pag. XIII Epistemologia Sandro Petruccioli, Atomi metafore e paradossi. Niels Bohr e la costruzione di una nuova fisica, Theo-ria, Roma-Napoli 1988, pp. 328, Lit 45.000. Questo libro raccoglie il risultato di un vasto lavoro di ricerca storiografica sugli anni della tumultuosa fondazione della meccanica quantistica. Il libro è strutturato in sei saggi distinti, preceduti da una breve introduzione e corredati da una discreta bibliografia; gli argomenti sono rispettivamente, la complementarità, il modello dell'atomo, il principio di corrispondenza, la teoria degli oscillatori virtuali, la fondazione concet- tuale della meccanica quantistica e la disputa tra Einstein e Bohr sulla realtà fisica. Il dibattito di quegli anni al quale presero parte tra gli altri, Bohr, Born, Heisenberg, Pauli, Schròdin-ger, Ehrenfest ed Einstein era particolarmente vivo e affrontava le radici stesse della concezione fisica della realtà. Questo libro è senza dubbio un valido strumento per la comprensione della dinamica delle mutazioni concettuali che seguirono la nascita della meccanica quantistica. Leggendolo ci si rende conto chiaramente che gli scienziati che contribuirono alla nascita della nuova fisica sapevano che la meccanica quantistica era una teoria ancora malferma e per molti aspetti contraddittoria e vedevano con chiarezza che il loro lavoro aveva delle grandi implicazioni epi- stemologiche e filosofiche. Il libro di Petruccioli porta dentro al dibattito di quegli anni proponendo un'attenta analisi di questioni di grande rilevanza per la scienza e la cultura di allora che conservano una grande importanza anche ai giorni nostri. Ruben Levi Marco De Paoli, L'infinito. Il vuoto. Dialettica delle configurazioni dell'infinito e del vuoto nel pensiero occidentale, Schena, Rasano 1988, pp. 163, Lit 20.000. Ripercorrendo l'itinerario filosofico dei concetti di infinito e di vuoto Marco De Paoli offre l'occasione sia allo scienziato che al filosofo di riscoprire aspetti poco noti o dimenticati dell'evoluzione del pensiero scientifico. L'autore ricostruisce i capisaldi delle polemiche che a partire dai greci si sono sviluppate intorno all'esistenza o non esistenza di infinito e vuoto. Si incontrano così diversi aspetti curiosi della questione; per esempio il fatto che Aristotele elencando quelle che a suo parere sarebbero state conseguenze assurde dell'esistenza del vuoto in natura avesse formulato il principio di inerzia e la legge di caduta dei gravi. Dopo aver sottolineato 0 rapporto tra cristianesimo e nozione di spazio infinito, l'autore delinea gli aspetti fondamentali della polemica dei moderni. Viene trattata in particolare la questione della interpretazione dell'esperimento di Evangelista Torricelli intorno alla quale si articola il carteggio tra Pascal e il padre Nòel. Dopo aver citato gli effetti sulla polemica provocati dall'esperienza di von Guericke che dimostrò la possibilità di creare il vuoto pompando via l'aria da una sfera di ottone, l'autore ci conduce in un contesto più matematico. Non poteva mancare infatti una discussione sulla nozione di infinito nell'ambito del calcolo infinitesimale. Nelle ultime pagine, dopo aver parlato dell'ottocento (Kant, Hegel) Marco De Paoli affronta i principali aspetti della nuova concezione di spazio introdotta nella fisica moderna con la teoria della relatività. Il testo è chiaro e di veloce lettura, peccato che manchi del tutto una discussione sulle più recenti formulazioni della nozione di vuoto sviluppatesi nell'ambito della teoria quantistica e della teoria dei campi. 0m.l.b.) Roberta Lanfredini, Oggetti e paradigmi. Per una concezione interattiva della conoscenza scientifica, Theoria, Roma-Napoli 1988, pp. 223, Lit 36.000. Affermare, come fanno Kuhn e Feyerabend, che ogni teoria ha uno specifico universo di discorso in cui i fatti che essa, circolarmente, pone a propria base vengono categorizzati, in quanto i termini osservativi non risultano interpretabili indipendentemente dal contesto teorico, significa asserire l'esistenza di una molteplicità di domini di "oggetti" in relazione agli specifici schemi concettuali che li strutturano, i cui nuclei semantici risulterebbero di conseguenza tra loro incommensurabili. Sviluppando piuttosto il wittgenstei-niano "gioco