gli altri. Si è detto, e non senza ragione, che la creazione di una potenza invincibile fosse necessaria per difendere le conquiste della rivoluzione dai nemici esterni ed interni. Ma a poco a poco il mezzo è diventato un fine, anzi apparentemente il fine supremo, un fine in se stesso. Ed ora che la presunta meta ultima non esiste più, tutta questa immane potenza appare sempre più senza scopo. Smisurata ed inutile.
La storia, ho detto, si ripete. Ma non sempre nelle medesime forme. Diceva Hegel che il detto biblico "nihil sub sole novi" non vale per il sole dello Spirito, perché il suo corso non è mai ripetizione di sé ma è essenzialmente un progredire continuo. Anche la restaurazione può essere intesa in due sensi: meccanicamente, come un puro e semplice ritorno indietro a ciò che era prima; dialetticamente, come un passo indietro e nello stesso tempo due passi avanti, restaurazione e innovazione insieme. Ma la possibilità della restaurazione-innovazione dipende da ciò che è ricuperabile dell'età rivoluzionaria e di quel che ne è seguito. Quando Croce definì gli anni della restaurazione dopo la rivoluzione francese l'età della "religione della libertà" salvava dell'evento rivoluzionario l'atto iniziale che aveva posto fine all'antico regime. Riguardo al sistema sovietico in frantumi c'è qualche cosa da salvare nella storia di questi settant'anni? Pongo questa domanda senza dare intenzionalmente una risposta. Siamo troppo a ridosso degli avvenimenti per poterne dare un giudizio non avventato. Ma non ho voluto tacere le mie perplessità.
Tuttavia, anche la restaurazione
in senso negativo, come puro ritorno al passato, è impensabile. L'avvenire dell'Unione Sovietica non può essere, piaccia o non piaccia, che un avvenire di affermazione, estensione, rafforzamento delle libertà civili e politiche, in una parola un avvenire di sviluppo democratico, e quindi, rispetto al passato prerivoluzionario e rivoluzionario, di quasi totale innovazione. La dittatura del proletariato che era stata prima predicata e poi è stata imposta come una fase di transizione verso la società comunista, si è capovolta nel suo contrario: è diventata la via di transizione alla democrazia, e, non bisogna aver paura delle parole, alla democrazia capitalistica (anche perché non se ne vedono altre in giro).
Proprio perché non è un ritorno, né nel senso forte né nel senso debole, la transizione sarà probabilmente lunga. Rispetto al rapporto tra rivoluzione e restaurazione c'è ancora da dire questo: il tempo delle rivoluzioni è breve, mentre il passaggio da una crisi catastrofica alla ricostruzione di un assetto nuovo appartiene alla storia dei tempi lunghi.
Se poi questa transizione, oltre che lunga, sarà anche pacifica, a nessuno è dato prevedere. Mai come in questi ultimi tempi siamo stati colti di sorpresa dagli avvenimenti. Quanti dei nostri scritti composti sull'onda degli avvenimenti sono diventati da un giorno all'altro carta da macero. Non vorrei che anche queste mie pagine andassero a finire nel muc-
chio. Quando si dice che la storia non si può fare coi "se", si vuol dire che non ha senso fare ipotesi su quello che è già accaduto. Le ipotesi si possono fare soltanto su quello che deve ancora accadere. Ma sino a questo momento sul futuro dell'universo sovietico si possono fare soltanto ipotesi con molte incognite: ipotesi, cioè, dalle quali è difficile trarre una conclusione che non rischi, appena pronunciata, di essere smentita. S'intravede una direzione. Ma non se ne vede ancora con certezza né lo sbocco finale né la durata.
La lotta di classe in Grecia
Ci si figurino dunque, in ogni città greca, due classi o due società, l'una che possiede e s'arricchisce ogni giorno più, fiera d'una facile ricchezza e avida di conservar-I la; l'altra, indigente e insieme pigra, tanto invidiosa I quanto miserabile, la quale brama la ricchezza ma non sa né può raggiungerla.
Il giorno in cui i poveri compresero che una rivolu-| zione poteva renderli ricchi, queste due classi di uomini divennero due fazioni; e a partire da quel giorno, bastò che i poveri sentissero la forza del loro numero, perché tale rivoluzione fosse inevitabile.
Tutte le volte che in una città greca vediamo una guerra civile, i ricchi sono sempre in un partito e i poveri nell'altro; i poveri vogliono conquistare la ricchezza, i ricchi vogliono conservarla o riprenderla. In ogni guerra civile si cercava — a quanto ci fa sapere Polibio — di togliersi l'un l'altro la ricchezza...
Spesso una sedizione era seguita da una spartizione
di terre; qualche volta ci si contentava d'un'abolizione dei debiti. Ma sempre l'una o l'altra di queste due cose veniva reclamata dal partito popolare.
(Fustel de Coulanges, Polybe ou la Grèce conquise par les Rotnains, Amiens 1858, trad. di Folco Msrtinazzoli, Laterza, 1947).
'iÉlÉIIk.
Storiografia della restaurazione
di Luciano Canfora
La formula "storiografia della restaurazione" può rifarsi alle conseguenze, sul piano del lavoro storiografico, della crisi della sinistra, messa in moto o accentuata dalla crisi politico-statale dell'est. Inoltre la parola "restaurazione" evoca analogie con la situazione successiva al 1815. Oggi come allora è finita una "lunga rivoluzione", onde la domanda: si profila oggi come allora una fioritura storiografica orientata in modo critico verso la "lunga rivoluzione" appena conclusa?
