L'INDICE ^Hdei libri del me se ^^H marzo 1993 - n. 3, pag. 20/iv Teatro Divina. Vicende di vita e di teatro, a cura di Antonia Spaliviero, Tirrenia Stampatori, Torino 1992, pp. 181, Lit 22.000. Le testimonianze raccolte in questo volume risalgono ai convegni che l'associazione "Divina, osservatorio sul teatro femminile", ha organizzato per due anni consecutivi a Torino facendo intervenire attrici di diverso calibro e orientamento con l'intento di render conto dei differenti "percorsi di vita" sottostanti alle loro scelte artistiche. Le vicende di vita e di teatro che siglano il sottotitolo di questa raccolta sono quelle di Fiorenza Brogi, Laura Curino, Piera Degli Esposti, Ida Di Benedetto, Marisa Fabbri, Mariella Fabbris, Silvia Ricciarelli, Raffaella Rossellini, Fiona Shaw, Pamela Villoresi, Clementine Yelnick. Le attrici ripercorrono le tappe decisive della loro carriera artistica e della loro autobiografia, ciascuna facendo luce sugli eventi decisivi che hanno concorso alle loro scelte professionali e artistiche. Così, se Marisa Fabbri si sofferma a lungo sull'incidenza che hanno avuto registi come Ronconi o Strehler nello sviluppo del suo lavoro di interpretazione e nell'importanza da attribuire all'autore drammaturgico, Pamela Villoresi parla a lungo delle proprie esperienze di gravidanza e parto e di come esse abbiano influito sulla sua concezione del teatro e Mariella Fabbris, del Laboratorio Teatro Settimo, riconduce la sua esperienza al contesto sociale in cui è nata, una piccola città-satellite dell'industria Fiat. A inquadrare questi interventi così diversi, che hanno il ritmo e Io stile un po' slegato delle comunicazioni orali, c'è la brevissima premessa del Comitato direttivo di Divina; mentre a ogni testimonianza è fatta seguire una scheda che documenta l'itinerario artistico. Alessandra Vindrola Luigi A. Santoro, Amleto e Don Chisciotte. Il teatro e il testo instabile, La casa Usher, Firenze 1992, pp. 146, Lit 30.000. Di solito è la scienza a ricorrere a metafore e analogie che prendono a prestito il linguaggio quotidiano o letterario per spiegare i propri fenomeni. Il saggio di Santoro invece compie l'operazione contraria e ricorre alla terminologia scientifica — i concetti fisici di instabilità, di strutture dissipative e meglio ancora l'analogia con il comportamento evolutivo degli organismi — per avvicinarsi a un testo classico come XAmleto e, minando alle fondamenta la concezione di testo stabile, ovverosia di testo dato e rigidamente fissato nel tempo, ne compie un'analisi critica volta a recuperarne la dimensione di testo in vita. Ciò significa, in pratica, dar luogo a un'analisi del testo che tiene conto non solo della sua evoluzione nel tempo, in relazione alle condizioni culturali della critica che lo ha esaminato, ma soprattutto che privilegia il rapporto, insito nell'atto stesso di scrittura, con la finali- tà primaria di ogni opera teatrale, ovvero l'essere rappresentata. Con questo presupposto Santoro compie una lunga disamina della tragedia shakespeariana che sottolinea come tutto il gioco fra realtà e finzione sia sempre anche riflessione sul teatro e sull'attore, autogenerazione del teatro dal teatro. Analoga funzione ha il breve saggio dedicato al Don Chisciotte di Cervantes che chiude l'opera: "II gioco dei personaggi che rimandano ad altri personaggi, dei libri che rimandano ad altri libri in Cervantes diventa scoperto e diviene scoperto anche il meccanismo che prosciuga il vuoto fra realtà e finzione". Alessandra Vindrola Dario Fo, Fabulazzo, prefaz. di Franca Rame, Kaos, Milano 1992, pp. 386, Lit 40.000. Un libro come un catalogo di idee. Le idee di Dario Fo, l'incontenibile fabulatore, l'Arlecchino che non serve padroni, lo Zanni anarchico, l'unico grande autoreattore insieme a Eduardo che ha ravvivato la scena italiana in questi anni. Idee sul teatro, sulla cultura, sulla politica, sulla società, sui sentimenti — avverte il lunghissimo sottotitolo, che così continua: Articoli, interviste, testi teatrali, fogli sparsi: 1960-1991. Un'antologia del Fo-pensiero riannodato senza soluzione di continuità pescando in dichiarazioni, interventi a convegni (di particolare interesse e attualità quelli sul teatro popolare e l'efficacia della satira), lettere, scritti (illuminanti quelli su Eduardo