in. 1 pag- MARIETTI Emmanuel Bovt/ Diario in inverno A cura di Carlo Alberto Bonadies La cronaca struggente della fine di un amore. Tony Tanner L'adulterio nel romanzo L'evoluzione delle idee e dei pregiudizi della società nell'analisi delle eroine di Rousseau, Goethe, Flaubert. José Antonio Maravall La letteratura picaresca Cultura e società nella Spagna del '600 A cura di Rinaldo Froldi 11 capolavori spagnoli del Seicento nella lucida interpretazione di un appassionato e raf-| finato commentatore. Paul Ricoeur Filosofia della volontà 1. Il volontario e l'involontario A cura di Marco Boriato L'opera fondamentale del grande filosofo francese. Maria Jesus Rubiera y Mata L'immaginario e l'architettura nella letteratura araba medievale A cura di Ennio Concino I II significato estetico e simbolico delle più celebri realizzazioni dell'arte islamica, dallo I Yemen all'Andalusia, dalla ] | Mecca a Baghdad. Lorenzo Milani Alla mamma Lettere 1943-1967 Edizione integrale annotata a cura di Giuseppe Battelli In un documento eccezionale, l'inedito ritratto "privato" di un protagonista del nostro tempo. Giorgio Doria Debiti e navi Im compagnia di Rubattino 1839-1881 Il ritratto di uno degli artefici della Genova contemporanea e al tempo stesso del moderno capitalismo italiano. Francois Boespflug Arcabas Saint-Hugues de Chartreuse L'opera di un moderno pittore di affreschi sacri nel commento del maggiore esperto mondiale di arte religiosa. Eleonora Albisani La vigna del Carmelo La fortuna di San Giovanni della Croce nella tradizione carmelitana dell'Italiadel '600. L'opera al rosso | Saggi, racconti e grafica d'autore: in un nuovo progetto di rivista, un approccio plurale alla realtà del nostro tempo. In questo numero: Balibar, Barcellona, Bulgakov, Hrabal, Walser e altri sulle "classifica- Riletture L'Austria alla deriva George Saiko, Sulla zattera, introd. di Adolf Haslinger, L'Editore, Trento 1990, ed. orig. 1948, trad. dal tedesco di Lydia Magliano, pp. 660, Lit 30.000. Anche al lettore dotato di discrete antenne per la Mitteleuropa, o per la scena più specificamente absburgica, di Giulio Schiavoni mento lusinghiero di un sismografo come Hermann Broch, che in proposito osservava: "Considero questo romanzo un'opera eccezionale, di grande e duraturo valore, un passo avanti nella tradizione artistica di Kafka e di Musil". Naturalmente Broch tirava l'acqua al mulino della propria concezio- né per il successivo e non meno fluviale Der Mann im Schilf ( 1956), tradotto dalla casa editrice Marietti nel 1983 con il titolo L'uomo nel canneto, né per i due volumi di novelle Der Opferblock (Il ceppo sacrificale) e Giraffe unter Palmen (Giraffa sotto le palme), entrambi del 1962. E lo scrittore riassunse l'amarezza per lo Innamoramenti pisani di Fabrizio Cambi Karl-Eugen Gass, Diario pisano, introd. di Marianello Marianelli, Nistri-Lischi, Pisa 1989, ed. orig. 1961, trad. dal tedesco di Giovanna Cermelli, pp. 254, Lit 28.000. Nell'autunno 1937 al venticinquenne Karl-Eugen Gass, fresco di studi, allievo prediletto del celebre romanista Curtius, fu assegnata una borsa di studio di un semestre alla Scuola Normale Superiore di Pisa allo scopo di approfondire "il rapporto fra cultura tedesca e cultura romanza", rielaborare alcuni aspetti della tesi di laurea su Antoine Rivarol e, secondo una formula di rito, "poter conoscere direttamente il fascismo". Testimonianza di questo soggiorno è un diario, cronaca e documento di un mondo passato per tanti aspetti ancora vivo. Va premesso che il diario si inserisce in modo eccentrico nella tradizione del resoconto del viaggiatore tedesco in Italia, anche se l'itinerario ferroviario delle prime pagine sembrerebbe metterci su questa strada: infatti la sequenza dei quadri intessuti sul filo dell'osservazione è di solito trasposta nella sfera della registrazione di impressioni, stati d'animo, giudizi e fatti comparati e comparabili in un ampio spettro storico-culturale. Abbiamo insomma di fronte un diario di intensa ricerca e chiarificazione intellettuale ed esistenziale. Del resto, come