GIUGNO 1992 - N. 6. PAG. 10 SAGGISTICA Giuseppe Agteglano ASPETTI ECONOMICO-FINANZIARI DELLA GESTIONE SANITARIA ITALIANA - Lire28.000 Prefazione di ViolenzoZIantoni Un'attento excursus storico sui più salienti problemi legislativi ed amministrativi dell'assistenza ospedaliera e non, correlato da un attento ed attuale e interesse sanitario ed umano. Marina Piraa LA CIVILTÀ DELLE MEDIAZIONI Lira20.000 Un'approfondita indagine storico-lin-guisfica sull'origine del continente Eu rapa, fusione di molteplici civiltà: un saggio breve, preciso, raffinato, che si legge come un romanzo. NARRATIVA Bruno Ardore GLI OCCHI DI MADDALENA Lire36.500 Il perenne intimo disagio di un antieroe dei nostri giorni, personaggio-vittima di un'emarginazione senza scampo, ove ogni punto d'arrivo non è che una frustrata situazione di partenza. Maria Curto Curatolo LA LUNA ROSSA- Lire 21.500 Presentazione di Emma Corvo Paure, incertezze, dolori, sospetti, speranze, amori, gelosie ma soprattutto un'inesauribile volontà di vita, formano il tessuto vario di questi racconti frutto di un'immaginazione che ha : sapore della realtà. Giulio Grlglonl IL GATTOGEO - Lire 19.000 In forma di gatto, per di più nero, le aspirazioni di un incontaminato ma non sprovveduto adolescente che si affaccia al mondo con romantici e ribelli desideri d'indipendenza e mutevolezza. Pierluigi Iviscori STRANIANGELI - Lire 13.000 Presentazione di Gino Patroni Un treno perfettamente in orario, l'inizio di un viaggio. Personaggi sienzio-si, quasi incoiporei: gli angeli bianchi e nen che sono fra noi. Luciano Messina LA DANZA DEGLI DEI • Lire 28.000 Presentazione di DinoCarlesi Quasi un diario della memoria: attraverso le fasi salienti della vita dell'autore, l'immagine di un'Italia degli ultimi cinquanfanni, vista con occni colmi d'amore per fa cultura, per Timpegno politico, civico ed anche professionale. Maria Teresa Pagliari LA SEDIA DELL ARCOBALENO Lire 16.000 Storie d'ordinaria imperfezione nella memoria dell'autrice: una sorta di con-troaltare ai racconti d'amore, amori tinti per l'irruzione della morie che sempre giunge ineluttabile. Carlo Trentini BOZNERBLUES BOLZANO BLUES - Lire 15.000 L'amaro e doloroso peregrinare di un giovane dall'ambiguo nome bilingue, che attraversa instancabilmente i due gruppi etnici comprendendoli entrambi ma rifiutandone gli egoismi e le rivalità. POESIA Donata Passanisl COLPEVOLE DI REALTÀ Lire 15.000 Prefazione di InselMarty Un'opera che nasce dal quotidiano viaggio dell'oggetto nelle sue innumerevoli forme cne, in vertiginoso e pigro divenire, sono solo "indizi" dell'eterno rapporto fra 'uomo e la realtà. < 38), cioè "piedi". Con due tipi fondamentali: a) versi con numero variabile di sillabe e di ictus, i cui piedi ripetono una stessa cellula ritmica; b) versi variabili sia per la lunghezza che per la consistenza sillabica dei piedi, ma con costante numero dei piedi, cioè degli ictus di ogni verso. Al tipo a) appartiene il primo Palazzeschi, al tipo b) Bacchetti e Pavese. (Dove azzarderei una rimozione di Pavese, ben regolare nell'iterazione del suo modulo ternario, a cellula ritmica anapestica, quando prevale, per infilarlo almeno a metà strada: mio-cugf-noèungigàn-tevestf-todibiàn-co"). 2) Il serratissimo setacciamen- sualista (Calvino) e dell'olfatto d'un chimico (Primo Levi) con due saggi a testa: corposi e di lungo respiro Aspetti della lingua di Calvino e Lingua e scrittura di Levi. Approdo, per giunta, a una terra mica tanto raccomandata: "Tra nipotini di Gadda e figliastri di Pasolini, viscerali brodosi e contegnosi neoclassici, neosecentisti speciosi e, semplicemente, irresponsabili verso la lingua e prosatori senza stile, l'atmosfera è stata ed insiste ad essere poco respirabile. L'Italia, ricordiamolo, continua a non essere un paese di prosatori" (p. 291; corsivo suo). L'ampiezza del lavoro dedicato ai due scrittori sembra tuttavia voler creare un argine, salvare il salvabile. Anche indicare ed esaltare vino viene fin troppo sincronizzato: campionature dalle prime opere si assiepano con esempi tardi ed estremi. Mengaldo lo sa benissimo e "tenta di correre ai ripari in coda" (pp. 284-91). Sentiamo però la necessità, magari in altra sede, di marcare finalmente le diverse stagioni calviniane, che sono plurime e non