|dei libri del mese| NOVEMBRE 1991 - N. 9, PAG. 11 Poesia, poeti, poesie Per scrollare un peso SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE Vittorio Sereni, Frontiera (1935-1940) - Dante Isella, Giornale di "Frontiera", Archinto, Milano 1991, pp. 62 + 64, 2 voli, in cofanetto, Lit 24.000. Vittorio Sereni, Il grande amico. Poesie 1935-1981, introd. di Gilberto LonarcSi, commento di Luca Len-zini, Rizzoli, Milano 1990, pp. 278, Lit 13.500. Se poeti si nasce, certo non si nasce poeti affermati, ed anche coloro che sono oggi maestri riconosciuti del Novecento hanno avuto una storia di attese e di silenzio, un tempo in cui la loro poesia era soltanto loro e di pochi amici, e tutta interiore era la convinzione di una "verità" della parola che affermavano. La prima edizione è stata dunque per molti un'edizione di pochi esemplari, spesso sostenuta a spese dell'autore, semiclandestina anche per le difficoltà di una distribuzione ancora oggi difficile. Un'edizione finanziata a volte addirittura dai compagni di scuola, o sorretta da gruppi appena più consistenti di persone, che avevano trovato modo di far conoscere le loro idee attraverso le pagine di una rivista. Così anche opere oggi più che famose, e stampate sotto non meno famose sigle ("La Voce", "Solaria"), furono in realtà libriccini che pochi ebbero fra le mani, e che molti tuttora conoscono in una forma che non è più quella originaria: forma magari più ricca, organica, coerente, ma frutto di un lavoro comunque successivo, mentre proprio da quei rari esemplari è partita ed ha fondato le proprie ragioni una critica che ha contribuito essa stessa alla crescita seguente. Il discorso potrebbe portarci lontano, mentre queste osservazioni prendono spunto da un'occasione precisa e ad essa è giusto che subito ritornino. A volte, infatti, la curiosità dei bibliografi e le necessità degli studiosi vengono inaspettatamente soddisfatte da rare e più o meno sofisticate iniziative editoriali, ed ecco materializzarsi fra le loro mani l'oggetto bramato. Si tratta, nel caso specifico, delle poesie che Vittorio Sereni pubblicò nel 1941 in 300 copie numerate (più 20 fuori commercio, in copertina telata) per le edizioni di "Corrente" di Ernesto Treccani, in una collanina di poesia a cura di Luciano Anceschi, sotto il titolo di Frontiera: edizione rarissima anche perché superata appena un anno dopo da un volumetto vallecchiano che ne modificava canone e disposizione originari, e perfino il titolo, Poesie. Frontiera viene dunque riproposta oggi da Rosellina Archinto in edizione anastatica, accompagnata da un volumetto (Giornale di "Frontiera") che Dante Isella ha appositamente curato sulla base del carteggio che Sereni scambiò con Giancarlo Vigo-relli proprio negli anni della composizione delle poesie e della costituzione (cui Vigorelli non fu estraneo) della stessa raccolta. Si potrà così apprezzare, da parte di chi ne aveva notizia solo attraverso la nota apposta dall'autore alla terza edizione (Scheiwiller, 1966), 0 "piccolo disegno di Renato Birolli" che fregiava la copertina originaria della plaquette, e che rimanda, insieme ai nomi già fatti di Treccani e di Anceschi, all'organica affinità che legò insieme un gruppo di intellettuali e di artisti nella Milano dei tardi anni trenta (l'università di Antonio Banfi, da una parte; la rivista "Corrente", dall'altra). E si potranno verificare l'indice e la lezione originaria dei versi che, ancora in gran parte all'insegna della temperie ermetica, segnarono l'esordio di Sereni: anche se, come sa chi abbia seguito nel tempo la sua "avara" vena, avara essa è soprattutto proprio per ciò che riguarda le varianti, decidendosi Sereni alla stampa dei propri versi solo quando essi avevano rag- di Edoardo Esposito relli si capiscono anzi meglio i legami di questi versi con la realtà vissuta, e le ragioni per cui Sereni parlasse in un'antica nota della propria "tenace e forse monotona e troppo umana fedeltà al tempo e alle circostanze". Gli "oggetti" sono infatti il segno, anzitutto, di questa "fedeltà", cioè del desiderio del poeta, nel corso del cordo con l'esistenza, la poesia non dà che risultati provvisori, in