n TINDICF 10 ■■Idei libri del meseÌHì Intervento MARIO DAL PRA FILOSOFI DEL NOVECENTO Da Banfi ad Abbagnano, da Russell a Dewey: il pensiero critico del novecento letto da uno dei suoi storici più attenti. 136 pagine, lire 20.000 CLAUDIO NATOLI (a cura di) LA RESISTENZA TEDESCA 1933-1945 L"'altra Germania": un quadro ignorato di abiezione e abnegazione. 280 pagine, lire 28.000 PROGETTO FORUM HUMANUM LE PACI POSSIBILI Rapporto al Club di Roma Alcuni guardano al mondo com'è, e domandano: perchè? Altri vedono il mondo come potrebbe essere, e domandano: perchè no? 300 pagine, lire 30.000 JEAN PIAGET STUDI SOCIOLOGICI Gli scritti inediti (raccolti e commentati) di un grande maestro delle scienze sociali contemporanee. 376 pagine, lire 40.000 GIUSEPPE BONAZZI STORIA DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO Un testo di riferimento per chiunque si interessi di razionalità delle decisioni, organizzazione del lavoro, problemi dell'impresa. 408 pagine, lire 40.000 SILVANA MONTAGANO, ALESSANDRA PAZZAGLI IL GENOGRAMMA Teatro di alchimie familiari Un nuovo, affascinante modo di confrontarsi con la propria "storia" familiare. 216 pagine, lire 26.000 FrancoAngeli Il corpo e la storia "È ora così densa di quei fantasmi, l'aria...". Faust, 11.410 Le prime parole sono una sigla. "Storia notturna" è history ed è story, naturalmente. E "notturna" vale qui per "vicenda che accade di notte" (le estasi e i sabba) ma anche di Franco Fortini mente o metaforicamente) là e allora... Ciò che si è cercato di analizzare qui non è un racconto fra i tanti ma la matrice di tutti i racconti possibili". Fra l'introduzione e questa conclusione stanno trecento e più pagine che alternano e compenetrano racconto e ricostruzione, presentazione e concatenazione di eventi, discus- lo. Non può, anche per ragioni professionali, abiurarla. La sceglie notturna; ma che sia storia. A evitare però che il mutamento storico prevarichi sul non-mutamento della corporeità gli è necessario che quest'ultima si limiti alla autorappresentazione. Che non intervengano l'azione, il lavoro, il conflitto con la natu- i : v-. -f'yVìS. \ - A A v \ , <_. x LE TESSERE UTILI SONO INFINITE Soprattutto sono diverse. Hanno mille colori, molteplici sfumature ed innumerevoli tonalità. Sono multiformi, proteiformi, variegate. Ma anche uniformi o screziate, brillanti od opache, vivaci o spente. Ognuna-è un pezzo unico, differente, difforme dall'altro; tutt'al più simile, mai uguale né tanto meno identico. Mctote Giocondi dei contrari Dizionario dei sinonimi e dei contrari: un'infinità di tessere per comporre il mosaico dell'espressione. SI1 Editoriale Paradigma _ "racconto che si narra di nottetempo". ("Un racconto triste è meglio per l'inverno: / ne conosco uno di spiriti e folletti", dice Shakespeare). Il titolo è dunque un programma. La introduzione, d'altronde, vuole coinvolgere esplicitamente il maggior numero possibile di lettori col fascino dell'occulto e del delirio. L'opera, che sostiene esplicitamente "l'esistenza di una natura umana" è anche una riflessione sui limiti della conoscenza storica, tema attualissimo. "L'esperienza inaccessibile che l'umanità ha espresso simbolicamente per millenni attraverso miti, favole, riti, estasi, rimane uno dei centri nascosti della nostra cultura, del nostro modo di stare al mondo. Anche il tentativo di conoscere il passato è un viaggio nel mondo dei morti". E, simmetricamente, nelle ultime righe del libro: "Andare nell'aldilà, tornare dall'aldilà. Questo nucleo narrativo elementare ha alimentato l'umanità per millenni... Raccontare significa parlare qui e ora con una autorità che deriva dall'essere stati (letteral- sioni con la letteratura scientifica, questioni di metodo, etnografica, storiografica, sovrapponendo i tempi dal Paleolitico all'oggi. Come sempre, fra il conservatore e il reazionario è quest'ultimo ad avere ragione (provvisoriamente). Nello scambio di lettere su "Repubblica", per Citati gli archetipi junghiani sarebbero del tutto astorici e per Ginzburg invece le ricorrenze o permanenze sarebbero dovute al corpo e alla esistenza di una comune "natura umana". Per lui, il rapporto fra storia e 'forma' è un problema mai risolto o risolvibile una volta per tutte. La conflittualità è il più ovvio motore storico. Ma, per chi la pensa come Citati, la conflittualità è fra le due potenze inaccessibili, come spesso nei poemi cosmologici e quindi la storia sarà appena l'eterna ripetizione di una messinscena, velo di Maia. Ginzburg è invece un "liberal" conservatore, ha orrore della dialettica a tre stadi e nega ogni storicismo, ossia ogni finalità; però la storia, per lui, non è un eterno ritorno, un