TINDICF ■■dei libri del meseB Immaginate di stare per contrarre un matrimonio misto, con una persona di lingua e cultura diverse dalle vostre; oppure immaginate di accingervi a trasferirvi all'estero con la vostra famiglia o con la prospettiva di fondarne una nuova nel nuovo paese. Pensereste di trasmettere all'eventuale prole entrambe le lingue (o più di due, nel caso per esempio che i genitori, provenienti entrambi da paesi diversi, risiedano in un terzo paese), vi proporreste cioè di allevare dei figli bilingui? Continuiamo il test. Provate adesso — dopo aver risposto probabilmente in maniera positiva alla domanda, dal momento che state leggendo "L'Indice", quindi vi interessate a priori di faccende culturali e fareste presumibilmente parte delle "famiglie bilingui del primo tipo", costituite cioè da adulti istruiti, spesso professionisti, magari inseriti nel campo della cultura e dell'istruzione, in cui almeno un membro adulto padroneggia una lingua diversa da quella dell'ambiente — a pensare alle coppie di vostri amici e conoscenti che rispondono alle caratteristiche multiculturali sopra descritte: quanti di questi genitori sono riusciti a trasmettere ai figli un livello di competenza apprezzabile della lingua minoritaria? Un numero più che esiguo, non vi resta che verificare. timo livello ma senza la competenza della persona di madrelingua lasciando alla madre e all'ambiente il compito di trasmettere loro la lingua inglese. Il volume racconta la storia dell'apprendimento contemporaneo delle due lingue da parte dei due figli maggiori fino al 1981; un secondo volume dello stesso autore, composto sulla scia del primo, benché con maggiore consapevolezza, competenza ed esperienza, continua la storia aggiornandola fino al 1986 riferendosi però all'esperienza nel suo complesso, così da poter essere letto autonomamente (George Saunders, Bi-lingual Children: from Birth to Teens, Multilingual Matters Ltd, Clevedon-Philadelphia 1988, pp. XIII-274). su più registri linguistici; come ci si debba comportare nel caso che i bambini si rifiutino di parlare la lingua di minoranza ecc. La risposta di Saunders è sempre e inequivocabilmente la stessa: basta essere veramente determinati e si potranno tranquillamente insegnare ai figli due o più lingue a un livello soddisfacente, anche se molti soggetti non raggiungeranno mai il "vero bilinguismo" (che nessuno sa che cosa sia, ma la cui definizione più accettabile mi è sembrata quella secondo la quale il vero bilingue è colui che in ogni occasione viene scambiato per parlante di madrelingua dagli appartenenti a ciascuna comunità linguistica). L'unica vera regola d'oro, tra i Suggerimenti più dettagliati su come incoraggiare 0 bilinguismo dei propri figli, soprattutto nella fascia di età da 0 a 6 anni li offre il volume di Lenore Arnberg, Raisitig Children Bilingual: The Pre-School Years, Multilingual Matters Ltd, Clevedon-Phi-ladelphia 1987. Rispetto alle parole di Saunders quelle di Arnberg sono, se possibile, ancor più incisive. Di fronte al delicato quesito se mantenere coi figli l'uso della lingua minoritaria anche e soprattutto in presenza di terzi che non sono in grado di capirla, Arnberg risponde che non vi è scelta; si potrà eventualmente, per evitare il disagio dei presenti e l'imbarazzo dei bambini, illustrare brevemente quanto si è detto e, nel caso vi (che si limitano a capire la lingua minoritaria) o attivi (utenti su base ristretta di tale lingua) ma bilingui assoluti (con uguale o quasi uguale competenza in entrambe) — e anche in questo caso non posso che confermare. Perché succede questo? Perché, anche se i genitori riescono a conservare la propria lingua in un paese nuovo, non la trasmettono per lo più ai propri figli? Esistono, per quei genitori che invece sono determinati a passare alla progenie una lingua diversa da quella dominante, metodi collaudati, suggerimenti e consigli pratici? Intorno a tali questioni ruotano i testi analizzati in questo "Secondo me", e che hanno in comune di non essere studi sullo sviluppo sintattico e grammaticale della lingua del fanciullo e nemmeno analisi dell'acquisizione linguistica della prima o della seconda lingua, quanto piuttosto di essere manuali su come far da sé dei figli bilingui, anche nel caso estremo (come si vedrà) in cui la lingua minoritaria trasmessa non sia la lingua madre di alcuno dei genitori. Di studi sul bilinguismo ne esistono tanti, e tanti sono anche quelli sul bilinguismo infantile, scritti per lo più dalle persone che in assoluto sono maggiormente a contatto coi soggetti dell'esperimento, cioè dai genitori (anche nel caso dell'autrice di questo "Secondo me" non si sfugge alla regola). All'interno di tali studi è possibile enucleare un gruppo abbastanza compatto di volumi, diretti a lettori non specialisti, che si presentano come "guide all'allevamento di figli bilingui" composte sulla scia del primo volume di tale serie, quello di George Saunders: Bilingual Children: Guidance for the Family, Multilingual Matters Ltd, Clevedon 1982. Il libro di Saunders non era certo il primo sul bilinguismo infantile, ma era il primo manuale per l'uso diretto a un certo tipo di famiglie bilingui. Vi viene descritto il curioso esperimento di un linguista e germanista australiano, di madrelingua inglese e residente stabilmente in Australia, che decide di trasmettere ai figli (nati rispettivamente nel 1973, 1975 e 1981) la lingua tedesca, parlando