N. 6 pag. 11 dei libri del mese i Libri di Testo Labirinti del testo e della mente di Franco Gabriele Lucia Lumbelli, Fenomenologia dello scrivere chiaro, con la collaborazione di C. Baschirotto, R. Cardarello, N. De Santis, A. Locatelli, P. Senni, prefaz. di Tullio De Mauro, Editori Riuniti, Roma 1989, pp. XII-204, Lit 28.000. Salvo il primo, che è inedito, tutti i saggi raccolti in questo volume erano già apparsi su "Riforma della scuola" e su "Ikon" fra l'84 e 1*87. Nel primo, Lucia Lumbelli tenta di fondare teoricamente la legittimità della comunicazione divulgativa dei saperi specialistici. Per farlo, sottopone ad analisi tre "testi": il dibattito sullo scrivere chiaro ospitato dal "Corriere della Sera" undici anni fa, il dibattito sul "facilese" avvenuto su "Repubblica" nel 1987, e gli atti dei convegni che "Selezione del Rea-der's Digest" ha dedicato negli ultimi anni (1982, 1983, 1985) alla questione del linguaggio della divulgazione. Dal confronto fra il dibattito sul "Corriere" e quello su "Repubblica" si può concludere che i termini di fondo dello scontro sono rimasti invariati. In particolare, per i detrattori della divulgazione essa continua ad apparire come uno "snaturamento mistificante del sapere più nuovo, più problematico e complesso". Se, cambiando la formulazione linguistica, muta anche il contenuto conoscitivo della comunicazione, qualsiasi semplificazione di un'elaborazione culturale scientificamente rigorosa sottopone il suo contenuto "ad un processo di deformazione che gli sottrae il senso originario". Ora, l'obiezione di fondo contro la legittimità della comunicazione divulgativa viene a coincidere, secondo Lumbelli, con la formulazione forte di questo NOVITÀ' DAVID HASLAM NICARAGUA: CHIESE EVANGELICHE E RIVOLUZIONE SANDINISTA Ediz. italiana a cura di Aldo Conta pp. 176,15 iH.ni f.t, L 18.000 Il ruoto delle chiese evangeliche mia rivoluzione jandinista, ricostruzione e Ma di questi (feci anni. Quel che b .teologia deTate- può (tare ai credenti del «primo mondo. MASSIMO OLMI , PROTESTANTI E SOCIETÀ' IN FRANCIA Dalla Rivoluzione a Michel Rocvd pp. 192,14 cari, a col. L 21.000 La presenza di protestanti nei podi chiave deb Francia dala Rivoluzione fino aratale Rimo K-rétro M. Rocard. I protestanti francesi nde loro componenti postiche, sodai ed economiche. ALLAN A. BOESAK SE QUESTO È UN TRADIMENTO, SONO COLPEVOLE pp. 180, L. 18.000 Discorsi, sermoni, conferenze d no dei iariaidd-la lotta anti apartheid in Sud Africa, autore di Gemmare sulle spine (Oaudnna, 19K>. FREDERICK F. BRUCE GESÙ' VISTO DAI CONTEMPORANEI Le testimonianze non NMiche pp. 220,1.18.000 Le testimoniarne su Gesù d il itoti delaBMia da Giuseppe Flavio, agi apocrifi fino al Corno. JOERG ZMK COME PREGARE. Meditazioni pp. 288, L. 18.000 ■ aaedrtnce Claudiana Via P. Tommaao 1 - 1012S Tortilo c.c.p. 20710102 assunto. Al suo superamento l'autrice perviene mediante l'individuazione di una costante che accomuna tutti gli interventi esaminati: tanto i fautori quanto i detrattori della divulgazione scientifico-culturale riducono la ricerca della chiarezza e comprensibilità alla scelta delle parole capaci di garantire quella chiarezza e quella comprensibilità: "Gli esempi, esperienze pregresse e vengono fatte 'scattare' da quanto andiamo estraendo dal testo. Tra chi parla e chi ascolta c'è comprensione quando le integrazioni di chi ascolta sono proprio quelle richieste attraverso il testo prodotto da chi parla. Esistono condizioni testuali che garantiscono tale coincidenza. E precisamente tale garanzia è tanto maggiore quanto di individuare e smascherare quei meccanismi testuali che, costringendo il lettore non attrezzato a complicate operazioni di integrazione cognitiva, possono impedirgli di cogliere le informazioni essenziali del testo. Alla soluzione del problema si arriva attraverso un lavoro tutt'altro che semplice, che prevede una metodologia analitica peculiare, che l'au- Più complicato di quel che appare di Diego Marconi Carla Marello, Dizionari bilingui, con schede sui dizionari italiani per francese, inglese, spagnolo, tedesco, Zanichelli, Bologna 1989, pp. 279, Lit 22.000. Possibile che persino un dizionario bilingue sia una faccenda più complicata di quel che appare a prima vista? Possibile. Lo spiega bene Carla Marello, a confusione di quei filosofi (da Quine a Davidson) che parlano spensieratamente di "manuale di traduzione", cioè di dizionario bilingue, come se potesse trattarsi di una semplice lista di corrispondenza tra parole della lingua LI e parole della lingua L2. Tanto per cominciare, un dizionario