crescere la ricchezza del paese mercè il dazio doganale sul grano, il quale non può avere mai questo effetto, bensì unicamente l'altro di impoverire le masse agrarie socialiste, che si vogliono deboli, e di arricchire le classi pro- prietarie, che si vogliono forti. Colajanni, il quale s'è subito accorto dell'argomentazione paretiana, la sban- diera ai quattro venti per dire che Pareto è un empirico, come lui, e come lui, odiatore dei fanatici del liberismo. Con buona pace sua, ho ancora da leggere in Pareto un fatto empirico addotto a caso solo per schernire, col- l'esempio della pratica contraria, la teoria economica, o per difendere le male pratiche protezioniste dei governanti. Pareto è un empirico, come dovrebbero esserlo tutti; egli ama i fatti, per scrutarne il significato; ama correggere le conclusioni astratte delia scienza economica con le conclusioni pure astratte di altre scienze sociali, pur di ricostruire la realtà concreta, complessa, la quale si compone di tante astrazioni separate, le quali prima si studiano ana- lìticamente, per conoscerne le leggi tendenziali, e poi si raccolgono in una sintesi per scoprirne le leggi reali. Così accade che vi sia una legge tenden- ziale economica, la quale dice che, per ottenere un massimo di ricchezza, bi- sogna adottare il libero scambio doganale; e vi sia — od almeno si credevi sia — un'altra legge tendmziale sociologica, la quale dice che, dato il libero scambio, la classe proprietaria semi-feudale, che oggi è Vélite dirigente della Germania, tende ad essere sostituita da una nuova classe, composta dei buro- crati e faccendieri della social-democrazia ; onde si può concludere che la classe proprietaria, la quale non vuole cedere il campo ai dirigenti della social-democrazia, fa bene a mettere un dazio protettore sui cereali. Ma questa legge concreta non trasforma in errore la verità della legge tendenziale eco- nomica, anzi la lascia intatta. Quali altri ragionamenti, oltre quelli sovra indicati e quei pochi altri che gli economisti già esposero, seppero tirar fuori i protezionisti, i quali non siano assolutamente risibili ? Invece di ragionamenti, essi hanno ripetute le solite diva- gazioni sentimentali e verbali, che sono errori vecchissimi e marchianissimi. le cento volte messi in luce e in ridicolo, come la necessità di rispondere con offese alle offese altrui, cou dazi ai dazi altrui, l'indipendenza nazionale, il tributo agli stranieri per l'acquisto di grano, il do ut des, la divisione nazionale del lavoro, ecc., ecc. Vero è che, a sentir Colajanni, noi liberisti saremmo in errore ritenendo, come sempre facemmo, che il protezionismo debba la sua fortuna alla presa che sulle menti incolte fanno i suoi argomenti sentimen- tali, radicati nei pregiudizi più comuni del volgo, ed i suoi eccitamenti al disfrenarsi di istinti congeniti nell'uomo, sebbene malvagi, come l'odio contro