loro dalla nascita esclusivamente in tale lingua — da lui conosciuta a un ot- Cosa leggere Secondo me sul bilinguismo infantile Entrambi i volumi consistono in gran parte di osservazioni tratte dalle registrazioni delle conversazioni dell'autore coi figli o di brevi aneddoti, messi a confronto con una conoscenza specialistica dei problemi del bilinguismo e con la vasta letteratura critica già esistente. In entrambi i volumi Saunders (che è nato nel 1948) si propone di suggerire risposte agli interrogativi tipici riguardanti il bilinguismo dei bambini piccoli: se l'esposizione contemporanea alle due lingue possa ingenerare confusione, se sia più opportuno insegnarle allo stesso tempo o prima l'una e poi l'altra e in questo caso in quale ordine; se il bilinguismo ritardi i progressi di acquisizione della lingua maggioritaria causando insuccessi scolastici; se si debba continuare a parlare la lingua di minoranza coi figli anche in presenza di monolingui che non la capiscono; come si possa svolgere la conversazione domestica molti suggerimenti di minor efficacia che vengono offerti e che vanno dall'adozione di video-tapes all'abbonamento a riviste nella lingua di minoranza, ai viaggi nel paese di origine, alla corrispondenza coi nonni ecc. è comunque, ribadisce a ogni occasione Saunders, — e come dargli torto! — una coerenza adamantina e assoluta nel non venir mai meno al compito propostosi e nel continuare con ferrea determinazione a parlare ai figli sempre e solo nella stessa lingua, leggendo loro molto e mettendoli più tardi in condizione di leggere da soli, evitando il più possibile trasferimenti semantici (quelli che i francesi chiamano "les faux amis", e che contemplano il passaggio di senso di una parola in una lingua in quella di un'altra lingua a causa dell'assonanza, per esempio card in inglese e Kar-te in tedesco), o peggio frasi composte con parole dell'una e dell'altra lingua. Altri volumi, non altrettanto recenti ma condotti comunque sullo stesso tenore, si possono consigliare agli interessati all'argomento: Edith Harding, Philip Riley, The Bilingual Family. A Handbook for Parents, Cambridge University Press, Cambridge 1986; Alvino Fantini, Lan-guage Acquisition ofa Bilingual Child: A Sociolinguistic Perspective to Age 10, Multilingual Matters Ltd, Clevedon 1985; Tove Skutnabb-Kangas, Bilingualism or Not. The Education of Minorities, Multilingual Matters Ltd, Clevedon 1984, libri che di poco si discostano dall'itinerario tracciato. Per i genitori di ragazzi bilingui esiste persino una rivista, nata nel 1984 e diretta da George Saunders, la "Bilingual Family Newsletter". Scritta in un inglese non tecnico — ma pur sempre in inglese! — essa contiene presentazioni ed estratti di ricerche sui vari aspetti del bilinguismo, recensioni, contributi di lettori alle prese quasi sempre con gli stessi spinosi problemi: "mio figlio mi risponde in una lingua mentre io gli parlo nell'altra... " (basta scrivere all'editore per riceverne una copia omaggio: Multilingual Matters Ltd, Bank House, 8a Hill Road, Clevedon, Avon BS21 7HH, England). ci si rivolga ai propri figli all'interno di un gruppo di coetanei monolingui, ripetere l'ordine o il richiamo nella lingua maggioritaria, senza però mai piegarsi alla logica del compiacimento degli altri a scapito del vantaggio dei propri figli, se il bilinguismo è — ma di questo tutti gli scriventi sono già persuasi — un valore. Tra le varie attività consigliate dall'autrice per incrementare la lingua minoritaria risalta la lettura: nessun video-tape, nessuna cassetta possono avere nell'apprendimento e nell'applicazione di una lingua la stessa efficacia della lettura, frequente e variata, di libri, giornali, riviste e fumetti. Leggere frequentemente (una volta al dì) la lingua minoritaria ai ragazzi, insegnar loro a leggerla e a scriverla precocemente, se è possibile prima della lingua di maggioranza, sembra essere uno dei segreti di quei pochi genitori che riescono nel compito di far diventare i figli non solo bilingui passi- Per concludere, un accenno a un volume che si discosta lievemente dalla linea sopra accennata, dal momento che affronta il problema del bilinguismo in generale, riservando al fanciullo bilingue solo un capitolo della trattazione, ma che vale la pena citare perché, a differenza di tutti gli altri, è stato scritto da un bilingue che lamenta che di norma si scriva sui bilingui dalla prospettiva dei monolingui (Francois Grosjean, Life with Two Languages. An Introduction to Bilingualism, Harvard University Press, Cambridge (Mass.] 1982, pp. 370). Tra i problemi più interessanti e originali trattati da Grosjean vi sono quelli della perdita di una lingua (che nessuno prende in considerazione, concentrati come sono tutti sulle modalità di acquisizione del linguaggio) e quelli relativi all'ostilità dell'ambiente nei confronti dei bilingui: alcuni governi di tipo accentratore (e non si pensi a universi remoti...), con l'intento più o meno dichiarato di assimilare le minoranze e di diffondere la lingua nazionale, usano molti mezzi per impedire al bambino di parlare una lingua diversa da quella dell'ambiente: cattivi voti a scuola, punizioni, separazioni di amici e fratelli possono distruggere in un giorno i risultati di anni di lavoro certosino di genitori affezionati alla propria lingua madre, soprattutto quando la lingua perseguitata non sia prestigiosa come l'inglese o il francese.