solo limitate alla solita svolta Cosmicomiche (un buon avvio mi pare quello accennato nel Bilancio di un trentennio letterario di Romano Luperini sulT'Tndice", novembre 1991, pp. 15-17). Una minima: il lettore segugio, benché raramente, si perde (es.: dove sta D'aulico" sovvenire nel Castello dei destini incrociati? Non a p. 99; p. 245). Al fine: non è in questione solo lo I libri consigliati Quali libri vale sicuramente la pena di leggere fra le migliaia di titoli che sfornano ogni mese le case editrici italiane? ' 'L'Indice ' ' ha chiesto a una giuria di lettori autorevoli e appassionati di indicare fra le novità arrivate in libreria nei mesi scorsi dieci titoli. Non è uno scaffale ideale, né una classifica o una graduatoria. I dieci titoli sottoelencati in ordine alfabetico per autore, e pubblicizzati anche nelle maggiori librerie, rappresentano soltanto consigli per favorire le buone letture. Jorge Amado - Il paese di Carnevale - Garzanti Etienne Balibar, Immanuel Wallerstein - Razza, nazione, classe. Le identità ambigue - Edizioni Associate V Luciano Bianciardi - Daghela avanti un passo - Longanesi Harold Bloom - Rovinare le sacre verità - Garzanti Gianpiero Brunetta - Cent'anni di cinema italiano - Laterza Luca Canali - Diverse solitudini - Studio Tesi Gianni Celati - Verso la foce - Feltrinelli Luigi Malerba - Le Pietre Volanti - Rizzoli Yi Munyól - Il nostro eroe decaduto - Giunti Virginia Woolf - Al faro - Feltrinelli \ - ir* eas | La giuria che consiglia i libri del mese di giugno è composta da: Gesualdo Bufalino, Grazia Cherchi, Guido Fink, Cesare Garboli, Vittorio Lanternari, Giovanni Levi, Bianca Pitzorno, Oreste Pivetta, Luciana Stegagno Picchio, Antonio Tabucchi, Andrea Zanzotto. PROMOZIONE FIRENZE EDI. LIBRA. TELEFONO 055-25.79.266 TELEFAX 055-25.79.266 to del linguaggio ermetico, ora differenziato più nettamente in un ermetismo rie e clus (cioè forte) e uno leu (cioè debole; p. 148), riesce ad asserti sostenuti da tempo e qui specificati: la centralità di Montale (adesso è il Montale delle Occasioni e di Fìnìster-re che diviene a sua volta promotore di "tradizione" nei suoi rapporti, influssi e scambi con gli ermetici Doc); l'altezza del "capolavoro poetico della seconda guerra mondiale", il Diario d'Algeria di Sereni. Così come illumina maggiormente il privilegio concesso alla linea lirica meno orfica e assoluta e più rasoterra, cioè implicata con la prosa: "nell'immersione nella "prosa" [sta] la vera via di salvezza della poesia moderna" (p. 156; da mettere a fianco a fianco col decisivo Grande stile e lirica moderna di Tradizione II). Passiamo all'ultimo terzo: la pro-sa-prosa. Cambio brusco e clamoroso di continente? Qui in effetti si passa, almeno, dal regno dell'orecchio (tutta la prima parte è un inno ali'orec-chio)a quello dell'occhio di un ipervi- una linea di prosa italiana modernamente funzionale, europea, traducibile, mai banale, anzi ricca di spunti sorprendentemente "espressionistici", ma controllati; evidentemente in opposizione all'asse continiano Scapigliati-Gadda-Pizzuto. Stilisticamente il maggior specimen è Calvino, e quasi senza riserve, proprio con entusiasmo: "la prosa calviniana, trasparente e densa senza bolle, sgranata e compatta, nutriente con leggerezza, elegante con sostanza e misura ... è la più bella e ricca che penna di narratore italiano abbia modulato nell'ultimo quarantennio" (p. 291). Le dimostrazioni e gli attestati riposano nella schedatura nella lingua del ligure e dell'ebreo-pie-montese (che dunque prorompe di colpo nella scala dei valori novecenteschi non solo per meriti legati a una personalità e a un destino etici), modello scientifico e finanche didattico per chiunque faccia professione di lettore. A tale percorso micrometrico e quasi bustrofedico rinvio senz'altro che due postille. Una maggiore: Cai- stile, al solito. L'interesse appassionato per chi scrisse La tregua e Le città invisibili, cioè per due artisti e menti "borghesi" da parte di un critico che appartiene alla genealogia che abbiamo indicato, significherà alla fin fine confronto tra ragione illuminista e ragione dialettica. (Confronto esercitato da due criptofilosofi; e Mengaldo predica qui e altrove non poter essere nessuno vero autore o vero critico senza qualche fornitura