2160 pagine - 127.000 lemmi Informazioni di storia e cultura francese Citazioni d'autore compatta come vorrebbe la sua funzione apotropaica. Ma, per sua e nostra fortuna qua e là apre la guardia, vacilla, chiede e offre soccorso. E là dove versi improvvisi, di calma stesura esametrica ("Guardo una mistica frana di castelli in aria", oppure "vita che non chiedi il permesso per vivere") si posano, lievi come farfalle, sulla liscia superficie della prosa, sentiamo illimpidirsi i densi umori atrabiliari che ne coagulano ai fondo il peso di una secolare inerzia. Neri è un poeta malinconico, quanto altri mai. Malinconica è la sua concezione del tempo, sempre in ritardo, come ci insegna Starobinski; o la sua percezione dell'esperienza come descrizione di storia naturale; o, infine, il suo talento ingegneristico che edifica su antiche vestigia, reliquie di civiltà, giungle demolite e ridotte a "vasti deserti". Ricorrente è anche l'ossessione di una memoria imperfetta che non sa trattenere i dettagli e dunque l'imprevedibilità dell'esistente, così come l'inseguimento di una sua "comune sostanza" non occulta la consapevolezza di "due diverse cause, / governo e opposizione / che si rincorrono continuamente". Anche la forma del verso, quasi sempre mortificata nella spoglia sequenza descrittiva, è investita da questo dualismo che non si manifesta mai nelle pulsioni estreme delia dissidenza romantica, ma al massimo suscita sottili angustie, impercettibili controversie. La pseudopoesia di Neri, assomiglia a uno "pseudo cavallo" desunto dalia sua più bizzarra e improbabile fauna: animale rude, ma nello stesso tempo esigentissimo ("si accontenta degli alimenti più grossolani, tenendo soltanto alla limpidezza dell'acqua"), oscuro nelle origini, ma citato sin dalle fonti più antiche, ibrido sia nell'aspetto esteriore che nella imperscrutabile interiorità, lo pseudocavallo si distingue per una sua testarda aspirazione alla marginalità. "Non occupa mai il centro della strada, ma d'abitudine cammina sul margine estremo". Non vogliamo dubitare della veridicità scientifica di questo paziente amanuense, ma siamo anche sicuri che Neri non poteva inventare, per il senso della sua poesia, figura più esemplare e convincente. Ci si avvicina cioè, gradatamente, allo zoccolo duro che sostiene tante astrazioni, ai suo nudo fondamento etico. Chi scrive è assente, infatti: una sola volta e in coda all'ultima raccolta l'io poetico compare in prossimità di un viaggio che minaccia l'equilibrio statico del libro: "guardo dal finestrino il paesaggio che cambia". Ma questa labilità del soggetto non incoraggia heideggeriane evenienze dell'essere. Tutt'altro. L'io soffre della sua tendenza all'astrazione, come di una colpevole distrazione e se non è presente a se stesso, quanto la sua opera richiederebbe, è per "manco di forze", proprie e dell'epoca. Da cui l'impossibilità di darsi alla fuga, irresponsabili e leggiadri come lepri, e la sgradevole metamorfosi che coinvolge la più vasta umanità della prima persona plurale ("anche noi diventati talpe / per il variare delie circostanze"). Man mano dunque che si infittiscono le licenze poetiche e cresce l'alone simbolico dei gesti e dei personaggi, si rinforza anche, quasi a contrappeso, la normativa sommessa ma udibilissima che tutti vuole richiamare ai propri compiti e mestieri, si potrebbe dire. Non a caso questa lezione viene impartita in un "liceo" dove presto si apprende il sistema della "misure" e dei "pesi" e dove qualsiasi tenerezza autobiografica dolorosamente si rapprende in uno stato di preallarme che solo un'imminente