L'INDICE ■■dei libri del mese ih marzo 1993 - n. 3, pag. 4 Il Libro del Mese Verso lo Stato costituzionale Gustavo Zagrebelsky, Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, Einaudi, Torino 1992, pp. 200, Lit 18.000. Siamo circondati da un così intenso bisogno di legalità, in Italia e fuori, che mi sembra corretto descrivere questo modo d'essere della nostra epoca con una formula come "ritorno del diritto": un ritorho determinato soprattutto dalla richiesta diffusa di approdare ad una garanzia giuridica là dove la garanzia politica, così prepotente negli anni passati, è divenuta impossibile (con la fine dell'equilibrio internazionale affidato al gioco di due superpotenze), ha rivelato ambiguità pericolose, è stata all'origine di vere e proprie tragedie. Forse c'è addirittura una nascente vocazione costituzionale del nostro tempo, che si distende dagli stati alle organizzazioni regionali e sovrana-zionali, alle Nazioni Unite. Ma queste constatazioni indicano solo un punto d'avvio, o un problema. Se un ritorno del diritto c'è, o può esservi, bisogna allora chiedersi: quale diritto? Gustavo Zagrebelsky ci dà una risposta con una bella espressione, "il diritto mite", che non solo spoglia il diritto dell'antico e implacabile attributo della durezza, ma gli nega aggressività, non forza, e lo proietta appunto verso "soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare buoni principi a loro favore" (p. 168). Il diritto incontra così una realtà nella quale il pluralismo non è solo un fatto, ma un valore al quale dev'essere offerto un quadro istituzionale adeguato. Qui la riflessione sul diritto s'intreccia, inevitabilmente, con quella sullo stato e sull'organizzazione sociale. Lo stato non è più quello "monoclasse" del secolo passato, sulla cui logica si è venuta modellando la struttura dell'intero ordinamento giuridico: è quello stato "pluriclasse" sul quale, da anni, Massimo Severo Giannini invita i giuristi a riflettere, e che porta con sé una pluralità di punti di vista, interessi e valori destinati a dissolvere la trama unitaria che il diritto aveva offerto alla società e ne era divenuta il principio d'ordine. Il giurista si trova così a contemplare la realtà di un ordinamento giuridico nel quale il problema non è rappresentato dall'inflazione legislativa, da una molteplicità di atti normativi che dà le vertigini a chi era abituato alla sostanziale unicità del riferimento rappresentato dal codice, proiezione nel mondo giuridico della borghesia e del suo sistema di valori. Zagrebelsky prende atto dell'esplosione legislativa, che caratterizza ormai tutti i sistemi giuridici, ma non sogna impossibili ritorni o restaurazioni d'un ordine violato. Ri- cerca ed indica un principio d'ordine diverso. Il mondo delle leggi è dominato ormai da logiche che Io rendono necessariamente contraddittorio, sì che non si può pensare di ritrovare al suo interno il modo di sciogliere questa contraddizione: questo dev'essere ricercato nella Costituzione, o per meglio dire in quella sua parte che si pone come tessuto di principi. "La legge, un tempo misura esclusiva di tutte le cose nel campo del diritto, cede così il passo alla Costituzione e diventa essa stessa oggetto di misurazione. Viene detronizzata a vantaggio di un'istanza più alta. E quest'istanza più alta assume ora il compito di Stefano Rodotà immane di reggere in unità e in pace intere società divise al loro interno e concorrenziali" (p. 48). Si consuma in questo modo il passaggio dallo stato di diritto allo stato costituzionale. Ma questo è un mutamento che non si misura esclusivamente con il criterio della gerarchia delle fonti, mettendo al centro della riflessione una fonte più alta e più dura, la Costituzione, al posto della legislazione ordinaria. Il dato essenziale non è solo quello del luogo dove il principio d'ordine viene collocato: è piuttosto la forma che assume, quella dei principi. Da qui, da questo inevitabile incontro con uno dei più ardui nodi della cultura giuridica del Novecento, si dipanano i vari fili della ricerca di Zagrebelsky. II recensore deve dichiarare la sua parzialità. La sua consonanza con le argomentazioni e le conclusioni di Gustavo Zagrebelsky derivano da una pari convinzione (o ostinazione) nel ritenere che la logica dei "principi" sia quella che può restituirci capacità di comprensione e di ricostruzione degli ordinamenti giuridici contemporanei. Se si vuol misurare la lunghezza del cammino percorso, basterà forse ricordare che alla metà degli anni sessanta il parlar di legislazione per principi e l'ancorare questioni chiave per l'analisi giuridica ai principi costituzionali, e non alle categorie consegnate dalla tradizionale dogmatica civilistica, era considerato un oltraggio alla certezza del diritto ed un attentato alla democrazia. Oggi non voglio dire che la situazione sia stata completamente ribaltata (lo sa bene Zagrebelsky quando ricorda quanti "giuristi puri" ci siano ancora in giro, "orgogliosi e inutili"; p. 182). E