un continuo ricominciamento che richiama il mito di Sisifo", e l'introduzione di Lonardi, ricca di stimoli interessanti, mi sembra insistere fra le altre cose proprio sulla "relatività" che, nonostante tutto, l'uomo Sereni (lungi dall'identificarsi con il letterato, fre- H linguaggio delle rovine ài Giorgio Patrizi Mario Socrate, Allegorie quotidiane, Garzanti, Milano 1991, pp. 118, Lit 25.000. La figura dell'allegoria, opposta a quella del simbolo, com 'è noto, è al centro di una riflessione sempre più consapevole e articolata a proposito delle specifiche valenze espressive ed epistemologiche che essa acquista nella cultura novecentesca ed in particolare nelle poetiche di questo secolo. E tutto — analisi, tecniche, interpretazioni — finisce per ricondursi alla folgorante immagine con cui Walter Benjamin fissava il ruolo dell'allegoria nella cultura del moderno: l'angelo che il vento della storia spinge verso il futuro mentre si volge a guardare le rovine del passato per riconoscere, in quelle rovine, il disegno di ciò che accadrà. Mario Socrate, ispanista, prestigioso traduttore di Lope de Vega, già autore di molti volumi di versi, nella sua ultima opera si pone proprio all'interno di questa lettura dell'allegoria e lascia che essa lavori, per così dire, attorno ai suoi fantasmi quotidiani e notturni, al suo inquieto immaginario. E proprio questa singolare condizione del discorso poetico a fare del volume garzantìano una interessante novità nel panorama della contemporanea ricerca poetica, anche perché la dimensione dell'allegoria — e la riflessione metalette-raria che da essa deriva — consente a Socrate di ricorrere ai più disparati registri poetici, dall'ironia all'evocazione lirica, dall'invettiva sarcastica a quella singolare "narrazione onirica" che costituisce uno dei modi più personali per ri- percorrere il benjaminiano "linguaggio delle macerie". Strutturalmente compatto, denso e organicamente articolato, il volume di Socrate ha l'andamento discorsivo di una rappresentazione, un teatro appunto del quotidiano scandito da un prologo e da sei atti. Dalla forte scansione delle quartine di ottonari, nei versi di introduzione ("S'inarcano le rovine/a sostegno dei pensieri... Ora adombrano un prologo / le incompiute rovine, / recitano un inizio / con la voce della fine") che introducono una sorta di ritualità a controllo del sentimento, si passa alle "cronache" della prima sezione, dove una quotidianità fragile ma risentita è testimoniata nei suoi umori, amori-odi, personaggi, miti, nevrosi. Il percorso è segnato da immagini di grande densità, che raccolgono frammenti di esistenza spesso con una nitidezza ritmico-semantica montaliana (come In differita: "Rimanda, rimanda è il motto... Ma gli anni hanno eroso tutto il margine"). Nelle altre sezioni, il filo del discorso insegue oggetti emblematici, appunto rovine di un mondo di cui si smarrisce il senso, salvo ritrovarlo nella pietas quotidiana o nel rifiuto di una resa all'esistente. E la cifra più inquietante e inquieta di questa insofferenza è nel Sogno ricorrente, sezione di frammenti onirici, in cui chi scrive legge la propria inadeguatezza di soggetto e, assieme, il miraggio di una scrittura che sussìste da qualche parte perfetta, irraggiungibile, totalità perduta di cui le allegorie possono solo descrivere le approssimazioni. giunto una definizione sostanzialmente conclusiva. A offrire curiosità in questo senso è solo l'apparato di Isella, che documenta attraverso il carteggio la redazione provvisoria delle varie poesie, e si configura quindi come tassello della futura edizione critica, contribuendo in particolare a una più precisa datazione dei testi. Frontiera, riletta oggi, dà un'impressione di freschezza — e magari di ingenuità, in qualche passaggio — cui si accompagna una profondità, una malinconia, una sensazione di smarrimento che sono sì esistenziali, ma che fanno anche pensare a come davvero ci si sentisse, in quegli anni, "con un piede già dentro la guerra" (sono ancora parole di Sereni); e tanto più ne risulta straniata, e tuttora straniante, l'incorporeità di certe immagini o di certo lessico di stampo ermetico, quasi non