e Totò), frammenti di commedie, sketch, barzellette, schegge televisive. Il materiale giornalìstico non viene solo da testate come "la Repubblica" e "Corriere della Sera"; "L'Espresso" e "Panorama", ma anche dal "Guerin Sportivo" e da "Playboy", da "La cucina italiana " e da' 'Moda ", da' 'Riza Psicosomatica " e da "La settimana Incom". E ancora, la stampa intemazionale: "Times", "Libération", "LeMonde", "Diario 16". La selezione è a cura di Lorenzo Ruggiero, con la revisione di Walter Valeri. Su tutto emergono, qualunque sia l'argomento trattato, la coerenza e la linearità di percorso di Dario Fo, sia nei comportamenti personali, sia nelle prese di posizione politiche, sia nelle scelte teatrali, essendo comunque il suo sempre un teatro politico, di intervento, di rigore morale. Costanti, come egli stesso ammette nella premessa, sono i richiami all'impegno nel sociale degli intellettuali, alla capacità di schierarsi dì fronte agli eventi quotidiani. Più specificamente per quel che riguarda il teatro, veri cardini della sua poetica e della sua arte d'attore sono: il valore tragico del comico, il satirico in opposizione al buffonesco, la rappresentazione dei personaggi raccontati \ con distacco epico, il rifiuto del fregolismo mimetico, la comicità che nasce dalla situazione e non dalla forzata caricatura del personaggio, il dialogo semplice e diretto con il pubblico. "Il recitare senza apparente sforzo, il distacco, fanno il | grande attore; le esuberanze rivelano il mediocre" : questa l'opinione di Dario Fo, che è, allo stesso tempo, una certezza, un consiglio e una lezione morale. In fondo, vuol \ suggerire che non vanno separati l'uomo dall'attore (da qualunque ruolo o professione svolga), l'estro creativo dall'impegno sociale, né l'arte dal divertimento, né la cultura dalla cronaca, neppure le piccole storie degli uomini di oggi dalla Storia che spesso li considera semplici comparse. Senza diritto di parola, né di pensiero. Gian Luca Favetto Musica Gershwin, a cura di Gianfranco Vi-nay, Edt, Torino 1992, pp. XII-390, Lit 45.000. Non si poteva realizzare la prima estesa monografia italiana su George Gershwin senza schierarsi. O rassegnandosi al luogo comune d'una produzione la cui dispersione anche fisica sugli scaffali dei negozi di dischi (con le canzoni fra il jazz, Rhapsody in Blue fra i classici e Porgy and Bess fra le colonne sonore) sanziona uno sdoppiamento schizoide fra coté colto e coté "popular", o risalendo alle radici per intrecciare nel sincretismo linguistico dell'autore i fondamenti di un'unità stilitisca sostanziale. L'obiettivo di Gianfranco Vinay nel coordinare gli undici contributi originali in cui si snoda il volume è il se- condo. Incombe sullo sfondo l'irruzione dei massmedia, nuovi protagonisti nel plasmare la poetica del compositore ancora prima di condizionarne la ricezione. La radio, l'estetica del cinema hollywoodiano, la grande stampa, l'industria discografica diventano infatti categoria interpretativa e bordone metodologico a innervare in un disegno coerente le polivoche prospettive dell'intero volume. Così Aloma Bardi filtra una ricostruzione biografica documentaria attraverso l'autopro-mozione nel nascente star system americano; così l'obliqua drammaturgia di Porgy and Bess è colta fra teatro lirico, musical, operette satiriche e folclore. Ma anche le vecchie ambiguità nel rapporto con la tradizione europea e il jazz sono criticamente ridiscusse dal fuoco incrociato di Vinay e Giampiero Cane, e la struttura delle canzoni viene analizzata in parallelo con i testi poetici di Ira. Gershwin primo eponimo dell'era della "riproducibilità tecnica" dell'opera musicale? Caso mai dubitassimo, ecco l'ampia discografia curata da Marcello Piras a rassicurarci. Nicola Gallino F. Alberto Gallo, Musica nel castello. Trovatori, libri, oratori nelle corti italiane dal XIII al XV secolo, Il Mulino, Bologna 1992, pp. 160, Lit 18.000. Si ampliano in libro tre conferenze che l'autore, storico della musica medievale nell'ateneo bolognese, tenne alcuni anni fa negli Stati Uniti per un pubblico di non musicologi. Da quell'occasione i tre saggi traggono la propria natura e accessibilità: e negli argomenti — individuati uno per secolo (XIII-XIV-XV) lungo i confini fra musica e cultura generale — e nel modo di trattarli, un