N. 3 pag. XII Scienze naturali Paesaggi dell'Appennino Toscano, a cura di Claudio Greppi, Giunta regionale toscana, Marsilio, Venezia 1990, pp. 237, s.i.p. E il primo volume di una serie dedicata all'ambiente montano, collinare e costiero della Toscana, voluta dalla Giunta regionale. II libro espone una serie di "quadri ambientali" dell'Appennino: non vuole individuare aree rilevanti per aspetti stori- ci e naturalistici, ma il paesaggio nel suo complesso come ricchezza sociale e componente della qualità della vita. Esso si articola in una serie di saggi storici e naturalistici accompagnati da fotografie molto curate che cercano di cogliere gli aspetti "normali" dell'ambiente montano toscano. Nei saggi storici il concetto rilevante è che il paesaggio dell'Appennino non è un prodotto naturale, ma è nato dall'opera dell'uomo, soprattutto a partire dal basso medioevo, quando la montagna fu politicamente dominata dalle città e divenne funzionale economicamente ad esse. In questo periodo incomincia l'enorme diffusione del castagno, che non è quindi un bosco naturale e che segna profondamente il paesaggio. Le riforme lorenesi del tardo Settecento e del primo Ottocento modificano una seconda volta il paesaggio appenninico con una rete viaria, insediamenti industriali e la privatizzazione delle proprietà comuni accentuando così le differenze economiche e paesaggistiche fra le varie valli. Il paesaggio appenninico è perciò un prodotto storico "antiquato". I saggi sulla geologia e sulla flora (l'Appennino Toscano costituisce la cerniera floristica fra l'Europa del nord e i Balcani) confermano ed evidenziano, sotto l'apparente uniforme dolcezza morfologica, le differenze che vi sono fra le varie valli, per cui ciascuna di esse è un'unità differenziata per ragioni storiche, poltiche, economiche e naturali. Infatti la seconda parte del libro è costituita da una serie di quadri ambientali dalla Garfagnana alla Valtiberina. I saggi, scritti per lo più da docenti universitari, sono di scorrevole lettura, ben integrati fra loro e cuciti da un capitolo iniziale introduttivo e uno finale di bilancio. Il tentativo di fornire una visione articolata complessiva è ben riuscito e il lettore è ben guidato nel collegare l'aspetto naturalistico con quello storico-economico, grazie anche alle fotografie e ai disegni di paesaggi a volo d'uccello delle varie valli che costituiscono un riassunto degli aspetti trattati separatamente. Raymond Siever, Sabbia, Zanichelli, Bologna 1990, ed. orig. 1988, trad. dall'inglese di Renato Lancellot-ta, pp. 235, Lit 36.000. La sabbia ha un grande potere evocativo di ambienti del passato e la ricostruzione di tali ambienti è una delle attività più affascinanti per un geologo. La dimensione temporale è quella che domina il libro di Siever. Il suo racconto inizia dall'origine dei granelli di sabbia delle spiagge attuali, toma a quelle del passato e termina con le spiagge di un lontano futuro, quando la terra avrà terminato buona parte della sua energia intema. Fra i libri di divulgazione di scienze della terra è raro trovarne uno dedicato allo studio dei sedimenti e alla paleogeografia, cioè alla ricostruzione degli ambienti del passato, in cui tali sedimenti si sono formati, sono stati trasportati e deposti. Il libro è incentrato sulle sabbie e sulle rocce che si formano dalla loro cementazione nel tempo, le arenarie. Sabbie e arenarie raccontano molte cose a chi le osserva con attenzione-, la loro presenza implica il fatto che, se nel passato è esistita una spiaggia, vi devono essere stati in qualche luogo i monti da cui i granuli sono stati portati via, i fiumi e i venti che li hanno trasportati e i siti dove sono stati deposti. Il testo si sviluppa nei vari capitoli seguendo ordini di grandezza via via superiori nello studio dei sedimenti. L'analisi di una sabbia parte dalla scala microscopica con lo studio della forma e della composizione mineralogica del