n 10 TINDICF pa§27 ■■dei libri del meseBH Occhio al paratesto ài Cosma Siani Gerard Genette, Soglie. I dintorni del testo, a cura di Camilla Maria Ce-derna, Einaudi, Torino 1989, ed. orig. 1987, pp. IX-443, Lit 40.000. I recensori che recensiscono volumi senza leggerli per intero hanno ora il loro libro. Se è vero che si basano anzitutto sugli elementi "di contorno" al testo, dalla copertina al risvolto all'indice, essi troveranno in Soglie la trattazione scientifica, la terminologia ad hoc, le motivazioni storiche e profonde, perfino le aporie di tutto quel complesso di elementi, che — per dare una prima sistemazione — il critico francese chiama "paratesto". Troveranno insomma la legittimazione della loro, chiamiamola così per adeguarci, attività di "paralettura". Recensori a parte, Genette copre col suo studio un'area — credo — inesplorata qui da noi; ed esplorata per saggi, e mai con trattazioni totali, oltralpe. Il suo assunto è che l'opera letteraria che ci si offre sotto specie di libro, nel suo circuito sociale non si presenta mai come testo nudo e crudo, ma circondata completata e "protetta" da tutto un apparato, il quale svolge una funzione: non solo far navigare il testo sul mercato, ma anche imporre — magari per vie subliminali -— un modo di fruizione del testo stesso. Ed è innegabile che in pratica questo poi accade. Un sottotitolo (ma Genette lo chiama "indicazione generica" e lo definisce come un "annesso del titolo") che specifichi "romanzo" di un libro intitolato, per dire, Madame di Pompadour, ci chiarisce istantaneamente che non siamo di fronte ad una biografia, e che quindi dobbiamo aspettarci alcune cose sì e altre no da quel volume. A parte il fatto che simile informazione iniziale può determinare il nostro rapporto col libro: possiamo acquistarlo, ed essere coinvolti nel suo circuito commerciale; e poi leggerlo, e diventare parte del suo pubblico leggente; oppure andarcene, e restare parte del suo pubblico al solo livello oculare (avverte Genette: il pubblico di un libro non corrisponde ai suoi lettori ma ne supera ampiamente il numero); a parte questo, ci sono livelli più fondi e intenzioni più complesse, intanto perché l'indicazione "romanzo" non è, sempre secondo lo studioso francese, solo un'informazione ma è invito a condividere una convenzione: "Considerate questo libro un romanzo"; o dichiarazione di intenzioni: "Io considero questo libro un romanzo"; o una decisione: "Ho deciso di dare a quest'opera lo statuto di romanzo". Nell'ultimo caso potremmo trovarci di fronte un'opera titolata Henri Matisse e sottotitolata "romanzo", che è in realtà una raccolta di saggi. E saremmo al punto in cui il gruppo-titolo viene manipolato in vista di determinati effetti sul destinatario. Mi chiedo — ma Genette non sembra percorrere tale strada — se a questo punto quel segmento di paratesto che include il titolo non divenga testo a tutti gli effetti; se, per esempio, l'impatto del sottotitolo "Cento pic- Qs^o&tunF)c Tom, a mauiet Uamfi coli romanzi fiume" (lo si riconoscerà: è il Manganelli di Centuria) non ci investa con quella carica di scarti, aspettative disattese e incongruità che rientrano nella poetica dell'autore e della sua opera, e come tali invadono appunto il paratesto genettia-no; se, in sostanza, il discrimine fra testo e paratesto non divenga molto più fluido di quanto sembri, e possa venire spostato in avanti a fini prettamente testuali. Ma la trattazione del gruppo-tito- stica, la critica testuale, la pragmatica; o relativamente nuove, come la bibliologia; o dal suono peregrino — vedi la "titologia", lo studio dei titoli, "piccola disciplina" definita "la più attiva fra quelle, se ce ne sono, applicabili allo studio del paratesto", e che già gode d'una sua bibliografia minima. Tanto poco è dissodato il campo in cui lavora, che lo studioso deve inventarsi la propria terminologia; e lo fa con fantasia e fertilità tutte francesi. Così, nell'ambito del "paratesto", abbiamo il "peritesto" (tutto ciò che all'interno del volume non è il testo propriamente detto, e di cui sopra abbiamo elencato alcuni elementi) e l'"epitesto" (l'apparato di pub- I Coriandoli Narrativa, poesia, filosofia, scienza e politica. Libri di un centinaio di pagine per ritrovare il piacere di leggere e la misura dello scrivere. Ma rco Re velli LIVIIBlDi mmmM wnilllS • vi .11 w in FIAT da Valletta ad Agnelli a Romiti Operai Sindacati Robot Questo volume è frutto di una ricerca ventennale sulla Fiat, condotta in un rapporto quasi quotidiano con gli operai e con la fabbrica: un documento straordinario, scritto con intensità e chiarezza che «fotografa» la Fiat dall'interno, cogliendo le trasformazioni, anche drammatiche, che hanno mutato il rapporto tra uomini, macchine, lavoro e potere. In queste pagine c'è la Fiat vincente di Romiti, ma anche la Fiat difficile degli anni '70, la Fiat di Agnelli, del patto dei produttori e della ricerca del consenso. E prima ancora la Fiat arcaica e dura di Valletta. Nel racconto dei protagonisti : il lavoro alla catena, l'autunno caldo, la strategia sindacale, le nuove tecnologie, i trentacinque giorni e la «marcia di Torino», Berlinguer ai cancelli di Mirafiori, la radicale ristrutturazione aziendale, i finanziamenti statali, i «circoli di qualità», i retroscena di un «miracolo imprenditoriale» popolato di robot e avvolto nel silenzio operaio. 