C'è chi va per le spicce e dichiara: "Dopo l'incubo niente più sarà come prima" (G. Galasso, "La Stampa", 7 ottobre), e nel tripudio della "vittoria" addita come discriminante, rispetto alla "storiografia marxista" ormai nella polvere, "la riduzione della realtà umana e sociale alla sola dimensione economica". Segue un breve catalogo dei punti di scontro: in primis 0 Risorgimento ("era largamente misconosciuto il ruolo positivo della Destra storica"), il fascismo ("per i marxisti era l'epilogo della storia liberale") e più in generale, sul piano del metodo, la ' 'lotta di classe" la quale, "nell'ottica marxista", risultava "una prepotenza critica insopportabile e infondata".
Si potrebbe invece ricordare, con Walter Maturi, che la lucida visione dei limiti del Risorgimento non è pe-
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Biblioteca europea
Vicente Alexandre, En gran noche, Barcelona, Seix Barrai, 1991.
Pubblicazione postuma di alcune poesie del Nobel 1977, scomparso nel 1984. Aleixandre aveva smesso di scrivere alcuni anni prima della sua morte, a causa dei suoi problemi agli occhi. Continuava a pensare poesie, ma non ne scriveva più. La pubblicazione di questi componimenti sistematicamente esclusi dai suoi ultimi libri non aggiunge alcuna novità al suo corpus poetico, ma offre l'opportunità di completare l'immagine letteraria di chi è ritenuto il più grande poeta spagnolo di questo secolo. Alcune di queste poesie prendo-
no la forma di dialoghi, i suoi famosi Didlogos del conocimiento. (l.v.)
J.G. Ballard, The Kindness of Women, London, Harper Collins, 1991.
Il resoconto romanzato degli anni che Ballard ragazzo passò a Shanghai e in un campo di concentramento giapponese ha trasformato questo noto esponente della fantascienza New Wave in un autore da best-seller, la cui fama è stata raddoppiata dal film che ne fu tratto. Dell'Impero del Sole il libro ora uscito costituisce il seguito, per certi aspetti apertamente autobiografico anche se a tratti surreale fino all'allucina-
M

zione: è la storia di una vita piena di atti irriflessivi ma anche profondamente ripiegata su se stessa, mai dimentica della morte, offuscata dalle atrocità della guerra di cui Ballard fu testimone, alla costante presenza della luce bianca dell'apocalisse di Hiroshima. Non è un'autobiografia di scrittore, nel senso che quasi mai si parla di libri e dello scrivere: è semmai il romanzo straordinariamente onesto di un processo di autocoscienza, rivelatore di una costante e continua ricerca di rapporti, (l.h)
Patrick Chamoiseau, Raphael Confiant, Lettres créo-les. Tracées antillaises et conti-
nentales de la littérature, Paris, Hatìer, 1991.
Basta con la parola d'ordine della "Negritude" che dalle An-tille francesi aveva lanciato Aimé Césaire negli anni quaranta, basta con l'ammirazione esotica dei surrealisti per la scrittura nera. Eccoci nell'età della "creolità", rivendicata come cultura autonoma, maneggiata, rimescolata, paradossale. Dopo un superbo Eloge de k Créolité (Gallimard, 1989), i due scrittori martiniche-si riprovano con questa storia della letteratura. Né bianca né nera, la cultura creola è questo miscuglio brutale e obbligato, prodotto dalla storia della schiavitù e della colonizzazione, di
culture trapiantate e riunite nello spazio limitato dei Caraibi, un incontro inedito tra europei, africani, indiani, cinesi, siriani. Linee di una "oralità" (oraliture) assunta e decisa non a titolo di universalità di marca europea, ma di una "diversità" (dwenali-té) felice, (p.c.)
Whose Chies, a cura di Mark Fi-sher e Ursula Owen, London, Penguin, 1991.
Private delle risorse che potrebbero aiutarle a superare le carenze delle infrastrutture, dalla sanità alla casa, dai trasporti alla raccolta dei rifiuti, le città inglesi del dopo Thatcher vivono in un paesaggio in cui le bibliote-
Paulhan
LA VITA È FATTA DI COSE INQUIETANTI
Testi autobiografici
Introduzione di GIULIANO GRAMIGNA
Prima perdona
Nicola Cusano
LA DOTTA IGNORANZA
introd., trad., note e indici a cura di Graziella Federici Vescovini
Il problema che interessa Cusano ne LA DOTTA IGNORANZA è quello del rapporto tra verità di fede e verità di ragione, rivelazione cristiana e filosofia. Pur senza misconoscere i contributi offerti dalla ragione, vuole quindi indicare soprattutto una più alta «sapienza» di Dio.
Collana Fonti cristiane per il Terzo Millennio ISBN 88-311-1010-1 - f.to 14x21 - pp. 216 - L. 23.000
HI città murai editrice
Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma - tel. 3216212
che chiudono e la cultura non trova abbastanza fondi. Che il partito laburista sia in grado di avviare un cambiamento effettivo di questo stato di cose resta da dimostrare, ma questo libro, pubblicato sotto i suoi auspici, è già un passo in avanti, e colpisce per la ricchezza delle idee. Vi ha collaborato un gruppo di scrittori, poeti, autori teatrali ed esponenti del giornalismo culturale come Margaret Drabble, Ruth Rendell, Alison Fell, David Da-bydeen e David Edgar, che presentano le città come sono e come potrebbero essere, che si tratti di Londra, di Glasgow, di
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IL SUD NEGATO
di
SANDRO DISTEFANO
Con la prefazione di Leoluca Orlando
Ennio Pintacuda
BONANNO EDITORE -©-