N. 5 pag. X | Arte Donatella Biagi Maino, Ubaldo Gandolfi, Allemandi, Torino 1990, pp. 300, 28 tavv. a c. e 227 in b. e n., Lit 120.000. I viaggiatori francesi del Settecento, ispirati al secolo dei lumi, osservavano abitualmente che nella pittura italiana contemporanea bisognava prescindere dai soggetti: per lo più grandi pale da altare con la Vergine in atto di porgere il Bambino al fondatore di un ordine religioso, un vero peccato che portava a uno spreco di talento e di energia. Se guardiamo le opere di Ubaldo Gandolfi (1728-1781) ci accorgiamo che le tematiche di arte sacra di un pittore legato a una buona cultura accademica sono ormai diverse: si recuperano dalla tradizione i raggruppamenti di santi, oppure il patrono che sta davanti alla città; il quadro sacro tende a divenire pittura di storia, anche se un viaggiatore francese ne avrebbe sempre lamentato il carattere clericale. E un Settecento, quello di Ubaldo Gandolfi, dove l'accademia e la pala da altare costituiscono i due poli di orientamento: i lumi penetrano solamente mediati attraverso tematiche di uso tradizionale. Eppure dipinti come il Buon Pastore (riprodotto a tav. 220) hanno nel carattere di pittura sacra una cordialità tutta particolare e che dire del Beato Giacomo Primadizzi di San Paolo in Monte, col Crocifisso in cintola, o della bellissima Maddalena delle Collezioni comunali d'arte? Non molti i soggetti mitologici, ma la bruma vespertina in cui Mercurio addormenta l'Argo di Raleigh ci dà uno dei quadri più intensi di questo volgere di secolo. E poi tante teste di genere, in una tradizione ormai collaudata di sensi- smo, che costituiscono i dipinti più tipici dei Gandolfi. Sarà il fratello Gaetano "dotato di sana filosofia" a volgersi a mitologie, a darci una Morte di Socrate; in quanto al nipote Mauro, libertino e filofrancese sarà la disperazione del padre e dello zio. Una rilettura della grande tradizione artistica bolognese si dispiega in questa prima organica monografia dedicata a Ubaldo, che ne esamina oltre 250 opere, riportandolo entro il dibattito all'interno dell'Accademia Clementina di pittura, scultura e architettura, al recupero del seicenti-smo cittadino e abbassando, come era già in parte avvenuto nella lettura critica di questi ultimi decenni, la dipendenza dagli artisti veneziani. Alessandro Conti Lionello Neppi, Palazzo Spada, presentar. di Giovanni Spadolini, Edita-lia, Roma 1990, pp. 300, s.i.p. È la recente ristampa di una monografia uscita nel 1975 su un edificio, di cui sono analizzate tutte le fasi: dalle preesistenze quattrocentesche all'edificazione unitaria nella metà del secolo XVI, fino ad arrivare allo stabilirsi nel palazzo del Consiglio di stato nel 1889. L'uso costante e puntuale della ricchissima documentazione d'archivio, corredata da un'appendice in cui sono riportati per esteso i documenti più significativi, permette di seguire con precisione le complesse vicende familiari che si svolgono in parallelo alle trasformazioni dell'architettura, e che lasciano scorgere anche il problema della nascita della celebre raccolta di dipinti. Gli snodi fondamentali del percorso storico tracciato in quest'opera sono legati ai nomi di due cardi- nali: Gerolamo Capodiferro, che alla metà del secolo XVI edifica il palazzo nelle forme attuali e ne stabilisce il complesso programma decorativo di ispirazione neoplatonica, e Bernardino Spada che lo acquista nel 1632 e ne ridiscute in prima persona la struttura, arricchendolo tra l'altro con il celebre artificio illusivo della Prospettiva borrominiana. Il generoso apparato illustrativo è gestito in modo non sempre agevolmente connesso al testo, e questo può generare una certa difficoltà soprattutto nel seguire lo scioglimento dell'iconografia, problema al quale è peraltro dedicato un capitolo erudito ed analitico. Simone Baiocco Ivo Balderi, Livio Senigalliesi, Graffiti metropolitani. Arte sui muri delle città, testi di Alberto Abruzzese, Gillo Dorfles, Dino Origlia, Costa &■ No/an, Genova 1990, pp. 120, Lit 42.000. Se sia arte o spazzatura, immagine estetica o sfogo emotivo, è un falso problema. I murales e i graffiti metropolitani, ci spiegano Abruzzese, Dorfles e Origlia nei loro interventi, sono più o meno spontaneamente "forme d'arte popolaresca e antiaccademica, uno dei fenomeni più decisivi e incisivi della civiltà tecnologica dei nostri giorni", sono il mezzo per affrancarsi in modo autonomo e originale dalla "schiavitù della comunicazione", sono "un sogno che graffia un muro". I graffiti nascono da motivazioni politiche, erotiche, artistiche, religiose, offrono immagini di volta in volta spontanee e naives, elaborate e colte, ludiche e dissacratorie, interessanti dal punto di vista psicologico e sociologico, ma spesso anche estetico. A volte emerge qualcosa di più nascosto e immateriale ed è questo che ha reso "artisticamente potenti alcuni graffitisti" che non a caso sono entrati nella storia dell'arte, o almeno per ora nel mercato dell'arte, o alcuni pittori che hanno fatto propria l'esperienza dei graffiti. Il libro raccoglie una serie di immagini, realizzate fra il 1987 e il 1990, che documentano l'esistenza di murales, graffiti, scritte, messaggi, nelle maggiori città europee, con una forte presenza di immagini milanesi. Dorfles, in particolare, sottolinea l'originalità e lo spessore comunicativo di queste raffigurazioni rispetto alla parallela produzione negli Stati Uniti, patria riconosciuta, anche per ragioni storiche, di questo genere di esperienze. Maria Eaura Della Croce Serena Maffioletti, New York. Un secolo di grattacieli a Manhattan, Clup, Milano 1990, pp. 175, Lit 20.000. Le tappe più significative dell'evoluzione degli skyscrapers newyorkesi sono condensate, dopo una breve introduzione critica, in 62 schede incluse in 3 itinerari. E unita alla guida un'utile piantina della città con la localizzazione degli edifici schedati. Autentici monumenti della storia architettonica contemporanea sono passati velocemente in rassegna: emergono l'eclettico Condict Building di Louis Sullivan (1898); le mastodontiche torri déco dell'Empire e del Chrysler (1930-31); il razionalismo internazionale del Seagram di Mies van der Rohe (1958); l'incombente binomio del One-Two Word Trade Center (realizzato dallo specialista Emery Roth nel 1972-73), che detiene il record di altezza con i suoi 411 metri e 110 piani; il postmoderno del AT&T Headquarters di Johnson e Burgee (1984). Sono tutti edifici che incidono in diversa misura sull'aspetto della città verticale per antonomasia — contrapposta anche in questo a Los Angeles, la città orizzontale — sul più fantastico sky-line del mondo, ponendosi ora in dialogo col cielo, ora in aperto contrasto, come nel caso delle architetture minimal degli anni settanta, che hanno ridisegnato il panorama di Manhattan ad uso del moderno veduti-smo televisivo. Paolo San Martino Noris Zuccoli, Arredo urbano. Centri minori, Be-Ma, Milano 1990, pp. 84, Lit 38.000. L'arredo urbano è analizzato con una campionatura relativa alla provincia di Mantova. Nella speranza di giungere a una normativa, Zuccoli individua alcuni criteri che possono guidare nelle scelte da fare: necessità dell'intervento (evitando quell'accu-dire zelante che porta al riempimento forzato degli spazi); coerenza rispetto all'ambiente talvolta rustico in cui inserire gli arredi; adeguatezza nei rapporti con le architetture che li circondano. Una buona bibliografia va al di là del contesto locale mentre le immagini sono scelte con gusto squisito e talvolta con sorridente ironia. Alessandro Conti Art Year. The Annual Exhibition Guide 1991, Hope-fulmonster, Torino 1991, pp. 508, Lit 38.000. Potrebbe essere la Bibbia del presenzialista o un buon corroborante per le nevrosi di chi vuol vedere tutto senza avere ancora avuto il dono dell'ubiquità. E il seguito di un volumetto che gli addetti ai lavori dell'arte contemporanea, e non solo, sono abituati a usare da anni: /'Art Diary dell'editore della rivista "Flash Art", Giancarlo Politi. Ma agli indirizzi di musei, gallerie, istituzioni varie, artisti, critici, librerie, centri culturali di tutto il mondo, di Art Diary, Art Year dell'editrice Hopefulmonster che quasi lo parafrasa, sostituisce l'informazione a tappeto sul calendario annuale delle mostre di arte e architettura antica, moderna e contemporanea presso istituzioni pubbliche o fondazioni. Ha una prima parte in cui giorno per giorno nell'arco dell'anno si registrano le esposizioni, una seconda che ripete le stesse informazioni riportandole alla suddivisione geografica, una terza che ricorda /'International Museums Directory (della Art Address Ver-lag Mùller GMBH di Francoforte), il grande indirizzario di tutti i musei del mondo con i nomi dei direttori in carica, dei conservatori, le sezioni nelle quali il museo è suddiviso nelle sedi che eventualmente comprende, la tipologia dei reperti delle collezioni che esce ogni due anni e si