N. 5 pag. 9 Narratori italiani Maria Corti, Cantare nel buio, Bompiani, Milano 1991, pp. 160, Lit 27.000. La chiave di Cantare nel buio si trova in questa riflessione del capostazione Franchi, l'unico intellettuale del racconto: "Questi apparenti barbari che urlano o cantano a squarciagola sui carri bestiame chi sono? ... In che nesso sono con la nostra storia? E un momento importante questo 1946, perché così com'è non tornerà più". Maria Corti lo scrisse (con il titolo II treno della pazienza) nel 1948, e lo ha tenuto nel cassetto per più di quarant'anni. Nel '48 si cominciava a fare i conti con il mito della Resistenza (fu l'anno, ricordiamolo, dell'attentato a Togliatti e del freno da lui imposto alla minacciata esplosione della violenza punitiva dei comunisti. Quel mito ebbe due figure: la prima fu popolar-ideologi-ca, e in letteratura si incarnò nel neorealismo; la seconda fu popolar-tellu-rica, una risposta della terra Italia al tallone di ferro straniero; ne furono ispiratori Noventa, il dimenticatissi-mo ma nobilmente elegante giornalista Manlio Lupinacci, e ne fu poeta il Fenoglio maggiore; la prima dunque di colore comunista, la seconda liberale. La Corti si pone in una posizione interna alla contesa ma senza farsene coinvolgere. Registra quasi notarilmente le fucilazioni dei fascisti e collaborazionisti; gli scioperi, l'idea "grandiosa, universale, della Giustizia e del cambiamento del mondo"; la delusione dei giovani ("l'acqua di sorgente della Resistenza si stava trasformando in acqua di fogna"). Ma registra anche la saggezza contadina del vecchio Maso: "Adesso prima nasce la gente e poi le loro case; invece è bello quando la casa c'è prima di noi e noi le siamo nati dentro!", nella "pianura di Lombardia [che] è una terra verde, sdraiata al sole e alla nebbia"; "solo Dio è sempre Dio. Tutto il resto cambia". O quella più estrosa di Giovita: "il vino è come la luna di notte"; "chi non ha fantasia non si accorge di niente di quello che c'è al mondo, mentre chi ce l'ha, se vuole, può anche essere un usignolo o magari un imperatore". Con intelligenza la scrittrice individua il momento della post-Resi-stenza, sconforto ribellione progetti, nel quale innesta sia il riverbero della civiltà contadina sia il riemergere della natura longobarda, schietta appassionata e barbarica. Rimane pur sempre, sia consentito di dirlo, in un quadro minore; ma si sottrae agli scampoli del neorealismo. Ciò non toglie che le pagine più infelici siano proprio quelle del capitolo, l'ultimo, Sconforto ribellione progetti che dà il titolo al libro. Sono, o almeno a me sembrano, pagine enfatico-patetiche, che puntano all'epos senza raggiungerlo: "la storia dei poveri del mondo", "avevano un'esperienza ereditaria che li ammaestrava a durare", "in quel canto tutti partecipavano di una stessa melodia sotterranea, che muoveva dalle profondità di Geno Pampaloni del loro io"; esempi di prosa azima, non degna di Maria Corti. Ma, per tornare al punto da cui siamo partiti, il bisogno di testimoniare un momento della società italiana che "così com'è non tornerà più", ha una forte giustificazione morale, che distanzia U racconto dal clima letterario degli anni in cui fu scritto, e reca in sé la pietas storica che il "cantare nel buio" non era riuscito ad esprimere. La scrittrice si è posta, raccontando, nel crocevia, perennemente percorso ma assai di rado occupato, ove si incrociano storia e natura, attualità e memoria. Faustino, uno dei figli di Maso, rivendica per la propria ge- Tragico concerto al Colosseo di Marina Taglieri Sandra Petrignani, Come cadono i fulmini, Rizzoli, Milano 1991, pp. 189, Lit 28.000. L'ultimo romanzo di Sandra Petrignani è balzato di recente all'onore delle cronache per una polemica dal sapore un po' particolare, perlomeno insolito: è stato stroncato da un collaboratore sulle pagine di "Panorama", lo stesso settimanale di cui la Petrignani è da alcuni anni redattrice. Senza entrare in merito alla questione