e, paradossalmente, minima apocalisse può giustificare. Del resto, ci consola questo maestro di vita e di discrezione, "in una pozza d'acqua era rimasta una famiglia di pesci, ancora vivi". bimestrale per la secessione politica e l'opposizione culturale NUMERO 4 1992 INCONTRI E SCONTRI S. Belligni, M. Porcaro ITALIA INCIVILE M. Lupo, C. Riolo, G. Di Lello DOCUMENTI Giovani e lavoro DOSSIER: IL LEGHISMO G. De Luna, A. Bonomi, R. Biorcio, L. Berzano, 1. Romano P. P. Poggio, P. Corsini ANTENATI Ernesto Balducci SUPERMERCATO Il caso Rushdie e altre rubriche Direttore: Angelo d'Orsi. Redazione e amministrazione: via Ciamarella 23/3, 10149 Torino tei 1011) 218610 fax (01!) 293646. Abbonamento annuale (6 numeri): lire 35.000; abb. sostenitore: lire 100.000 (in omaggio il "Calendario Maya"): estero: lire 50.000; versamento su ccpnr. 25583 105 intestato a: Edizioni Sonda, via Ciamarella 23/3, 10149Torino Idei libri del mese! ottobre 1992 - n. 9. pag. (che sarebbe impossibile), ma di un quadernetto di 49 pagine di cui due strappate, numerate a partire dal recto della terza pagina da 1 a 93 (99 è refuso o mia cattiva lettura). Non è numerato il verso dell'ultima pagina, perché la pagina d'apertura e quella di chiusura, entrambe cartonate, come usava e usa ancora in certi album, sono dipinte, rispettivamente sul recto e sul verso, di falsomarmo. Un'inezia, ma nessuno dei tanti recensori del Journal di Matilde me l'ha segnalata. Si sa, una cosa, come dicevo, è essere scrittori, e un'altra leggere. Un poeta malinconico di Biancamaria Frabotta Giampiero Neri, Dallo stesso luogo, Coliseum, Milano 1992, Lit 28.000. L'esordio di Giampiero Neri risale al 1976 presso la Guanda che pubblicava L'aspetto occidentale del vestito. Neri, nato a Erba nel 1927, aveva quasi cinquant'anni. Prima di allora qualche assaggio su rivista, per esempio "Il Corpo" dell'amico Majorino, lo aveva quasi d'ufficio iscritto all'albo dei "lombardi". Dopo seguì un silenzio decennale interrotto da Liceo del 1986 presso le edizioni Acquario e da qualche successivo inedito comparso qua e là. L'assoluta mancanza di clamore intorno alla sua persona, anzi una certa qual segretezza, aggiunte all'estrema sobrietà della scrittura gli hanno meritato nel tempo la fama, di poeta appartato, cresciuto nella solitaria, ombrosa clausura del suo studio e dunque al riparo dalle alterne fortune per cosi dire mondane ed editoriali della poesia. Ora tutte le sue poesie si leggono nella raccolta unitaria pubblicata dall'editore Coliseum e intitolata Dallo stesso luogo. E infatti, se non è necessario ipotizzare una fedeltà addirittura geografica della mittenza poetica di Neri, il titolo testimonia l'unica vocazione sedentaria, mai veramente claustrofobica e vessatoria: quella della mente. Il riconoscimento dello spazio, la sua definibilità e la sua conseguente finitudine costituiscono il movente segreto di questa poesia e insieme il suo alibi. Se per Neri si può rispolverare il fidato motto, ut pictura poesis, ciò è consentito anche dal tratto nitido e sicuro del disegno, della linea, della prosodia continuamente slanciata in avanti e subito severamente frenata. Bandito ogni colore, così come, ammansato il leone delle passioni, san Girolamo, in una famosa incisione di Dùrer, può infine abbandonarsi intero alla libido dei suoi esercizi spirituali, questo saggio dottore dell'ecclesia laica, cancella il tempo della vita e lo riassorbe nel segno casto delle architetture, dei progetti, delle proiezioni geometriche. Come ogni vero maestro dell'arte dell'incisione, Neri rifugge da ogni impressionismo, naturalistico o sentimentale