accompagna a un secondo volume che comprende gli antiquari, le gallerie d'arte, le case d'asta, i restauratori, gli editori di periodici, i librai. Art Year è forzatamente molto più sommario rispetto al Museums Directory, e si limita a riportare il recapito del museo, il nome del direttore, una schematica descrizione della raccolta. Da uno strumento come questo è ar- duo aspettarsi la completezza e certo le prossime edizioni potranno essere migliorate. Ma almeno due annotazioni è possibile fare: la prima è che situazioni museali come | quella italiana, in cui la programmazione è sempre dominata da una buona dose di estemporaneità, fanno emergere le lacune di una registrazione che tra l'altro non tiene J conto della proliferazione di iniziative locali, per cui l'informazione dell'ultima ora rimane comunque indispensabile. La seconda considerazione è che da un grande panorama come quello proposto e da un elenco apparente-1 mente arido di titoli di mostre, si possono in parte ricavare, leggendo tra le righe, segnali di scelte e di politiche museali in movimento e magari avere l'impressione di consultare un documento che potrà essere di qualche uri- \ lità a futuri osservatori degli orientamenti di questi anni. Adalgisa Lugli Flash Art LE GUIDE PER IL PROFESSIONISTA DELL'ARTE NUOVE EDIZIONI 1991 ART DIARY ITALIA 1991 Aggiornato annualmente è l'inesauribile repertorio dell'Italia artistica. Suddiviso per regioni e città, presenta il panorama dettagliato della creatività italiana con circa 30.000 indirizzi di tutte le categorie professionali del mondo dell'arte: artisti, critici, gallerie, musei, ecc. Insomma tutto ciò che interessa il professionista o l'amatore dell'arte e chi ama o visita l'Italia. 600 pagine a colori e b/n. Art Diary Italia 1991 L. 35.000. Nelle migliori librerie. ART DIARY INTERNATIONAL 1991 AUCTION BOOK 1991 La guida dell'arte più seguita nel mondo. Ancora più ampio, più completo, più aggiornato, lo strumento indispensabile per il conoscitore e l'amatore dell'arte contemporanea. Oltre 30.000 indirizzi di artisti, critici, gallerie, musei, riviste d'arte, collezioni, istituzioni culturali di oltre 40 paesi. Il più grande successo editoriale degli ultimi anni nel campo dell'arte. 528 pagine a colori e b/n. Art Diary International 1991 L. 30.000. Nelle migliori librerie. GIANCARLO POLITI DISTRIBUTION Il primo volume tascabile che riunisce tutti i risultati delle vendite di arte contemporanea delle principali case d'asta intemazionali dell'anno 1990, con un'attenzione particolare a quelle italiane. Dall'editore di ART DIARY, un volume di facile consultazione, uno strumento indispensabile per tutti coloro che seguono il mercato dell'arte contemporanea. 430 pagine a colori e b/n Auction Book 1991 L. 20.000. Nelle migliori librerie. CASELLA POSTALE 36, 06032 BORGO TREVI (PG) TEL. (0742) 780.548 - FAX (0742) 78.269 Aldo Colonetti, I segni delle cose. Grafica, design, comunicazione, La Casa Usher, Firenze 1990, pp. 143, Lit 25.000. Colonetti intraprende una sorta di viaggio all'interno delle comunicazioni visive contemporanee, con il preciso scopo di salvaguardare gli oggetti al di là della superficie e distinguere la loro materialità e la loro rappresentazione. Questo perché "ciascuno sia in grado di scegliere e sia consapevole che un oggetto serve per, e non è mai, semanticamente ed esteticamente, autosufficiente". Dall'analisi emergono quindi in modo particolare le polarità fra artificiale e naturale, immagine e realtà, comunicazione e mondo e da questo punto di vista la grafica e il design appaiono come le discipline che hanno maggiormente contribuito a modificare il sistema degli oggetti, i loro significati e i nostri codici di interpretazione. In realtà, se è vero che "progettazione, comunicazione e produzione si configurano come un unico processo", la ricerca di Colo-netti intende percorrere le tappe fondamentali di tale processo "nella speranza che una sua ricostruzione, forte dal punto di vista del modello teorico, possa risultare utile per parlare finalmente di una 'modernità' al servizio dell'uomo". Il libro andrebbe opportunamente letto insieme a La caffettiera del masochista: Psicopatologia degli oggetti quotidiani di Donald A. Norman, che presenta con non poca crudeltà e senso dell'umorismo, una serie nutrita di casi, spesso comici ma più spesso agghiaccianti, in cui, per dirla con Magritte, le parole stanno al posto delle cose e non viceversa. Maria Laura Della Croce