| DE _ BR DEi_ VESE | GIUGNO 1992 - N. 6. PAG. 12 Poemi di fuoco, d'acqua e di desiderio di Piero Boitani Franco Ferrucci, L'assedio e il ritorno. Omero e gli archetipi della narrazione, Mondadori, Milano 1991, pp. 100, Lit 10.000. Gioacchino Chiarini, Odisseo. Il labirinto marino, Kepos, Roma 1991, pp. 176, Lit 29.000. Franco Ferrucci, Il poema del desiderio. Poetica e passione in Dante, Leonardo, Milano 1990, pp. 296, Lit 29.000. L'acqua, il fuoco, il desiderio: tali, nella ricostruzione che del più antico pensiero greco ci offre Aristotele nella Metafisica, le cause prime delle cose per Talete, Eraclito, Parmenide ed Esiodo. L'Iliade, l'Odissea, e la Divina Commedia sono i poemi di questi principi. Si prenda l'immagine dei Troiani e dei Greci che si contendono il corpo di Patroclo, nel canto XVIII dell'Iliade: "combattevano come il fuoco", dice il poeta, facendo rispecchiare la battaglia dell'uomo in quella degli elementi. Si raffronti poi questa scena con quella, nel canto XXI, in cui ad Achille che sta per soccombere all'acqua dello Scamandro viene in soccorso Efesto con la fiamma: "bruciava, la forza del fiume", recita Omero, mettendo in lotta fra loro l'elemento vitale e distruttore e il principio del caos. Questa è l'Iliade, la quale si apre con la peste che devasta il campo greco, e si chiude con la pira funebre di Ettore. Una fiamma assai diversa illumina la fine dell'Odissea, poema dell'acqua e del ritorno: compiuta la strage dei Proci, Ulisse siede a capo basso dinanzi a Penelope "nel raggio del fuoco". Fra poco, quel riverbero diverrà vita: superata la prova del riconoscimento raccontando dell'ulivo da cui egli stesso ha costruito il letto nuziale, Ulisse sarà abbracciato da una Penelope che è ormai, nella straordinaria intuizione del legame radicale, eguale al marito: "come appare gradita la terra a coloro che nuotano e di cui Poseidone spezzò la solida nave, sul mare, stretta dal vento e dal duro maroso... così le era caro ora lo sposo, guardandolo". Con l'immagine di chi, scampato al naufragio nel pelago, si volge dalla riva all'acqua perigliosa, inizia la Commedia dantesca, poema del viaggio per mare che termina con Nettuno contemplante dagli abissi, in attonito stupore, l'ombra della nave Argo del poeta. Ma • questo viaggio altro non è che un ritorno al Principio dettato da un "desio" inesauribile, da un "ardore", un fuoco senza fine. Franco Ferrucci, che nel suo bellissimo romanzo II mondo creato ha osato impiegare come protagonista-narratore Dio stesso, non ha paura di affrontare i poemi del fuoco, dell'acqua e del desiderio che sono all'origine della tradizione occidentale intera (Omero) e della letteratura moderna (Dante). Nf L'assedio e il ritomo (originariamente pubblicato nel 1974) Ferrucci apre i primi due Libri, l'Antico e il Nuovo Testamento, dell'Occidente: due "modelli" contrastanti del mondo, della vita, e della narrazione. L'Iliade, memoria della specie, è il punto nel quale la parola trae le cose dall'ombra, il "solo libro che non ne abbia un altro alle spalle". L'assedio che essa descrive è la vita umana: la sopravvivenza nel lungo temporeggiare, una serie di battaglie e duelli sospesi o non risolutivi, un gioco di specchi bloccato ma non immobile (all'assedio della città, per esempio, fa riscontro l'assedio dei Troiani al campo greco), un cerchio al cui centro sta il qualcosa che fin dall'inizio è stato sottratto all'uo- l'assedio, anticipando così l'epica medievale e i romanzi cortesi, la Divina Commedia, il Don Chisciotte, il Faust, Guerra e pace, la Ricerca di Proust, l'Ulisse di Joyce. Ma ritornare vuol dire riscoprire se stessi, sfuggire alla vertigine dell'oblio, sconfiggere l'involuzione bestiale (Polife-mo), fare esperienza della morte (Ade), inscenare la dissimulazione totale, divenire Nessuno, e soprattutto narrare per ri-conoscere ed essere riconosciuti. L'Odissea è il Libro Lectura Dantis r Dante Alighieri, Commedia, commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, voi. I: Inferno, Mondadori, Milano 1991, pp. 1050, Lit 65.000. Nel libro di cui si parla in questa stessa pagina Franco Ferrucci sostiene che l'Inferno di Dante è il luogo dell'"esilio etemo dal desiderio". Nulla di apparentemente meno adatto, dunque, a lettori dell'incombente secolo XXI. Eppure, a riprendere in mano /'Inferno oggi si prova un'emozione del