N. 10 Pag- Adelphi Leonardo Sciascia UNA STORIA SEMPLICE «Piccola Biblioteca Adelphi», pp. 66, L. 8.000 Un apparente suicidio. Una frase troncata: «Ho trovato». Un giallo complicatissimo raccontato nel modo più essenziale. Hippolyte Taine LE ORIGINI DELLA FRANCIA CONTEMPORANEA LA RIVOLUZIONE «Classici», due volumi in astuccio, pp. 800 + 1200, L. 190.000 La più efficace narrazione degli eventi e la più lucida analisi delle idee della Rivoluzione francese. Friedrich Nietzsche FRAMMENTI POSTUMI 1869-1874 volume Ili, tomo 3, parte prima «Opere complete di F. Nietzsche», pp. 536, L. 80.000 Il laboratorio di Nietzsche sulla Grecia antica, nel periodo della Nascita della tragedia. Gregory Bateson Mary Catherine Bateson DOVE GLI ANGELI ESITANO «Biblioteca Adelphi», pp. 332, L. 28.000 La formulazione ultima, e più vasta, delle idee di Bateson. Bruce Chatwin UTZ «Biblioteca Adelphi», pp. 130, L. 15.000 Un'indagine romanzesca sulle vicende di una leggendaria collezione di porcellane di Meissen e sul suo enigmatico proprietario. Thomas Bernhard IL NIPOTE DI WITTGENSTEIN «Fabula», pp. 132, L. 16.000 La storia di un amico - e del suo progressivo sprofondare dall'eccentricità alla follia. Jean-Pierre de Caussade L'ABBANDONO ALLA PROVVIDENZA DIVINA Piccola Biblioteca Adelphi», pp. 166, L. 12.000 Un libro che, come pochi altri, aiuta a vivere. «gli Adelphi» una nuova collana economica Karen Blixen SETTE STORIE GOTICHE pp. 420, L. 12.000 Joseph Roth LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI pp. 195, L. 8.000 « mediterranea, comprendente Provenza, Linguadoca, Catalogna, Italia meridionale, Sicilia, ma i cui caratteri specifici si riscontrano nell'Italia comunale, caratterizzata da una netta 'popolarità' dei santi, provenienti in larga maggioranza dagli strati inferiori dell'aristocrazia e dalla borghesia artigianale e commerciale, da una vita, che, pur non escludendo una attività lavorativa almeno temporanea, è centrata sulla rinuncia e la mortificazione volontaria, (eremiti e reclusi), sull'esercizio della carità, e infine, per il progressivo influsso della spiritualità proposta dagli Ordini Mendicanti, sulla contemplazione e pensi alle stimmate come segno dell'identificazione con Cristo —, caratterizzante in modo tutto particolare le donne, che "per esprimere la loro esperienza religiosa non ebbero a disposizione altro linguaggio che quello del corpo". Un'opera come questa, forte della consapevolezza metodologica delle proprie scelte cronologiche e tematiche, non consente di rilevare assenze o sottovalutazioni. Incoraggia piuttosto ad approfondimenti e ampliamenti, già in parte presenti nella storiografia più recente. L'ottica qui particolarmente accentuata della santità per gli altri, secondo la quale il santo è un personaggio che altri hanno considerato tale, può essere Conservare, una storia lunga di Roger Chartier La memoria del sapere. Forme di conservazione e strutture organizzative dall'Antichità a oggi, a cura di Pietro Rossi, Laterza, Roma-Bari 1988, pp. 409, Lit 35.000. Questo libro è il frutto di un'idea originale. In un momento in cui la sociologia culturale, storica o no, dedica tutta la propria attenzione alla circolazione disuguale e alla contrastata appropriazione dei beni simbolici in una determinata società, il progetto sulla vita mistica. I processi permettono poi di cogliere l'evoluzione degli "indizi e manifestazioni della santità", che tende allo sviluppo di rapporti di devozione personale più spiritualizzata tra il fedele e il santo e ad una valorizzazione dell'esemplarità della vita e delle virtù morali, a scapito del 'segno' tradizionalmente più 'quotato', il miracolo. La serietà, con cui l'evento miracoloso viene vagliato dalla gerarchia, non contrasta con un atteggiamento di sostanziale accettazione "stante che quei miracoli erano corroborati da testimonianze concordi, che erano dello stesso tipo di quelli che si leggevano nelle Sacre Scritture e che contribuivano all'edificazione del popolo cristiano". Tra le manifestazioni della santità il linguaggio del corpo: prima la virtus dei corpi santi, potere taumaturgico, incorruttibilità, profumo, che sostanzia il culto delle reliquie a partire dal-età tardo antica; poi una sempre più accentuata funzionalità del corpo in relazione alla vita spirituale — si utilmente affiancata da quella che chiamerei l'autocostruzione della santità, un processo consapevole, spesso guidato da modelli, volto all'acquisizione di poteri su se stessi, sugli altri, sulla natura. Il privilegia-mento della santità 'nuova' trova un necessario complemento nella dia-cronicità dei culti; così l'esito negativo di alcuni processi non conclude la loro storia, che vede talvolta una riapertura a distanza di decenni o di secoli, ponendo interessanti problemi in ordine alla riattualizzazione della santità. Un confronto tra