRETAZIONE DI TULLIO ASCARELLI p. XXIX-304, L. 30.000 Giovanni MINNUCCI LA CAPACITÀ PROCESSUALE DELLA DONNA NEL PENSIERO CANONISTICO CLASSICO Da Graziano a Uguccione da Pisa p. 154, L. 15.000 RITROVAMENTI E SCOPERTE DI OPERE D'ARTE Ricerca diretta da Vincenzo Panuccio p. 196, L. 15.000 Giuseppe SOBBRIO ECONOMIA DEL SETTORE PUBBLICO Corso di scienza delle finanze p. 390, L. 32.000 Lorenza VIOLINI BUNDESRAT E CAMERA DELLE REGIONI Due modelli alternativi a confronto p. 132, L. 12.000 BIUFFRI IBIIOIE-MIIAHa VIA BUSTO ARSIZI0 40 TEL. 38000905 • CCP 721209 I piccoli peccati dell'occidente dì Percy Allum Guy Hermet, Alle frontiere della democrazìa, Edizioni Lavoro, Roma 1989, ed. orig. 1983, trad. dal francese di Daniela Adorni, postfaz. di Alfio Mastropaolo, pp. 269, Lit 25.000. Nell'anno di Tienammen e in un'epoca di crisi diffusa del socialismo 'reale' diventa sempre più urgente scrutare le basi della sua tradizionale rivale politica, la democrazia 'reale', quella che oggi in concreto opera nei paesi occidentali. Si rischia infatti di cadere in un grave abbaglio se si pensa ormai definitivamente conclusa la storica partita tra i due regimi politici antagonisti. Innanzitutto in questo modo si assume che la democrazia reale sia la democrazia tout court, la democrazia per antonomasia: se non quella ideale, di certo la sola possibile. Ora, come ha sottolineato tante volte in questi anni Norberto Bobbio, essa colleziona numerose "promesse non mantenute" (partecipazione disincentivata, potere invisibile, eguaglianza limitata, influenza degli interessi organizzati, persistenza delle oligarchie, ecc.), che sono dei "péchés mignons" a confronto con le promesse disattese del socialismo reale tuttavia hanno un certo peso nel minare la sua immagine di regime politico 'autentico'. Si può inoltre suggerire che proprio le promesse disattese del socialismo reale inducono a valutare in modo più positivo i risultati conseguiti in Intervento Effìmeri ma immodesti di Oreste Del Buono "L'Indice" nel numero di ottobre, ha aperto una discussione sul rapporto tra libro e televisione. Dopo l'intervento di Carlo Cavaglià, pubblichiamo quello di Oreste Del Buono. Parlare di libri e televisione è difficile. Più difficile persino che parlare di libri e giornali. Qualsiasi tentativo di stabilire un vero rapporto tra libri e giornali che non siano specializzati è, infatti, drasticamente fallito. Restano appena, con risultati alterni, quei compromessi costituiti dagli inserti cosiddetti culturali che non si preoccupano di un 'autentica diffusione della lettura, ma di informare su testi e personaggi emergenti più vistosamente. Una semplice, addirittura brutale prova di quanto non sì fa per i libri sui giornali è, a esempio, la persistente lacuna di notizie efficaci, ovvero confronti tra titoli uguali, critiche, consigli sistematici) sui tascabili poco reclamizzati per ragioni di bilancio da chi li pubblica e appena spilluzzicati, una colonnina qua e una colonnina là, da qualche recensore di buon cuore. Solo in vecchio "Tutto libri" autonomo provò a fare qualcosa di meglio ma allora i titoli dei tascabili erano molti meno e poi, comunque, non ci ha più riprovato nessuno. Invece, ci sarebbe materiale per riempire una o due pagine degli inserti con una trattazione utile per chi legge ì libri come per chi li fa. Ma lasciamo perdere i giornali. Parliamo di televisione. Qui, da un'esperienza di frequentazione quotidiana del piccolo schermo, direi che il rapporto non è neppure consigliabile, oltre che impossibile. Gli autori con il proprio libro sottobraccio pronti a tutto pur di apparire in televisio- ne cominciano a scarseggiare, dopo che ha preso a vacillare la stretta correlazione arbitrariamente stabilita tra apparizione in televisione e aumento delle vendite. Non basta più farsi ospitare in qualche contenitore televisivo. L'arte è quella di essere richiesti, desiderati, in quanto personaggi da televisione e non in quanto autori di libri. Bramati, insomma, nonostante il fatto che si è autori di libri. Se Aldo Busi va a letto, sebbene prudentemente vestito, nell'Ars Amanda di Amanda Lear, e, tra un elegante ballo prima di coricarsi e un fuoco di artificio di battute anticonformiste in piedi o sdraiato, trova ancora modo di comunicare che è l'autore più bello e più pagato, l'unico, l'impareggiabile, Vittorio Sgarbi scivola sul divano dell'Harem di Catherine Spaak a discorrere di amore e innamoramento, poligamia e monogamia, tradimento e gelosia e ad accarezzarsi, arrotolarsi e lisciarsi all'infinito i bei capelli come una ragazza, senza accennare neppure i suoi libri. Il più moderno, il più nel futuro è, evidentemente, Vittorio Sgarbi. La televisione concupisce certi autori come personaggi. Lo scriver libri è un hobby almeno per ora tollerato. Le telespettatrici e i telespettatori avvinti dai nuovi personaggi acquistano i loro libri come i f ans delle movie e delle rock star, dei cantanti acquistano poster e magliette con le effigi dei loro beniamini, quasi a prolungare negli oggetti il culto delle personalità di cui subiscono il fascino. Nell'appendice alla raccolta di saggi, facciamo Riccardo