— 39 — 2) Poiché importa dire subito una verità. Coloro i quali oggi ragionano di crisi dell'agricoltura inglese, di depressione e rovina agricola, applicano ai fatti dell'oggi le loro reminiscenze di quindici o vent'anni addietro. Certo il passato vicino esercita ancora una influenza notevolissima sulla situazione odierna; certo l'agricoltura inglese, per motivi che dirò subito, i quali però non hanno nulla a che fare col libero scambio, ha atteggiamenti che a noi ed a molti inglesi possono sembrare dannosi all'economia generale del paese; ma è un errore grossolanissimo discorrere oggi di crisi agricola, nel senso proprio, economico, che si suole attribuire alla parola crisi: di prezzi bassi, non remuneratori, di terre abbandonate perchè non offrono modo d'im- piegare in alcun modo capitale e lavoro. Possono descrivere così l'agricoltura inglese d'oggi gli scrittori citati dal Colajanni e cioè il Times, disgraziata- mente caduto in mano dello stesso grande giornalista giallo, il quale è a capo del Daily Mail e del trust dei giornali imperialisti e protezionisti, il Ridder Haggard, giornalista sensazionale del genere di quelli che in Italia descris- sero le meraviglie agricole libiche prima della guerra e nei primi tempi di trasformazioni agricole e non quella dello sminuito valor capitale della rendita fondiaria. Sia un ettaro il quale dia una rendita fondiaria di 100 lire ed al 5 %, abbia un valor capitale di 2000 lire, composte di 1800 lire di valor del terreno, in quanto terreno ammendato, spianato, prosciugato ed adatto genericamente ad ogni cultura, e 200 lire di valore dei miglioramenti, i quali hanno valore solo se la terra è destinata alla cultura a grano. È una ipotesi esageratissima, perchè non si capisce bene in che cosa possano consistere questi miglioramenti che hanno vita specifica solo a causa della cultura a grano. Se si trattasse di una cultura arborea si capirebbe una forte perdita, ma in una cultura annuale no. La crisi cerealicola fa abbandonare la cultura a grano ed adottare, con una nuova spesa di 200 lire, la cultura a pascolo (periodo B); ed in seguito, colla ripresa dei prezzi, provoca il ritorno del terreno alla cultura a grano con un nuovo impiego di capitale di 200 lire (periodo C). La perdita delle successive transizioni è delle 200 lire perdute nel passaggio da A in B, più le 200 lire perdute passando da B in C; 0S3Ìa in tutto 400 lire. Le 200 lire spese al principio del periodo C non sono perdute, perchè conservano il proprio valore derivante dalla cultura a grano che nuovamente si persegue. Notisi che la perdita non è neppure di tutte le 400 lire; perchè essa dev'essere diminuita delle frazioni dei costi dei miglioramenti culturali che si sono potute ammortizzare, o si sarebbero dovute ammortizzare se l'agricoltore non fosse stato un balordo od un inesperto — di questi nessuno deve preoccuparsi, essendo opportuuissimo lasciarli andare in malora e provvidenziali le crisi che li spazzano via, — durante i periodi A e B. Se questi periodi sono stati sufficientemente lunghi, per es. di 20 anni, tutta la 3pesa dei miglioramenti si può ritenere ammortizzata, e quindi la perdita delle successive transizioni di cultura deve reputarsi uguale a zero. È questo il caso più frequente, poiché le grandi mutazioni economiche che importano muta- zioni di culture agrarie avvengono a distanza notevole di anni, sicché tutto o