IN. 7 pag. 4[ Il Libro del Mese Numero uno nell'età dell'oro di Alberto Barbera Francois Truffaut, Il piacere degli occhi, Marsilio, Venezia 1988, ed. orig. 1987, trad. dal francese di Melania Biancat, pp. 242, Lit. 28.000. "Ero arrivato a sezionare un film al punto che, negli ultimi tempi passati ad "Arts", non facevo più della critica in senso proprio, ma già della critica da metteur en scène". Citatissi-ma ogni volta che si fa riferimento ai suoi trascorsi, l'affermazione di Franfois Truffaut è stata usata, non di rado, contro il suo autore. Assunta come un assioma di cui non valesse la pena discutere i contenuti, è servita spesso ed ancora in tempi recenti a riassorbire la faziosità e il carattere radicalmente innovatore dei suoi interventi, riconducendone le tensioni inconciliabili e l'appassionata progettualità all'ambito ristretto di una "dichiarazione d'autore", alla prospettiva limitata di una poetica personale. Categorie di per sé discutibili, in questo caso poi francamente riduttive: sarà bene tenerne conto nell'af-frontare la lettura di II piacere degli occhi che, a distanza di dieci anni esatti, fa seguito alla pubblicazione in Italia de 1 film della mia vita, per i tipi dello stesso editore. Non condividemmo allora, si sarà capito, la sufficienza (ancorché mascherata da condizionata ammirazione) con cui fu accolto quel primo re-cueil di scritti di Truffaut. Ci guarderemo bene dal sottovalutare oggi questa nuova raccolta antologica, al cui progetto lo stesso regista aveva lavorato sinché la malattia, che ebbe il sopravvento il 21 ottobre 1984, glielo consentì. A dispetto del carattere assai eterogeneo degli scritti (recensioni, brevi saggi, interventi occasionali, prefazioni, profili di attori e autori ammirati) e della loro distanza temporale (tre interi decenni dal 1954 al 1984), ad imporsi è ancora una volta la convinzione della grandezza di Truffaut critico, per il quale non suonerà eccessiva l'iperbole go-dardiana: "Ci sono stati Diderot... Baudelaire... Elie Faure... Malraux... e poi Francois... Non c'è mai stata altra critica d'arte". E Jean Rouch, di rincalzo: "Truffaut avrebbe dovuto essere il critico cinematografico numero uno. Le sue critiche su "Arts" erano straordinarie, molto stimolanti... Truffaut costruiva utopicamente un cinema che non esisteva ancora". Il contributo di Truffaut alla defi- nizione di una nuova consapevolezza del cinema, nel decennio che precedette gli esordi della Nouvelle Va-gue, fu decisivo. Poteva essere il punto di partenza: per la raccolta curata da Jean Narboni e Jean Toubia-na è il punto di arrivo di un percorso a ritroso. E giusto anche così. Leggere il libro nella successione voluta dai curatori diventa allora un'esperienza archeologica, emozionante come scoprire a poco a poco i diversi strati sedimentati di una civiltà sepolta. Sino ad arrivare alla "camera del tesoro", rappresentata nel nostro caso dall'articolo Una certa tendenza del cinema francese. Con un vantaggio in più, rispetto a molti archeolo- mettere in ombra negli anni successivi (non a cancellare, anzi: semmai, a rendere meno evidente, meno ostentata), significa non solo risarcire storicamente uno dei talenti più autentici e appassionati del gruppo di jeunes turcs riuniti attorno ai "Cahiers du cinéma" di André Bazin, ma riscoprire la natura e la strategia di una mac- Con l'abito della festa Al Presidente della Corte di Sicurezza dello Stato. Parigi, 8 settembre 1970 Signor Presidente, Avevo preso la decisione di venire a testimoniare l'8 settembre al processo contro i venditori e diffusori di "La Cause du Peuple". Poiché ho già rinviato al 10 settembre la mia partenza per gli Stati Uniti, non posso rimandare ancora questo viaggio. E per questo che le mando la mia testimonianza scritta. Nelle prime settimane di giugno appresi dalla stampa che il giornale "La Cause du Peuple", di cui Jean-Paul Sartre aveva appena accettato la direzione, era stato immediatamente sequestrato ancor prima che le autorità avessero preso conoscenza dei testi che conteneva. Appresi anche che la polizia catturava, arrestava e accusava i venditori di quel giornale e qualche volta anche i lettori, se per caso ne avevano due copie in tasca o nella borsa del ciclomotore. Sapevo, sempre per averlo letto su "Le Monde", che una corte di giustizia, quella di Ronnes credo, aveva rifiutato in precedenza di sospendere la pubblicazione di questo giornale. Tutto ciò mostrava chiaramente che il ministro dell'Interno non esitava, per perseguitare un giornale, a commettere delle azioni che bisogna senz'altro ritenere illegali. lo non ho mai svolto attività politica, e certamente non sono più maoista che pompidoui-sta, essendo incapace di provare dei sentimenti per un capo di Stato, chiunque esso sia. Accade soltanto che io ami i libri e i giornali, che io sia molto affezionato alla libertà di stampa e all'indipendenza della giustizia. E accade anche che io abbia girato un film intitolato Farenheit 451 che descriveva, per stigmatizzarla, una società nella quale il potere brucia sistematicamente tutti i libri. Ho dunque voluto far coincidere le mie idee di cineasta con quelle di cittadino francese. ». «r: LETTERATURA ITALIANA