linguistico" ed il concetto kuhniano di "esemplare", inteso quale concreta applicazione di pratiche scientifiche, Roberta Lanfredini propone un modello interattivo "a rete" che, pur asserendo la possibilità del mutamento contestuale dei predicati osservativi — la possibilità, cioè, di "vedere" gli oggetti in svariati modi — non giunga tuttavia ad affermare relativisticamente che un oggetto sia suscettibile di essere visto in qualsiasi modo. Un tale modello sviluppa dunque criticamente la tesi del carattere "carico di teoria" dei referti osservativi in modo da renderne compatibili gli aspetti soggettivistici con un'impostazione empiristico-pragmatistica, asserendo appunto l'unicità — piuttosto che la dicotomicità e la gerarchicità — del piano teorico-osservativo, in cui si vanno a sviluppare la modificazione ed il confronto reciproci tra l'esperienza e le categorie concettuali in cui essa viene inserita. Nicoletta Micozzi Enrico Bellone, I nomi del tempo. La seconda rivoluzione scientifica e il mito della freccia temporale, Bollati-Boringhieri, Torino 1989, pp. 331, Lit 28.000. Se da un lato la nozione psicologica di tempo è insita, anche se non ben definibile, nella mente di qualsiasi essere umano dotato di memoria, per strano che possa sembrare, il tentativo di affrontare con teorie matematiche e scientifiche il problema della "freccia temporale" è abbastanza recente. Tra i propositi di questo libro c 'è quello di ricostruire alcune ricerche sul tempo che precedono l'insorgere nel diciannovesimo secolo della nozione di irreversibilità legata al secondo principio della termodinamica. Come preannunciato nell'introduzione, la trattazione si articola intorno a due tesi: "La prima è che la credenza sulla freccia, intesa come qualità intrìnseca del tempo e come proprietà irriducibile ai principi della fisica moderna e contemporanea sia solo illusione e mito. La seconda è che l'irruzione di illusioni del genere non fu dovuta soltanto alla scoperta, effettuata attorno alla metà dell'ottocento, di quella seconda legge della termodinamica che sollevò vivaci discussioni sull'irreversibilità dei processi osservabili, sulla natura del tempo e sulla cosiddetta 'morte termica dell'universo', ma fu anche promossa nel settecento e nei primi decenni dell'ottocento, da altri studi, fra i quali quelli compiuti da scienziati minori per individuare le cause della interazione gravitazionale". Il primo capitolo, intitolato "la storia delle scienze e la comunicazione tra gli scienziati", è in gran parte una premessa metodologica. Bellone, con una vena polemica che non manca mai nei suoi scrìtti come nelle sue conferenze, prende le distanze da un'impostazione storico-scientifica che sia puramente contestuale, ossia da un'impostazione che prenda in considerazione unicamente le credenze, le argomentazioni e le azioni dei soggetti della ricerca trascurando gli enti non linguìstici che sono l'oggetto di studio della scienza. A ragione, Bellone ritiene impossibile, "effettuare una ricerca storica sulla evoluzione di una teorìa scientifica senza in qualche modo tener conto delle cose per descrivere le quali quella teorìa è stata elaborata". La seconda parte del libro affronta una serie di problemi storici che vanno dall'impostazione newtoniana sul tempo al teorema H, passando per episodi meno noti quali la questione delle stelle nere nel settecento e le teorìe di Herpath e Waterston. Il testo è approfondito e molto preciso ma nel contempo scorrevole e accessibile. L'autore è molto attento a delineare con chiarezza ogni singolo concetto rendendo la lettura utile sia per chi studiando la fisica voglia rivisitare concetti chiave sui quali non si sa mai abbastanza, sia per chi senza una particolare cultura scientifica voglia affrontare un problema il cui interesse va ben oltre gli orizzonti degli addetti ai lavori. Martino Lo Bue Dizionario di storia della scienza, a cura di W.F. Bybum, E.J. Browne, Roy Porter, Theoria, Roma-Napoli 1988, ed. orig. 1987, trad. dall'inglese di Elisabetta Ceciarelli, Claudio Cico-g netti, Maria E lena Di Stefano, Marina Frasca Spada, Paola Podestà, pp. 556, Lit 48.000. Si tratta della traduzione del Macmillan Dìctionary of the History of Science ben curata nell'edizione italiana da Mauro La Forgia e