suscitata dall'evento — se si debba in poche parole privilegiare le regole di fair play che vietano le recensioni cattive tra colleghi oppure la libertà della critica —, si può dire che il romanzo non pare tale da suscitare accesi furori o violente critiche. Si tratta — questo sì — di un libro forse eccessivamente ambizioso, che nell'arco di nemmeno duecento pagine abbraccia gli ultimi quarant'anni del nostro secolo e descrive la parabola esistenziale di una generazione. Il protagonista, Luigi Tomek, è un compositore e musicista elettronico che si sente "molto inadatto a quella che genericamente si definisce la vita". Accanto a lui, una serie di personaggi (tra cui Gwen, la giornalista americana destinata a divenire sua moglie) che gli passano accanto e cercano, non sempre con successo, di distoglierlo dalla dimensione contemplativa in cui ama rifugiarsi, alla continua ricerca di intuizioni e invenzioni da tradurre in musica. Attraverso il "tempo della musica" Tomek cerca di ricostruire dentro di sé e dare corpo a un particolare "sentimento del passato ' ', che coincide soprattutto con i ricordi legati alle due persone che più hanno contato nella sua vita: la madre Leonetto, pianista raffinata e concertista mancata, e Federica, la donna enigmatica sempre rincorsa ma mai veramente raggiunta, che rappresenta ai suoi occhi il mirag- gio, il sogno, l'impossibilità di amare. I successi musicali procedono per Tomek di pari passo con gli insuccessi sentimentali: il matrimonio con Gwen vacilla nonostante la nascita di due figli e il fantasma di Federica continua a ossessionarlo. Insieme eppure in solitudine, i tre procedono verso un finale tragico, quasi grottesco, forse paradigmatico: moriranno in circostanze diverse la sera del concerto di capodanno del Duemila, eseguito da Tomek in un Colosseo restaurato per l'occasione. Attraverso le vicende narrate, la Petrignani ricostruisce con un certo garbo e senza facili compiacimenti le atmosfere, iritiei miti di una generazione che è anche la sua. Luigi e Federica si conoscono un'estate al mare, e le loro serate hanno come sottofondo le canzoni di Bob Dylan e dei Rolling Stones; si frequentano negli anni delle manifestazioni studentesche, delle comuni, dei viaggi in oriente e delle sperimentazioni teatrali; si rincontrano a Parigi nei caffè frequentati dagli scrittori e da ultimo a Berlino, quando è appena stato abbattuto un pezzo di muro e si ha la sensazione di essere di nuovo "in mezzo alla storia". II racconto è aiutato da una scrittura rapida e concisa, che restituisce le immagini con una precisione quasi cinematografica. Ma talvolta l'autrice si lascia sopraffare da un eccesso di fatti, emozioni e sentimenti: di lì la necessità di "mettere ordine" nella pagina attraverso disquisizioni, puntualizzazioni e discorsi anche "fuori campo" che non sempre giovano alla narrazione. nerazione il diritto di battersi per un mondo più giusto. "La sola cosa che è cambiata in voi in tanti anni di lavoro [dice al padre] è il colore dei capelli". Ma lo stesso Faustino, guardando la campagna, "pensava al tempo in cui era giovane suo padre Maso e suo nonno Bortolo e sua nonna Bernardina, quando tutti lavoravano i campi e non usavano né treni né biciclette, ma solo carri condotti dai buoi e aratri e trappole per talpe e faine". Nel crocevia si incrociano dunque utopia e nostalgia, passato e avvenire. Credo che il merito del libro di Maria Corti vada cercato in questo fascino sottile e difficile. Di qui l'importanza dei motivi paesistici. Il treno dei "protopendolari" corre tra Milano e Chiari, vicina a Brescia, passando per Treviglio, Morengo, Vidalengo, Romano, Calcio. La pianura, le nebbie che velano anche la luna, il bosco d'autunno che si fa "glorioso" con il rosso delle foglie, o le notti serene quando le stelle brillavano sino all'alba "che pareva si fossero dimenticate di andarsene dal cielo", non sono semplicemente momenti lirici, come mi pare di capire le interpreti la