bilingue (per esempio francese-italiano) è in realtà quattro dizionari: perché la parte italiano-francese può essere scritta in modo da servire agli italiani che devono tradurre in francese, o invece per servire ai francesi che devono tradurre dall'italiano, ed è scritta assai diversamente nei due casi; e analogamente la parte francese-italiano. Siffatti dizionari quadrupli non esistono in commercio (ne sono progettati alcuni su computer): ma per capire qual è il problema basta confrontare un dizionario italiano-francese pubblicato in Italia con uno pubblicato in Trancia. La seconda parte del libro della Marello — le informatissime schede sui bilingui italiani delle principali lingue europee — non svolge questi confronti, perché è limitata ai dizionari destinati ad un utente italiano; ma è attenta a cogliere le specificità derivanti dall'originaria concezione e destinazione di ciascuna opera. Questa parte è tra l'altro uno strumento molto utile per chi debba acquistare un bilingue, specialmente per scopi professionali. I dizionari sono analizzati da un punto di vista scientifico, essenzialmente sulla base di quattro modelli alternativi ("profili") di organizzazione delle voci di dizionario bilingue (i parametri sono la presenza di esempi e fraseologia, e la loro posizione rispetto ai traducenti di ciascun lemma); ma senza perdere di vista le esigenze dell'utente (facilità di consultazione, chiarezza tipografica, completezza e correttezza delle informazioni, aggiornamento ecc. ecc.). La Marello è una lessicografa praticante, e quindi, pur essendo in generale abbastanza generosa nei giudizi, non si fa abbindolare dalle dichiarazioni, (per esempio, non prende per buono il numero di voci dichiarato, che solitamente è maggiore del vero). I profili che fanno da griglia per l'analisi dei dizionari sembrano, a prima vista, poco perspicui: per esempio, il profilo A e il profilo B sembrano differenziarsi solo per l'ampiezza della fraseologia, che non pare una discriminazione concettualmente importante. Ma gli esempi di voci "in carne ed ossa" che vengono citati fanno vedere quanto è diversa una voce di dizionario in cui modi di dire, frasi fatte ecc. vengono registrati soprattutto sotto le singole accezioni del lemma, rispetto ad una voce in cui vengono riportati tutti insieme in fondo. Un utente può avere una preferenza spiccata per l'uno o per l'altro schema, e perciò è utile sapere qual è seguito da ciascun dizionario. Dunque i profili della Marello funzionano, e probabilmente "faranno scuola" nello studio dei dizionari; ma dovrebbero essere riformulati in modo da drammatizzare le differenze. Un dizionario bilingue serve a tante cose (quasi quanto un dizionario monolingue): a controllare un'ortografia o una pronuncia, a scegliere, in una lista di traducenti quasi-sinonimi in una sia in positivo che in ftegativo, restano per lo più sul piano lessicale. In altri termini manca una definizione della comprensibilità che possa contare su uria definizióne più ampia di comprensione" (p. 21). Un obbiettivo, questo, che può essere raggiunto utilizzando due momenti centrali delle teorie della comprensione come processo cognitivo: la rivalutazione della parafrasi come processo "naturale", e il concetto di inferenza. Da un lato, "una volta estratti dalle frasi, i significati vengono rappresentati nella mente in modo non linguistico, ovvero: a varie formulazioni linguistiche, più o meno lessicalmente diverse fra loro, può corrispondere un unico contenuto concettuale che non coincide con nessuna di esse" (p. 22). Dall'altro, "quando ascoltiamo e comprendiamo le frasi altrui le integriamo con l'aiuto della nostra memoria. Questa circostanza viene chiarita grazie al concetto di inferenza (...) noi integriamo il significato delle parole e delle frasi con conoscenze e credenze che ci derivano da maggiore è la parte di significato esplicitata verbalmente rispetto a quella da inferire..." (p. 22-23). Di qui la possibilità di fissare due direzioni di ricerca: la prima, tesa a identificare nuovi criteri di analisi testuale capaci di distinguere le operazioni di semplificazione corrette da quelle scorrette e deformanti (in cui la maggiore comprensibilità si ottiene a spese della qualità della comunicazione); la seconda, caratterizzata "dal tentativo di mettere a punto una metodologia... adatta a raccogliere documentazione sul processo di comprensione" e sul modo in cui avviene la trasformazione di un determinato testo in rappresentazione da parte del lettor^ (p. 25). Alla prima direzione sono dedicati il secondo e il terzo