130 pagine, 13.500 lire Nel solco del taoismo ài Edoarda Masi Acheng, Il re degli scacchi, Theoria, Roma-Napoli 1989, trad. dal cinese di Maria Rita Masci, pp. 94, Lit 12.000. Il re degli scacchi di Acheng è di così piacevole lettura, col suo perfetto dosaggio di pathos, dramma e humor, che si è portati a scorrerlo rapidamente, e ad attribuirgli altrettanto rapidamente le lodi convenzionali che un buon racconto merita. Penso però che vada letto una seconda e lo non occupa che un capitolo dello studio di Genette. Per il resto nulla è tralasciato: dalla fascetta che talora avvolge il volume al codice a barre in quarta di copertina; passando per elementi più appariscenti: sovraccoperta, prefazione, note; o più trascurati: intestazione di collana, dediche; o apparentemente ovvi: il dorso, il segnalibro, il formato, il volantino pubblicitario. Di simili elementi vengono considerati perfino aspetti all'apparenza futili o ininfluenti — il posto in cui appare il nome dell'autore, per esempio; o l'andamento orizzontale dell'iscrizione sul dorso, o verticale dall'alto in basso o dal basso in alto. Elementi contestuali che nel loro insieme organico costituiscono le "soglie" del testo letterario e confluiscono nel paratesto: "ogni contesto fa paratesto". Genette si muove in una zona di penombra, all'interno di una materia che, più che formare una disciplina definita, nasce all'incrocio di altre discipline meglio delineate: siano aree già consolidate, come la lingui- Garzanti blicizzazione e di commenti — interviste, recensioni, lettere private, ecc. — che tratta del testo, ma che all'origine non si trova materialmente dentro l'opera); e se esistono lo pseudonimo e l'omonimo, Genette si crea l'"ònimo", onymat, per designare il normale caso in cui l'autore firma l'opera col proprio nome anagrafico; e abbiamo poi gli "intertitoli", o titoli interni, di parti, di capitoli, di sezioni. Così come esistono e sono ormai riconosciuti e vengono studiati i fattori paralinguistici del discorso orale (i gesti, gli ammiccamenti, i movimenti delle parti corporee), dobbiamo dunque abituarci all'idea dei fattori paratestuali nel discorso scritto: capirli meglio e se occorre smascherarli, o almeno divenire consapevoli di come ci influenzino. Genette sintetizza 0 suo studio in un interrogativo-aforisma che potrebbe anche essere inquietante per noi in quanto lettori, addetti e non: "... come leggeremmo l'Ulisse di Joyce se non s'intitolasse Ulisse?" (p. 8). una terza volta, per l'estrema densità delle pagine, per la loro ricchezza non sempre immediatamente visibile. Non credo, come qualcuno ha affermato, che Acheng scriva "per il solo piacere di raccontare": se pure tale fosse la sua intenzione, la scrittura stessa la smentirebbe. Per quanto facile possa essergli lo scrivere, anche la gradevolezza e la scorrevolezza sono fra i risultati di una seria disciplina. Al di là dello specifico letterario, la letteratura di luoghi lontani diventa inevitabilmente anche una delle vie per conoscere civiltà e popoli. Tanto più se si tratta di opere contemporanee di un grande paese che, come la Cina, si impone fra i protagonisti della storia mondiale e suscita interesse e passioni, senza che se ne abbia in realtà una conoscenza appena attendibile (nonostante gli schemi convenzionali, il turismo di massa, e le banalità di chi pone la formuletta "tutto il mondo è paese" alla base della conoscenza reciproca). E poi, la letteratura cinese per intero, inclusi i più sublimi versi di ispirazione taoista o Chan, parla alla società e della società, è prassi: anche quando, come di frequente, mira al ripudio della politica. Lo è nell'intima concreta struttura delle sue forme. Per questi motivi, fra l'altro, sono risultate artificiose le imposizioni del realismo socialista — distruttive non solo di potenziali autori ma della lingua stessa e del linguaggio, intrinsecamente estranee all'estetica cinese, e ad una lingua scritta dove la cosa è assolutamente e immediatamente la parola, il segno; e viceversa. Che cosa accade oggi nelle lettere cinesi? Siamo a un ritorno alla situazione pre-1949? a un assorbimento più largo delle influenze europee e statunitensi? Come si collocano nel presente contesto Acheng e gli altri giovani? (Acheng ha quarant'anni, e quando ha scritto II re degli scacchi ne aveva già trentacinque. Vanno considerati il periodo di quasi generale inattività degli scrittori nella decina d'anni successivi alla rivoluzione culturale, e la linea di demarcazione che rispetto ai più anziani letterati si definisce appunto con le opere della generazione di Acheng — che in questi termini relativi può dirsi di "giovani"). In primo luogo bisogna tener fermo che — anche in presenza della più ferrea dittatura — le correnti e i fatti letterari non sono mai determinati principalmente da pressioni politiche esterne. Per quanto riguarda CAVALLO DI TROIA N. 11 Edgar Morin PER USCIRE DAL VENTESIMO SECOLO G. P. Piretto DERELITTI, BOHÉMIENS E MALAFFARI; IL MITO POVERO DI PIETROBURGO OSSERVATORO DELLE ARTI N. 3 Cristiana Torri Vitali O CHE BEL CASTELLO AA.VV. NOSTALGIA Strategia psicoanalitica ed esperienza estetica PIERLUIGI LUBRINA EDITORE V.le V. Emanuele, 19 - 24100 Bergamo - Tel. 035/223050