estremo rigore documentale del tutto privo di tecnicismi proibitivi. Si indaga sui modi e sul ruolo della musica nelle corti italiane. Per il Duecento, questo significa vagliare le testimonianze del paesaggio di alcuni fra gli innumerevoli trovatori giunti d'oltralpe. Dalle concordanze di elementi poetici, cortesi, funzionali (soprattutto il canto accompagnato e la danza) e di committenza emerge il quadro di un contagio culturale ben noto agli studi letterari ma non altrettanto a quelli musicali. Perlustrando la biblioteca viscontea di Pavia, Gallo mostra-xo-me, nel secolo successivo, l'interesse per la musica in quella corte si spingesse oltre gli ovvi rapporti con la Francia fino a toccare questioni educative e scientifiche (le proporzioni nella misura del tempo). Figure come quella di Aurelio Brandolini, oratore e musico improvvisatore alla corte napoletana, danno conto infine della dignità umana e sociale raggiunta dal musicista nel Quattrocento, in una fase in cui alla vecchia mitologia an- gelica già subentra quella più moderna e "laica" del recupero del mito d'Orfeo. Abbiamo del medioevo musicale un'immagine per lo più legata alla chiesa. Puntando al castello, l'altro polo del potere e della vita associata, Gallo ci invita a rimettere in equilibrio la bilancia storiografica. Antonio Cirignano Cinema Auro Bernardi, Al cinema con Savi-nio, Métis, Lanciano 1992, pp. 243, Lit 29.000. Se a partire da metà degli anni settanta ha avuto luogo la riscoperta sistematica dell'opera letteraria, pittorica, musicale e teatrale di Savinio, un tassello non secondario del percorso artistico dell'autore è rimasto sino ad oggi in ombra: i suoi rapporti con l'universo cinematografico. Attraverso l'intervento introduttivo e la seguente analisi di numerosi testi letterari e saggi, Bernardi mette a fuoco l'interesse tutt'altro che occasionale di Savinio per l'arte dello schermo. Secondo Savinio — partendo da un testo del 1924 — il cinema ha la stessa natura degli "spettacoli che vediamo nel sogno: azioni che si svolgono indipendentemente dal nostro desiderio, avvolte nello stesso silenzio, bagnate di una luce altrettanto sottile che penetra uomini e cose fino a renderli trasparenti": una concezione del cinema che prelude quella surrealista, senza però intendere la settima arte in termini elitari, atteggiamento testimoniato dalla predilezione di Savinio per il cinema di genere, cui fa spesso riferimento nei suoi scritti. Savinio, come sottolinea Bernardi, "ama il cinema popolare perché in questi film è più facile che entri la poesia, poesia inconscia ma autentica". Oltre al cinema popolare, in cima alle sue preferenze si pone il cinema francese e in particolare l'opera di René Clair. Savinio, dopo essere stato titolare a partire dal 1933 della rubrica cinematografica per "L'Ambrosiano", "Il lavoro fascista" e "Oggi", si allontanerà progressivamente dall'universo cinematografico arrivando a disertare definitivamente le sale alla fine degli anni quaranta, dopo l'avvento del neorealismo, una forma e un linguaggio agli antipodi dell'universo saviniano. Sara Cortellazzo Cinema segnalazioni Sergio Trasatti, Ingmar Bergman, La Nuova Italia, Firenze 1992, pp. 188, Lit 10.000. Carlo Carotti, Alla ricerca del Paradiso. L'operaio nel cinema italiano 1945-1990, Graphos, Genova 1992, pp. 180, Lit 26.000. Lessico zavattiniano. Parole e idee su cinema e dintorni, a cura di Guglielmo Moneti, Marsilio, Venezia 1992, pp. 335, Lit 48.000. 1911... La nascita del lungometraggio, a cura di Riccardo Redi, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema -CNC Edizioni, Roma 1992, pp. 88, s.i.p. Il cinema. Verso il centenario, a cura di Guido e Teresa Aristarco, Dedalo, Bari 1992, pp. 335, Lit 40.000. LINEA D'OMBRA I mensile di cultura e società CAMPAGNA ABBONAMENTI ]- in regalo il libro di ra«onti e interventi di Carmelo Bene pubblicato per gli abbonati di Linea d'ombra 2 • un libro in regalo a scelta fra cinque titoli 3 - un risparmio di L. 20.000 sul prezzo di copertina 4 • uno sconto del 20% sui numeri arretrati 5 - due numeri speciali a L. 12.000 6 • uno sconto del 20% sui primi titoli della nostra collana APERTURE 11 numeri L 85.00 Italia, L 100.000 esfero CCP n. 54140207 intestato a Linea d'ombra edizioni srl - Via Gaffurio 4 Milano, tel. 6690931