NOVECENTO Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana Collana diretta da Gianni Grana La più completa rassegna critica della letteratura italiana contemporanea con la collaborazione e il contributo critico di oltre 200 storici letterari e critici militanti 11 volumi di complessive 8500 pagine con 500 tavole f.t. a colori e b/n MARZORATI EDITORE Via Pordoi, 8 - 20019 Settimo Milanese gi. Che la cultura riportata alla luce non è morta, ma viva e vitale e può servirci a meglio capire il cinema di oggi. Un esempio? In un articolo del 1957, dal titolo emblematico II cinema francese muore sotto il peso di false leggende, si leggono affermazioni che sembrano scritte ora: "Non esiste crisi del cinema perché se crisi ci fosse, i produttori cesserebbero di produrre, e non è così dato che le cifre degli investimenti salgono ogni anno; è vero che contemporaneamente aumentano anche i deficit, ma lì sta il mistero divino.. Se ci fosse una crisi del cinema, sarebbe una crisi di uomini e non una crisi di soggetti: i soggetti non sono verdure che crescono bene o male a seconda del tempo". L'ultimo dei quattro capitoli (ma c'è anche un epilogo) in cui è organizzata la raccolta, ci consente di riscoprire il Truffaut polemista che si meritò all'epoca l'appellativo di "stroncatore del cinema francese". Ripercorrere questa "parte maledetta" che lo stesso Truffaut tenderà a china da guerra lanciata contro la "tradizione della qualità". Se ne conoscono i contenuti: il rifiuto della pratica dell'adattamento letterario, la rivendicazione del ruolo centrale della mise en scène, la politica degli autori, il rifiuto della gerarchia dei generi, il predominio della scrittura. Da quei presupposti sarebbe nata la Nouvelle Vague che, a dispetto di antichi e nuovi detrattori, è l'evento più importante del cinema degli ultimi trent'anni, forse l'ultima età dell'oro di un medium che da allora non è più stato lo stesso. Stroncare per imporre una nuova idea di cinema. Truffaut vi si dedicò con metodo (interventi settimanali su "Arts", attraverso i quali "divulgava" le posizioni dei "Cahiers"), e soprattutto con passione. Ancora oggi, Rohmer ammonisce: "Non si può dire di conoscere il Truffaut critico se non si ha presente la componente polemica, dura, corrosiva dei suoi articoli su 'Arts' ". Ma nello stesso tempo, si tratta di riconoscere che alla base di questo progetto c'era un "at- to d'amore", una vera e propria morale del cinema che comportava un'adesione totale e appassionata all'oggetto del proprio desiderio, e perciò il rifiuto di ogni cinismo e conformismo estetico. Una lezione continua di lucidità e intransigenza, applicata in primo luogo nei confronti di se stesso, come tutta la sua opera successiva sarà a dimostrare ("Il nocciolo della morale cinematografica di Truffaut? Non lamentarsi mai in caso di fallimento commerciale o artistico, non far mai ricadere su altri le colpe di un insuccesso o di un successo relativo, assumersi sempre tutte le responsabilità artistiche e economiche": così Serge Toubiana. Si leggano, a questo proposito, i due articoli compresi nella raccolta, Il regista, colui che non ha il diritto di lamentarsi e il già citato II cinema francese muore sotto il peso delle false leggende). D'altro canto, intransigenza non esclude generosità. Sarebbe fare un torto a Truffaut non riconoscergli quest'altra qualità, che possedeva in misura ancora più accentuata della prima, come dimostra il numero impressionante di articoli, interventi, annotazioni in difesa o a sostegno di questo o quel film, questo o quell'autore (e scrittori, attori, tecnici, collaboratori). Il piacere degli occhi, titolo bellissimo voluto dallo stesso Truffaut, ne accoglie un buon numero, divisi in tre capitoli: Il cinema in prima persona, che mette insieme i frutti della politica degli autori (Renoir, Hitchcock, Rossellini, Welles, Bres-son, Cocteau); Letteratura e cinema, che ospita gli affettuosi ritratti di alcuni scrittori amati (Audiberti, Gi-raudoux, Irish, Roché); e Viva i divi! che, come il titolo lascia intendere, esprime l'amicizia, l'ammirazione e il rispetto "per quelli che si espongono interamente in un compito che procura loro allo stesso tempo ciò che possiamo chiamare il 'piacere della responsabilità limitata' ". (Isabelle Adjani, Catherine Deneuve, Julie Christie, Fanny Ardant). Difese appassionate, riconoscimenti di affinità elettive, vere e proprie dichiarazioni d'amore. Il corpus degli scritti di Truffaut si presenta agli occhi del lettore nella forma compiuta, e solo in parte involontaria, dell'epistolario amoroso in cui si dispiega, in tutte le possibili variazioni, l'intero dispositivo erotico fatto di attrazioni, lusinghe, ammirazioni di cui è capace un innamorato. Da questo punto di vista, Il piacere degli occhi ci dice molto di più dell'uomo Truffaut di quanto non faccia la sterminata, austera, lacunosa Correspondance da poco pubblicata in Francia e recensita qui a fianco. Il che può apparire paradossale solo a chi dimentichi ciò di cui Truffaut non ha mai fatto mistero: "Ho sempre preferito il riflesso della vita alla vita stessa. Se ho scelto i libri e il cinema, dall'età di undici o dodici anni, è proprio perché ho preferito vedere la vita attraverso i libri e il cinema".