servisse ad altro che a far risaltare un diverso ed emergente senso delle cose: quello definito poi come "poetica degli oggetti" e che, fra l'altro, era anche consapevolezza della precarietà della poesia e dell'esistenza stessa di fronte ai tragici avvenimenti che maturavano in Europa. Dai brani del carteggio con Vigo- suo lavoro, "di non perdere niente, di fissare tutto sia pure fugacemente": per conservare intatta la memoria delle cose ma anche, al tempo stesso, per esorcizzarne l'influenza. La poesia — e la pubblicazione in particolare — appare infatti in queste note come il "liberarsi d'un peso", e se qui Sereni si esprime in termini che sentiamo ancora condizionati dall'emotività e dal narcisismo giovanili, bisogna ricordare che il concetto riaffiorerà anni dopo con ben altra maturità: "Si fanno versi per scrollare un peso / e passare al seguente. Ma c'è sempre / qualche peso di troppo, / non c'è mai alcun verso che basti / se domani tu stesso te ne scordi". Trascrivo da I versi, una poesia che appartiene agli Strumenti umani (1965) e che si può ora rileggere in un altro lavoro di e su Sereni: la bella antologia Il grande amico pubblicata l'anno scorso dalla Bur con introduzione di Gilberto Lonardi e commento ai testi di Luca Lenzini (e speriamo che volumetti economici ma ben curati come questo si propongano organicamente una ricognizione della poesia contemporanea). A proposito della poesia citata, il commento osserva: "In quanto segno di un disac- quentatore delle corti di ieri come di quelle di oggi) annetteva all'esperienza della poesia, convinto com'era non solo che primum vivere, ma forse che, per riuscire davvero a vivere, la pratica del verso andava — in quanto "consolazione materna" — tenuta a bada: "E potremmo anzi dire che la poesia sempre più senza canto di Sereni è un progressivo inoltrarsi nel discorso 'al maschile' della poesia". Proprio attraverso le pagine di questa antologia, è facile seguire questo discorso nel suo farsi e nel suo svolgersi, nella serietà e pregnanza che lo contrassegnano come uno dei più importanti nella poesia del dopoguerra e come uno dei più nettamente caratterizzati. Discorso "al maschile", infatti, significa discorso del disincanto e della responsabilità; per questo, se in Frontiera non mancava il sogno di una dimensione piena e felice delle cose, ciò che prevale nell'ultimo Sereni, quello di Stella variabile, è l'accettazione della negatività, della vita vissuta "sapendo di non sapere". Un'accettazione che ha reso forse i suoi versi più crudi e dissonanti, nonostante le residue tenerezze che vi resistono, ma che per questo continua a insegnare qualcosa, e non solo in fatto di letteratura. TORINO CRONACHE 01 ARCHEOLOGIA S. Moscati Cronache di archeologia Nuove rivelazioni sulle civiltà scomparse Storia, pag. 240, ril., L 28.000 Resoconto affascinante dell'ultimo biennio della ricerca archeologica. L'Autore attinge a tre fonti: le scoperte sul campo, le pubblicazioni che le annunciano, le mostre che le presentano. H. Bogdan Storia dei paesi dell'est Storia, pag. 564, ri!., L. 50.000 R. Mandrou Luigi XIV e il suo tempo Storia, pag. 592, rìl., L. 50.000 COLLANA MORALE diretta da Pietro Prini e Giannino Piana Itinerari morali per l'uomo contemporaneo J.-L. Bruguès Fecondazione artificiale: una scelta etica? pag. 296, L. 28.000 S. Pinckaers La Parola e la coscienza pag. 240, L. 24.000 H. Puel La cruna e il cammello Economia e morale a confronto pag. 164. L. 16.500 di imminente pubblicazione: P. Prini Il corpo che siamo Introduzione all'antropologia etica pag. 196, L. 19.000 E. Fizzotti - A. Gismondi Il suicidio Vuoto esistenziale e ricerca di senso pag. 240, L. 24.000 J. Giri Africa in crisi Trent'anni di non-sviluppo La Nuova Africa, pag. 192, ril., L. 28.000 H. Jonas Lo Gnosticismo Religione, pag. 440, ril. L. 45.000 L. Bisso - F. Bozzoli Colombo, ammiraglio del tenebroso oceano pag. 112, ril., L 20.000 Un originale contributo alle celebrazioni del Quinto Centenario della scoperta dell'America. Il fumetto è storicamente documentato e graficamente prezioso, tanto da costituire una proposta unica, piacevole ed efficace, per ripensare l'avvenimento.