riNDICF H||dei libri oelmese|h OHOBRE 1991 - N. 8, PAG. 12 MARIETTI Pietro U. Dini L'anello baltico La storia politica e cultura- le di Estonia, Lettonia e Lituania. Per comprendere il drammatico crollo del- l'impero sovietico. Vittorio Possenti Le società liberali al bivio La filosofia pubblica di fronte alla crisi del comuni- smo e ai rivolgimenti del- l'Est europeo. Georges Kalinowski L'impossibile metafisica Prospettive e problemi del- l'indagine filosofica con- temporanea in una inter- pretazione provocatoria e penetrante. Renzo Lavatori Gli angeli Il primo studio completo sulle entità angeliche e sul loro influsso nella vita del- l'uomo. Georges Poulet La coscienza critica Da Baudelaire a Proust, da Sartre a Starobinski, autori e correnti della critica fran- cese degli ultimi due secoli. Boris Vishinski La nave sulla montagna Da una Jugoslavia lacerata, la metafora della lotta per la libertà nel romanzo del più importante scrittore mace- done vivente. La questione dell'utilitarismo L'utile analizzato come strumento di vita morale di fronte ai problemi della cultura contemporanea. Studi su D'Annunzio Rivisitazione interdisci- plinare dell'opera del Vate attraverso un'ampia rac- colta di contributi. Santità e agiografia L'evoluzione e le prospet- tive dell'agiografia intesa come disciplina scientifica nel più ampio contesto de- gli studi umanistici. Razionalità fenomenologica e destino della filosofia A partire da Husserl, saggi e ricerche sui compiti della filosofia nell'epoca con- temporanea. Nato dentro il fiume Tormes di Maria Rosso Gallo Anonimo, Lazarillo de Tormes, a cura di Gilberto Greco, Garzanti, Milano 1990, pp. 90, Lit 8.000. Nell'anno 1554, nelle stamperie di tre diverse città (Burgos, Alcalà de Henares e Anversa) veniva pubblica- to un breve volumetto anonimo, inti- tolato La vida de Lazarillo de Tormes y de sus fortutias y adversidades. Oggi si sono perse le tracce di precedenti testimoni editoriali o manoscritti, per cui le questioni filologiche resta- no aperte a ipotesi contrastanti; tut- tavia, l'esistenza di tre edizioni con- temporanee dimostra che le avventu- re di Làzaro dovevano già essersi di- vulgate con successo e che i lettori dell'epoca avevano recepito la carica innovativa dell'opera. In un panorama letterario domi- nato prevalentemente dai romanzi cavallereschi e dai raffinati codici poetici petrarcheschi, l'anonimo nar- ratore ricorre, infatti, alla finzione autobiografica, per tracciare l'evolu- zione vitale e la presunta ascesa so- ciale di un personaggio, che fin dalle prime pagine appare palesemente marchiato dall'emarginazione e dal- l'infamia familiare. L'autobiografia trova un supporto nelle convenzioni epistolari, mediante le quali il prota- gonista si rivolge a un destinatario interno (apostrofato con il titolo di Vuestra Merced, "la Signoria Vo- stra"), che, come si apprende dal prologo, aveva stimolato il messag- gio, chiedendo informazioni a propo- Cervantes in anticipo dì Aldo Ruffinatto Miguel de Cervantes, Intermezzi, a cura di Rosa Rossi, Lucarini, Roma 1990, trad. dallo spagnolo di Vittoria Spada, pp. 183, Lit 21.000. Nel 1613, un anno prima della morte, sull'on- da del grande successo della prima parte del Chi- sciotte, e della pubblicazione delle Novelle esemplari, Miguel de Cervantes mise a segno due grossi colpi editoriali: la seconda parte del Chi- sciotte e una raccolta di otto comedias più otto entremeses mai rappresentati e scritti in vari mo- menti della sua attività letteraria. In precedenza, l'irresistibile concorrenza del "monstruo de na- turaleza" Lope de Vega l'aveva costretto ad ab- bandonare le scene, quelle stesse che Cervantes prima maniera aveva calcato con successo, maga- ri facendo appello al fervore nazionalistico dei conterranei, come nel caso della Numancia (tra- gedia ispirata all'eroica resistenza degli abitanti di questa città contro lo strapotere militare degli assediami romani), oppure rimarcando i compor- tamenti esemplari degli spagnoli anche in condi- zioni estreme, come nel caso del Irato de Argel (dramma ambientato nelle prigioni dei Mori). Com'è noto, l'avvento di Lope de Vega, oltre ad estromettere definitivamente Cervantes dal- l'ambito teatrale, cancellò anche la memoria di questi suoi primi esperimenti drammatici; tant'è che a rinfrescarla dovette provvedere lo stesso Cervantes menzionandoli nel prologo alle sue "Otto commedie" e ai suoi "otto intermezzi mai rappresentati". Eppure, è sufficiente dare un'occhiata a queste opere per capire che non si tratta di sottoprodotti o di esperimenti mal riu- sciti; al contrario, in alcune sono addirittura av- vertibili tracce di modernità. Quelle stesse che consentono a Rosa Rossi — da anni impegnata CLASSICI GRECI Collezione diretta da Italo Lana ISOCRATE Opere a cura di Mario Marzi Due volumi di complessive pagine 1010 con 8 tavole fuori testo in un dialogo fitto e a volte eterodosso non sol- tanto con l'autore ma anche con l'uomo Cervan- tes — di stabilire collegamenti arditi, per esem- pio tra gli "intermezzi" cervantini e il cinema maggiore di Charlie Chaplin o alcuni aspetti del- la produzione teatrale di Bertolt Brecht. In ciò, ovvero nel cogliere gli aspetti più mo- derni (ma sarebbe forse meglio dire con la cura- trice: "transtemporali") del teatro cervantino, credo che Rosa Rossi abbia perfettamente ragio- ne; ma non solo o non tanto per la carica "eversi- va" espressa in modo particolare dagli "inter- mezzi" (in fondo, su alcuni pregiudizi della so- cietà spagnola la satira si era già fatta sentire fin dall'inizio del Cinquecento), e neppure tanto per la "messa in questione dell'assetto dei valori fon- dati sull'identificazione nei valori monarchici, autoritari e patriarcali, proposto e imposto nel Siglo de Oro spagnolo dai gruppi dominanti", quanto piuttosto per la sapiente orchestrazione dell'impianto formale. Quello stesso impianto che consentì a Cervantes di costruire sui ruderi del romanzo di cavalleria la più grande opera narrativa di tutti i tempi si insinua anche nei suoi esperimenti drammatici, offrendo, soprattutto ad un genere minore come gli "intermezzi", pro- spettive nuove, di gran lunga esorbitanti dai mar- gini specifici e convenzionali tracciati per questi pezzi facili dai suoi precursori. In questo senso, più che in altri di carattere te- matico o contenutistico, concordo con Rosa Rossi nell'affermare che il pubblico dell'epoca non era ancora in grado di recepire il significato profondo del teatro cervantino e di decretarne, conseguentemente, il successo. E in questo stesso senso, appare interessante e felice l'idea di ripro- porre al pubblico di oggi gli otto entremeses nel- la bella traduzione italiana di Vittoria Spada. sito di un certo "caso" attinente alla vita di Làzaro. E così prendono av- vio le memorie dell'io narrante, a partire dalla sua nascita in un mulino sulle rive del fiume Tormes e dalle prime sventure familiari. Costretto ad affrontare precocemente da lotta per la vita, Làzaro inizia un duro ap- prendistato al servizio di un cieco astuto e malvagio, con 0 quale impa- ra a badare a se stesso. Infine, dopo aver ampliato le sue esperienze sotto altri padroni (un prete avaro che lo sottopone ai tormenti della fame, un nobilotto in miseria ossessionato dal- le apparenze imposte dall'onore, un frate libertino, un disonesto vendito- re di bolle papali, ecc.), il protagoni- sta giunge all'apice della sua scalata sociale: ottiene, infatti, l'incarico di pubblico banditore a Toledo, sotto la protezione di un arciprete, che gli dà in moglie una sua serva e gli procura un certo benessere materiale. Per quanto