filosofica. Nessuno, tranne uno: autentico artista e critico senza filosofia, in grazia d'una personalità d'eccezione, Pasolini). Non procede da solo, Mengaldo. C'è anche Cases (e per altri versi Fortini) con cui dialoga di continuo. Non per niente Cases è lui pure, agguerrito lettore di quei due medesimi scrittori. Anzi, nelle parallele introduzioni a Levi (Lingua e scrittura in Levi apparve come introduzione al voi. Ili dell'Opera Omnia) la coppia si scambia alzabandiere e qualche cenno d'elegante salamelecco a distanza, mentre, che so, incrocia sullo stesso personaggio (e, si- curo, grande personaggio): il greco Mordo Nahum della Tregua: "Guerra è sempre". Sì: guerra è sempre. Con una frase definitoria rilanciata tale e quale da Cases, Mengaldo racchiude il dilemma di Primo Levi così: "[Levi] restò sempre diviso tra due interpretazioni della follia nazista: come episodio orribile, sì, ma circoscritto e concluso, dellà storia moderna, o invece come risultato conseguente delle tendenze dell'uomo contemporaneo, tra sviluppo vertiginoso della tecnica e vocazione totalitaria del potere, e su questa forcella continuò a interrogarsi sino all'ultimo" (p. 385). Detto magnificamente. Ma forse non coincide esattamente con ciò che diceva Levi. Il riferimento così netto e perentorio al "totalitarismo" del potere contemporaneo, pur difficilmente eludibile, continuo a sentirlo come una sterzata di Mengaldo, spia una formulazione lievemente differente altrove: "Levi oscillò sempre tra due possibilità: quella a cui per la verità si sforzò di attenersi rigorosamente tutte le volte che parlò ex professo del fenomeno e lo giudicò, che vi vedeva un episodio spaventoso ma circoscritto nel suo tempo e nella sua catena di cause specifiche; e quella inveve, che egli probabilmente tendeva a seppellire sotto la sua coscienza, che individuava in esso l'espressione conseguente e necessaria dello sviluppo tecnico e della vocazione totalitaria dell'uomo moderno" (p. 304; mio il corsivo). Forse perché convinto, come un Ahab, della totalità e forza totalitaria del Male del Novecento. Cosa che i due scrittori, ostinatamente impegnati nel "distinguere" e "salvare", non ammettevano in tali termini o, comunque, continuavano a combattere, pur consapevoli dei limiti della loro ragione, anzi facendosi una forza della coscienza dei limiti. Se nel saggio sulle Città invisìbili (Tradizione II) a proposito dell'idea-metodo calviniano, fondamentale, della "reversibilità", Mengaldo lo annette quale "massimo omaggio che la ragione utopica e illuminista possa rendere alla dialettica"; nel saggio sulla lingua di Levi, ancor più disposto a cogliere il sistema linguistico-retorico quale repertorio di strumenti mentali, Mengaldo dichiara: "Davvero questo spiegamento di ossimori è il massimo omaggio che la razionalità di Levi, naturalmente chiara e distinta, e semplificatrice, abbia reso alla complessità ardua, al caos, alla contraddittorietà e all'ambivalenza irriducibili e conturbanti, che abitano tanta parte della realtà" (p. 381). Concludendo così: "Dopo Auschwitz un Doppelgànger, un 'pallido compare'... deve aver tallonato implacabilmente Levi, soffiandogli nell'orecchio quanto sia fragile ogni illuminismo che pretenda di circoscrivere il male" (p. 386 e ultima). Catapultato fuori dell'avello, passato d'infilata in due secoli e più di cervelli, campi di battaglia e libri, un Voltaire potrebbe stilare un ispido pamphlet il cui titolo sarebbe: giù le mani. Ma forse non è così. Forse non si tratta, da una parte, di omaggio alla dialettica (senza contare la drammaticità di un intellettuale che in una prima stagione si disse figlio o nipote di Hegel senza esserlo: cfr. la tesissima recensione al Dottor Zivago testé ristampata in Perché leggere i classici) né, dall'altra, di neoilluminismo (etichetta contro cui Calvino reagiva e recalcitrava; si veda Una pietra sopra, p. 189). Avrà infine un risvolto quella fragilità — certo, riscontrabile, anche nelle parabole esistenziali di tutti e due —, specie se la ragione detta "illuministica" in realtà è disposta a misurarsi con le proprie frontiere, col differente e l'oltre da sé; e ricavarne nuova forza. Ma quanto tutto ciò sia comprimibile negli schemi passati mi pare un buon argomento d'indagine e di discussiò-