novità e persistenze o stratificazioni culturali può consentire una visione più articolata della vita religiosa e sociale di singoli contesti. Così come un sistematico intreccio sincronico e diacronico tra fonti tipologicamente diverse permette di valutare la profondità delle incidenze simboliche, confermando la complessità del 'fatto agiografico' e il suo significato per la storia della società. degli undici autori riuniti in questa raccolta è stato quello di scrivere una storia lunga — dal Vicino Oriente antico fino al mondo occidentale contemporaneo — delle istituzioni, degli strumenti, delle tecniche alle quali è stata affidata la conservazione del sapere. Il primo risultato di questa riflessione comune, condotta essenzialmente da storici della filosofia e della scrittura, consiste nell'in-dividuare con certezza le mutazioni più importanti che hanno trasformato le condizioni stesse della trasmissione dei testi. Quattro cambiamenti ne scandiscono l'evoluzione. Il primo modifica radicalmente il rapporto con i testi, consentendo di fissarli con la scrittura. "È indubbio che vi siano alcune operazioni conoscitive che diventano possibili solo con l'esistenza della scrittura, e che anzi in certi casi non sono neppure pensabili senza scrittura", conclude il compianto Giorgio Raimondo Cardona, dando così seguito alle tesi di Jack Goody sulle inedite possibilità (di classificazione, di catalogazione, di manipolazione dei testi) aperte dalla scrittura, anche non alfabetica, anche riservata ad una casta di scribi al servizio del clero e dei re. Secondo punto di cesura fondamentale: la sostituzione, tra il II ed il IV secolo d.C., del Codex (codice), il libro con i quaderni cuciti, al volu-men (rotolo), il libro a forma di rotolo. Con questa invenzione, che per Guglielmo Cavallo "significò", in pratica, l'avvento del tipo di libro giunto fino a noi senza sostanziali modifiche", si era reso possibile un nuovo uso dei testi, meno dipendente dalla memoria che, sola, consentiva al lettore del volumen di ritrovare un passo particolare o di orientarsi nel suo rotolo. Si tratta di un cambiamento che forse è da considerare più decisivo di quello che sostituisce il manoscritto con la stampa. Certamente l'invenzione di Gutenberg, che abbassa i costi di produzione e moltiplica gli esemplari, trasforma radicalmente la circolazione e la diffusione del libro, ma non modifica a fondo le tecniche intellettuali imposte e consentite dalle forme assunte dal libro occidentale nei primi secoli della nostra era. Queste due rivoluzioni del libro non hanno tuttavia prodotto effetti immediati. Solo a partire dal IV secolo i copisti iniziano a sfruttare appieno le potenzialità del codex: la possibilità, cioè, di riunire in un solo libro un'opera intera o gli scritti di uno stesso autore, e quella di raffrontare, grazie alle glosse poste in margine, un testo ed il suo commento. E solo assai lentamente vengono mobilitate le enormi risorse della stampa: "In verità si ha l'impressione che per un lungo periodo, forse sino alla metà del secolo XVIII, la stampa a caratteri mobili fosse una tecnologia sottoutilizzata in tutte le nazioni europee" scrive Armando Petruccci, che fa risalire questo malthusianesimo tipografico alla "resistenza che le classi dirigenti europee, in particolare ecclesiastiche, opposero a una pacifica e libera diffusione dei libri impressi", attraverso le numerose censure che soffocarono od emarginarono i testi innovatori. È senza dubbio ancora troppo presto per valutare gli effetti della quarta rottura registrata dalla "memoria del sapere", quella dell'informatica, di cui Guido Martinotti illustra le varie tappe. In questo campo, infatti, è in gioco non solo il notevole aumento delle possibilità di immagazzinare i dati e di interrogare gli archivi, grazie ai data-banks e ai data-base, ma anche, a seguito dei recenti (e stupefacenti) progressi della microelettronica e della telematica, la possibile dissociazione tra il testo e quello che, fin dai primi secoli dopo Cristo, ne ha costituito il supporto fisico: il codex e i suoi derivati, manoscritti o stampati. Naturalmente, in un primo momento, la rivoluzione informatica ha considerevolmente incrementato, e non ridotto, la produzione di carta stampata. Ma se la prospettiva è la conservazione dei testi nelle memorie elettroniche e la loro riproduzione e lettura su schermo, si viene instaurando progressivamente un rapporto nuovo con il testo scritto, che apre possibilità finora sconosciute ma che, allo stesso tempo, esclude la possibilità di utilizzare tecniche ormai familiari. Il grande pregio del libro pubblicato sotto la direzione di Pietro Rossi è di quello di non aver limitato l'analisi alle mutazioni più evidenti e che, tutte, riguardano i supporti su cui i testi vengono fissati, accumulati, dati in lettura. Altri, ancorché me-