tutto particolare: non solo di piacevole familiarità dinanzi ai passi più frequentati sin dalla scuola, ma anche di integrale riscoperta di un testo senza eguali nella letteratura. L'Inferno è bensì, come diceva Auerbach di tutta la Commedia, poesia "del mondo terreno", ma è anche scavo profondo del male di vivere (si pensi alla tremenda selva dei suicidi), esplorazione e rappresentazione dei demoni che ci agitano (dall'amore alla brama di possesso materiale), dei dissidi e delle divisioni che tormentano Dante — della "guerra della pietate" che combatte davanti a una Francesca e a un Brunetto —, delle storture del mondo e delle perversioni umane (chi dimenticherà quella "nostra ima-gine sì torta ' ' che gli indovini incarnano col loro corpo travolto, e la duplice metamorfosi umano-serpentina dei ladri?). L'Inferno è, infine, poesia dell'onda bruna, dell'aere buio, del silenzio, del-la pioggia di fuoco, del ghiaccio che incrosta gli occhi; del comico, del grottesco, dell'orrore, dell'ira, della profezia e del velo allegorico. Tutto questo, con straordinaria sensibilità, mette in luce il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, il primo alla Commedia composto da una donna. Preceduto da una introduzione che disegna Con sapienza e passione un profilo generale della Commedia e delle sue tensioni, il volume presenta il testo critico dell'edizione Pe- trocchi (con venti modifiche discusse in nota). Ciascun canto è introdotto da alcune pagine che costituiscono vere e proprie lecturae Dantis di fresca interpretazione e che terminano con una breve bibliografia critica, e seguito poi da note integrative a luoghi particolarmente controversi (il famoso "Pape Satàn", per esempio). Il commento a pie di pagina tiene conto delle fonti (additandone spesso di nuove e mettendo talvolta in dubbio quelle da troppo tempo date per scontate), usa gli interpreti antichi e moderni (significativamente privilegiando in molti casi i primi), discute con informata finezza il valore dei nodi linguistici, e soprattutto presta costante attenzione critica al testo, considerandolo cioè in primo luogo come opera di poesia. Nella sua concisa completezza, nel suo coraggioso equilibrio, con il suo stile piano ma sempre elegante e sottile, esso si presenta insomma come un modello di esegesi dantesca per il 2000. Il lungo studio e 'l grande amore che han fatto "cercar" ad Anna Maria Chiavacci Leonardi il volume dantesco ci restituiscono un Inferno che non si vorrebbe mai smettere di leggere, che ci lascia un desiderio intenso delle sue parole, delle sue immagini, delle sue figure. Per fortuna, ci attendono ancora il Purgatorio e il Paradiso/ (p.b.) Nato 900 anni fa. Ancora vivo oggi. La vita e l'opera di San Bernardo da Chia-ravalle hanno ancora molto da insegnare a chi vive nel XX secolo, e il nono centenario della nascita del Santo è stato una buona occasione per riscoprirlo. In questo saggio l'autore condensa in una sintesi vivente il risultato di lunghi studi cercando di ritrovare, al di là della leggenda e degli scritti polemici, il vero Bernardo, quello della storia. J^Vtca e Pensiero V Pubblicazioni dell'Università Cattolica Per informazioni: o 02-8856310 mo, Elena. L'ira di Achille mette in moto il meccanismo della narrazione e stabilisce il precario equilibrio della vita, ma fa anche precipitare l'autocoscienza dell'eroe e la distruzione finale. Ed ecco che questa coscienza viene rappresentata in un'opera d'arte, lo scudo che Efesto forgia per il Pelide e che riproduce l'universo e la vicenda del poema: dall'Oceano ' 'che chiude la terra come in un assedio", alla città assediata. Armato dello scudo-coscienza-mondo, Achille uccide colui che si è vestito delle sue stesse armi, il suo alter ego, Ettore. Quindi, raggiunge il punto più alto di consapevolezza incontrando Priamo, ritrovando la paternità nel genitore del rivale ucciso, accettando insomma di immedesimarsi nella rovina finale del nemico. Da questo momento assedio, coscienza e rappresentazione saranno archetipi della narrativa occidentale, dal Roman de la Rose al Werther, dalla Gerusalemme Liberata a Madame Bovary, da Cime tempestose a Delitto e castigo. L'Odissea sostituisce il ritorno al- che ne ha un altro alle spalle, è il my-thos che ha un passato e che si piega su se stesso ("hai esposto il racconto con arte, come un aedo", dice Alcinoo