singolo granulo e risale man mano a gradi di organizzazione superiore di scala sempre più grande. Si va dall'insieme dei granelli del singolo strato ai rapporti geometrici dei vari strati fra loro, che svelano i meccanismi di trasporto e deposizione. L'associazione di diversi meccanismi o facies ci porta all'identificazione di un ambiente. I corpi sedimentari prodotti da un ambiente saranno correlati ad altri prossimi lateralmente (ad esempio i depositi di una spiaggia con quelli di una pianura fluviale). Da queste relazioni sarà possibile ricostruire un paesaggio del passato sempre più vasto e articolato. Raymond Siever insegna geologia alla Harvard University ed è un geologo di fama intemazionale. Il testo scientifico va, per così dire, di pari passo con la sua vita, il che da un lato conferisce vivacità alla trattazione e dall'altro rivela il gusto dell'autore nello svolgimento del proprio lavoro. Accenna alla propria infanzia, con le gite al Grand Canyon e la lettura di un testo geologico sull'area che determinerà la sua scelta di vita futura. Narra la gioventù da studente, con la scoperta della possibilità di trovare nelle arenarie la direzione delle correnti dei fiumi del passato. Rievoca un'estate trascorsa a cercare con un amico una rete di fiumi scomparsi da milioni dì anni, vasta quanto quattro stati americani. La sua maturità intellettuale coincide con lo studio della correlazione fra tettonica glo- bale delle placche e i grandi ambienti dove si depositano le sabbie. L'autore cerca da un lato di avvicinarci alle spiagge e ai torrenti delle nostre vacanze e dall'altro di far vedere dal punto di vista sedimentologico luoghi come il Grand Canyon o la Valle della Morte, noti in tutto il mondo per gli aspetti paesaggistici e l'ambientazione dei film western. Il lettore italiano, non abituato a questo tipo di paesaggi, ottiene una piccola rivincita nel capitolo riguardante i margini continentali e le correnti di torbida. Queste ultime si formano a partire da frane sottomarine che si staccano dalla piattaforma continentale sommersa, precipitano lungo i canyon sottomarini e si espandono sul fondo oceanico a grandi profondità. Nessuno ha mai visto una corrente di torbida dal vero, ma i più famosi sedimenti arenacei di origine torbiditica costituiscono i più bei paesaggi dell'Appennino Emiliano, migliaia e migliaia di strati alternati di arenarie e argilliti. Il testo è scorrevole, ma denso di concetti, corredato da belle ed efficaci fotografie e chiari schemi che rendono comprensibili anche le parti più specialistiche della trattazione. Il libro, che fa parte della collana "Nuovi classici della scienza" di Zanichelli, è bello sia per l'originalità del tema scelto nell'ambito della divulgazione delle scienze della terra, sia per la capacità accattivante di scrittura. L'impaginazione grafica è unita sempre a rigorosità scientifica. Peter Bancroft, Le pietre più belle del mondo, Muzzio, Padova 1990, ed. orig. 1973, trad. dall'inglese di Maria Stella Longato, pp. 170, Lit 55.000. Il libro è costituito da una raccolta di ottime fotografie di splendidi campioni di minerali e gemme. Il criterio di scelta è stato spietatamente estetico. Molti minerali da collezione mancano all'appello o perché non erano disponibili campioni sufficientemente perfetti per colore, lucentezza, trasparenza e forma o perché i campioni erano belli, ma non riproducibili in fotografia in modo soddisfacente. Ciascuna fotografia è accompagnata da una scheda contenente una breve storia del minerale e del campione preso in considerazione (a volte costato "lacrime e sangue"), la collezione di appartenenza sia pub- blica che privata con il suo curatore, l'indicazione di chi l'ha scelto e chi l'ha fotografato. L'ordine della raccolta è puramente estetico, molti dei campioni non sono visibili al pubblico e quindi vi sono gli indirizzi delle collezioni pubbliche dove è possibile vederne di simili. La