ritornel- ra, gli utensili e neppure la fisicità, oscura alla autorappresentazione ma non alla biologia. Con questa omissione può compiere il proprio viaggio fra i defunti, Citati intanto sorride. Per lui i morti e i vivi non si distinguono troppo. Ginzburg vuole essere nello stesso tempo nella ricerca seria e nella notte oscura. Citati sa che la ricerca "seria" è appena un passatempo, una favola come un'altra. Ginzburg non può crederlo. La per lui insopportabilmente storicista età dell'antifascismo ha i tratti del padre defunto. Significa mutamento, storia, conflitto. Egli sembra porre tutto il proprio potere intellettuale nel rimuovere la chiamata dalla torre di Elsinore; e nel voler trovare una pace, che non trova, in una "natura umana" primitiva o infantile. Il nucleo primario dei fenomeni analizzati, e raccolto nello "stereotipo" del sabba" è in una esperienza inaccessibile [...] uno dei centri nascosti [...] del nostro modo di stare al mondo". "Il ripresentarsi di forme simboliche analoghe a distanza di millenni, in ambiti spaziali e culturali del tutto eterogenei, poteva essere analizzato in termini puramente storici? O si trattava invece di casi limite che facevano apparire nell'ordito della storia di una trama intemporale?" "Apparentemente solo una decisione preliminare, di natura ideologica, avrebbe potuto sciogliere l'alternativa in un senso o nell'altro". Per evitarla è stato scritto il libro; che, nella sua più severa parte teorica è una discussione che a partire dalle indagini sul mito (Lévi-Strauss, Vernant, Detien-ne) implica la linguistica di Dumézil, Benveniste, Jakobson. E la "vera partita fra antropologia e storia", scrive Ginzburg, "si gioca probabilmente, fra convergenze e contrasti; in un ambito situato tra l'astratta profondità della struttura e la concretezza superficiale dell'evento". Quale si costituisce a partire dalla primissima infanzia (Freud e Piaget) l'autorappresentazione del corpo è momento centrale della attività di formazione simbolica. Anche se non è lecito cercare nella psicologia infantile le radici del simbolismo mitico-rituale, si può dire che quanto sappiamo dei cacciatori del Paleolitico ci autorizza a scorgere nella raccolta delle ossa dell'animale ucciso, un modo di "elaborazione dell'assenza" che oltrepassa l'ambito della esperienza sensibile immediata. L'aldilà è altrove. La morte è un caso dell'assenza. Per quei remoti progenitori, poi, animali e morti erano due espressioni della alterità, il dissimile nel-simile. "Tra animali e anime, animali e morte, animali e aldilà esiste una connessione profonda", si legge in una delle massime pagine del libro. Alla radice dei miti e dei riti c'è bensì una esperienza primaria di carattere corporeo e magari un imprinting biologico; ma non c'è bisogno di postulare l'esistenza di un inconscio collettivo. Ci sono elementi formali, regole implicite inconscie ma non estranee alla storia (prima fra tutte la figura della metafora) che operano all'interno di tramiti storici. Troppe oscillazioni rendono questa pagina conclusiva bellissima ma insoddisfacente: "Non rimane che postulare, dietro fenomeni di convergenza culturale che abbiamo indagato, un intreccio di morfologia e storia — una riformulazione, o una variante, dell'antico contrasto fra ciò che è natura e ciò che è per convenzione". Come negli esempi classici dei trattamenti analitici, sembra di giungere qui a sapere quel che già si sapeva. Intorno a questi punti di teoria l'intelligenza di Ginzburg si esercita da troppi anni perché qui io rischi il ridicolo dell'intervento di un "non addetto". Ma forse, in altre forme e in altra metrica, anch'io mi ci sono affaticato. Il viaggio ai morti non avviene solo a bordo della benemerita "Biblioteca di cultura Storica" della Einaudi, come tutti sappiamo. Dice Ginzburg che nella sua opera la nozione di archetipo (ossia di strutture immutabili e profonde della mente umana, indipendenti dalla coscienza e trasmesse per via genetica) è rifiutata nella sua formulazione più nota, quella di Jung, anzi "riformulata in maniera radicale, perché ancorata al corpo" (e con riferimento a un importante spunto di Benjamin, strettamente avverso a Jung). Alcune caratteristiche fisiche della specie — quali la stazione eretta del bipede umano — sarebbero fra le percezioni "elementari, minime" che gli uomini hanno della propria corporeità e "quel che altera tale immagine, sul piano letterale o metaforico, è particolarmente adatto ad esprimere una esperienza oltre i limiti dell'umano: il viaggio nel mondo dei morti, compiuto in estasi o attraverso i riti di iniziazione". Questo "rapporto originario col corpo" è "autorappresen- Hv w