ad Ulisse). Il Secondo Poema inventa il melodramma e il romanzo; inaugura, con Ulisse-Telemaco, le coppie della narrativa medievale e moderna; riflette sulla poesia (le Sirene); propone, assieme al ritorno e alla riunione col figlio, con la moglie, col padre, l'ideale nuovo: il letto costruito dall'ulivo — "un'opera d'arte, chiusa in una stanza" (dentro una nuova e implacabile immagine dell'assedio) "ma radicata nella terra feconda". L'Iliade e l'Odissea, questi due modelli antitetici del mondo, hanno in comune una sola cosa: la misteriosa verità. Una delle scene scolpite da Efesto sullo scudo di Achille è una danza "simile a quella che che in Cnosso vasta un tempo Dedalo fece ad Ariadne dai riccioli belli" — la danza del labirinto, quella che Virgilio significativamente chiamerà lusus Troiae. Troia, costruita da Apollo e "figlia di Creta", è un labirinto, e al principio ispiratore di questo si riconduce, nel suo "farsi" sotto i nostri occhi, anche lo scudo di Achille. Ebbene, sostiene Gioacchino Chiarini nel suo Odisseo. Il labirinto marino, i viaggi di Ulisse ripercorrono quasi tutte le tappe del cosmo descritto dallo scudo. Manca, è vero, il labirinto. Ma il ritorno stesso di Ulisse, come Chiarini dimostra, riproduce simbolicamente con le sue dodici tappe la struttura del labirinto cretese a dodici anse. Del resto, Ulisse si presenta come cretese e, come Dedalo, costruisce mirabili opere di ingegneria quali il cavallo di legno, la zattera, il letto d'ulivo. Egli è il solo in grado di penetrare nella città-labirin-to, Troia, e di "scioglierne i lucenti nastri". Suo strumento preferito, l'arco, che palpa come "uomo esperto della cetra e del canto", e col quale scocca le frecce a trapassare le dodici asce bipenni prima di uccidere i Proci. Allievo e protetto di Atena, Ulisse è dunque profondamente legato ad Apollo: è un modello di astuta sapienza, di misteriosa verità. E l'Odissea costituisce così l'archetipo dei labirinti letterari dei secoli avvenire. Tra questi (come ha mostrato un libro di Penelope R. Doob destinato a divenire un classico, The Idea of the Labyrinth from Classical Antiquity through the Middle Ages, Cornell U.P., 1990), anche la Commedia dantesca, nella quale l'ultima tappa del ritorno, il viaggio attraverso il pelago del Paradiso, si vuole ispirato da Minerva e Apollo. A quel mare conduce tutta la carriera poetica di Dante, che inizia col "desiderio del desiderio" della Vita Nuova e, dopo il tentativo di soddisfare la brama di conoscere nel Convivio, attraversa una crisi profonda. Ecco infatti la selva oscura e lo scampato naufragio aprire la Commedia, mentre balenano dinanzi agli occhi il sole di un'ispirazione nuova e il lontano colle del Parnaso. L'impresa principierà con la scelta "di assorbire il messaggio morale entro il corpo vivo dell'operazione creativa", e si spingerà oltre, verso la vittoria della risorta poesia. Aiutato da Virgilio e Orazio, Dante si dà a "conquistare l'apice della fede per ragioni estetiche! — come se (questo è il punto d'inaudita frattura), come se la bellezza dell'opera fosse una funzione della verità; e non solo la bellezza di ciò che è stato creato da Dio (come avevano affermato i teologi), ma anche la bellezza di ciò che è stato creato dall'uomo". Il poema del desiderio è un libro eretico e salutare, che colloca al centro della nostra interpretazione di Dante il suo essere poeta, e poeta moderno: perché egli è il primo a sapere "che la creazione letteraria è una battaglia ai confini dell'essere, e che chi la combatte attraversa l'interregno fra la religione e la scienza". Da quanto tempo, impediti da una parte dal Croce e dall'altra dal dantismo americano, non sentivamo affermazioni del genere? Ferrucci getta una luce nuova sulla Commedia: sul suo uso della menzogna poetica, sul suo essere metafora e "co-medìa", sulle immagini della nave, del legno e della pianta che la dominano, sulla genesi e lo sviluppo della similitudine, sul trasformarsi dell'opera da "poema narrativo" in "sacra rappresentazione", sul "paradosso del desiderio" che mai vi termina. In ogni pagina brilla un'intuizione, spicca una formulazione sorprendente, regna un ragionare serrato e documentato, ma sorretto da quella "passione" che è la poetica stessa di Dante Così si devono leggere, oggi, i poemi del fuoco, dell'acqua e del desiderio. LIBRI PER CAPIRE