Sandro Petruccioli. L'opera contiene oltre seicento voci, un indice dei nomi e una breve bibliografia contenente richiami ad opere di carattere generale sulle varie discipline e con i relativi riferimenti alle traduzioni italiane. Gli autori hanno giustamente scelto di trattare i concetti chiave in voci abbastanza estese contando più sull'efficienza della rete di richiami che sul numero delle voci stesse. Viene dato molto spazio allo sviluppo concettuale della scienza e della filosofia della scienza e meno agli aspetti più strettamente biografici. La struttura di dizionario, oltre a rendere l'opera un valido strumento di supporto ad altre letture, si presta bene ad una sorta di lettura comparata che, grazie ai richiami, permette di cogliere tutta una serie di collegamenti altrimenti non ovvi. In questo senso hanno ragione Petruccioli e La Forgia quando sottolineano l'impossibilità di racchiudere la storia della scienza in un modello rigido e notano come un dizionario può essere strutturalmente congeniale ad argomenti così poco addomesticabili, proprio per il suo non essere luogo di sintesi normativa ma "espressione di prospettive e di stimoli che permettono di cogliere, nella loro eterogeneità, gli ingredienti da considerare rilevanti nello sviluppo del discorso scientifico". Quest'opera ha raggiunto il difficile scopo che si prefiggono molti dizionari analoghi; essa infatti potrà essere utile sia agli appassionati di storia della scienza sia ai principianti e a coloro che vorranno sfruttarne le potenzialità didattiche. (m.l.b.) Paolo Rossi, La scienza e la filosofia dei moderni. Aspetti della rivoluzione scientifica, Bollati-Boringhieri, Torino 1989, pp. 313, Lit 34.000. Si tratta di una raccolta di saggi scritti tra il '65 e il '69 e pubblicati una prima volta nel 1971. Rivisti e parzialmente aggiornati vengono riproposti con la vecchia introduzione nella quale l'autore polemizza con le critiche della ragione scientifica che caratterizzarono alcuni aspetti della cultura del'68. Il primo saggio è dedi- cato al declino della astrologia all'inizio dell'età moderna; sottolineando il divario tra la concezione magica che caratterizza la visione astrologica del mondo e le posizione di quella che sarebbe diventata la scienza, Paolo Rossi rivaluta gli scritti contro l'astrologia di Pico della Mirandola. Dopo un breve scritto su Leonardo, l'autore analizza i rapporti tra pensiero baconiano e cristianesimo. Segue, un saggio che riesamina alcuni problemi di interpretazione delle lettere di Galileo a Piero Dini e a Cristina di Lorena. Nei capitoli successivi vengono affrontate varie questioni quali, il passaggio dalla concezione aristotelica a quella moderna, il peso di alcune ipotesi astronomiche e in particolare la crisi dell'antropocentrismo. Gli ultimi due capitoli dedicati a dispute di linguistica e di geologia sono particolarmente interessanti; infatti queste due discipline occupano una posizione anomala nella cultura del seicento. Se a quel tempo esistevano matematici, astronomi, medici, non si può certo parlare di linguisti o geologi propriamente detti; questo fatto rende particolarmente difficile e interessante ricostruire lo sviluppo di concetti appartenenti a branche della scienza che non erano ancora consce della loro autonomia. (m.l.b.) Un libro anomalo che si presenta improvvisamente come qualcosa carico di vita e di esperienza e che ha quasi nascosto la letteratura di cui è fatto Alfredo Giuliani La tua poesia più forte credo sia La mano amica - è un miracolo di "pudicizia" - un esercizio impeccabile di equilibrio neI delirio Un . paradosso - tra Fassbinder e PennaI Massimo Cacciari IN PRINCIPIO ERA LA FAME Parabola Scappa dalla sua gabbia il pappagallo SFREGAZZI, si fa ciarlone tecnopolitano. Le Muse, sdegnate, gli tolgono l'ispirazione. Senza voce e senza penne, ormai ridotto allo stremo, egli s'infila, in cerca di cibo, nel vortice di una doppia elica dove trova adenina timina guanina citosina zucchero e fosfato. Mangiando, rinasce. Si moltiplica in Tuba e Mirum (che sono copie di se stesso) e riprende il suo pappagallare. La sua lingua triforcuta adesso non l'aizzano più le Muse ma l'insonne acido della vita (DNA). sabatino c1uff1ni DISPOSITIVO POETICO DI EMERGENZA GUIDO GUIDOTTI EDITORE - ROMA