PROFILO STRUTTURALE DELLA BASE ECONOMICA
La base economica della provincia torinese differisce da quella della pro-
vincia milanese in termini sia di dimensione che di struttura. Per mille resi-
denti nell'area, gli addetti sono complessivamente 388 a Torino e 420 a Mi-
lano; limitatamente alla base demografica in età teoricamente lavorativa (tra
i 14 ed i 64 anni compiuti) i valori diventano pari rispettivamente a 599 ed
a 599; tali valori diventano poi pari a 877 per Torino ed a 943 per Milano se
rapportati a mille residenti effettivamente attivi. Tenuto conto di queste di-
verse configurazioni della base demografica di riferimento, lo scostamento del-
l'area torinese da quella milanese passa da -7,6 a -6,7 a -7,0 per cento, ma
sta comunque a indicare una minore consistenza quantitativa della base eco-
nomica torinese rispetto alla propria base demografica (quanto meno in ter-
mini ufficiali). Se si considera poi che il rapporto tra addetti e residenti occu-
pati, quali risultano dagli ultimi censimenti, è di 976: 1000 a Torino e di
1028: 1000 a Milano, sembra confermato che l'area torinese dispone di un
« polmone economico » quantitativamente meno soddisfacente nei confronti
dell'area milanese.
Sotto il profilo strutturale, inoltre, la base economica torinese è ancora
eminentemente industriale, rappresentandovi i settori industriali in senso stret-
to la metà degli addetti, con una incidenza di quasi cinque punti percentuali
in più rispetto a Milano. La base economica milanese è al contrario ormai pre-
valentemente terziaria, con una simmetria di quasi cinque punti percentuali in
più degli addetti al terziario rispetto a Torino.
Sia nel terziario che, soprattutto, nell'industria Torino manifesta una più
elevata concentrazione settoriale dell'occupazione, che risulta trainata, per un
verso, dall'industria meccanica e, per un altro verso, dalla pubblica ammini-
strazione-servizi (alle persone). Il peso rilevante di quest'ultimo settore testi-
monia una relativa sottoterziarizzazione della base economica torinese, nel
senso di un minore sviluppo, rispetto a Milano, delle funzioni terziarie non
direttamente implicate nella recente espansione dei servizi, pubblici o privati,
alle persone. Né sembra potersi parlare di una maggiore terziarizzazione im-
plicita delle attività industriali torinesi (sempre intese in senso stretto), ché
anzi l'incidenza sugli addetti di dirigenti, impiegati e quadri intermedi è di
gran lunga superiore nell'industria milanese (31,2 per cento degli addetti, con-
tro il 22,5 a Torino). Così pure per l'insieme della base economica, l'incidenza
di dirigenti, impiegati e quadri intermedi è molto più elevata a Milano (40
per cento) che a Torino (31 per cento). Risultano dunque nettamente confer-
mate la spiccata vocazione industriale dell'area torinese, e la spiccata voca-
zione terziaria per quella milanese: una conferma tanto più interessante poiché
concerne sia la terziarizzazione esplicita che quella implicita.
Se consideriamo che l'industria, pur incorporando servizi crescenti in
qualità e quantità, è una attività produttiva pur sempre fondata sui beni ma-
teriali; e che il terziario, pur incorporando a sua volta « hardware » cre-
scente in qualità e quantità, è una attività produttiva fondata sui beni imma-
teriali, la diversa specializzazione delle basi economiche torinese e milanese
sembra suggerire, per la prima, una cultura economica maggiormente caratte-
rizzata dal rapporto con gli oggetti coinvolti nella produzione, mentre per
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