ci ricorda Marianelli nell'introduzione, Gass "fin da ragazzo, teneva scrupolosamente aggiornati tre diari: uno dei sogni fatti, uno dei libri letti, uno della vita vissuta". Il Diario pisano, sintesi di tutti e tre, problematizza due mondi culturali, quello tedesco e quello italiano, nello scenario della città di Pisa e del paesaggio toscano calati, a volte trasfigurati, in una soffusa atmosfera romantica e nello % sfondo palpabile della guerra sempre più incombente. Gass percorre senza posa i lungarni, affascinato dalla "città di pietra, severa, spietata, scostante", vive e guarda le cose con lo stupore e il candore del giovane che vuol penetrare ' 'il mistero della forma" e "conquistare un senso chiaro e retto delle cose". L'occhio e la mente sono mossi da quella tensione meditativa, alimentata da un cristianesimo cosmico-vitalistico, che rifugge dall'erudizione e dalla "scienza praticata come mestiere" e che all'arte si accosta non per ripercorrerne le tappe storiche ma per "comprendere le architetture in connessione con la loro vita nella storia" facendone patrimonio spirituale. Più che il progetto a Gass interessa la possibilità della fruizione in chiave ermeneutica dell'opera d'arte. Dati questi presupposti estetico-esistenziali si spiegano - l'innamoramento trasognato per la "possanza delle costruzioni" di Pisa, "città misteriosa" dove Gass può respirare a pieni polmoni lo spirito del medioevo, linfa indispensabile il nome dell'austriaco George Saiko, nato in Boemia nel 1892 e spentosi a Vienna nel 1962, dice oggi piuttosto poco. Egli non aveva cercato la celebrità a ogni costo: prima di votarsi a tempo pieno alla letteratura, era stato, a partire dal 1939, funzionario statale presso una famosa galleria di grafica, l'Albertina di Vienna, divenendone direttore dal 1945 al 1950. Il suo debutto artistico nel 1913, con una novella pubblicata sulla rivista "Der Brenner", per interessamento di Ludwig von Ficker (lo scopritore di Georg Trakl), fu un evento piuttosto irrilevante. La stessa cosa si può dire per i successivi articoli sulla storia dell'arte, sull'archeologia, sulla filosofia e sulla psicologia. Eppure il suo primo romanzo Aufdem Floss — tradotto nel 1967 da Lydia Magliano (Sulla zattera, Rizzoli) ora ripreso senza ritocchi e coraggiosamente riproposto da L'Editore di Trento —, romanzo che era il frutto di uria ricerca quasi ventennale e che venne da Saiko pubblicato nel 1948, a cinquantasei anni, potè contare sul coni- ne estetica e aveva ragione di individuare nel connazionale un interlocutore ideale. Egli scorgeva in quello sterminato affresco sull'Austria precedente aH'Anschluss le stesse istanze di rinnovamento della "poesia", chiamata ad agire in quanto "impazienza del conoscere", anziché a rivelarsi come una mera ricerca del fatto estetico. (Per i feticisti e per i collezionisti di aneddoti può essere divertente apprendere che I sonnambuli di Broch e il romanzo saikiano furono composti utilizzando entrambi la stessa macchina da scrivere, dato che Hermann Broch, quando emigrò nel 1938, rilevò dall'amico Saiko la sua piccola portatile, lasciandogli in cambio una vecchia Underwood poco maneggevole). Sebbene Saiko si rivelasse una figura di primo piano, accanto a Musil, Broch, Doderer e Canetti, ottenendo nel 1962 il prestigioso Osterrei-chischer Staatspreis (Premio nazionale austriaco), il grosso pubblico non manifestò mai soverchio interesse né per questo suo primo romanzo scarso riconoscimento riscosso con le parole: "Essere uno scrittore è una fatalità. Essere uno scrittore austriaco è una maledizione!" Del resto, ciò era inevitabile. Lo stesso Saiko, infatti, che nutrì un interesse vivissimo per i problemi teorici della narrazione, non risparmiò ai lettori bordate polemiche (si veda ad esempio il suo saggio Der Roman — beute und morgen, apparso in versione italiana in "Questo e altro", n. 6-7). Era convinto che la maggior parte della narrativa moderna e contemporanea risentisse di un'alluvione di sensazioni ottiche", dell'inesorabile avanzata del cinema, ovvero di una