garanzia della scrupolosità del lavoro viene dall'elenco degli esperti consultati: curatori e conservatori dei principali musei di mineralogia del mondo, commercianti e collezionisti privati. Il pregio del libro è nella notevole bellezza dei campioni. Il testo inizia con dei cristalli d'oro custoditi al British Mu-seum in cassaforte (per il pubblico è esposta una copia), poi un'acquamarina fedele al suo nome, poi vi sono bellezze africane, la tanzanite, brasiliane come il quarzo rosa, un topazio giallo-oro intenso e una kunzite rosa LA SALAMANDRA forme, immagini, stili Collana diretta da Gabrio Vitali EDGAR MORIN AUTOCRITICA Presentazione di Mauro Ceruti L. 24.000 THOMAS BRASCH PRIMA DEI PADRI MUOIONO I FIGLI a cura di Paolo Ciro L. 16.000 RINA SARA VIRGILLITO INCARNAZIONI DEL FUOCO Introduzione di Ernestina Pellegrini L. 22.000 DISTRIBUZIONE: GRUPPO EDITORIALE GIUNTI (FIRENZE) violacea. Vi è poi una slanciata giallo-verde hiddenite della Carolina del nord, argento nativo della Norvegia, una rossa crocoite australiana, smeraldi colombiani e infine una luminosa rodocrosite rosso rubino del Colorado. Cliff Ollier, Vulcani. Attività, geografia, morfologia, Zanichelli, Bologna 1990, ed. orig. 1988, trad. dall'inglese di Piermaria Luigi Rossi, pp. 237, Lit 34.000. Questo testo sui vulcani, scritto da un geografo australiano professore alla University of New England di Armidale, ha un taglio un po' diverso dalle solite trattazioni sull'argomen- to. L'autore ha rivolto la sua attenzione, più che agli aspetti fisici e petrologia del vulcanesimo, agli aspetti geografici di questo fenomeno endogeno. Per cui risultano maggiormente sviluppati i capitoli dedicati alle forme superficiali degli edifici e dei depositi, alla idrologia e idrografia, all'erosione e alla formazione dei suoli e ai rapporti con l'attività umana. In subordine e collocati negli ultimi due capitoli sono stati velocemente trattati la distribuzione mondiale dei vulcani e le rocce ignee. Questa scelta riunisce e porta alla conoscenza di un pubblico più vasto una serie di informazioni poco reperibili in altri testi di divulgazione o universitari. Gli aspetti geografici del fenomeno vulcanico vengono esaltati in tutta la loro varietà sulla crosta terrestre, nei vari climi e nelle complesse Giovanni Casoli MAESTRI PERDUTI DA RITROVARE Silone, Pasolini, Manzoni, Leopardi, Foscolo cinque Italie possibili, rimosse, urgenti Occorre ritrovare i maestri perduti e, i più radicalmente attuali, più gravemente strumentalizzati o rimossi eppure urgentemente necessari per farci uscire dall'imbarbarimento attuale, sono: il laico religioso Foscolo, il cattolico laico Manzoni, il materialista spirituale Leopardi, il socialista senza catene Silone, il profeta capace di parole di carne Pasolini. E un libro non conformista, aperto, originale, che stimola il lettore a riflettere, con una intelligente inquietudine. Collana Idee-saggistica - pp. 232 - L. 18.000 attività vulcaniche. Si tratta di una serie di fenomeni di cui si sono scoperti molti aspetti negli ultimi anni e di una ricerca che va avanti a ritmo galoppante perché molto deve essere ancora conosciuto. Basti pensare che l'esplosione del vulcano St. Helens del 1980 negli Stati Uniti occidentali, una delle più studiate e famose per le immagini fotografiche che hanno fatto il giro del mondo, ha costituito un precedente per ripensare in modo nuovo l'attività vulcanica esplosiva. Il punto di vista adottato dall'autore rende difficile al lettore una visione unitaria del fenomeno vulcanico che appare così di problematica inquadratura dati i molteplici aspetti trattati. Comunque un libro sui vulcani ha sempre un interesse, data la stretta relazione che esiste tra le aree più densamente popolate del globo, come la Campania e il Giappone, la fertilità dei suoli di origine vulcanica e l'attività vulcanica esplosiva. Moretti&Vitali editori Bergamo - V.le V. Emanuele, 67 - Tel. 035/239104