stessa autrice; sono parti costitutive del racconto, contrappunto alla storia. Rimane da dire della vicenda narrativa; che a mio giudizio non è la cosa più importante. Certo, ci sono personaggi ben individuati: la bellissima Armida, capelli biondo-rame e dita "lunghe e sottili... tese ad annunciare imprevedibili eventi"; il suo fidanzato Faustino, perduto nel suo amore; Cecco il cieco, che, abbandonato dalla moglie, va a vivere sulla torre campanaria ("prima uomo maturo, poi vecchio e poi morto, sempre lassù"); il ragazzo Carletto, "in quella incerta area tra infanzia e adolescenza dove molte cose restano inesplorate". Ma non è qui il meglio del libro; sono tutti personaggi sfiorati dal convenzionale, immagini di repertorio. Il meglio del libro è nella totalità del libro, nel suo significato generale, non nella sua esecuzione. C'è anche un pizzico di giallo, che si conclude con l'assassinio di Armida per mano del suo ultimo, e amato amante. Ma anche questo non appare essenziale. L'essenziale è altrove. E nella corsa dei longobardi-operai verso il treno di carri merci che li riporta a casa, "d'inverno coi grossi mantelli neri, di primavera con la giacca, d'estate con le camicie che si stropicciavano per il sudore e s'annerivano per il carbone; allo stesso modo in cui nelle campagne cadevano le foglie, fiorivano le primule, maturavano le mele". HO** !!><■ 8° Premio Plurinazionale di Poesia LA POESIA IN TUTTE LE LINGUE E IDIOMI LE NUOVE FRONTIERE DEL VIDEO IL MONDO DEI CANTAUTORI Egregio Poeta / Gentile Poetessa, con l'8° PREMIO NOSSIDE - poetessa locrese del III sec. a. C. - il Centro Studi Bosio-Aics Le offre gradevoli conferme e allettanti novità: 1. le SEZIONI del Premio, per inediti, sono cinque: A) lingua italiana; B) lingue delle minoranze; C) idiomi regionali; D) poesia in video; E) poesia in musica; 2. il MONTEPREMI prevede una somma in denaro e la Targa Nosside di Boccioni, arricchite - per il vincitore assoluto - da una serigrafia di Fiume e da una silloge nella collana "Poeti del Nosside"; 3. per i partecipanti nati dal 1971 è istituito il "PREMIO NOSSIDEGIOVANI EMANUELA OLMI" I cinque vincitori (uno per Sezione) usufruiranno di una settimana di soggiorno a Gressoney e Issime in Val d'Aosta e ad Alghero; 4. i premiati, menzionati e segnalati saranno inseriti nell'ANTOLOGIA multimediale del "NOSSIDE '91" (volume + videocassetta + audiocassetta), ricevendone una copia; 5. i concorrenti, versando la quota d'iscrizione di L. 49.650 -19.700 per i giovani - entreranno a far parte del "NOSSIDE CLUB" ricevendo la NOSSIDECARD che darà diritto a molteplici facilitazioni: a) il regalo di una rubrica da tasca "Pierre Cardin"; b) eccezionali agevolazioni per l'abbonamento a prestigiose riviste di grande diffusione e per l'acquisto di Antologie e altre pubblicazioni; c) per i primi 70 iscritti l'omaggio-extra dell'Antologia del "Nosside '90" Le ISCRIZIONI scadono il 5 luglio 1991 Le PREMIAZIONI saranno a Reggio Calabria il 22 ottobre 1991 In sostanza, Lei potrà accedere ai vantaggi della NOSSIDECARD e mettere a frutto le "buone chances" offerte alla Sua creatività artistica. Con i più cordiali saluti II Presidente del Premio Pasquale Amato P.S. Saremo lieti di fornirLe delucidazioni se chiamerà i numeri 0965/81.27.90 (lunedi/venerdì ore 9,30/12,15 e 17/20) 06/70.24.859 e 71.81.598 - 02/64.56.682 ovvero di farLe pervenire il Regolamento se compilerà il coupon e lo spedirà via Fax (0965/81.30.30) o tramite posta Centro Studi Bosio-Aics - Casella Postale Aperta, Viale Mazzini 101 -00195 ROMA Gradirei ricevere il REGOLAMENTO del "NOSSIDE '91" Nome.............................. Cognome................................... Via................................................................ n................ CAP................ Città................................. Stato................ Tel...................................... Fax....................................... Firma.........................................