mentalità che favoriva la passività dei destinatari, proponendo facili libri di avventure (le cosiddette Kinolektùren, le "letture da fruire come un film"). Una forma mentis dominata — al pari del cinema e della televisione — dall'elemento "visivo" (das Visuelle), che consentirebbe ad ampi strati del pubblico di abbandonarsi al godimento estetico senza dover ricorrere alla ca- pacità "discorsiva", dianoetica: "In tutta la nostra cultura — scriveva Saiko con grande lucidità — è in atto un inarrestabile processo di traslazione dal discorsivo al visivo". Non sorprende che i romanzi saikiani, ricollegandosi direttamente a Joyce, a Faulkner e a Broch, dissolvano anche formalmente i presupposti della narrativa tradizionale, alternando alla rappresentazione dei fatti la tecnica del "flusso di coscienza", in ossequio alla poetica del "nuovo realismo dell'uomo interiore". Alla luce di queste premesse e di queste tecniche costruttive, che privilegiano il "movens del profondo", le zone dell'inconscio e del magico per gettare luce sui labirinti della coscienza, diagnosticando i traumi infantili e adolescenziali e liberando il presente dai fantasmi del passato, appare arduo dare un'idea della complessa vicenda delineata in Sulla zattera. Sostanzialmente il romanzo è la rappresentazione di un mondo — quello dell'Austria successiva alla prima guerra mondiale — ritratto senza rimpianti nella sua disgregazione e nell'incertezza che avvolge una società rimasta orfana_di un grande impero. (La storia austriaca successiva e i problemi connessi all'adesione al nazionalsocialismo verranno invece analizzati da Saiko nel successivo lavoro L'uomo nel canneto). Maestro della psiche e dei suoi turbamenti, Saiko intesse una rete straordinariamente ricca di personaggi e di incastri che toccano tutte le classi sociali: l'alta e anacronistica aristocrazia; rappresentata dall'abulico principe Alexander Fenckh, che tra le due guerre è riuscito a prender possesso dei beni ereditati dal padre al confine con l'Ungheria e che alla fine sposerà Gise, figlia della contessa Mary Tremblaye; il mondo ecclesiastico, rappresentato dal freddo e calcolatore fratello del principe, 0 vescovo Ferdinand, e dalla candida naturalezza di padre Galian e padre Albin; la servitù, rappresentata soprattutto da Joschko, un ex pecoraio ungherese originario dei monti Ta-tra, con 0 quale il principe-, che scorge in lui l'emblema di una forza vitale primigenia, instaura una singolare e irrazionale relazione (al punto da dargli in sposa la propria amante, la zigana Marischka, che però finirà per avvelenarlo in combutta con il suo amante Imre, un avido ungherese a lui succeduto come portiere). Un esempio delle profondità simboliche del romanzo e, insieme, della volontà di denunciare 1"'immane processo di rimozione" che l'autore vedeva praticato da molti suoi conterranei, è la metafora portante delr l'intero testo: quella zattera che diviene cifra dello sfaldarsi di una casta aristocratica, del tramonto dei "valori", del futuro incerto, del disorientamento, dell'avviarsi di un'intera società verso il mare aperto (o forse alla deriva) dopo la prima guuerra mondiale, non dissimilmente da quanto accade con i sonnambuli bro-chiani che, "sospinti nella corrente del sogno", si avvicinano alla catastrofe segnata dalla guerra. I passeggeri della zattera saikiana se ne stanno ormai disorientati dinanzi allo stream of consciousness, un flusso privo di mèta e già staccato dalla realtà ("Non facciamoci illusioni, siamo la generazione che deve sparire"). Al tempo stesso essi appaiono in fuga rispetto al mondo circostante, ancora irretito nelle maglie di un ordine cri-stiano-feudale ormai insostenibile, senza che peraltro appaiano soddisfacenti i nuovi scenari che si stanno disegnando: né l'orientarsi dell'Europa verso l'America, né il suo volgersi alla Russia rivoluzionaria. Il titolo del penultimo capitolo domanda: "Dov'è l'Europa?" A tale interrogativo non viene data risposta. A Saiko interessava, prima di ogni altra cosa, che quella domanda continuasse a essere posta.