in città circolino delle dicerie sulla natura dei rapporti fra la serva e l'arciprete, Làzaro, che è del tutto soddisfatto della sua situazione e sente di essersi finalmente integrato con "la gente perbene", si dichiara ben deciso a non lasciarsi fuorviare dalle malelingue. Non mancavano, dunque, stimo- lanti novità: ai nobili eroi dei roman- zi cavallereschi e agli stereotipati pa- stori delle narrazioni bucoliche, si contrapponeva un antieroe, per il quale il culmine della propria carriera esistenziale e sociale consisteva nel- l'ipocrita accettazione dell'onta fa- miliare e della menzogna, unico mez- zo per uscire dalla propria emargina- zione e unirsi alla "gente perbene". La vicenda, apparentemente ingenua ed innocua, assumeva così un'esplo- siva carica polemica e la parola del narratore si stemperava nel gioco pa- rodico, stimolando l'intelligenza del lettore a coglierne i molteplici signi- ficati e a decifrarne, infine, l'autenti- co messaggio, al di là di ingannevoli abbagli. Queste coordinate contenu- tistiche e ideologiche avrebbero fat- to del Lazarillo de Tormes il caposti- pite del genere noto come romanzo picaresco. Allo stesso tempo, però, rendevano sospetta l'opera agli occhi degli inquisitori, che nel 1559 ne proibirono la divulgazione e in segui- to, nel 1573, autorizzarono un'edi- zione che risentiva notevolmente dei tagli della censura. Per quanto riguarda l'Italia, nel XVI secolo il Lazarillo venne pubbli- cato in lingua originale a Milano (1587) e a Bergamo (1597). La prima edizione in italiano uscì invece a Ve- nezia nel 1622, ad opera di Barezzo Barezzi, che introdusse numerose modifiche, sotto l'influsso della cen- sura dell'inquisizione. Però circola- vano già delle traduzioni integrali manoscritte, come quella di Giulio Strozzi del 1608 (recentemente ri- proposta da Liguori, Napoli 1990). Modernamente, l'opera è stata tradotta più volte e quest'ultima edi- zione testimonia l'inesauribile inte- resse delle avventure di Lazarillo de Tormes. La versione di Gilberto Greco si basa sul testo critico pubbli- cato da Francisco Rico (Càtedra, Madrid 1988) e riporta in appendice le aggiunte dell'edizione di Alcalà del 1554, considerate dai filologi in- terpolazioni estranee all'anonimo au- tore dell'opera. Dal confronto fra questa ed altre traduzioni e l'originale spagnolo, emerge l'impegno di Greco a resti- tuire il più fedelmente possibile il te- sto castigliano. Questo sforzo per- mette dì recuperare certe connota- zioni, apparentemente minime, ma in realtà significative, disperse da al- tri traduttori, forse più preoccupati di effettuare una rielaborazione stili- stica dell'italiano. Così, tanto per esemplificare dalle prime pagine, do- ve in spagnolo si legge "mi nacimien- to fue dentro del rio Tormes", Greco rende fedelmente "la mia nascita av- venne dentro il fiume Tormes" (e non, come altri, "sul fiume"), ben sapendo che la preposizione dentro ha il ruolo di enfatizzare le circostan- ze della nascita del protagonista, contrastandola con quella di altri il- lustri personaggi (fra cui l'eroe dei romanzi di cavalleria Amadls de Gaula), che non potevano vantare una nascita fluviale in modo altret- tanto realistico. Oppure, poco più avanti, quando il narratore scrive "ella y un hombre moreno de aquel- los que las bestias curaban vinieron en conocimiento", Greco traduce "finì per conoscere un uomo bruno, uno di quelli che badavano alle be- stie", mantenendo l'eufemismo con cui nell'originale si designa il servo moro. Nelle pagine introduttive, il cura- tore offre un sintetico, ma ben docu- mentato panorama delle problemati- che attinenti al Lazarillo, a partire dalle ipotesi avanzate dagli studiosi sul nome o sull'area culturale del- l'anonimo autore, per giungere a una lucida analisi della struttura della narrazione.