N 6 HNPICE Pag. 34 ■■dei libri del mese^^H Una rivoluzione da riscattare di Federigo Argentieri Tórténelmi utunk (Il nostro percorso storico), Rapporto della commissione del CC del POSU, numero speciale 1989 di "Tàrsadalmi szemle", Budapest, s.d. (ma marzo '89), pp. 80, fiorini 19. Nel mese di maggio dello scorso anno, una conferenza d'organizzazione del Partito operaio socialista ungherese, convocata d'urgenza sei mesi prima per discutere di una situazione economico-sociale sempre più grave, si concludeva con un risultato clamoroso: Jànos Kàdar, numero uno del partito e del paese dal 25 ottobre 1956, e ben otto dirigenti a lui vicini venivano estromessi dal po-litburo, alcuni addirittura cancellati dalla vita politica; segretario generale veniva eletto Kàroly Grosz, e nello stesso ufficio politico entravano i due noti riformatori Rezsò Nyers, poi nominato ministro di Stato con la supervisione di tutte le questioni economiche, e Imre Pozsgay, anch'e-gli ministro di Stato responsabile del pacchetto di riforme politiche e messo a presiedere una commissione storica incaricata di analizzare il ventennio precedente. II primo risultato positivo ottenuto da tale commissione è stato quello di far diventare il ventennio un quarantennio, ovvero di chiedere e ottenere l'estensione del periodo da studiare all'intero dopoguerra: una mossa molto logica, perché le origini lontane della crisi attuale si trovano proprio alla fine degli anni quaranta, ed anche gravida di conseguenze perché ha permesso di includere il fatidico 1956. Dopo oltre sei mesi di duro lavoro, consistente soprattutto nell'esame di decine di migliaia di pagine di documenti, la commissione — composta dal presidente dell'Accademia delle scienze Ivan T. Be-rend, storico dell'economia noto an- MII^UIIW ASTROLABIO Lewis Yablonsky la comunità terapeutica L'unica struttura terapeutica capace di recuperare e di reinserire il tossicodipendente ♦ Nicola Perrotti l'io legato e la libertà Una psicoanalisi profondamente impegnata nei problemi della società e della cultura nelle quali è immersa ♦ Gaudapada agamasastra a cura di Icilio Vecchiotti L'opera del filosofo che fu il mediatore tra Buddhismo e Brahmanesimo. Introduzione, testo sanscrito, traduzione e commento che in Italia, e da Ferenc Tòkei, Maria Ormos e Gyula Horn — ha prodotto un secondo risultato, consistente nel documento che ci accingiamo ad esaminare e di cui sono riprodotti alcuni brani qui a lato: tale documento, discusso dal CC del POSU il 10-11 febbraio di quest'anno, è stato sottoposto a discussione pubblica e verrà poi rielaborato ed ampliato. Come si ricorderà, quella seduta fu provocata dalle dichiarazioni di Pozsgay, che aveva detto che il ri- un eccessivo uso di eufemismi (ad esempio la deportazione in Siberia di Béla Kovàcs, segretario del partito di maggioranza assoluta, avvenuta nel 1947 ad opera delle truppe sovietiche di occupazione, viene definita "allontanamento") e di approssimazioni (non si può parlare di "più di cento" giustiziati nel periodo di Rà-kosi quando Hegedùs, che nella sua qualità di primo ministro in quell'epoca non ha nessun interesse a gonfiare le cifre, nelle sue memorie parla di 7-800 condanne a morte); similmente, il periodo del primo governo Nagy e i mesi precedenti la rivoluzione del 1956 sono trattati obiettivamente e in modo abbastanza completo, e lo stesso si può dire del periodo più vergognose mistificazioni storico-politiche di questo secolo, quella cioè di presentare la rivoluzione democratica, popolare, nazionale ungherese come una controrivoluzione fascista: sarebbe come dire che, poiché la perestrojka e la glasnost' di Gor-baciov hanno tra l'altro fatto affiorare il raggruppamento antisemita e fa-scistoide "Pamjat", Gorbaciov è un controrivoluzionario, magari anche "debole" e "incapace di controllare gli avvenimenti" (termini che il documento affibbia a Imre Nagy). Perfino il cardinale Mindszenty, che non brillava certo né per acume politico né per spirito progressita, non mise in discussione la riforma agraria, contrariamente a quanto affer- Carl A. Whiuker William M. Bumberry danzando con la famiglia Nell'estro, l'inventiva, il coinvolgimento emotivo di un leggendario terapeuta, rivive la danza dello sciamano immiun sultato più significativo degli studi della commissione era che il 1956 non doveva essere considerato una controrivoluzione, ma una legittima insurrezione popolare, provocata da un regime che a partire dal 1949 ave-t va umiliato la nazione: dopo un'accesa discussione, il CC aveva vidimato questa formula precisando però che l'insurrezione era poi degenerata in controrivoluzione. Occorre dire subito che il documento non apporta novità di rilievo dal punto di vista storico. L'importanza di questo studio sta nel fatto di aprire la strada alla glasnost' ungherese e di creare le condizioni per la scoperta di nuovi fatti storici; inoltre, esso ha una notevole importanza politica, perché da quello che dice e da quello che omette di dire si possono intuire molte cose utili a comprendere la situazione attualmente esistente in Ungheria. La parte iniziale, che si occupa del modello sovietico e della sua instaurazione forzata nel paese, non si presta a critiche particolari, se non per 1962-1988. La parte più criticabile, dunque, è quella riprodotta qui a fianco, che si occupa del 1956 e delle sue conseguenze immediate e non, e che è sorprendentemente breve in rapporto all'importanza dell'avvenimento (3 pagine su 80), il che è già di per sé una grave lacuna che fa pensare ad un'omissione deliberata. Inoltre, è qui che le reticenze, le ambiguità o le affermazioni non provate pesano maggiormente, inficiando molto il valore complessivo del documento. Ad esempio, continuando una lunga, ingloriosissima e tuttora perdurante tradizione comunista, ci si rifiuta di analizzare l'originalità e la ricchezza, la maturità politica e il senso di responsabilità dei nuovi organismi democratici creati dalla rivoluzione — consigli operai, comitati rivoluzionari,- associazioni civiche, ecc. — guardando invece quasi con cupidigia alle "forze di destra", la cui presenta in quella fase storica, da nessuno mai negata, fu ed è tuttora ingigantita per consentire una delle mato dal testo, ma parlò assai più genericamente di "restituzione delle istituzioni della Chiesa cattolica". Poco più oltre, si incappa nell'unica vera falsificazione dell'intero documento, quella secondo cui "si verificarono linciaggi, e una Vera atmosfera di pogrom". Ecco un caso esemplare di menzogna per omissione: dire ciò è come dire che "nella Resistenza italiana vi furono vendette personali compiute da bande armate", senza parlare dei crimini nazifascisti. In altri termini, mentre quella del pogrom è un'affermazione assolutamente arbitraria, e anzi confutata dalla dichiarazione dei rabbini ungheresi trasmessa per radio e rintracciabile nel volume "La rivoluzione ungherese" pubblicato da Mondadori nel 1957, la questione dei linciaggi va calata nel suo contesto reale e valutata per quello che fu veramente. Qualche cifra, dato che il documento le omette tutte: secondo le autorità kadariane installatesi dopo la seconda invasione sovietica, il numero dei "caduti per mano controrivo- luzionaria" fu di 234 in tutta l'Ungheria, di cui circa i due terzi appartenenti all'odiatissima e criminale polizia politica AVH, responsabile delle esecuzioni capitali e degli innumerevoli maltrattamenti e soprusi del decennio precedente, nonché dei massacri di piazza del Parlamento a Budapest (25 ottobre 1956) e del villaggio di Mosonmagyarovàr (26 ottobre) compiuti mitragliando civili per la maggior parte inermi e che provocarono complessivamente circa 200 vittime. Tra i 234 caduti vengono identificati non più di un* quarantina di linciati, un po' poco per continuare ad alimentare la leggenda del "terrore bianco". Un'altra questione assai importante, che il documento tratta con deplorevole superficialità, è quella della dichiarazione di neutralità dell'Ungheria, effettuata dal governo Nagy il pomeriggio del 1° novembre 1956. Secondo il testo, fu una decisione presa "senza tener conto della realtà geopolitica e della politica internazionale", ma non si precisa né come né perché fu presa. Finora, il documento più dettagliato e convincente di cui dispongono gli storici in proposito è la testimonianza di George Heltai, all'epoca vice-ministro degli Esteri (il titolare del dicastero era lo stesso Nagy) e oggi docente in una università americana, che tra l'altro fu incaricato di redigere materialmente la dichiarazione di neutralità o meglio, come fu definita allora, la dichiarazione d'indipendenza. Secondo Heltai (cfr. il suo articolo su "L'Unità" del 4 novembre 1986), se pure Nagy l'aveva già preconizzata anni prima e il popolo insorto la reclamava in modo martellante fin dal 23 ottobre la neutralità fu dichiarata soltanto quando fu evidente che, contravvenendo agli impegni presi, le truppe sovietiche preparavano — anzi effettuavano — un ritorno in forze nel paese, tanto più evidente quanto più l'ineffabile Andropov, il futuro segretario del PCUS che all'epoca reggeva l'ambasciata sovietica a Budapest, si sforzava di negarlo. In un libro uscito sei anni fa presso Su-garco, Ferenc Fehér e Agnes Heller hanno lungamente discettato sugli aspetti internazionali della vicenda, giungendo alla conclusione che una soluzione negoziata era possibile. La sola, vera e grande colpa di Nagy — pagata a caro prezzo — fu quella di rifiutarsi fino all'ultimo di credere che i sovietici fossero capaci di ingannare lui e il suo governo in modo plateale, e di mettere a ferro e fuoco il paese che aveva osato levarsi contro l'oppressione. E qui entrano in gioco le considerazioni politiche, le uniche che permettono di comprendere le vistose lacune di un documento che ha una sua dignità complessiva. Infatti, se il POSU ammettesse fino in fondo le cose come stanno, e cioè che la rivoluzione ungherese del 1956 fu tale fino alla fine e oltre, tanto che a resistere ai tank sovietici per due mesi non fu il cardinale Mindszenty né furono i latifondisti espropriati, bensì i consigli operai; che l'invasione sovietica fu un'azione di imperialismo coloniale perpetrata per motivi geopolitici e ideologici, allora dovrebbe rivedere non poche cose su sé stesso e il proprio ruolo nel trentennio passato. Si badi, il processo è ormai in moto e volerlo arrestare equivarrebbe, come ha detto Pozsgay, a "voler ricacciare il dentifricio nel tubetto". Sarà un processo lungo e travagliato, nel quale un ruolo importante sarà svolto dall'URSS di Gorbaciov e dalla sua evoluzione, e anche dai partiti comunisti corresponsabili del crimine del 1956 (in particolare lo jugoslavo e l'italiano): ed è lecito sperare che alla fine la rivoluzione ungherese, la più affascinante e la più calunniata del secolo, sarà pienamente e definitivamente restituita al popolo che l'ha compiuta.