che sia. Cioè, non copia mai dal vero che, del resto, coincide con "un comune inventario" non meno compulsabile solo perché catalogato e archiviato. Anzi è proprio questo che lo rende quantomai seducente e misteriosamente simbolico: l'aspetto occidentale del vestito, appunto. La natura e tutte le sue più sgargianti forme ornamentali, i suoi bestiari impossibili, come li definì Raboni, sono amati per l'umiltà del mimetismo, per la simmetria, per la fedeltà a "uno schema fissato in anticipo". E così la Storia, colta "nel luogo dove si ricordano i nomi", provocatoriamente coltivata nel grigio calco delle iscrizioni, dei graffiti, dei bandi dove la'memoria perde ogni lustro e si fa polvere, tarlo, taedìum fi-tee. Certo questa poesia con "l'esposimetro incorporato", che da Sereni deduce la lieve depressività dèll'ite-razione, ma non la fibrillazione luministica (quasi un piacere, un lusso di cui oggi non si è più degni) non è così cato di biografie, ritratti, biografie-saggio, biografie-romanzo, ecc. ecc.? Mi domandavo anche se la diffusione di questo fenomeno non segnalasse che la vita si comporta o può comportarsi come un testo: e di che vergognarmi? Mi si negherà che la vita del Cristo sia stata letta come un testo? E il Budda? E quant'altri? E se è così di costoro, perché non di qualunque povero di spirito, o di qualunque vera, autentica "povera di spirito"? E se ogni vita fosse già scritta, come dubitava Dante, e aspettasse da ciascuno di noi solo la sua esecuzione e la sua lettura ("... che io scoppio / dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego")? Ultima bacchettata, Leopardi contro Manzoni: "tema e discussione che proprio nel circondario toscano prossimo a Garboli tante forti menti coinvolse una ventina d'anni fa. Qui tutto quel che tocca a Leopardi è abissale e sublime, tutto quel che tocca a Manzoni oscuro e meschino". Questa è proprio una stupidaggine, a tacere che il mio circondario era ben poco toscano non solo venti ma anche quarant'anni fa, se è vero che ad attirarmi verso i classici nella mia lingua fu un corso manzoniano del Sa-pegno sul giallo della conversione e sulle poesie giovanili per le quali faceva testo ieri il Chiari, e oggi il Ga-vazzeni. Tifare per un autore contro un altro! viva l'Alfieri e abbasso il Metastasio! sì al Porta e crucifige il Belli! mi faccia Fortini il piacere di non trascinarmi in simili puerilità da ginnasio e in miserabili beghe da bande nerazzurre e rossonere. Io debbo al Manzoni quel che devo al Leopardi, la mia stessa esistenza. Ma devo qualcosa della mia esistenza anche a Matilde: al suo bisogno di leggere, e a ciò che lei chiedeva alla lettura e ai libri. L'ultima delle figlie di Manzoni è stata una lettrice come nessun'altra di cui si abbia memoria nelle nostre piccole province del secolo scorso, così originale e libera da tenersi lontana, nel 1850, dai nostri manuali di oggi, lontana dalle guerre di campanile tra classicismo e romanticismo, e se ha ragione il Giordani o il Tommaseo, e altre simili belle dispute. A questo bisognava guardare. Da qui nasce la mia simpatia per quella solitaria e leopardiana creatura. O si è scrittori o si è lettori, e io appartengo alla seconda categoria. In proposito, approfitto di questa nota per correggere due sviste che figurano nel libro a mia cura. Sappiano i lettori delF'Tndice" che a pagina 183 la data 1946 è evidente refuso per 1846; e che a pagina 76 il piccolo album di Matilde rilegato con fregi in oro è descritto male: non si tratta di un quadernetto di 47 pagine numerate da 1 a 99 sul recto e sul verso a partire dal recto della terza pagina