certo, però, che la forza delle cose ha mutato l'orizzonte, che il pluralismo non può esser considerato uno schema arbitrariamente sovrapposto alla realtà, che anzi l'attributo del pluralismo sembra indissociabile dall'idea stessa di democrazia. Da qui l'esigenza di cimentarsi con i problemi alla loro radice, e l'inevitabile messa in discussione della stessa tradizionale idea di diritto. E questo, nella ricerca di Zagrebelsky, avviene non per la pretesa di sostituire uno schema ideologico ad un altro, ma con i tratti inequivocabili del realismo. La sua, dunque, è in primo luogo una ricognizione del concreto modo di strutturarsi degli attuali sistemi giuridici: di più, una riflessione sull'essere dello stato contemporaneo. Qui si colloca la spiegazione della funzione attribuita alla Costituzione, che di quello stato diviene il connotato. La Costituzione si presenta come luogo in cui le diversità esistenti nell'organizzazione sociale, e che nella legislazione manifestano i loro caratteri dissonanti, trovano un polo unificatore grazie al consenso intor- no a principi espressivi sia della comunanza di posizioni, sia della stessa ragion d'essere di gruppi diversi all'interno del medesimo ordinamento. Si può dire che, in questo modo, la Costituzione diviene un momento di reciproco riconoscimento, e dunque davvero di fondazione di un "ordine". Ma questo non è un punto d'approdo. Da lì inizia un lavoro incessante di interpretazione e ricostruzione dei principi, che è confronto di punti di vista, dialogo sempre aperto, che diventa anche capacità di cogliere novità e trasformazioni, e che richiede pure il riconoscimento di una pluralità di metodi attraverso i quali svolgere questo lavoro. Il mondo del diritto non è più quello in cui ogni tensione sociale si spegne, e dove la trasformazione richiede sempre e necessariamente la mediazione legislativa. La scena s'affolla di attori, la mediazione giudiziaria e l'elaborazione scientifica si caricano di forza e di responsabilità. Ma se lo stato contemporaneo è "naturalmente" stato costituzionale, al tempo stesso è "stato dei diritti". Qui, di nuovo, la ricerca di Zagrebelsky si congiunge con uno dei tratti più rilevanti dell'attuale discussione, che non è solo patrimonio dei giuristi, e che cerca di dar risposta al bisogno di fondazione dell'ordine giuridico, e non di questo soltanto. Zagrebelsky imbocca con decisione la strada dei diritti fondamentali, che oggi è battuta con una intensità tale da correre ad ogni momento il rischio di trasformarsi in ideologia. Basta ricordare, tanto per fare solo un esempio, le opposte prese di posizione dell'ultimo Touraine (Critique de la moderni té) e dell'ultimo Baudrillard (L'illusion de la fin): il primo vede nei diritti l'unico fondamento possibile della democrazia, dopo che le tragiche esperienze di questo secolo precludono ormai la possibilità di far riferimento alla sovranità popolare; l'altro denuncia la loro banalizzazione, e dunque la loro scarsa capacità fondativa, conseguenza d'un modo sgangherato di riferirsi ad essi, della pretesa di adoperarli in qualsiasi contesto. La riflessione di Zagrebelsky è d'altra qualità e, ben consapevole dei rischi dell"'imperialismo del linguaggio dei diritti" (p. 125), si muove lungo la linea costante della stori-cizzazione della questione dei diritti e delle necessarie distinzioni all'interno della categoria. E i momenti essenziali di quella riflessione divengono così la costituzionalizzazione europea dei diritti nel secondo dopoguerra e la distinzione tra i diritti di libertà e quelli di giustizia. Per individuare le coordinate necessarie per analizzare un tema tanto complesso, Zagrebelsky distende giustamente la sua analisi su un tempo storico non ravvicinato ed elegge a protagonisti della vicenda dei diritti l'umanesimo laico e l'umanesimo cristiano, negando esplicitamente che possa esser "fatto un posto a sé alle concezioni socialiste dei diritti" (p. 99). Questo schema binario consente una presentazione secca e suggestiva del tema, un disvelamento delle diversità talvolta irriducibili che stanno dietro formule lessicalmente identiche (diritto al lavoro, diritto al salario), ma forse fa qualche torto proprio alla vicenda storica, nella quale il peso esercitato dal pensiero socialista non è stato solo quello derivante dalla forza politica di py- > PREMIO INTERNAZIONALE PER OPERE EDITE OLTRE GUTENBERG La Casa editrice II salice bandisce il primo Premio internazionale per opere edite Oltre Gutenberg, diviso in tre settori: a) poesia b) narrativa c) saggistica Si partecipa inviando tre copie della propria opera edita a: Casa editrice li salice Via Roncaglia 13 20146 Milano oppure Contrada Serra 2 85100 Potenza Montepremi: £ 4.500.000 Premi: £ 1.500.000 per ogni migliore opera dei tre settori. Tassa di iscrizione, per ogni titolo inviato.: £ 50.000 su c\c postale 14669857 intestato a Casa editrice II salice (causale: Oltre Gutenberg). 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