capitolo. Nel secondo, Lumbelli tenta di fissare alcuni criteri atti a una "diagnosi della comprensibilità" delle opere divulgative. Dal momento che una divulgazione corretta esige la massima riduzione dei processi inferenziali del destinatario, il problema sarà quello trice riprende dalla psicologia del pensiero produttivo (problem sol-ving). Infatti, per controllare l'adeguatezza di un determinato testo alla competenza cognitiva di un lettore di cultura diversa è necessario che il soggetto dell'analisi "svolga una specie di autoanalisi del proprio processo di lettura" (p. 40). Poiché "i processi inferenziali vengono compiuti in genere in modo automatico e inconscio, e vengono subito dimenticati", occorrerà mettere in atto una serie di comportamenti atti a riportare alla luce quei processi di integrazione del testo che la mente del lettore abile ha automaticamente compiuto nel corso della lettura: solo così quei processi potranno diventare oggetto di consapevole riflessione e di esame analitico. Si tratta di una metodologia che l'autrice riprende dalla psicologia del pensiero produttivo. In primo luogo, si dovrà chiedere al lettore-revisore di pensare ad alta voce leggendo, per rendere espliciti quei microragionamenti che egli ha messo in atto nell'e- strarre le informazioni essenziali dal testo. E poiché si tratta di un comportamento artificiale, è necessario prevedere un periodo di addestramento dei soggetti-analizzatori: infine, "tale addestramento è più produttivo se avviene collettivamente", in una situazione cioè che consenta il confronto reciproco delle varie autoanalisi. Questo tipo di lavoro ha consentito la definizione di sette "figure-ricerca", utili per la valutazione dell'accessibilità di un'opera divulgativa alla mappa conoscitiva di un lettore non attrezzato. L'elenco è ovviamente provvisorio, e in questa sede non potrò che riprodurlo senza commenti. L'aggiunta relativizzante, l'esempio difficile, l'aggiunta problematizzante, l'identità ostacolata (il fatto cioè che uno stesso soggetto o argomento o individuo assuma più denominazioni in un testo), il nesso mal segnalato e quello distanziato: queste le figure discorsive che dovrebbero essere evitate da ogni operazione divulgativa condotta nell'ottica del lettore diverso. Di qui, inoltre, la possibilità di approdare all'enunciazione di una serie di regole di comportamento comunicativo: regole di indubbio valore operativo sia per la stesura di opere divulgative e di manuali scolastici, sia per analisi dirette a una loro rielaborazione, sia per la produzione di discorsi efficaci nella quotidiana pratica didattica. L'esposizione e la critica di ogni "figura" è infine corredata da una ricca e quasi sempre convincente esemplificazione, che Lumbelli trae da due testi divulgativi e due libri di testo: i quali ultimi vengono poi sottoposti a un'analisi micrologica nel terzo capitolo del libro (De Santis, Senni). La distinzione fra opere di divulgazione scientifico-culturale e libri scritti Specificamente per la scuola torna utile nel passare all'esposizione della seconda direzione di ricerca: perché un testo divulgativo si rivolge prevalentemente al lettore non specialista, mentre un libro di testo adeguato prevede necessariamente le competenze linguistiche e la mappa cognitiva del lettore diverso. Ora, le differenze fra questi due utenti sono molteplici (attrezzatura linguistico-conoscitiva, motivazione/demotivazione, "libertà"/coazione nella situazione in cui avviene l'apprendimento): tuttavia, ciò che soprattutto li differenzia è una caratteristica che, a mio parere, spinge Lumbelli e i suoi collaboratori a privilegiare, nella seconda parte del libro, la prassi didattica concreta come terreno di indagine e di osservazione. Ora, il lettore non specialista è un lettore anonimo, le cui reazioni mentali al testo non sono direttamente osservabili, laddove i processi di comprensione/incomprensione del lettore particolarmente svantaggiato possono essere sottoposti, nella prassi didattica, a verifiche sperimentali quanto mai proficue per chi voglia vedere cosa accade nei labirinti della mente nel momento dell'incomprensione. Mentre nei capp. II-III ciò che ostacola il comprendere dell'utente inabile veniva messo a fuoco attraverso un'autoanalisi dell'utente abile, nei capp. IV-VI i meccanismi che determinano la ricezione positiva o negativa del lettore diverso vengono colti in presa diretta: mettendolo cioè di fronte a testi scritti (cap. V) o audiovisivi (IV e VI). Nel quarto capitolo (Baschirotto, Locatelli, Lumbelli) ci viene descritta un'esperienza 8»