Allorto L'ABC della musica per capire le parole della musica Disegni di Giuseppe Corti Volume di pp.184 F.to 13.5x21 135007 della musica di Riccardo Allorto Il lessico del "pianeta musica": circa 250 vocaboli di uso corrente spiegati ai "profani" in modo piano e accessibile, senza entrare, o restando al margine dei campi accidentati della terminologia tecnica. Le divertenti illustrazioni contribuiscono a "sdrammatizzare" l'approccio alle parole della musica. regime di democrazia 'reale': sviluppo economico e benessere diffuso, ampi margini di libertà individuale, un certo grado di giustizia sociale. Tuttavia, questo relativo successo delle democrazie occidentali non può diventare pretesto per una loro eccessiva glorificazione, quasi che non fosse possibile alcun ulteriore miglioramento. In questo contesto assume un interesse indubbio la traduzione del lavoro di Guy Hermet, direttore di ricerca presso la Fondation nationale des sciences politiques di Parigi. Esso consente di rivisitare alcuni luoghi comuni, ad esempio quello — assai ingenuo ma a tutt'oggi molto diffuso — che nella democrazia liberale dei nostri anni scorge una tappa della marcia trionfale e lineare verso il modello ideale di democrazia. Non sorprende l'opposizione di Hermet a questa e ad altre visioni analoghe del processo storico-istituzionale, dal momento che la sua tesi principale è che la democrazia reale (o liberale) rappresenta l'esito di un itinerario non soltanto faticoso ma anche fondamentalmente contraddittorio. L'elemento del caso gioca, secondo Hermet, un tale peso nelle concrete vicende della costruzione dello stato moderno da richiamare alla mente una canzone di John Lennon: "life is what happens to you / when you are making other plans...". Inoltre l'analisi di Hermet insiste su due punti specifici: la resistenza opposta dalle élites di ogni tipo alla partecipazione dei cittadini alla vita politica; e l'indifferenza espressa dalla maggioranza dei cittadini nel rivendicare un ruolo più significativo nei pubblici affari (Le peuple cantre la démocratie è non a caso il titolo del suo lavoro più recente, in continuità con le tesi di questo libro). Il risultato di questo doppio movimento di repulsione non può che essere una lunga serie di paradossi: da un lato, la concessione del suffragio universale fatta non per allargare la democrazia ma espediente per esorcizzarla; dall'altro lato, una mobilitazione dal basso da parte degli esclusi, in realtà molto più limitata di quanto usa dire e che si realizza solo attraverso minoranze organizzate (è il caso della vicenda risorgimentale e, più in generale, dell'ascesa dei singoli movimenti nazionali, per lo più espressione di contro-élites). A questo punto sopraggiunge il paradosso più inquietante: il ruolo spesso decisivo delle pratiche non (per non dire specificamente anti) democratiche nella costruzione della democrazia. Hermet sostiene, infatti, che la dittatura può essere, in certe circostanze, "la madre della democrazia" (è il titolo del terzo capitolo); e cita a questo proposito le vicende del Secondo Impero francese e l'Impero tedesco di Bismark. La sua tesi è che in questi paesi i periodi di liberalismo autoritario furono necessari per garantire le borghesie francesi e tedesche contro le minacce insite nell'allargamento della democrazia. Ma se ciò riuscì alla Francia, non altrettanto accadde nel caso tedesco, sfociato nel nazismo hitleriano per poi approdare alla democrazia nel secondo dopoguerra. Del resto anche Dahrendorf ha sostenuto (e sostiene tuttora) che la Gleichschaltung nazista ha favorito il successivo assestamento della democrazia liberale nella Repubblica federale tedesca, nel senso che ha distrutto le residue barriere premoderne (fedeltà feudali, sottomissione alla Chiesa, benevolenza autoritaria senza partecipazione civica, immobilità e tradizionalismo, ecc.). Se portato alle sue estreme conseguenze, tuttavia, questo ragionamento appare piuttosto fragile e rischia di fornire più di un appiglio giustificatorio alle apologie. In realtà Hermet è molto sensibile ai limiti della democrazia reale, in termini sia geopolitici che sociopolitici. Le frontiere del titolo si ritrovano a tre livelli. Il primo è quello territoriale, i regimi di democrazia reale sono infatti limitati al cosiddetto mondo occidentale (Europa, America del Nord, dominions bianchi del Commonwealth). La seconda frontiera è sociale nel senso che il potere reale rimane nelle mani di una élite di tipo oligarchico. Non si nega l'importanza delle possibilità di cambiare il personale politico e i partiti di maggioranza, e neppure il peso delle diverse libertà (di pensiero, di espressione, diritto di voto, ecc.) o di alcuni entitlement sociali, ma si nota una mancanza di entusiasmo nel dare alla "cittadinanza" un contenuto sociale davvero pregnante. Il terzo livello è collegato al secondo e si riferisce all'ambiguità e alla fragilità di questo tipo di regime politico: ne discende l'indicazione ad evitare ogni azione troppo brusca che potrebbe suscitare reazioni violente da parte delle élites al potere, le quali, sentendosi minacciate, finirebbero per dare